RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale di Varese, in accoglimento dell'istanza di riesame proposta dall'indagata C.S. (non ricorrente) e dal coniuge P.M. (terzo interessato ricorrente) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio il 5 settembre 2022, ha annullato il predetto provvedimento per difetto del periculum in mora.
Nella specie, il sequestro preventivo è stato operato sul denaro presente sul conto corrente cointestato all'indagata ed al coniuge e su una quota di proprietà di un immobile.
Si contesta a C., in qualità di direttrice, (Omissis), della farmacia comunale (Omissis), e, quindi, incaricata di pubblico servizio, di essersi appropriata del denaro pubblico (341.446,43 Euro), del quale aveva il possesso o, comunque, la disponibilità per ragioni del servizio; condotta realizzata vendendo medicinali al pubblico, registrandone l'uscita dal magazzino, omettendo, però, di emettere scontrino fiscale, in tal modo non contabilizzando le entrate.
Il Tribunale del riesame di Varese ha richiamato la sentenza Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 - 01, sottolineando l'irrilevanza, nel caso di specie, del fatto che la confisca sia stata adottata ai sensi dell'art. 322-ter c.p., poiché, anche in questo caso, deve ritenersi sussistente un identico obbligo motivazionale in capo al giudice della cautela.
La motivazione del Giudice delle indagini preliminari - a giudizio del Collegio della cautela - è una mera petizione di principio poiché si limita a sostenere che: "e' evidente che l'omessa adozione della cautela reale, lasciando la libera disponibilità da parte dell'odierna indagata del denaro, di cui ha la disponibilità, nonché degli altri beni immobili/mobili di cui la stessa, anche tramite soggetti interposti, risulta titolare, potrebbe frustarne l'ablazione definitiva, in considerazione della particolare natura dei beni acquisendi, suscettibili di agevole occultamento /sottrazione/reimpiego e/o dispersione.
2. Avverso l'ordinanza, ricorre il Pubblico ministero di Varese, deducendo la violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p. e, in ogni caso, in relazione al requisito del periculum in mora.
Si contesta la qualificazione del sequestro, rilevando come lo stesso sia stato disposto ai sensi dell'art. 321 c.p., comma 2-bis trattandosi di profitto del reato di peculato, rispetto al quale non può trovare applicazione il principio posto a fondamento della decisione impugnata espresso dalle Sezioni Unite Ellade, che ha circoscritto l'ambito di operatività alla ipotesi di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, connotata dalla discrezionalità della misura.
In particolare, qualora sussista il fumus di uno dei delitti contro la Pubblica amministrazione, è sufficiente, ai fini dell'adozione della misura del sequestro preventivo, il mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con la sentenza di condanna o di applicazione pena.
Se è vero che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice è tenuto a spiegare, in termini che potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, ciò non significa, in automatico, che il requisito del periculum in mora debba sempre atteggiarsi in termini di concretezza e attualità.
3. La difesa ha depositato una memoria, nella quale evidenzia che il Giudice delle indagini preliminari, nelle motivazioni del decreto di sequestro, ha mostrato in modo inequivoco l'intendimento di qualificare ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca e la Corte di Cassazione non può mutare la qualificazione giuridica data al sequestro, senza che i ricorrenti abbiano presentato uno specifico motivo di doglianza in tal senso.
Osserva, inoltre, la difesa che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, del quale si discute, rappresenta un'anticipazione degli effetti della sanzione punitiva rispetto alla sentenza di condanna, nella misura in cui priva il titolare del diritto di proprietà sul bene stesso, prima che il fatto di reato sia definitivamente accertato.
Tale anticipazione degli effetti della sanzione punitiva, tuttavia, pare chiaro non possa conseguire alla semplice sussistenza del presupposto del fumus. Quest'ultimo, con riguardo al sequestro preventivo, infatti, richiede la astratta riconducibilità del fatto storico oggetto di esame alla norma incriminatrice, che si assume essere stata violata. Risulta evidente, allora, come non sia accettabile che gli effetti della sanzione punitiva vengano anticipati, rispetto alla sentenza di condanna, sulla base della sussistenza di un unico presupposto assai più tenue rispetto a quello necessario per applicare la sanzione punitiva stessa.
