Responsabilità medica penale

Con la sentenza n. 32242/22, la Quarta Sezione della Suprema Corte ha affermato che, in tema di colpa professionale, il medico chiamato ad effettuare un intervento è titolare di una posizione di garanzia che estende la sua portata anche alla fase post-operatoria, con la conseguenza che sarà possibile muovere un rimprovero penale laddove il sanitario, avendo omesso di seguire la fase successiva all'intervento, abbia mancato di riconoscere e valutare adeguatamente i segni premonitori della patologia contratta dal paziente successivamente all'intervento praticato.
Di seguito si riporta il testo integrale della sentenza sopra richiamata.
Cassazione penale sez. IV, 03/05/2022, n.32242
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15 gennaio 2021 la Corte d'appello di Messina ha confermato con riguardo alla sola posizione di B.A. (assolvendo invece i coimputati perché il fatto non costituisce reato) la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che aveva ritenuto l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 113 c.p. e art. 590 c.p., commi 1 e 3 per avere, in qualità di medico endoscopista dell'Unità operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva del Presidio Ospedaliero "G. Fogliani" di Milazzo, in cooperazione colposa con F.A., in qualità di infermiera professionale, e P.A., in qualità di medico di famiglia, cagionato per colpa, con gli specifici addebiti descritti nel capo di imputazione, la persistenza e l'aggravamento della perforazione colica iatrogena incolpevolmente provocata a T.S. nel corso dell'esame colonscopico eseguito dal medesimo e lo aveva quindi condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi due di reclusione oltre che al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede.
I fatti di causa possono essere così brevemente riassunti:
In data 26.5.2011 T.S. si recava presso l'Ospedale di Milazzo per sottoporsi ad una colonscopia. L'esame eseguito dal dott. B. veniva interrotto a causa di un irrigidimento di un'ansa intestinale ed il paziente, che era stato sedato, veniva tenuto in osservazione per circa 90 minuti durante i quali lamentava forti dolori addominali. Il T. tornato a casa continuava ad accusare forti dolori tanto che la moglie chiamava il medico di famiglia Dott. P. il quale a seguito di visita domiciliare gli prescriveva un analgesico. Dato che il dolore persisteva il giorno dopo il Dott. P. ne organizzava il ricovero presso l'Ospedale di Milazzo. Dagli accertamenti eseguiti emergeva una perforazione intestinale causata dall'esame endoscopico del giorno prima con conseguente necessità di un intervento d'urgenza.
Il giudice di primo grado ha ritenuto provata la responsabilità del B. sulla scorta della consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero nel corso delle indagini e delle dichiarazioni rese dal T., dalla moglie e dal cognato.
Il giudice di appello, ritenuto che nella specie la regola cautelare violata attiene al post operatorio e va classificata nel genus "prudenza" anziché nel genus "perizia", ha ritenuto la responsabilità del Dott. B. in quanto proprio l'aver dovuto interrompere definitivamente la colonscopia poco dopo l'inizio, unitamente ai dolori lamentati dal T., avrebbero dovuto porre il medico in allarme in ordine alla eventualità di un incidente performativo, sicché non aver attivato direttamente o indirettamente una speciale sorveglianza sul T. si traduce in un preciso rilievo di imprudenza.
Esclusa una colpa di rilievo penale nella accidentale perforazione, e ritenuto che l'intervento chirurgico sarebbe stato comunque necessario, e il ritardo di 24 ore non ha comportato alcun danno, il giudice di appello ha ritenuto che comunque il T. ha vissuto 24 ore di grande e non vincibile sofferenza che avrebbe potuto evitare oltre al trauma psichico, in un contesto di rischio crescente per la vita con possibilità di stati settici e shock derivanti dalla perforazione intestinale.
2. Avverso detta pronuncia l'imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione agli artt. 43,113 e 590 c.p. e violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per motivazione mancante e illogicità della stessa risultante dal testo della sentenza impugnata.
Deduce che il provvedimento impugnato non ha spiegato sulla base di quali elementi di prova si potesse inferire che il Dott. B. fosse venuto a conoscenza prima di completare il proprio turno di lavoro che il paziente si fosse lamentato nel post esame accusando dolori sintomatici di problemi intervenuti nel corso dell'esame diagnostico o successivamente.
Inoltre, il giudice di appello, nel condannare il Dott. B. ha scardinato sia il nesso della cooperazione fra gli imputati nel delitto colposo sia l'antecedente logico contestato nel capo di imputazione ovvero che non era stata accertata alcuna sintomatologia algica da parte del T..
2.2. Con il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell'art. 606, lett. b) in relazione all'art. 192 c.p. e violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per illogicità della motivazione e motivazione mancante in relazione all'omessa valutazione di una prova.
Deduce che la Corte territoriale non ha valutato l'esame testimoniale del Dott. M., che subentrò nel turno al Dott. B., da cui si evince che non si evidenziò alcun decorso anomalo né alcuna emergenza nella fase post esame.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell'art. 606, lett. b) in relazione all'art. 41 c.p. e violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per illogicità della motivazione e per motivazione solo apparente.
Deduce che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che l'evento aggiuntivo, consistito nei dolori e nel pericolo astratto di vita e di infezioni che il ritardo diagnostico avrebbe cagionato, deblba gravare sul Dott. B. senza alcuna interruzione del nesso causale allorché il medico curante avrebbe potuto visitare il paziente e farlo ricoverare immediatamente.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso lamenta la violazione dell'art. 522 c.p.p. per mancata correlazione tra contestazione e sentenza.