top of page

Colpa medica: assolti 6 medici per una complicanza di intervento di riduzione di frattura di femore

Errore diagnostico

Colpa medica

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale a carico di sei medici del reparto di ortopedia, accusati del reato di omicidio colposo (errore diagnostico) commesso in danno di una paziente precedentemente sottoposta ad un intervento chirurgico di riduzione e sintesi di una frattura del femore destro.

In particolare, il pubblico ministero accusa i sanitari di aver erroneamente diagnosticato, in luogo di una flogosi acuta ascessuale in atto nella regione inguinale destra, una flogosi di minore gravità; di avere conseguentemente omesso di praticare una terapia idonea all'evacuazione e al drenaggio della raccolta ascessuale; di aver omesso di eseguire esame colturali sul materiale drenato finalizzati all'instaurazione di una terapia antibiotica mirata; di non avere, quindi, contrastato l'insorgenza del processo settico che condusse al decesso.

Gli imputati venivano assolti sia in primo grado che nel giudizio di appello e la parte civile proponeva ricorso per cassazione.

Analizziamo nel dettaglio la decisione della corte di cassazione.



Autorità giudiziaria: Quarta Sezione della Corte di Cassazione

Reato contestato: Omicidio colposo ex art. 589 c.p. per errore diagnostico

Imputati: Sei medici del reparto di ortopedia

Esito: Ricorso rigettato (assoluzione definitiva per tutti) - sentenza n.46104/22 (ud. 18/11/2022, dep. 06/12/2022),

Indice:


1. L'accusa nei confronti dei medici

Con sentenza del 17 novembre 2021 la Corte di Appello di Catanzaro, ha confermato la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale della stessa città in data 23 aprile 2018 nei confronti di G.E., O.N., S.S., M.D., C.G. e G.D., imputati del reato di cui agli artt. 113 e 589 c.p. per aver cagionato, in cooperazione colposa tra loro, la morte di I.G..

Secondo l'ipotesi accusatoria, il decesso fu determinato da uno shock settico cui conseguì un arresto cardiaco. I sanitari imputati erano tutti in servizio presso il reparto di ortopedia della clinica "Villa del Sole" di (Omissis) - ove la I. era stata ricoverata per un intervento chirurgico di riduzione e sintesi di una frattura del femore destro eseguito il (Omissis) - e sono stati chiamati a rispondere della morte della paziente, che si verificò il (Omissis) presso l'Azienda ospedaliera "(Omissis)" di (Omissis), nella quale la donna era stata trasferita il (Omissis). Agli imputati è stato contestato: di aver erroneamente diagnosticato, in luogo di una flogosi acuta ascessuale in atto nella regione inguinale destra, una flogosi di minore gravità; di avere conseguentemente omesso di praticare una terapia idonea all'evacuazione e al drenaggio della raccolta ascessuale; di aver omesso di eseguire esame colturali sul materiale drenato finalizzati all'instaurazione di una terapia antibiotica mirata; di non avere, quindi, contrastato l'insorgenza del processo settico che condusse al decesso.


2. Le sentenze di assoluzione in primo grado e in appello

Il Tribunale e la Corte di appello hanno ritenuto che, all'esito del giudizio, non fossero emersi "elementi univoci in ordine all'origine dell'infezione, alla sua natura, al preciso decorso e all'idoneità della stessa, per estensione ed entità, a cagionare la morte della I. per shock settico" (pag. 5 della motivazione della sentenza impugnata).

La Corte di appello ha sottolineato, in particolare, che "le risultanze dibattimentali hanno evidenziato la possibile incidenza di fattori causali alternativi" - in specie, la possibile insorgenza di un evento embolico a livello polmonare - la cui operatività non è inverosimile, è anzi suffragata da significativi dati tecnici, e non è stata efficacemente smentita dai consulenti del Pubblico ministero e dal consulente della parte civile. Ha rilevato inoltre che, non essendo provata oltre ogni ragionevole dubbio la causalità della condotta, ogni valutazione in ordine alla causalità della colpa sarebbe stata superflua. Tale vaglio postula, infatti, "sul piano logico prima che giuridico, la possibilità di ricondurre l'evento all'agente sul piano materiale" (pag. 10 della motivazione).



