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Reati tributari

Dichiarazione infedele

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dichiarazione infedele

Ogni contribuente è tenuto a dichiarare correttamente i propri redditi all’Agenzia delle Entrate. Qualsiasi omissione, errore intenzionale o inserimento di dati non veritieri, volto a ridurre l’imposta dovuta, può configurare un illecito, che diventa penale al superamento di determinate soglie di punibilità.

Il reato di dichiarazione infedele è una delle violazioni tributarie previste dall’ordinamento italiano, regolata dall’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000.

Il reato si configura quando il contribuente, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto (IVA), inserisce nella dichiarazione annuale elementi attivi di reddito inferiori a quelli effettivi oppure elementi passivi inesistenti, con conseguente riduzione indebita dell’imposta dovuta.


Quando si configura il reato

La dichiarazione infedele si configura quando il contribuente non rispetta l’obbligo di dichiarare correttamente i redditi percepiti durante l’anno fiscale.

Le irregolarità possono manifestarsi in diverse forme:

  • dichiarazione di elementi attivi inferiori rispetto a quelli reali;

  • inserimento di passività fittizie, ossia costi o spese inesistenti;

  • indicazione di crediti d’imposta non spettanti o omessa dichiarazione di redditi.

Venendo all'elemento soggettivo, per il reato di dichiarazione infedele è richiesto in capo al contribuente il dolo specifico, ovvero la consapevolezza e volontà di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

"Se dal punto di vista oggettivo l'essenza del reato di cui all' art. 4 d.lg. n. 74 del 2000 è costituita dalla presentazione di una dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o all'Iva ideologicamente falsa, dal lato soggettivo non è sufficiente la semplice violazione di una norma tributaria, accompagnata dal superamento della soglia, ma è necessario un quid pluris , costituito dalla coscienza e volontà di porre in essere una rappresentazione mendace degli elementi attivi o passivi indicati in dichiarazione, idonea a trarre in inganno l'organo accertatore e finalizzata ad evadere le imposte dovute". Cassazione penale , sez. III , 10/02/2023 , n. 24930

Soglie di punibilità e conseguenze penali

La dichiarazione infedele diventa un reato solo al superamento di precise soglie di punibilità stabilite dalla normativa fiscale.

Tali soglie, introdotte per differenziare le violazioni amministrative da quelle penali, sono state definite dall'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, così come modificato dalla riforma del 2015 e, successivamente, dal D.L. n. 124/2019.

Vediamo nel dettaglio i parametri che rendono una violazione fiscale in un illecito penalmente rilevante.


1. Imposta evasa superiore a 100.000 euro

La principale soglia di punibilità riguarda l'importo dell'imposta evasa.

Affinché la dichiarazione infedele si configuri come reato, l'imposta evasa, con riferimento a una delle singole imposte (IRPEF, IRES o IVA), deve superare i 100.000 euro.

Questa soglia è stata abbassata rispetto alla precedente (che era di 150.000 euro) a seguito della riforma del 2019.

La riduzione della soglia è stata introdotta per intensificare il contrasto all'evasione fiscale e dissuadere condotte fraudolente, sotto la "minaccia" di sanzioni penali.

L'abbassamento delle soglie di punibilità risponde, inoltre, a pressioni e raccomandazioni provenienti da organismi internazionali come l'OCSE e l'Unione Europea, che da tempo chiedono ai Paesi membri di rafforzare il contrasto all’evasione fiscale, considerata una delle principali fonti di perdita di gettito pubblico e di distorsione della concorrenza a livello internazionale.

Va precisato, in ultimo, che per "imposta evasa" si intende la differenza tra l’imposta dovuta e quella dichiarata, considerando anche eventuali riduzioni indebite legate a detrazioni, deduzioni o crediti d’imposta non spettanti.


2. Elementi attivi sottratti a tassazione superiori a 2 milioni di euro

Un’altra soglia di punibilità è legata agli elementi attivi sottratti alla tassazione, come i ricavi non dichiarati o altri proventi omessi. Se l'importo di questi elementi supera i 2 milioni di euro, si integra il reato di dichiarazione infedele.

Ad esempio, se un'impresa o un professionista non dichiara parte dei ricavi o dei proventi, sottraendoli alla base imponibile, e l'ammontare complessivo di tali elementi attivi non dichiarati supera i 2 milioni di euro, scatta la rilevanza penale della condotta. Questa soglia è stata mantenuta dalla riforma del 2019, essendo già in vigore dalla riforma del 2015.


3. Ammontare totale del reddito non dichiarato superiore al 10% degli elementi attivi

La terza soglia riguarda la percentuale di reddito sottratto alla tassazione. In particolare, se l’ammontare del reddito non dichiarato (che può includere ricavi omessi o passività fittizie) supera almeno il 10% degli elementi attivi dichiarati, si integra il reato.

Ad esempio, se un’impresa dichiara 10 milioni di euro di ricavi, ma omette o falsifica elementi per un valore superiore a 1 milione di euro (cioè il 10% degli elementi attivi dichiarati), la condotta è penalmente rilevante, a prescindere dall’importo assoluto dell’imposta evasa.


Conseguenze penali del superamento delle soglie

Se vengono superate una o più delle soglie di punibilità sopra descritte, la dichiarazione infedele diventa un reato, perseguibile con sanzioni che prevedono la reclusione da 2 anni a 4 anni e 6 mesi.

Le pene detentive sono piuttosto severe e riflettono la gravità delle condotte di evasione fiscale. La pena può variare a seconda dell’entità dell’imposta evasa, degli elementi attivi non dichiarati e della presenza di eventuali circostanze aggravanti, come l’utilizzo di documentazione falsa o operazioni inesistenti.