In tal senso, allora, il presupposto del periculum rappresenta una guarentigia indefettibile che consente, appunto, di colmare il vuoto che sussiste nell'accertamento del fatto, tra il momento di applicazione della cautela reale e la sentenza.
Pare evidente come il Tribunale del Riesame di Varese, anche laddove avesse riqualificato ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2-bis, il sequestro emesso dal G.i.p. del Tribunale di Busto Arsizio ex art. 321 c.p.p., comma 2, avrebbe, comunque, dovuto valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora, secondo una lettura del dettato normativo rispettosa dell'art. 27 Cost., comma 2, e art. 117 Cost. quale parametro interposto rispetto agli artt. 6, 7 e 1 prot. 1 CEDU.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Ritiene preliminarmente il Collegio che la "riqualificazione" da parte del Tribunale del riesame del disposto sequestro ai sensi dell'art. 321 c.p.p., comma 2-bis anziché ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, sia del tutto legittima, trattandosi, in entrambi i casi, di provvedimento ablatorio strumentale alla confisca, con l'unica differenza che, nel caso in esame, il reato per il quale si procede è costituito dal peculato, e, quindi, da uno dei delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, per i quali è espressamente applicabile l'art. 321 c.p.p., comma 2-bis.
3. Occorre premettere che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848, hanno affermato il principio di diritto, secondo il quale: "Il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2, finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili "ex lege". (Fattispecie relativa a sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato in ordine al quale la Corte ha chiarito che l'onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato).
3.1.Sebbene gli arresti sul tema controverso abbiano riguardato provvedimenti di sequestro preventivo finalizzato alle diverse ipotesi di confisca previste dal codice penale e dalle leggi speciali, le Sezioni Unite hanno ritenuto di circoscrivere l'ambito della pronuncia al solo sequestro preventivo finalizzato alla confisca-misura di sicurezza di cui all'art. 240 c.p., in quanto oggetto dell'impugnazione cautelare nel caso concreto.
Ciò premesso, la soluzione adottata, superando la dogmatica tradizionale che contrappone le due ipotesi di confisca, obbligatoria e facoltativa, pone l'accento sulla necessità di una specifica motivazione, sia pure coerente con lo sviluppo del procedimento, in ordine al periculum in mora, che viene inteso dalle Sezioni Unite, non quale mera duplicazione del pericolo richiesto ai fini del sequestro preventivo impeditivo, ma in funzione della finalità "confiscatoria" della misura e della sua natura fisiologicamente anticipatoria rispetto alla definizione del processo con la misura ablatoria.
Ribadita la struttura autonoma del sequestro preventivo a fini di confisca rispetto al sequestro impeditivo - desunta, sia dalla diversa collocazione topografica all'interno dell'art. 321 c.p.p., che dalla diversa finalità perseguita dalle due misure cautelari, le Sezioni Unite hanno, tuttavia, escluso, che tale diversità possa accompagnarsi ad una minore intensità della motivazione relativa al sequestro a fini di confisca.
Poiché, infatti, con il provvedimento di sequestro preventivo a fini di confisca si determina una anticipata limitazione dei diritti dell'imputato (diritto di proprietà o libertà di iniziativa economica), di regola condizionata all'accertamento del fatto ed all'affermazione della sua responsabilità, e', dunque, necessario che la misura sia disposta solo all'esito di un giudizio "quanto meno di tipo prognostico" che investa il duplice profilo del fumus del reato e della necessità di un'anticipazione degli effetti ablatori.
Quanto a tale ultimo aspetto, le Sezioni Unite hanno ritenuto che circoscriverne il perimetro alla sola confiscabilità del bene, comporta una sorta di sostanziale annullamento di ogni differenza tra la misura cautelare e quella ablatoria finale, richiedendosi nel primo caso una motivazione identica a quella richiesta ai fini della misura finale.
Ad avviso delle Sezioni Unite, solo un'esegesi estensiva dell'onere di motivazionale del provvedimento di sequestro preventivo a fini di confisca può, da un lato, evitare le possibili frizioni con il principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost., art. 6, par. 2, CEDU) e, dall'altro, assicurare il rispetto del principio di proporzionalità, costantemente richiamato dalla giurisprudenza della Corte EDU e della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nella valutazione delle ingerenze rispetto al diritto di proprietà. E' stato, pertanto, affermato che una soluzione ermeneutica che vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione sul periculum in mora risulta coerente "con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare, evitando un'indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio".