3. I motivi di ricorso del paziente (parte civile):

La parte civile ricorre per Cassazione censurando la sentenza impugnata con tre motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 173, comma 1. Un quarto motivo è stato aggiunto con memoria del 31 ottobre 2022.


3.1. I giudici si sono "appiattiti" sulle conclusioni del consulente tecnico della difesa dei medici

Col primo motivo la difesa di parte civile deduce vizi di motivazione e travisamento della prova. Osserva che l'apparato motivazionale delle sentenze di merito è aprioristicamente sbilanciato in favore della ricostruzione alternativa fornita dal consulente tecnico della difesa e viziato dall'ingiustificata sottovalutazione o mancata considerazione di dati documentali inequivoci idonei ad escludere che la morte possa essere stata causata da fattori diversi rispetto allo shock settico. Secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe attribuito assorbente rilievo all'opinione del consulente tecnico di parte, Dott. F., e non si sarebbe confrontata con i contributi scientifici forniti dai consulenti dell'accusa pubblica e privata, né avrebbe spiegato per quali ragioni la tesi sostenuta dal consulente della difesa sia stata valutata preferibile rispetto alle altre, pur congruamente argomentate e supportate da elementi obiettivi emersi con chiarezza nel corso dell'istruttoria dibattimentale.

La ricorrente rileva che, nell'ipotizzare una serie causale alternativa, il consulente tecnico della difesa non ha valutato l'aumento grave di leucociti che era iniziato il (Omissis).

Osserva che il (Omissis), quando fu eseguito l'intervento chirurgico di incisione e detersione dell'area infetta, il valore dei globuli bianchi calò da 45.000 a 36.000 e si ridusse ulteriormente nei giorni seguenti. Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe ignorato questi dati attribuendo aprioristica verosimiglianza alla tesi sostenuta dal consulente tecnico della difesa, secondo il quale, pur in presenza di un evidente stato settico, la morte potrebbe essere stata determinata da un processo morboso embolico instauratosi dopo che la paziente era stata trasferita all'Ospedale di (Omissis). Sostiene che, a causa di tale grave travisamento della prova, i giudici di appello avrebbero omesso di compiere ogni valutazione in ordine alla condotta omissiva ascritta a ciascun imputato e alla sua rilevanza causale rispetto all'evento.

La ricorrente sostiene che i giudici di merito hanno attribuito eccessivo rilievo alla mancata esecuzione di una autopsia che avrebbe consentito di individuare con certezza la causa della morte. Osserva che la mancata esecuzione di tale accertamento non consente di escludere il nesso causale in un caso, come quello in esame, nel quale la morte può essere attribuita in termini di elevata credibilità razionale ad un fenomeno patologico ben individuato quale è lo shock settico. Sottolinea che, con riferimento a tale causa di morte, un giudizio controfattuale avrebbe potuto essere compiuto e i giudici di merito lo hanno ingiustificatamente omesso.


3.2 I giudici di appello dovevano attenersi alla regola civilistica del "più probabile che non"

Col secondo motivo, la ricorrente lamenta che nella valutazione della prova, ed in specie de nesso causale, a Corte territoriale Si sia attenuta alle regole del giudizio penale piuttosto che a quelle del giudizio civile. Osserva che, quando il giudizio di appello si è svolto, il reato si era già estinto per prescrizione e l'impugnazione era stata proposta ai soli effetti civili, sicché la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare la prova attenendosi alle regole civilistiche a1 criterio del "più probabile che non". Di conseguenza, avrebbe dovuto prendere atto che non poteva essere pronunciata sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2 e avrebbe dovuto dichiarare il reato estinto per prescrizione. Ciò avrebbe consentito di demandare al giudice civile ogni ulteriore valutazione.


3.3 La corte di appello avrebbe dovuto nominare un perito

Col terzo motivo, la ricorrente si duole che la Corte di appello abbia respinto l'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ritenendo non necessaria alla decisione una perizia medico legale volta ad una complessiva rivalutazione delle contrapposte tesi emerse nel corso del dibattimento di primo grado.

