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Bancarotta: la presenza in azienda dell'imputato può provare la qualità di amministratore di fatto?

Bancarotta patrimoniale e distrattiva

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale commessi dall'imputato in qualità di amministratore di fatto.

In particolare, all'imputato veniva contestata:

a) la distrazione di beni per un valore di oltre 690.000 euro;

b) l'omissione assoluta della tenuta delle scritture contabili e la loro mancata consegna al curatore.

All'esito del processo di primo grado, l'imputato veniva condannato alla pena di anni sei e mesi tre di reclusione.

Avverso la sentenza di condanna, l'imputato proponeva appello.

Analizziamo nel dettaglio la decisione della corte di appello di Lecce.

Autorità Giudiziaria: Corte di appello di Lecce

Reato contestato: bancarotta patrimoniale e documentale

Imputati: Amministratore di diritto e d fatto

Esito: Riforma con riduzione di pena - sentenza n.1010/2020 (ud. 23/05/2022, dep. 03/08/2022)

Indice:


1. Il capo di imputazione

"Po. Ma. nella qualità di amministratore, anche di diritto sino al mese di febbraio 2007 e comunque di fatto sino al 29/5/2009 della "FR. s.r.l." con sede in (omissis), società dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce depositata in data 13/4/2011;

A) in ordine al reato di cui all'art. 223 co. 1 - in relazione all'art. 216 comma 1 n. 2 - R.D. n. 267/42 per avere:

1) con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e/o di recare pregiudizio ai creditori, distrutto o sottratto il libro giornale ed i registri IVA relativi agli esercizi contabili 1993-2007, compreso il "Giornale contabile anno 2005", consegnato dal Dr. En. Ma. al dipendente della società Ca. Le. in data 23/2/2007 ed il registro IVA fatture emesse anno 2005, consegnato dallo stesso Ma. a Po. Ma. in data 17/10/2006:

2) omesso di tenere il libro degli inventari e le scritture ausiliarie sin dalla data di costituzione della società, nonché per avere omesso di tenere relativamente al periodo 1/1/2009 - 29/5/2009, il libro giornale ed ogni altra scrittura contabile, in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, da precludere ogni verifica in ordine alla destinazione, all'esistenza e/o alla sorte delle attività patrimoniali annotate in contabilità al 31/12/2006 (crediti verso clienti per Euro 142.566,00, cassa per Euro 1.735.00. e, in particolare da impedire la ricostruzione dei movimenti contabili relativi al periodo gennaio - aprile 2009, ivi comprese la destinazione del prodotto petrolifero acquistato da Pr. Gi. To. in detto arco temporale (e/o dei ricavi conseguenti alla relativa cessione) e la

destinazione degli importi ricavati dalla cessione a titolo oneroso degli autoveicoli di proprietà della società fallita:

In (omissis) il 13/4/2011

- PO. MA. nella qualità sopra specificata;

- PO. FR. nella qualità sopra specificata;

B) in ordine al reato di cui all'art. 223 co. 1 - in relazione all'art. 216, comma 1. n. 1 - R.D. n. 267/42, per aver distratto, occultato o distrutto:

1) il prodotto petrolifero acquistato da Pr. Gi. To. fra il 26 febbraio 2009 ed il 17 aprile dello stesso anno, del valore complessivo di Euro 231.669.38, ovvero per aver distratto la somma di denaro ricavata dalla (eventuale) cessione a titolo oneroso del prodotto

2) somme per un ammontare di Euro 38.400, provenienti dalla cessione in favore dì terzi, nel mese di aprile 2009 dei seguenti automezzi: (omissis) tg. (omissis), (omissis) tg. (omissis), (omissis) telaio n.....(omissis), nonché somme per un ammontare di Euro l.800, provenienti dalla cessione in favore di terzi, nel mese di novembre 2007 dell'autovettura (omissis) tg. (omissis) nonché somme per un ammontare di Euro 14.800, provenienti dalla cessione in favore di terzi, nel mese

di aprile 2009 dei seguenti automezzi: (omissis) tg. (omissis), motociclo

(omissis) tg. (omissis).

