Cassazione penale sez. III, 14/02/2024, n.24058
In tema di responsabilità degli enti collettivi a seguito della commissione di reati tributari, stante il disposto di cui all'art. 8 d.lgs. n. 231/2001 non osta al riconoscimento della responsabilità della società la circostanza che non sia stato individuato il soggetto autore del reato presupposto una volta che sia stato accertato che tale delitto sia stato effettivamente commesso e che lo stesso sia stato posto in essere nell'interesse o a vantaggio dell'ente.
RITENUTO IN FATTO
1. La società Fuel Top Srl ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 4 settembre 2023 del Tribunale di Salerno che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto del 29 maggio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera che, nell'ambito del procedimento iscritto a suo carico per l'illecito amministrativo di cui agli artt. 5, lett. a), 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231 del 2001, ha ordinato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta (o per equivalente) della somma di euro 1.477.092,32 considerata vantaggio economico ottenuto in conseguenza del reato di cui all'art. 11 D.Lgs. n. 74 del 2000, commesso, in tesi accusatoria, dal suo legale rappresentante p.t., Ba.An., in concorso con altre persone (segnatamente: To.Vi., Gr.Ra., Ch.Al.), provvedimento in esecuzione del quale è stata sequestrata la somma in contanti di euro 173.911,03, giacente sul conto corrente bancario intestato alla ricorrente, nonché beni immobili fino alla concorrenza del valore di euro 1.303.181,36.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione del principio della libera iniziativa del pubblico ministero avendo il Giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale del riesame deciso oltre la domanda cautelare di sequestro preventivo.
Lamenta, in particolare, che, avendo il Giudice della cautela escluso il concorso di Ba.An. con To.Vi., indicato come autore del reato-presupposto, e non avendo il Pubblico ministero mai contestato il concorso della società con questi, il provvedimento cautelare non poteva fondarsi sul fatto (mai contestato) che il To.Vi. fosse amministratore di fatto della Fuel Top.
1.2.Con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 5, lett. a), D.Lgs. n. 231 del 2001, avendo il Tribunale del riesame ritenuto sussistente l'illecito pur in assenza di responsabilità a carico della legale rappresentante p.t. della società e in mancanza di una contestazione del Pubblico ministero di concorso della medesima società con l'autore materiale del reato-presupposto. In tal modo, afferma, i Giudici del riesame hanno posto a base della propria decisione un fatto diverso avendo esorbitato dalla verifica di legittimità della misura cautelare.
1.3.Con il terzo motivo deduce la violazione di legge sotto il profilo della ritenuta possibilità, da parte dei giudici della cautela, della coesistenza di più provvedimenti di sequestro emessi nei confronti di soggetti diversi e aventi ad oggetto tutti lo stesso profitto nella sua interezza anche se, in ipotesi, già sequestrato presso altri soggetti concorrenti nel medesimo reato.
1.4.Con il quarto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del periculum, omissione che viziava anche il decreto di sequestro.
2.Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato perché il Tribunale del riesame non si è debitamente confrontato con le deduzioni relative al periculum in mora.
3.Il difensore della ricorrente, Avv. Romano Sabato, ha depositato memoria concludendo per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata osservando che il Tribunale ha completamente omesso di pronunciare sul periculum (non potendo in ogni caso integrare la motivazione mancante dell'ordinanza genetica sul punto) e ribadendo, comunque, che il Giudice della cautela aveva deciso ultra petita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
2.Si contesta alla società ricorrente l'illecito amministrativo di cui all'art. 25-quinquiesdecies D.Lgs. n. 231 del 2001 perché, ipotizza la rubrica provvisoria, non aveva adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione idonei a prevenire la commissione del reato di cui all'art. 11 D.Lgs. n. 74 del 2000 incamerandone il profitto ed ottenendo vantaggi economici pari ad euro 1.477.092,32.
2.1.La violazione dell'art. 11 cit. è contestata a To.Vi. che, quale legale rappresentante della Vito Service Srl, società destinataria di cartelle di pagamento del complessivo importo di euro 1.477.092,32, aveva successivamente distratto la somma di euro 1.500.000,00 bonificandola in favore della Fuel Top, all'epoca legalmente rappresentata da Ba.An. e le cui quote erano detenute da Gr.Ra., precedente amministratrice e convivente more uxorio del To.Vi.. La rubrica imputa, pertanto, la violazione dell'art. 11 D.Lgs. n. 74 del 2000 anche alla Ba.An. e alla Gr.Ra. a titolo concorsuale. Il Giudice per le indagini preliminari, pur ritenendo la oggettiva sussistenza del reato, ha però escluso il concorso della Ba.An. e della Gr.Ra. non avendo ravvisato la sussistenza, a loro carico, di gravi indizi di colpevolezza.