3.2.Con riferimento al criterio, sul quale calibrare il richiesto onere motivazionale, le Sezioni Unite hanno affermato che lo stesso va rapportato, non tanto alla diversa tipologia di confisca, quanto, piuttosto, alla natura anticipatrice della misura cautelare. Pertanto, ogni qualvolta la misura ablatoria sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il provvedimento di sequestro dovrà spiegare - in termini che, naturalmente, potranno essere modulati sulle caratteristiche del bene da sottrarre - le ragioni per le quali si ritiene di anticipare gli effetti della confisca.
3.3.Con riferimento al caso concreto, relativo a sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del reato, le Sezioni Unite hanno, inoltre, ritenuto corretto l'indirizzo che, con riferimento alla motivazione sul periculum in mora, afferma la necessità che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Le Sezioni Unite hanno, dunque, escluso la possibilità di giungere a soluzioni differenziate con riferimento alle diverse tipologia di confisca riconducibili all'art. 240 c.p. (obbligatoria o facoltativa), considerando che tale distinzione oggi pare riposare più su scelte normative che qualificano la misura in un senso o nell'altro non in base a differenti caratteristiche dei beni, strutturali o funzionali (spesso coincidenti), bensì in ragione della diversa tipologia di reato e dell'esigenza di assicurare una risposta sanzionatoria di sicura dissuasività e afflittività.
3.4. Coerentemente con il parametro della "esigenza anticipatoria" della confisca, le Sezioni Unite hanno, invece, escluso che il medesimo onere di motivazione sul periculum in mora sia richiesto con riguardo al sequestro preventivo funzionale alla confisca di cose "la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisca reato" (art. 240 c.p., comma 2). In tal caso, infatti, proprio in ragione della intrinseca pericolosità di tali beni, il presupposto della confisca non è rappresentato dalla sentenza di condanna o di applicazione della pena, cosicché, ai fini del sequestro, "l'esigenza anticipatoria verrà a ridursi alla sola attestazione della ricomprensione dell'oggetto tra quelli, appunto, di natura illecita, giacché già solo tale requisito finisce, con ogni evidenza, per esaurire la dimensione cautelare" connessa alla misura finale".
3.5. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite costituisce un'ulteriore progressione del percorso ermeneutico tracciato dal Supremo Consesso con le sentenze Innocenti e Botticelli (Sez. U., n. 12878 del 29/1/2003, Rv. 223723 e Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Rv. 273548) che, sia pure con riferimento alle fattispecie del sequestro preventivo "impeditivo" e del sequestro probatorio, hanno posto l'accento sulla necessità di completezza della motivazione, non limitata al solo presupposto del fumus, ma estesa, in un caso, anche al periculum e, nell'altro, all'esigenza probatoria perseguita con l'apposizione del vincolo.
In particolare, le Sezioni Unite Botticelli, ripudiando una soluzione ermeneutica fondata sulla presunzione di rilevanza probatoria del corpo del reato, hanno affermato la necessità che il decreto di sequestro probatorio, così come il decreto di convalida, del corpo del reato contenga una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l'accertamento dei fatti e, dunque, della necessità di apporre un vincolo di indisponibilità sul bene (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Rv. 273548).
Inoltre, la diversa sistemazione dogmatica delle ipotesi di confisca-misura di sicurezza rappresenta un logico sviluppo del ragionamento seguito dalle Sezioni Unite Bellucci con la sentenza n. 40847 del 30/5/2019 (Rv. 276690). In tale arresto il Supremo Consesso, prendendo atto della problematica riconducibilità ad una ratio comune di tutte le ipotesi di confisca obbligatoria previste dall'art. 240 c.p., comma 2, e della eterogeneità delle ulteriori ipotesi di confisca previste dal codice penale e dalle leggi speciali, ha circoscritto l'ambito di operatività del divieto di restituzione previsto dall'art. 324 c.p.p., comma 7, alle sole cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2, sottolineando che solo per i beni intrinsecamente pericolosi e, nei limiti indicati dalle Sezioni Unite Lucci (sentenza n. 31617 del 26/06/2015, Rv. 264434) per il prezzo del reato, la confisca prescinde dalla sentenza di condanna.