Con recidiva ex artt. 99 co. 4 c.p. per Po. Ma. e Si. Fr."


2. La condanna di primo grado

In data 17.02.2017 il Tribunale di Lecce condannava Po. Ma. alla pena di anni sei e mesi tre di reclusione per i reati di cui all'art. 223 co. 1 in relaz. all'art. 216 co. 1 n. 1 e 2, 219 co. 2 n. 1 Lf con la contestata recidiva, oltre al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale, visti gli artt. 216 ult. Co Lf e 29 c.p., dichiarava altresì l'imputato inabilitato all'esercizio di un'impresa commerciale ed incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi imprese per anni dieci, oltre che interdetto per anni cinque dai pubblici uffici.

Accertava il primo giudice che la Fr. era un'impresa saldamente nelle mani della famiglia Po., prima del padre Al., poi del figlio Ma. fino al suo arresto (anno 2007). Era emersa la totale assenza di scritture contabili e il ruolo meramente formale di amministratore rivestito prima da Po. Fr. e poi dal Si. essendo la gestione della Fr. sempre restata in mano ai Po. e. in specie, a Ma. Po.

Il Tribunale accertava la omissione assoluta della tenuta delle scritture contabili e la loro mancata consegna al curatore. Quanto ai beni strumentali, l'inventario fallimentare rassegnava beni per un valore di appena 4 mila Euro a fronte di oltre 690.000 Euro di totale attivo. Della relativa distrazione veniva ritenuto responsabile il Po., unitamente alla sorella, il primo quale amministratore di fatto.

Non riteneva credibile, il Tribunale, la tesi difensiva secondo cui, a seguito dell'arresto, il Po. era fuoriuscito completamente dagli affari di famiglia, subentrando al suo posto la sorella Fr..


3. I motivi di impugnazione:

Avverso la citata sentenza proponeva tempestiva impugnazione il difensore dell'imputato. I motivi risultano così articolati:


3.1 L'imputato aveva cessato la carica di amministratore in favore della sorella

1. Assoluzione con formula ampiamente liberatoria o, in subordine, ai sensi dell'art. 530 co. 2 c.p.p.

Dall'istruttoria dibattimentale sarebbe emerso con certezza, non solo che il Po. rivestiva la qualifica di amministratore dal 2004 al febbraio 2007, ma altresì che, a seguito delle sue dimissioni, era subentrata la sorella Po. Fr. fino al maggio 2009, data in cui diveniva amministratore il Si.. Sarebbe certo, inoltre, che il contratto di affitto con la Fe. sarebbe stato stipulato il 2 settembre 2009, durante l'amministrazione della Po..

Sarebbe impossibile, dunque, in assenza di riscontri oggettivi, configurare in capo al Po. Ma. la qualifica di amministratore di fatto della Fr. non essendo stata accertata un'effettiva influenza causale della sua condotta sul verificarsi dell'evento.


3.2 Il tribunale non ha indicato quale sarebbe il contributo decisivo dell'imputato nella gestione di fatto

Il Tribunale avrebbe omesso di indicare quale sarebbe stato il contributo decisivo dell'appellante nella gestione di fatto della Fr.. Con precipuo riguardo alle richiamate testimonianze, la difesa sostiene che il giudicante avrebbe omesso di valutare tutte quelle dichiarazioni che avrebbero consentito di affermare l'estraneità del Po. ai fatti in contestazione.

A sostegno della propria tesi la difesa richiamava le dichiarazioni dei testi Ma. e Ma., i quali avrebbero affermato che dall'anno 2007 avevano avuto a che fare sempre e solo con Po. Fr.. Né può considerarsi significativa, ai fini dell'addebito di responsabilità in capo al Po., quanto riferito dal teste Ma., ossia che la documentazione contabile gli veniva consegnata dall'appellante.