2.2.Il Tribunale ha comunque ritenuto sussistente l'illecito amministrativo sul rilievo che la società non aveva impedito il concorso nel reato tributario del suo gestore e amministratore di fatto, To.Vi..
2.3.La ricorrente se ne duole osservando (primo e secondo motivo) che in tal modo il Tribunale ha posto a fondamento della decisione fatti non contestati dal Pubblico ministero che non ha mai ipotizzato il concorso della Fuel Top con chicchessia, né ha espressamente attribuito al To.Vi. la amministrazione di fatto della Fuel Top, il tutto in assenza di responsabilità dello stesso legale rappresentante della società, Ba.An..
3.1 primi due motivi possono essere trattati congiuntamente perché comune è il tema che essi pongono.
3.1.L'art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 231 del 2001, imputa all'ente i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dalle persone indicate dalle lettere a) e b) del primo comma, tra le quali quelle che esercitano, anche di fatto, la gestione o il controllo dell'ente stesso.
3.2.La ricorrente ne trae la conclusione che, sul piano della contestazione (provvisoria o definitiva che sia), il reato-presupposto deve essere quantomeno formalmente attribuito (anche) al legale rappresentante (o al gestore di fatto) dell'ente, non potendo l'ente rispondere di reati che non sono contestati a nessuna delle persone indicate dall'art. 5 cit. Nel caso di specie, afferma, da un lato, la rubrica del reato-presupposto non attribuisce al To.Vi. la qualità di gestore di fatto della Fuel Top, nemmeno a titolo di imputazione del reato stesso (attribuito al To.Vi. nella esclusiva qualità di legale rappresentante della società Vito Service, erogante i bonifici), dall'altro, gli stessi Giudici della cautela hanno escluso qualsiasi coinvolgimento psicologico della Ba.An. nel reato-presupposto siccome ignara delle pendenze tributarie della Vito Service. Dunque, conclude, il Tribunale del riesame non avrebbe potuto porre a fondamento della propria decisione una condotta (la gestione di fatto della Fuel Top) che nemmeno la rubrica ipotizza.
3.3.Non v'è dubbio, per quanto ora si dirà, che il Tribunale del riesame non aveva bisogno di ipotizzare una responsabilità gestoria della Fuel Top da parte del To.Vi. per confermare il decreto di sequestro; ciò nondimeno, il rilievo difensivo è errato.
3.4.In virtù del principio di autonomia della responsabilità dell'ente sancito dall'art. 8 D.Lgs. n. 231 del 2001, che si limita soltanto a prevedere l'insensibilità del processo contra societatem alla mancata identificazione o alla non imputabilità della persona fisica e all'estinzione del reato-presupposto per causa diversa dall'amnistia, l'importante è che un reato tra quelli compresi nel catalogo dei reati presupposto sia stato accertato e sia riferibile ad uno dei soggetti indicati dall'art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2001, anche se poi manchi o sia insufficiente la prova della responsabilità individuale di uno di tali soggetti (così, in motivazione, Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, Uniland).
3.5.Solo l'insussistenza del fatto (formalmente) attribuito al legale rappresentante della società comporta il venir meno della responsabilità amministrativa di quest'ultima, non quando il fatto sia accertato nella sua dimensione storica.