Osserva che il giudice non può avvalersi ai fini della decisione di personali competenze scientifiche e sostiene che, per questo, la Corte di appello sarebbe stata tenuta a risolvere i dubbi e i punti critici nominando un perito.



3.4 La corte di appello non ha sufficientemente motivato sul nesso causale

Col quarto motivo aggiunto - integrativo dei precedenti - la difesa deduce vizi di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza del nesso causale tra condotta omissiva ed evento. Osserva che la sentenza impugnata ha escluso il nesso causale sulla base della mancata esecuzione di un accertamento autoptico. Sostiene che, in assenza di dati oggettivi che ne imponessero l'esecuzione, a mancanza di tale accertamento non è dirimente e che una autopsia non era affatto necessaria per individuare nello shock settico la causa della morte, trattandosi di dato di assoluta evidenza. Sottolinea che da parte degli imputati vi fu palese violazione delle linee guida sul trattamento delle infezioni e che come i consulenti tecnici del Pubblico ministero hanno riferito in udienza - il "flemmone" che si manifestò è una "notoria complicazione dell'intervento al femore".

Insiste nel dolersi del travisamento delle risultanze probatorie.

In data 20 ottobre 2022 il difensore di G.D. ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata. La difesa sottolinea: che G. intervenne nella cura della paziente soltanto nella notte tra (Omissis), quale guardia medica interdivisionale, perché gli fu segnalato uno stato di agitazione psicomotoria; che in quella occasione si limitò ad integrare la terapia da altri impostata prescrivendo la somministrazione di mezza fiala di Valium; che non ebbe modo di visualizzare l'ascesso inguinale perché era coperto da una fasciatura e perché il suo intervento era stato chiesto per altro motivo (l'agitazione psicomotoria, appunto).


4. La decisione della corte di cassazione: Il ricorsa non merita accoglimento

Per ragioni di logica espositiva, deve essere esaminato per primo il terzo motivo col quale la ricorrente si duole del mancato espletamento di una perizia. Secondo la difesa, in presenza di consulenze tecniche di contenuto opposto, il giudice sarebbe obbligato a nominare un perito essendogli precluso avvalersi ai fini della decisione di personali competenze scientifiche.


4.1 La nomina del perito medico legale da parte del giudice non è obbligatoria

Il motivo di ricorso è manifestamente infondato. Come la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato, se il giudice ha necessità, per ricostruire l'eziologia di un evento, di svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, "non può prescindere dall'apporto della perizia per avvalersi direttamente di proprie, personali, specifiche competenze scientifiche e tecniche, perché l'impiego della scienza privata costituisce una violazione del principio del contraddittorio nell'iter di acquisizione della prova e del diritto delle parti di vedere applicato un metodo scientifico e di interloquire sulla validità dello stesso" (Sez. 4, n. 54795 del 13/07/2017, Grossi, Rv. 271668; Sez. 1, n. 19822 del 23/03/2021, Faina, Rv. 281223).

Questo, però, non significa affatto che un accertamento peritale sia sempre obbligatorio. Le regole del contraddittorio impongono, infatti, che sia applicato un metodo scientifico e sia consentito alle parti di interloquire sulla validità dello stesso, ma non possono essere utilizzate per accreditare l'esistenza di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice ogniqualvolta egli abbia necessità di avvalersi dei saperi di scienze diverse da quella giuridica. Ed invero, pur in assenza di una perizia d'ufficio, in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito, "può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta, nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti" (Sez. 4, n. 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv. 253512; Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, Sartori, Rv. 263435; Sez. 3, n. 13997 del 25/10/2017, dep. 2018, P., Rv. 273159). Se è vero, dunque, che il giudice non può avvalersi nella decisione di proprie, personali, competenze scientifiche e tecniche; è pur vero, che egli può valutare i saperi scientifici che gli siano stati sottoposti dalle parti senza essere obbligato a nominare un perito purché sia in grado di motivare la propria scelta fornendone una spiegazione adeguata e completa.