3.3 L'imputato non era tenuto alla conservazione dei libri contabili

Con riferimento alla contestazione di cui al capo A, si evidenzia che l'art. 2220 c.c. imporrebbe la conservazione dei libri contabili per 10 anni dalla data di ultima registrazione. Poiché il Po. dismetteva la qualifica di amministratore di diritto nel 2007 e nel capo di imputazione si fa riferimento ai libri giornali e ai registri relativi agli esercizi contabili ricompresi tra il 1993 e il 2007, egli sarebbe del tutto estraneo. L'accertamento della GdF avveniva nel 2006, mentre il curatore fallimentare richiedeva la documentazione nel 2011. L'arco temporale interessato dalla eventuale omissione non potrebbe andare oltre il 2003, in quanto gli anni precedenti sarebbero coperti dalla facoltà della conservazione degli stessi.

Sarebbe, infine, escluso il dolo specifico, dato che l'irregolarità delle scritture contabili andrebbe ricondotta, tuttalpiù, ad una forma di negligenza o imprudenza.

Quanto al capo B) la mancata contestazione del concorso di persone dovrebbe portare a ritenere che gli imputati non abbiano operato congiuntamente, anche nei periodi in cui non rivestivano formalmente alcuna carica sociale. Errata sarebbe stata, quindi, la scelta del primo giudice di trattare l'imputazione come se il concorso di persone fosse stato contestato.


3.4 La pena è eccessiva

In subordine, contenimento della pena entro il minimo edittale e concessione dei benefici di legge.

La pena comminata è eccessiva e non è neppure giustificato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, oltre che l'aumento di due terzi per la contestata recidiva, in ordine alla quale il Tribunale non fornisce adeguata motivazione.


4. La decisione della corte di appello:

4.1 Il giudice ha correttamente motivato sulla qualità di amministratore di fatto dell'imputato

Con il primo motivo lamenta sostanzialmente la difesa dell'appellante l'omessa indicazione degli elementi che comproverebbero la qualifica di amministratore di fatto del Po., nel periodo successivo alla dismissione di quella formale.

La doglianza è infondata, atteso che il giudice di primo grado si è diffuso nella valutazione degli elementi di fatto che portavano a concludere che l'appellante, anche dopo la dismissione formale della carica di amministratore di diritto, intercorsa nel febbraio 2009, e l'avvicendarsi nel ruolo della sorella Fr., aveva continuato a gestire di fatto la società.

Ha, infatti, riportato il Tribunale argomentazioni di natura logica, ma soprattutto elementi di prova, in particolare dichiarazioni testimoniali, che non consentono una diversa lettura delle emergenze istruttorie.


4.2 Il giudice ha dimostrato l'ingerenza gestoria dell'imputato sulla base di specifiche prove testimoniali

I

In primo luogo sono state valorizzate le dichiarazioni testimoniali del teste Pr. To. Gi. il quale, dopo aver ripercorso l'andamento dei rapporti commerciali tra la sua ditta e quella della famiglia Po., ed in particolare dopo aver indicato l'ammontare del debito accumulato dall'odierno appellante fino all'anno 2008 nel corso del quale gli erano stati consegnati assegni per oltre Euro 250000 rimasti impagati, ha dichiarato che anche nel lasso temporale in cui l'amministrazione della società era formalmente in capo alla sorella, quando si recava in azienda, trovava presente sempre Ma..

La presenza dell'appellante nei locali aziendali in un momento storico in cui egli avrebbe dovuto disinteressarsi delle sorti economiche e commerciali della ditta, può spiegarsi soltanto con la continuazione della gestione della stessa attraverso la sorella.

D'altro canto un'operazione dello stesso tenore veniva effettuata negli anni successivi quando allo scadere della carica di amministratrice di Fr. Po. veniva individuato un soggetto, tal Fr. Si., che, del tutto ignaro delle condizioni dell'impresa, aveva assunto l'incarico dietro compenso di Euro 2000.

