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Reati Fallimentari

Sequestro preventivo e procedura fallimentare: la decisione delle Sezioni Unite n. 40797/23

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Sequestro e fallimento

Il conflitto giurisprudenziale tra sequestro preventivo e procedura fallimentare, recentemente affrontato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40797 del 22/06/2023 (dep. 2024), Fallimento Lavanderia Giglio snc, Rv. 285144-01), rappresenta un tema di grande complessità, che richiama questioni centrali nel diritto penale e fallimentare. Questo contrasto si è acuito con l'introduzione del Codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza del 2019, il quale ha rinominato la procedura fallimentare come "liquidazione giudiziale". Le Sezioni Unite hanno dovuto affrontare la questione alla luce di un’evoluzione normativa e giurisprudenziale significativa, con l’obiettivo di fornire una soluzione chiara e unitaria.


La rimessione alle Sezioni Unite

La questione sottoposta alle Sezioni Unite trae origine da un persistente contrasto interpretativo sulla prevalenza tra il sequestro preventivo – misura cautelare penale finalizzata alla confisca dei beni provento di reato – e le procedure fallimentari, che hanno lo scopo di preservare i beni del fallito per garantire i creditori.

Il nodo principale riguarda la legittimazione della curatela fallimentare a impugnare provvedimenti cautelari su beni inclusi nella massa fallimentare.

Già nel 2004, con la sentenza Focarelli, le Sezioni Unite avevano stabilito la legittimità del sequestro preventivo su beni di un’azienda fallita, a condizione che il giudice giustificasse la prevalenza degli interessi legati alla confisca rispetto a quelli dei creditori. Tuttavia, nel corso degli anni, la giurisprudenza ha oscillato tra due posizioni contrapposte:

  • da un lato, quella della prevalenza assoluta della misura penale;

  • dall'altro, una visione che cerca di bilanciare gli interessi dei creditori con quelli dello Stato.


Il contrasto giurisprudenziale

Il conflitto di interpretazioni si è incentrato su due orientamenti principali.

Il primo sostiene la supremazia della misura ablatoria penale, secondo la quale il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, prevale sempre sugli interessi dei creditori fallimentari, anche se la procedura concorsuale è stata avviata prima del sequestro. La motivazione risiede nel fatto che i beni sequestrati, pur inclusi nella massa fallimentare, non possono essere considerati appartenenti a un "terzo estraneo al reato", e quindi la confisca può essere legittimamente applicata. Tale orientamento è supportato dal principio che il fallito mantiene la titolarità dei beni fino alla vendita fallimentare, e la confisca, essendo obbligatoria e avente carattere sanzionatorio, prevale sui diritti dei creditori.

L’orientamento opposto afferma che, con la dichiarazione di fallimento, il fallito perde il potere di disporre del proprio patrimonio, che passa sotto la gestione del curatore, il quale agisce nell’interesse dei creditori e deve evitare il depauperamento dei beni. In questo contesto, il curatore viene considerato un "terzo estraneo al reato", e pertanto i beni della massa fallimentare non possono essere soggetti a confisca. Questa tesi, inoltre, sottolinea il rischio di danneggiare i creditori – soggetti terzi rispetto al reato – se si applicasse il sequestro preventivo su beni che dovrebbero invece essere destinati a soddisfare i loro crediti.


La soluzione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno deciso di aderire alla prima interpretazione, affermando la prevalenza della misura cautelare penale sulla procedura fallimentare.

Nella sentenza, viene sottolineato come la legislazione più recente, in particolare il Codice della crisi d’impresa (art. 317 del d.lgs. n. 14/2019), abbia chiarito che le misure cautelari penali prevalgono sui vincoli derivanti dalla procedura concorsuale. Questa decisione si allinea con precedenti interventi normativi, come la legge n. 161 del 2017 e il d.lgs. n. 21 del 2018, che hanno ampliato l’ambito applicativo delle misure di sequestro e confisca previste dal Codice Antimafia, estendendole alla tutela dei terzi e all’amministrazione dei beni confiscati.

Le Sezioni Unite hanno quindi sancito un principio chiaro: a partire dal 15 luglio 2022, con l’entrata in vigore delle nuove norme, esiste una disciplina unitaria che regola i rapporti tra sequestro preventivo a fini di confisca e la dichiarazione di liquidazione giudiziale. In questo quadro normativo, prevale il sequestro penale, mentre la tutela dei crediti dei creditori fallimentari può essere presa in considerazione solo nei limiti indicati dall’art. 52 del d.lgs. n. 159/2011.


Conclusioni

La decisione delle Sezioni Unite ha segnato un punto di svolta, confermando la prevalenza delle misure cautelari penali anche in presenza di una procedura fallimentare avviata. Questo orientamento rafforza la finalità sanzionatoria della confisca e risolve, almeno per il momento, il contrasto giurisprudenziale esistente. Tuttavia, rimangono aperti interrogativi sull'effettivo bilanciamento tra gli interessi dello Stato e quelli dei creditori, che potrebbero sollevare nuove questioni in futuro.

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