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Abuso d'ufficio: la compresenza di una finalità pubblicistica non esclude l'intenzionalità del dolo.

La Suprema Corte, con la sentenza in argomento, ha affermato che in tema di abuso d'ufficio ex art. 323 c.p., l'intenzionalità del dolo dell'agente non è esclusa dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, dovendosi ritenere necessario, perché venga meno la configurabilità dell'elemento soggettivo, che il perseguimento del pubblico interesse costituisca l'obiettivo principale dell'agente, con conseguente degradazione del dolo di danno o di vantaggio da dolo di tipo intenzionale a mero dolo diretto od eventuale (sez. VI, 24/03/2022).

Cassazione penale sez. VI, 24/03/2022, (ud. 24/03/2022, dep. 21/04/2022), n.15624

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di C.V. e S.G. alla pena di anni due e mesi cinque di reclusione ciascuno ed alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Gli imputati, agenti presso la Sezione Polizia Stradale di Napoli e, quindi pubblici ufficiali, sono stati ritenuti responsabili dei reati di cui agli artt. 56 e 319-quater c.p., sub capo A), reato commesso il 2 maggio 2016 quando fermavano il conducente di un veicolo, rimasto non identificato, e, abusando della loro qualità e dei loro poteri, ponevano in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurlo a dare loro denaro o altra utilità prospettandogli, dapprima, le conseguenze pregiudizievoli della rilevata contravvenzione stradale e poi indicandogli la possibilità di risolvere in altro modo la questione; di due condotte di abuso in atti di ufficio (art. 323 c.p.), commesse rispettivamente in (OMISSIS). In questi casi, nel corso del controllo al quale avevano sottoposto gli automobilisti in transito e a fronte di palesi violazioni al codice della strada, i ricorrenti avevano omesso di contestare le relative contravvenzioni e di redigere il verbale delle operazioni di controllo, intenzionalmente procurando un indebito vantaggio al conducente ed ai proprietari del veicolo.


2.Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione.


2.1 C.V. denuncia:


2.1.1 violazione di legge (art. 8, art. 12, lett. b) e art. 16 c.p.p.) per la ritenuta competenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in relazione ai reati di abuso cui ai capi B) e C) dell'imputazione, commessi in (OMISSIS) e, quindi di competenza del Tribunale di Nola. Ai fini della competenza dell'autorità giudiziaria del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, contestata fin dal primo grado, è stato ritenuto sussistente il medesimo disegno criminoso fra i reati, continuazione che presuppone una unitaria deliberazione criminosa, non integrata da un generico programma delinquenziale,dovendo configurarsi i singoli episodi come tasselli di una programmazione dall'inizio unitaria;


2.1.2 cumulativi vizi della sentenza di primo grado per carenza di motivazione sugli elementi strutturali del reato di cui agli artt. 56 e 319-quater c.p.. La sentenza di appello è inficiata da evidente contraddittorietà nella parte in cui ha ritenuto la proposta dell'imputato "accolta dal trasgressore" e per altro verso assume che non si è registrato il consenso del privato alla proposta del pubblico ufficiale, avuto, invece, riguardo al contenuto della intercettazione, manca la prova che il privato abbia materialmente percepito l'espressione e il comportamento induttivo del pubblico ufficiale; la sentenza impugnata si limita alla replica degli elementi costitutivi della fattispecie ma non ne individua il fondamento probatorio;


2.1.3 violazione di legge e vizio di motivazione per assenza, nella sentenza di primo grado, della individuazione degli elementi costitutivi del reato di tentativo di induzione indebita di cui al capo A). Le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata sono inidonee ed insufficienti non essendosi accertata, ex ante, la idoneità degli atti la cui sussistenza è stata affidata alla circostanza postuma della mancata elevazione della contravvenzione e mancata annotazione, sui fogli di servizio, del controllo;