II

Alla medesima conclusione si giungeva attraverso le dichiarazioni di Ro. Fr., fidanzato della sorella dell'imputato, che a dibattimento pur rendendo una versione edulcorata rispetto a quella consegnata nel corso delle indagini preliminari, non ha comunque negato quanto riferito in tale fase. E soprattutto non ha potuto negare che i soldi dei finanziamenti da lui consegnati in più tranches per aiutare l'attività della società Fe. - subentrata sostanzialmente alla società Fr. srl erano in assegni bancari dati tanto nelle mani di Po. Fr., quanto nelle mani di Po. Ma.

Il riferimento alla società Fe. colloca temporalmente la consegna di tali assegni in un momento in cui l'appellante aveva già dismesso la sua carica formale e prova ulteriormente il suo ruolo di Amministratore di fatto, avendo sostanzialmente condiviso con la sorella e il fidanzato il piano di finanziamento per aiutare la nuova società della quale egli formalmente non avrebbe dovuto prendere alcuna parte.

Per come, poi, rilevato dallo stesso giudice di primo grado, è impensabile che la Po. Fr., pur appartenente al nucleo familiare che aveva detenuto per molto tempo la proprietà della Fr., non avendo mai preso parte alla gestione della stessa, di colpo se ne interessasse gestendo rapporti economici, acquisti, scelte decisionali, senza l'aiuto di una terza persona che i meccanismi di quella società conosceva bene e che non può non essere individuata nel fratello Ma., più volte rinvenuto nei locali aziendali.


III

Dichiarazioni tranchant, infine, rendeva in senso conforme rendeva un teste qualificato, il dottore Ma., commercialista, il quale precisava che l'assunzione della carica da parte di Po. Fr. era stata formale e che la gestione della società era rimasta sostanzialmente nelle mani dell'appellante, cui egli consegnava la documentazione.

Non v'è chi non veda che in caso di estraneità alla gestione della società egli non si sarebbe rapportato con il professionista, ricevendosi, peraltro, la documentazione contabile.


4.3 Le dichiarazioni rese dai testi della difesa sono neutre

A fronte di tale chiaro quadro probatorio, valenza del tutto neutra assumono le dichiarazioni dei testi Ma. e Ma. che non si pongono certamente in una linea di contrasto con quanto finora riportato: dichiarando di essersi rapportati, nel periodo successivo all'arresto dell'imputato, con la sorella Fr. non introducono elementi di prova dirompenti, atteso che non è mai stata esclusa la compartecipazione di Po. Fr. nella commissione dei fatti oggetto di contestazione.

Ben può essere accaduto, infatti, che essi abbiano avuto rapporti di lavoro con la donna, mentre l'imputato proseguiva ad interessarsi della gestione della società da altri punti di vista.


4.4 L'imputato rivestiva senza dubbio il ruolo di amministratore di fatto

Confermato, quindi, il ruolo di amministratore di fatto dell'appellante, deve ribadirsi che questi deve rispondere tanto della bancarotta documentale, quanto di quella distrattiva.

È, infatti, ius receptum, (Sez. 5, Sentenza n. 39593 del 20/05/2011) che "In tema di reati fallimentari, l'amministratore "di fatto" della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assieme la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta documentale).


4.5 Sull'infondatezza degli altri motivi

Né riveste valenza dirimente la eccezione relativa al tempo di permanenza dell'obbligo di conservazione delle scritture contabili, dovendosi ritenere che, ove anche tale obbligo non potesse retroagire ad un tempo superiore a dieci anni, comunque in tale ultimo lasso temporale l'imputato, prima amministratore di diritto e poi di fatto, aveva occultato, distrutto e comunque non consegnalo quelle scritture che certamente erano state istituite avendole, egli, ricevute in consegna dal consulente della società.

