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Come condurre un controesame efficace?

Quattro rapidi consigli per un controesame efficace.

Conciliare il controesame con la tua impostazione difensiva è la prima preoccupazione per un esame accurato ed efficace, e la prima cosa che devi fare è valutare attentamente il testimone.

In particolare, un avvocato deve essere consapevole del ruolo del testimone nel processo e personalizzare adeguatamente il controesame.

Gli esami incrociati più efficaci sono raramente ostili; il tuo obiettivo non è litigare con il teste ma portare a casa un “punto” decisivo per la tua strategia difensiva.

Quando la dichiarazione del testimone è potenzialmente dannosa, il tuo obiettivo è trovare il modo per ammorbidirla. In questi casi, l'avvocato potrebbe informarsi sulla capacità di valutazione del testimone (distanza, ostacoli visivi, illuminazione).

Potrebbero esserci rapporti di interesse tra le parti o altri testimoni tali da influenzare la testimonianza. Un testimone può fraintendere determinati fatti o circostanze che riguardano la sua deposizione. Ogni domanda che un avvocato chiede durante il controesame deve tendere a rafforzare la tesi dell'esaminatore, indebolendo quella dell'avversario.

Un fatto per ogni domanda è un'altra caratteristica di un efficace controesame.

Lascia poco o nessun margine di manovra per la risposta, elimina ogni discussione su ciò che stai chiedendo, il tuo obiettivo è costruire un argomento basato su fatti semplici e facili da ricordare.

Un controesame efficace diventa dannoso se il testimone passa il tempo a “scontrarsi” con l’esaminatore e spiegare perché è in errore e viceversa.

Non pensare al momento, il tuo unico obiettivo è ottenere fatti “freddi” ai quali darai interpretazione in sede di discussione.

Quindi prendi i fatti e vai avanti.

Una vecchia pubblicità recitava: "Puoi imparare a disegnare a casa nel tuo tempo libero." Bene, lo stesso vale anche per le tecniche di esame.

Esercitati ogni giorno.

Ti suggerisco di esercitarti a casa con amici e parenti, ascolta come formulano le domande e prova a migliorare le tue abilità. Devi essere capace di individuarne la natura (intimidatoria, lusingatoria, denigratoria, provocatoria, suggestiva, equivoca, ecc.) con rapidità e sicurezza.

Ricorda sempre che il processo accusatorio non è fatto per le persone lente, come affermava autorevolmente Cordero nella sua Procedura Penale.

"Sei stato al negozio?" "Che cosa hai comprato?" "Latte?" "Uova?" "Spinaci?"

Quattro domande chiuse (se preferisci suggestive) ed una aperta. Riesci ad individuarle in un decimo di secondo?

Infine, non utilizzare mai il momento del controesame per esporre la tua argomentazione difensiva.

Pensiamo ad un caso di affidamento di minore nel quale il padre dichiari di essere il genitore affidatario prevalente di un bambino di 15 mesi. Siamo in controesame ed il difensore della madre pone le seguenti domande al padre:

D: Suo figlio trascorre la notte a casa della madre?

A: Sì.

Q: Lo sveglia al mattino?

A: Sì

D: Lei gli prepara la colazione?

A: Sì.

Q: Lei lo lava?

A: Sì.

Q: Lei lo veste?

A: Sì.

Q: Lei gli prepara la pappa?

A: Sì.

D: Lei trascorre le serata con lui?

A: Sì

Q: Lo mette a letto?

A: Sì.

D: Se si sveglia durante la notte, si prende cura di lui?

A: Sì.

Q: Se è malato, si prende cura di lui?

A: Sì.

D: E tutto ricomincia il giorno dopo?

A: Sì.

Vi è una forte tentazione di chiedere: "E insomma lei dichiara ancora di essere il genitore affidatario prevalente?" Ma come è evidente questa domanda non aggiunge nulla ai fatti, e dà viceversa al testimone l'opportunità di trovare una giustificazione.


Il punto è che il testimone non ammetterà mai di non essere il genitore affidatario principale. Quindi lascia stare.

Quando sono utili le contestazioni ex art. 500 c.p.p.?

Per un risultato utile, l'avvocato deve, prima di tutto, avere dichiarazioni predibattimentali palesemente incoerenti con la testimonianza.

Ad esempio, se il testimone ha dichiarato, nella fase delle indagini preliminari, che l'imputato procedeva con semaforo rosso quando colpiva l'auto del querelante, e poi durante l’esame ha affermato che l'imputato procedeva con la luce verde, le dichiarazioni predibattimentali sono chiaramente incoerenti.

Viceversa, se il testimone ha dichiarato, in sede di sommarie informazioni, che quando ha guardato il semaforo, dopo la collisione, lo stesso era rosso e poi ha testimoniato durante il processo che non era sicuro del colore del semaforo al momento dello scontro, risulta evidente che non c'è una affermazione inequivocabile sul colore della luce del semaforo.

D: Ha detto che quando ha guardato la luce del semaforo subito dopo l'incidente, la luce era rossa.

A: Sì.

D: E oggi ha testimoniato che non sa di che colore fosse la luce.

A: Sì.

Una contestazione del genere è chiaramente infruttuosa, anzi dannosa.

Il testimone ha riferito che la luce del semaforo era rossa quando l'ha guardato subito dopo l'incidente. Non ha, infatti, visto la luce al momento dell'incidente e ha testimoniato in modo coerente con la sua precedente dichiarazione.

Gli avvocati inesperti (e a volte anche quelli esperti) commettono l'errore di provare a mettere sotto accusa un testimone con una dichiarazione precedente che non è palesemente incoerente.

Come è facile intuire, questo espediente deve essere evitato a tutti i costi.

Se le dichiarazioni predibattimentali non sono veramente incoerenti, l'avvocato risulterà “scorretto” agli occhi del giudice e ciò in quanto lo stesso sta provando ad indurlo in errore più che condurlo alla verità.

Se poi abbiamo dichiarazioni incoerenti, bisognerà semplicemente rappresentare al giudice l’incongruenza, senza chiedere spiegazioni e passare alle domande successive.


Gli errori più comuni nel corso del controesame.

Gli errori più comuni, sono andare alla “cieca”, aspettando che l’argomento difensivo venga calato dall’alto dal testimone o introdurre nel controesame argomentazioni proprie della discussione finale.

Ed ancora, un errore frequente si verifica proprio quando l’avvocato ottiene una risposta “perfetta” nel controesame.

C'è la tendenza a voler assicurarsi che il giudice abbia capito e quindi la domanda viene ripetuta anche due o tre volte nel corso dell’esame, quasi per amplificarne l’effetto.

In questi casi, il testimone si rammarica di aver dato quel tipo di risposta alla domanda e state certi che attenderà con impazienza un'opportunità per rimediare all’errore. Dare al testimone un altro morso o due, come se fosse una mela, garantisce che non ci sarà abbastanza frutto per cuocere una torta.


In quali casi è preferibile non porre domande in controesame?

Fatti due domande: 1) il testimone ha danneggiato la nostra linea difensiva in esame diretto; 2) c'è qualcosa di rilevante che il testimone possa riferire per avvalorare la nostra tesi? Se la risposta ad entrambe le domande è "sì", sottoponi il teste al cross. Se la risposta ad entrambe le domande è "no", non ti resta che dire “Nessuna domanda, Presidente".

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