A ciò deve aggiungersi che, per giurisprudenza costante, "il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità" (tra e tante: Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D., Rv. 247872; Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018, dep. 2019, Motta Pelli, Rv. 275114;). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato, inoltre, che "la rinnovazione del giudizio in app-E.2.Ro è istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 203974) e che la perizia non può essere fatta rientrare nel concetto di prova decisiva (non e', perciò, s(ssumibile nella previsione dell'art. 606 c.p.p., lett. d), "trattandosi di un mezzo di prova "neutro", sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l'articolo citato, attraverso il richiamo all'art. 495 c.p.p., comma 2, si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività" (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936).


4.2 La corte ha valutato le due tesi contrapposte ed ha individuato la soluzione più affidabile

L'esame del primo motivo di ricorso (e del quarto, che ne costituisce una specificazione) richie.de una breve premessa sui limiti del giudizio di legittimità, più volte ribaditi anche con riferimento alla prova scientifica. A questo proposito si deve ricordare che "non è censurabile in sede di legittimità la decisione con cui il giudice di merito, nel contrasto tra opposte tesi scientifiche, all'esito di un accurato e completo esame clelle. diverse posizioni, ne privilegi una, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di non dover seguire" (Sez. 4, n. 15493 del 10/03/2016, B., Rv. 266787). A questo proposito è stato opportunamente sottolineato (sent. n. 15493 del 10/03/2016, pag. 6 della motivazione) che "il ricorso a competenze specialistiche con l'obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi dell'uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti (conferimento dell'incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti, escussione degli esperti in dibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione progressiva".

Muovendo da queste premesse, la giurisprudenza ha chiarito che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l'una piuttosto che l'altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi che ha ritenuto di non dover seguire. Entro questi limiti, si è ritenuto che non integri da se solo un vizio della motivazione l'omesso esame critico di ogni più minuto passaggio delle argomentazioni tecniche disattese. La valutazione delle emergenze processuali, infatti, è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, duale, per adempiere compiutamente all'onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma deve invece enunciare, con adeguatezza e logicità, gli argomenti che si sono resi determinanti per a formazione del suo convincimento (sul punto: Sez. 4, n. 692 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, Russo, Rv. 258127 pag. 8 della motivazione; Sez. 5, n. 10835 del 08/07/1988, Davani, Rv. 179651).

La ricorrente sostiene che i giudici di merito si sarebbero "appiattiti" sulle conclusioni del consulente della difesa senza confrontarsi con le deduzioni dei consulenti dell'accusa pubblica e privata; avrebbero, perciò, travisato l'esito dell'istruttoria dibattimentale, che consegnava la certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, del fatto che la morte di I.G. fosse stata determinata da shock settico e, quindi, dall'inadeguato trattamento della flogosi ascessuale manifestatasi con carattere di gravità a far data dal (Omissis).

Tale argomentazione non trova riscontro nella lettura del provvedimento impugnato. La Corte territoriale ha fatto esplicito riferimento alle diverse prospettazioni medico legali, dell'accusa e della difesa e ha argomentato sulle ragioni per le quali l'ipotesi alternativa secondo la quale il decesso poteva essere stato determinato da un evento trombo-embolico a livello polmonare non poteva essere esclusa con elevato grado di credibilità razionale.

A differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, nel compiere tale valutazione, la sentenza impugnata non si è limitata a riferire il dato dell'assenza di un esame autoptico; dato che, peraltro, ha indubbio rilievo, atteso che, in assenza di un accertamento autoptico, l'ipotesi che il decesso fosse stato causato da un evento trombo-embolico non ha potuto essere esclusa con certezza neppure dai consulenti tecnici del Pubblico ministero, i quali hanno riferito di aver privilegiato l'ipotesi di una morte conseguente a shock settico perché questa fu la causa di morte individuata dai sanitari dell'Ospedale di (Omissis).

La corte di appello ha sottolineato che la serie causale alternativa individuata dal consulente tecnico della difesa, Dott. F., trova riscontro in alcuni dati obiettivi, rispetto ai quali non vi sono state controdeduzioni da parte dei consulenti dell'accusa pubblica e privata.