2.1.4. violazione di legge (artt. 56,319 quater e 322 c.p.) sulla configurabilità del reato di induzione indebita piuttosto che di istigazione alla corruzione. In difetto dell'elemento della induzione nei confronti del privato, prodotta dal pubblico ufficiale con abuso della qualità o dei poteri, il delitto di cui all'art. 319-quater c.p. non appare configurabile venendo altrimenti strutturato sulla mera richiesta, anche reiterata, che venga comunque rifiutata. In tal caso si è di fronte ad una mera sollecitazione potendo, invece, ravvisarsi il delitto di cui all'art. 319-quater c.p. solo su forme di pressione o di suggestione sul privato. Nel caso in esame si è in presenza di mere sollecitazioni al privato a indicare una utilità idonea a determinare la ingiusta locupletazione di entrambi e non della individuazione della effettiva incidenza sulla libertà di autodeterminazione del privato attraverso la prospettazione di conseguenze sfavorevoli o, comunque, un pregiudizio effettivo; dalla richiesta si è occasionata una mera trattativa, della quale non si conosce l'esito, che non ha determinato uno stato di soggezione del privato;


2.1.5 violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della circostanza di cui all'art. 323-bis c.p. in relazione a tutti i fatti contestati. La particolare tenuità del fatto non va individuata nella sostanziale inoffensività. Il giudizio di tenuità nel caso in esame discende dalla valutazione atomistica dei singoli episodi rispetto ai quali non vi è stato il conseguimento di un vantaggio economico;


2.1.6 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti soggettivi per la configurabilità del reato di abuso di ufficio di cui ai capi B) e C). Il dolo intenzionale è strutturato sulla scorta della mera previsione, da parte deli agenti, di un vantaggio patrimoniale derivante dalla mancata elevazione delle contravvenzioni al codice della strada ma non vi è la prova che la volontà dell'imputato fosse orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto, che deve ricadere nel fuoco del dolo intenzionale. Con riferimento al reato sub capo C), inoltre, era ravvisabile la sussistenza di un fine pubblicistico ulteriore, quello della regolarizzazione amministrativa del mezzo sottoposto a controllo sicché, al fine di sottoporlo a revisione è consentita la "circolazione" del mezzo.


Con i motivi aggiunti denuncia:


2.1.7 violazione di legge e vizio di motivazione, incentrata sulla valutazione dell'espressione proferita (...se volete risolvere...) oggetto di valutazione apodittica e indimostrata in relazione alla violazione della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio che deve contrassegnare la pronuncia di colpevolezza, non rispettata in presenza di una valutazione e ricostruzione del fatto fondata sulla logica e su massime di esperienza;


2.1.8 violazione di legge e vizio di motivazione contrassegna anche la qualificazione dell'episodio di cui al capo A) nella fattispecie di tentativo di induzione indebita, piuttosto che di abuso poiché, a fronte dell'impossibilità di riscontrare quale fosse stato il comportamento del privato, la condotta accertata - l'omessa elevazione del verbale per violazione del codice della strada - potrebbe essere sussunta nella fattispecie di cui all'art. 323 c.p.: le argomentazioni spese a proposito della qualificazione del fatto come induzione indebita sono sovrapponibili a quelle che la stessa Corte di merito ha posto a fondamento delle condanne per abuso, in relazione ai capi B) e C);


2.1.9 mancanza di motivazione sul trattamento sanzionatorio che avrebbe dovuto essere contenuto nel minimo del reato; massima diminuzione per il tentativo e minimo aumento per la continuazione: nel periodo in contestazione l'imputato aveva svolto numerosi servizi e le captazioni in corso, a meno che per gli episodi descritti, non avevano condotto ad accertare ulteriori episodi. I fatti sono, quindi, episodici e ascritti a soggetto incensurato. Le condotte rivelano una minima intensità del dolo e l'imputato si è adoperato per risarcire il danno al Ministero degli Interni a inteso procurare ai destinatari non un vantaggio economico ma solo quello di regolarizzare la posizione degli automezzi.


2.2 S.G. denuncia.


2.2.1 violazione di legge per erronea applicazione della legge penale (artt. 56 e 319-quater c.p.) e vizio di motivazione della sentenza impugnata che, rispetto alla denunciata carenza di motivazione della sentenza di primo grado sulla mancanza di prova della sussistenza di una violazione del codice della strada (non provata vista la brusca in