3.6.Con la sentenza in commento, tuttavia, le Sezioni Unite hanno operato un'ulteriore selezione nell'ambito della categoria dei beni oggetto di confisca obbligatoria ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2, limitando ai soli beni ritenuti ex lege oggettivamente pericolosi (ovvero le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato) l'esenzione dall'onere di motivazione sul periculum in mora.
Proprio in considerazione del carattere anticipatorio della misura cautelare reale e della stretta correlazione tra la misura ablatoria finale e la sentenza di condanna, la Corte ha, pertanto, affermato che il sequestro preventivo funzionale alla confisca del prezzo del reato non può sottrarsi a tale onere motivazionale, atteso che, pur potendosene disporre la confisca diretta anche nel caso in cui il processo venga definito con una declaratoria di estinzione del reato, e', comunque, sempre necessaria una precedente pronuncia di condanna, come già affermato dai precedenti arresti delle Sezioni Unite (si richiamano Sez. U., n. 5 del 25/3/1993, Carlea, Rv. 193119, Sez. U., n. 38334 del 10/7/2008, De Maio, Sez. U., n. 31367 del 26/6/2015, Lucci, Rv. 264434).
3.7. Entro tale prospettiva si è in seguito precisato (Sez. 6, n. 32582 del 05/07/2022, Guarrera, Rv. 283619; Sez. 6, n. 48333 del 03/11/2022, Sailis, Rv. 284073 - 01; Sez. 6, n. 826 del 29/11/2022, Martorano Rv. 284145 - 01;) che anche il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2-bis, finalizzato alla confisca nei procedimenti relativi a delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare - nel rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale - alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con sentenza, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, atteso che la necessità di detta motivazione opera, con la sola eccezione delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, sia con riguardo alla confisca obbligatoria che a quella facoltativa così come di proprietà o di valore, e senza che possa rilevare la natura, mobiliare o immobiliare, dei beni in sequestro.
4. Per le ragioni esposte nelle motivazioni delle pronunce teste' richiamate, che il Collegio condivide e intende ribadire, integralmente richiamando in questa Sede il quadro argomentativo ivi delineato, non può essere accolta la diversa impostazione ricostruttiva al riguardo seguita da una precedente decisione di questa Corte (Sez. 6, n. 12513 del 23/02/2022, Grandis, Rv. 283054), che ha invece ritenuto sufficiente, ai fini dell'adozione del sequestro preventivo preordinato alla confisca ex art. 322-ter c.p., il mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con sentenza di condanna e di applicazione della pena (nella specie, relativa al reato di cui all'art. 316-ter c.p., la Corte ha richiamato l'art. 321, comma 2-bis, cit., che contempla un'ipotesi speciale di sequestro preventivo funzionale alla confisca, con carattere obbligatorio, prevista per la categoria dei suddetti reati).
4.1. Il portato interpretativo offerto dalla sentenza "Ellade", alla luce delle relative argomentazioni, andrebbe circoscritto - secondo tale interpretazione alle ipotesi di cui all'art. 321 c.p.p., comma 2 senza coinvolgere le ipotesi regolate dal successivo comma 2-bis dello stesso articolo. In particolare, è stato posto l'accento sul riferimento operato in detta sentenza "al dato letterale emergente dall'impiego al comma 2 del verbo modale "può" e sul raffronto con la diversa espressione adottata dal legislatore all'art. 321, comma 2-bis ("il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca") con riferimento alla misura cautelare reale adottabile nei procedimenti relativi a delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione" per poi mettere in evidenza che con "l'aggiunta dell'art. 321 c.p.p., comma 2-bis, il legislatore ha introdotto, un'ipotesi speciale di sequestro preventivo funzionale alla confisca, connotata da un carattere obbligatorio, desumibile sia dalla lettera della della norma che da una considerazione di carattere logico-sistematica volta ad attribuire un senso ad una disposizione che, altrimenti, avrebbe costituito un mero duplicato di quella, ben più ampia e generale, contenuta al comma 2". Si è quindi concluso che "qualora sussista il fumus di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale (ovvero i reati previsti dagli artt. compresi tra il 314 ed il 335 c.p.), sarà sufficiente, ai fini dell'adozione della misura, il mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in relazione alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio con la sentenza di condanna o di applicazione della pena".