In particolare, come risulta dalla lettura della sentenza, nell'individuare in uno shock settico la causa della morte, i consulenti del Pubblico ministero e della parte civile, hanno attribuito rilievo - oltre che al valore sempre più elevato dei globuli bianchi - al fatto che "la glicemia era mal controllabile non ostante la terapia insulinica" e al manifestarsi di uno stato di agitazione, ma non hanno considerato il dato, illustrato e documentato da consulente della difesa, che la I. era un soggetto diabetico grave e, come emerge dalla cartella clinica, pur sottoposta a terapia insulinica, mangiava di nascosto dolciumi; circostanza idonea, da se sola, a determinare l'alterazione dei valori glicemici, la difficoltà di controllarli e significative variazioni di quei valori cui possono conseguire alterazioni del sensorio. La Corte territoriale osserva che tale dato avrebbe dovuto essere preso in considerazione perché nei soggetti diabetici si manifestano con maggior facilità processi infiammatori.


La sentenza sottolinea poi che, il (Omissis) (id est: il giorno prima del decesso), fu effettuato un esame RX del torace e questo esame evidenziò una patologia polmonare ("polmoni ed ili da stasi, opacamento basale bilaterale, cuore aumentato in toto"). Tale situazione era assai diversa rispetto a quella riscontrata dalla radiografia eseguita il (Omissis) ("non lesioni pleuro-parenchimali. Seni liberi. Cuore nei limiti") e, secondo il consulente della difesa (non smentito sul punto dai consulenti dell'accusa), questo dimostra l'insorgenza di un processo morboso a livello polmonare. La Corte territoriale osserva che, come evidenziato da consulente della difesa, l'emegasanalisi effettuata (Omissis) evidenziò "acidosi metabolica, ossia lo stato che ci si sarebbe attesi in presenza di una sepsi generalizzata, essendo emersa, per contro, una alcalosi metabolica, incompatibile con lo shock settico e giustificata da una ipossemia in atto". Sottolinea, inoltre, che (Omissis) fu accertato un significativo aumento del numero delle piastrine e, in una paziente allettata, questo rende assai probabile un evento trombo-embolico.

I motivi di ricorso non contrastano tali argomentazioni e si limitano a ribadire a maggior verosimiglianza della tesi secondo la quale a morte fu determinata da shock settico. A sostegno di tali argomentazioni la difesa sottolinea che, durante la degenza presso la clinica "Villa del Sole", non ostante l'instaurazione di una terapia antibiotica, vi fu un costante aumento dei leucociti (12.530 globuli bianchi il (Omissis), 22.900 il (Omissis); 34.330 (Omissis); 39.000 il (Omissis)). Osserva, inoltre, che, come sottolineato dai consulenti del Pubblico ministero, il (Omissis), quando fu eseguito l'intervento chirurgico di incisione e detersione dell'area, il valore dei globuli bianchi calò da 45.000 a 36.000 e si ridusse ulteriormente nei giorni seguenti (il 25 settembre, data del decesso, il valore di globuli bianchi era di 25.000). Non spiega, però, in che modo tali osservazioni possano contrastare il dato, evidenziato in sentenza, secondo cui, proprio perché tra (Omissis) il numero dei leucociti si era significativamente ridotto, non si può escludere che il processo morboso a livello polmonare accertato il (Omissis) possa essere stato causa del decesso. Neppure è contrastato l'argomento, sviluppato dai giudici di appello, secondo; il quale lo shock settico è di regola caratterizzato da ipotensione arteriosa e la I. presentò invece, "per tutto il periodo del ricovero (dal (Omissis))", valori pressori al di sopra della norma.

Per quanto esposto, la motivazione della sentenza impugnata non può essere considerata carente, contraddittoria né manifestamente illogica o contrastante con i principi ermeneutici che regolano la materia della responsabilità per colpa medica.

Invero, qualora sussistano, in relazione a pluralità di indagini svolte da periti e consulenti, tesi contrapposte sulla causalità materiale dell'evento, il giudice, previa valutazione dell'affidabilità metodologica e dell'integrità delle intenzioni degli esperti, che dovranno delineare gli scenari degli studi e fornire adeguati elementi di giudizio, deve accertare, all'esito di una esaustiva indagine singole ipotesi formulate dagli esperti, la sussistenza di una soluzione sufficientemente affidabile, costituita da una metateoria frutto di una ponderata valutazione delle differenti rappresentazioni scientifiche del problema, in grado di fornire concrete, significative ed attendibili informazioni idonee a sorreggere l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato.