Inoltre, la dichiarazione infedele, essendo un reato di natura istantanea, si consuma al momento della presentazione della dichiarazione annuale. Questo significa che non è rilevante l’eventuale presentazione di una successiva dichiarazione correttiva, se la violazione è già stata contestata.


Circostanze aggravanti

In alcuni casi, oltre al superamento delle soglie di punibilità, possono sussistere circostanze aggravanti che aumentano la gravità del reato e, di conseguenza, la pena, come:

  • l'utilizzo di documentazione falsa: Se la dichiarazione infedele è supportata da documenti falsi o operazioni inesistenti, la sanzione viene aumentata della metà.

  • la presenza di redditi occultati all’estero: Nel caso in cui il contribuente nasconda redditi all’estero senza dichiararli, la sanzione minima è aumentata di un terzo.


Evasione sotto soglia

Qualora le soglie di punibilità non vengano superate, la dichiarazione infedele non assume rilevanza penale, ma comporta comunque l'applicazione di sanzioni amministrative.

Secondo la normativa vigente, la sanzione amministrativa per dichiarazione infedele è compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta evasa. Questo intervallo di percentuale si applica nei casi in cui la dichiarazione dei redditi non sia corretta, ma senza che vengano superati i limiti che fanno scattare il reato penale (imposta evasa superiore a 100.000 euro, elementi attivi sottratti oltre i 2 milioni di euro o superamento del 10% del valore degli elementi attivi dichiarati).

La sanzione minima è pari a 200 euro, che si applica nei casi in cui l'importo dell'imposta evasa sia molto basso o comunque non significativo in termini di danno arrecato all’erario.

Le sanzioni sono aumentate della metà se nella dichiarazione vengono riportate operazioni inesistenti o se sono occultati redditi provenienti dall’estero.


Il ravvedimento operoso

Il contribuente che si accorge di aver commesso un errore nella compilazione della dichiarazione dei redditi può ricorrere al ravvedimento operoso, una procedura che permette di regolarizzare la propria posizione prima che l’Agenzia delle Entrate avvii controlli o emetta avvisi di accertamento.

Il ravvedimento consente una notevole riduzione delle sanzioni rispetto a quelle ordinarie.

Le sanzioni variano in base al momento in cui si avvia il ravvedimento rispetto alla violazione commessa:

  • se effettuato entro 14 giorni, la sanzione è ridotta allo 0,1% per ogni giorno di ritardo;

  • se avviene entro 30 giorni, la sanzione sale al 1,5%;

  • entro 90 giorni, la sanzione è del 1,67%;

  • entro un anno, la sanzione sarà pari al 3,75% dell’imposta dovuta.

Il ravvedimento resta una soluzione vantaggiosa, permettendo di evitare sanzioni più gravi e mantenendo un rapporto collaborativo con il Fisco.


Controlli e accertamenti dell'Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate verifica la veridicità delle dichiarazioni fiscali attraverso controlli automatici incrociati con altre banche dati. In caso di incongruenze, l’Agenzia provvede a ricalcolare il reddito imponibile e a inviare al contribuente un avviso di accertamento esecutivo, nel quale sono indicate le imposte dovute e le relative sanzioni.


Prescrizione del reato

Il reato di dichiarazione infedele si prescrive in 10 anni dalla data di presentazione della dichiarazione contenente le informazioni mendaci. Il termine decorre dal momento in cui la dichiarazione è stata trasmessa all’Agenzia delle Entrate, indipendentemente da eventuali dichiarazioni integrative successive.


Modifiche normative recenti

Come si è detto in precedenza, il D.L. n. 124/2019, convertito in legge n. 157/2019, ha apportato significative modifiche all’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, in particolare:

  • è stata abbassata la soglia di punibilità per l’imposta evasa, ridotta da 150.000 a 100.000 euro.

  • la soglia degli elementi attivi sottratti è stata ridotta da 3 milioni a 2 milioni di euro.

Inoltre, le modifiche del 2019 hanno innalzato la pena edittale, fissandola a un massimo di 4 anni e 6 mesi di reclusione.


Esempi pratici

Per comprendere meglio l’applicazione della normativa, si riportano due esempi di contestazioni reali:

Caso n.1: "Tizio imputato del delitto p. e p. dall'art. 4 del D.L.vo 74/2000, perché, nella sua qualità di amministratore della "Caia S.r.l." con sede legale in ____, al fine di evadere le imposte sui redditi, indicava nella dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta 2010 elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, sussistendo congiuntamente le condizioni di cui alla lettera a) e b)del citato art. 4 del D. L. vo 74/2000 poiché: a) la maggiore imposta accertata e quindi evasa, ammonta ad Euro 586.834,00 per IRES e ad Euro 461.166,80 per IVA (quindi superiore ad Euro 50.000,00, soglia in vigore al momento dei fatti); b) l'ammontare complessivo degli elementi passivi fittizi (pari ad Euro 2.305.834,00), è superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. Commesso in (omissis), il 28 dicembre 2011".

Caso n.2 "Tizio, imputato del reato p. e p. dall'art. 4 Dlvo 74/2000 perché, in qualità di legale rappresentante e amministratore unico della società Sempronia srl, (società dichiarata fallita in data 12.10.2017), indicava, nelle dichiarazioni annuali ai fini delle Imposte sui redditi e dell'Imposta sul Valore Aggiunto relative al periodo di imposta 2014, elementi attivi inferiori a quelli reali, come ricostruiti dalla Guardia di Finanza (euro 923.427,76) con evasione delle imposte stesse e precisamente: IVA per un importo complessivo di euro 590.994,92 IRES per un importo complessivo di euro 253.942,63.".


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