Tale impostazione ricostruttiva prende le mosse, come si è già detto, proprio dalla sentenza Ellade, nella parte in cui si sottolinea che: "la differente formulazione dei commi 2 e 2-bis conduce, ancor più, a ripudiare la opzione riduttiva (...) di una motivazione confinata nella mera individuazione della confiscabilità del bene, invece sufficiente, alla luce della differente formulazione della norma, proprio per il sequestro introdotto dal legislatore con riguardo ai reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione".
4.2. Ritiene il Collegio che la considerazione espressa dalle Sezioni Unite costituisca un mero obiter dictum e, quindi, proprio perché relativa a questione non rimessa al C.M., non vincolante nel caso che ci occupa.
Del resto, sempre le Sezioni Unite Ellade, in altra parte della motivazione, sembrano, invece, sostenere la necessità della motivazione del periculum in mora - con la sola eccezione delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato - laddove affermano che:" proprio con riferimento alle ipotesi di confisca obbligatoria, appare ancora più evidente la possibile frizione con la presunzione di non colpevolezza della soluzione ermeneutica che esime dall'onere di motivazione sul periculum in mora, posto che, in tal caso, si consentirebbe al giudice di anticipare gli effetti della confisca, per legge prevista solo in relazione ad una pronuncia di condanna o di applicazione della pena, esentandolo dall'onere di spiegare perché, ancor prima che tali condizioni si realizzino, il bene debba essere sequestrato.
A scopo esemplificativo si richiama il raffronto tra l'art. 240 c.p., comma 1 - in base al quale il profitto del reato costituisce oggetto di confisca "facoltativa" - e l'art. 322-ter c.p. che, per il caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle pari per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione di cui agli artt. da 314 a 320 c.p., prevede, invece, che il profitto di tali reati sia oggetto di confisca obbligatoria.
5. Ritiene, in conclusione, il Collegio che le connotazioni che, a seconda del caso, può assumere la misura ablativa (obbligatoria, facoltativa ecc.) verso la cui adozione è finalizzata la cautela reale prescindono completamente dalla ineludibile esigenza di motivare in ordine alla necessaria sussistenza del presupposto giustificativo rappresentato dal periculum in mora. Solo una soluzione ermeneutica che, come affermato nella richiamata sentenza Ellade, vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione anche sul periculum in mora è in grado di garantire coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando un'indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio.
Anche l'intervento cautelare previsto dall'art. 321 c.p.p., comma 1 come osservato nella richiamata sentenza Guarrera, è stato da sempre inteso nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Rv. 223722, Innocenti) come obbligatorio per il giudice, senza mai mettere in discussione, tuttavia, la preventiva verifica giudiziale dei relativi presupposti costitutivi, tra i quali va indefettibilmente annoverato anche quello inerente al periculum, definito nei termini di cui alla predetta disposizione.
La scelta a suo tempo realizzata dal legislatore con l'inserimento, nella struttura dell'art. 321 cit., del comma 2-bis (ex L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 6, comma 3) - scelta evidentemente giustificata dalla intenzione di voler rendere ancora più stringenti gli interventi reali correlati a condotte illecite realizzate in danno della pubblica amministrazione anche sul piano della fruttuosità della successiva ablazione, escludendo a monte qualsivoglia lettura interpretativa finalizzata a rendere discrezionale l'adozione della misura malgrado il riscontro dei relativi presupposti costitutivi come talora è stato sostenuto per il sequestro di cui al comma 2 della disposizione innovata - non può, dunque, legittimare alcuna deroga allo statuto del sequestro anticipatorio della confisca complessivamente considerato dall'art. 321 c.p.p.: statuto necessariamente comprensivo, anche per le ipotesi di sequestro ivi contemplate nella disposizione di cui al comma 2-bis, del giudizio in ordine alla ricorrenza del presupposto del periculum in mora, come in linea generale affermato dalla sentenza Ellade.
6. Il ricorso del Pubblico ministero, in conclusione, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2023