3.6.E' stato così sostenuto che:
a) all'assoluzione della persona fisica imputata del reato presupposto per una causa diversa dalla rilevata insussistenza di quest'ultimo, non consegue automaticamente l'esclusione della responsabilità dell'ente per la sua commissione, poiché tale responsabilità, ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. n. 231 del 2001, deve essere affermata anche nel caso in cui l'autore del suddetto reato non sia stato identificato (Sez. 5, n. 20060 del 04/04/2013, Citybank N.A., Rv. 255414 - 01; Sez. 4, n. 31548 del 05/07/2023, Italstage Company Srl, non mass, sul punto);
b) l'autonomia della responsabilità dell'ente rispetto a quella penale della persona fisica che ha commesso il reato-presupposto, prevista dall'art. 8, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, deve essere intesa nel senso che, per affermare la responsabilità dell'ente, non è necessario il definitivo e completo accertamento della responsabilità penale individuale, ma è sufficiente un mero accertamento incidentale, purché risultino integrati i presupposti oggettivi e soggettivi di cui agli artt. 5, 6, 7 e 8 del medesimo decreto, tale autonomia operando anche nel campo processuale (Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda S.c.a., Rv. 274320 - 03);
c) non sussiste contrasto tra giudicati ex art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. tra la sentenza dichiarativa della responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e la sentenza di assoluzione dell'imputato del reato presupposto pronunciata in un diverso procedimento nel caso in cui, in quest'ultimo, sia stata accertata la ricorrenza del fatto illecito, discendendo l'inconciliabilità dei giudicati solo dalla negazione del fatto storico su cui essi si fondano e non anche dalla mancata individuazione del suo autore, posto che la responsabilità dell'ente ex art. 8 del citato D.Lgs. sussiste pur se l'autore del reato non risulta identificato (Sez. 4, n. 10143 del 10/02/2023, Fassa Srl, Rv. 284239 - 01).
3.7.Correttamente, dunque, è stata ritenuta la responsabilità della Fuel Top per l'illecito amministrativo attribuitole tenuto conto della oggettiva (e non contestata) sussistenza del reato-presupposto e della sua formale imputazione a uno dei soggetti indicati dall'art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 231 del 2001 (nel caso di specie, la legale rappresentante p.t.), a prescindere dalle vicende relative all'accertamento della effettiva responsabilità di quest'ultima per il reato-presupposto stesso.
4.Il terzo motivo è manifestamente infondato.
4.1.La ricorrente non contesta di essere stata destinataria dei bonifici effettuati per il complessivo importo di euro 1.500.000,00 da lei effettivamente incassati.
4.2.Come ben evidenziato dal Tribunale il titolo della apprensione della somma è diverso da quello relativo al sequestro in danno della Vito Service Srl Nei confronti di quest'ultima, il sequestro è stato disposto ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000; nei confronti della ricorrente il sequestro è stato disposto ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen., 9, comma 1, lett. c), 19, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 231 del 2001.
4.3.Si tratta di titoli di apprensione diversi legati, l'uno, ad una fattispecie di reato, l'altro ad un illecito amministrativo.
5.il quarto motivo è infondato.
5.1.E' noto il principio secondo il quale il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del "periculum in mora", da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege" (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Eliade, Rv. 281848 - 01 che ha chiarito che l'onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato).
5.2.Diversamente da quanto sostiene la ricorrente, il Giudice per le indagini preliminari aveva indicato le ragioni della cautela espressamente spiegandole a pag. 31 del decreto di sequestro nelle dieci righe del penultimo paragrafo.
5.3.Il silenzio serbato dal Tribunale sul punto si spiega con il fatto che tale profilo non era motivo di doglianza nei motivi dì riesame (riservati), né nella memoria depositata, né in sede di discussione orale.
5.4.Trattandosi di apprezzamento di natura fattuale in ordine alle ragioni del periculum, la questione non può essere dedotta per la prima volta in questa sede.
5.5.Più volte la Corte di cassazione ha affermato che, in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, il ed. "effetto devolutivo" del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti del sequestro ("fumus commissi delieti" e, in quello preventivo, "periculum in mora"), ma non anche a procedere all'analisi di aspetti ulteriori, quali, ad esempio, elementi fattuali - non espressamente dedotti - da cui possa desumersi, per esempio, un diverso apprezzamento del periculum (Sez. 3, n. 37608 del 09/06/2021, Costagliola, Rv. 282023 - 01; Sez. 3, n. 35083 del 14/04/2016, Talano, Rv. 267508 - 01). E' stato altresì precisato che, pur nella peculiarità del contesto decisorio del giudizio di riesame resa manifesta dall'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il ricorrente ha l'onere di specificare le doglianze attinenti al merito (sul fatto, sulle fonti di prova e sulla relativa valutazione) onde provocare il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete, sulle quali la Corte di cassazione può essere chiamata ad esprimersi. Pertanto, in mancanza di tale devoluzione, è inammissibile il ricorso che sottoponga alla Corte di legittimità censure su tali punti, che non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere, in relazione ai limiti del giudizio di cassazione, ex art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, Di Maggio, Rv. 279505 - 03; Sez. 6, n. 16395 del 10/01/2018, Contardo, Rv. 272982 - 01).
5.6.Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2024.