Quanto alla mancata espressa indicazione del concorso di persone nel reato di cui al capo B) relativamente alla condotta dei due originari imputali, deve rilevarsi come sia principio ormai assodato quello secondo cui ai fini della contestazione dell'accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto, non l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati.

Nella fattispecie in esame viene contestato agli imputati, di aver, nelle qualità indicate in atti (amministratore di diritto Po. Fr. e amministratore di fatto l'odierno appellante) distratto somme di denaro e beni, non rinvenuti dal curatore al momento della dichiarazione di fallimento della società.

Che le condotte siano intervenute in concorso, a prescindere dalla omessa Indicazione della norma violata, l'art. 110 cp, risulta plasticamente dagli esiti della relazione del curatore e dagli accertamenti della Guardia di Finanza, ben noti all'appellante fin dal primo momento. In particolare il Si. - colui che veniva nominato amministratore della società, dopo Po. Fr.- dopo aver chiarito al curatore, il dott. St. Er., di aver accettato l'incarico solo per fare un favore all'appellante, gli aveva riferito che nella sostanza della gestione della azienda si erano sempre continuati ad occupare i due fratelli Po., anche durante il suo mandato. A maggior ragione ciò era accaduto quando amministratrice di diritto era stata la Po.. Ne discende che le condotte poste in essere dai due devono ritenersi in concorso, ad entrambi dovendosi attribuire la responsabilità per gli ammanchi.


4.6 Sul profilo sanzionatorio

Ciò premesso in ordina all'an della responsabilità e passando alla valutazione dei motivi di appello che hanno riflesso sul trattamento sanzionatorio, ritiene la Corte che non sono emersi elementi positivi che giustifichino la invocata concessione delle circostanze attenuanti generiche (quali potevano essere una condotta collaborativa, o anche solo resipiscente) e le risultanze del certificato del casellario (che fondano la contestata recidiva) depongono in senso contrario.

Con riferimento, poi, alla recidiva, rileva la Corte che è stata contestata quella reiterata di cui al comma 4 dell'art. 99 cp senza alcuna altra specificazione (ed effettivamente dal certificato del casellario risultano quattro condanne precedenti per reati attinenti la violazione di norme che comportano la sottrazione di denaro, imposte e accise).

L'aumento di pena, quindi, sarà quello della pena della metà.

Sicché la pena equa sarà:

pb anni tre e mesi sei (già aggravata) aumentata ex art.99 cp di anni uno mesi nove di reclusione, per un totale di anni cinque, mesi tre di reclusione

Va poi ridotta la entità della pena accessoria. Come è noto con sentenza numero 222 dei 5 dicembre 2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del suddetto articolo nella parte in cui dispone che la condanna per uno dei fatti di bancarotta fraudolenta importi l'applicazione delle anzidette pene accessorie per la durata fissa di anni 10 anziché della durata fino ad anni 10.

Partendo dal presupposto espresso dalla Cassazione a sezioni unite (n. 28910 del 28 febbraio 2019) secondo cui le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'articolo 133 codice penale, sicché il giudizio deve derivare da valutazioni sul fatto, ritiene questa Corte che la misura delle sanzioni accessorie fallimentari, congrua e adeguata al caso, tenendo conto dei criteri di cui all'articolo 133 l.f. sia anni cinque, proporzionata alla pena principale.


5. Dispositivo

Il carico di lavoro giustifica la riserva della motivazione nel termine indicato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, letto gli arti. 605 cpp in riforma della sentenza del Tribunale di Lecce in data 17.2.2017 appellata da Po. Ma., riduce la pena ad anni cinque e mesi tre di reclusione.


Riduce ad anni cinque la durata delle pene accessorie di cui all'art. 216 ult. co. l.f..


Conferma nel resto l'impugnata sentenza.

Termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.


Così deciso in Lecce, il 23 maggio 2022

Depositata in Cancelleria il 3 agosto 2022

 

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