Altrimenti potendo concludere per l'impossibilità di addivenire ad una conclusione in termini di certezza processuale (Sez. 5, Sentenza n. 9831 del 15/12/2015, dep. 2016, Minichini, Rv. 267567).


4.3 Le regole di valutazione della prova restano quelle del processo penale

Deve essere esaminato a questo punto il secondo motivo di ricorso, col quale si sostiene che, trattandosi di appello proposto ai soli effetti civili ed essendosi il reato estinto per prescrizione prima ancora dell'inizio del processo di secondo grado-, la Corte territoriale avrebbe dovuto attenersi alle regole di valutazione della prova proprie del giudizio civile e, ritenuta "più probabile che non" la sussistenza del nesso causale, avrebbe dovuto prendere atto che la insussistenza del fatto non era evidente ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2 dichiarando l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Il motivo di ricorso è infondato. Ai sensi dell'art. 576 c.p.p. la parte civile può proporre appello, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata in primo grado e, per giurisprudenza costante, in questi casi, anche se è intervenuta la prescrizione del reato contestato, il giudice di appello "deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l'imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l'impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all'imputato" (Sez. 2, n. 6568 del 26/01/2022, Pratillo, Rv. 282689; Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini, Rv. 268894).

Si è puntualizzato in proposito: che l'art. 576 c.p.p. riconosce alla parte civile la legittimazione a presentare impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento o di assoluzione e a chiedere la condanna dell'imputato alla restituzione o al risarcimento del danno indipendentemente dall'impugnazione del Pubblico ministero e anche in assenza di questa; che, in questi casi, la parte civile, in deroga a quanto previsto dall'art. 538 c.p.p., può chiedere al giudice penale un accertamento incidentale sulle questioni penali (da valere solo virtualmente come una condanna) ai soli fini dell'accoglimento della sua domanda di restituzione o di risarcimento del danno causato dal reato, senza tuttavia poter ottenere alcun mutamento delle statuizioni sull'azione penale che, avendo consolidato il giudicato interno, restano formalmente immodificabili, in assenza dell'impugnazione del rappresentante della pubblica accusa (tra le tante: Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019, Murone, Rv. 277375; Sez. 4, n. 48781 del 23/09/2016, Amato, Rv. 268344; Sez. 6, n. 41479 del 25/10/2011, V., Rv. 251061).


Questa impostazione non è contraddetta, ma anzi confermata, dall'autorevole affermazione (Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, Negri, Rv. 233918) secondo cui, a norma dell'art. 538 c.p.p., il giudice di primo grado non può condannare l'imputato alla restituzione o al risarcimento del danno cagionato dal reato in assenza di una pronuncia di condanna penale, mentre il discorso si pone in termini diversi in secondo grado, in presenza dell'appello presentato, sia pure ai soli effetti civili, dalla sola parte civile. In tal senso, si è esclusa la possibilità per il giudice dell'appello di incidere sul giudicato formatosi in ordine alle statuizioni penali, ma, nel contempo, si è sottolineato che quel giudice, nel dichiarare la causa di estinzione del reato per prescrizione o per amnistia (indipendentemente dal momento in cui essa sia maturata) su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, ben può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere su quel capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

Corollario di questo principio è l'inapplicabilità al giudizio di impugnazione promosso dalla sola parte civile dell'art. 129 c.p.p., comma 2; "tale disposizione, infatti, essendo ispirata a ragioni di economia processuale, risulta compatibile con le garanzie difensive nel solo caso in cui il giudice si pronunci sulla regiudicanda penale e non su questioni civili, atteso che, solo nel giudizio penale, l'operatività del criterio di prevalenza di formule previsto da tale norma è bilanciato dalla possibilità, per l'imputato, di rinunziare alla causa di estinzione del reato" (Sez. 6, n. 43644 del 11/09/2019 Murone, Rv. 277375 e, con specifico riferimento al giudizio di legittimità, Sez. 5, n. 19917 del 09/04/2021, Tenace, Rv. 281179).

E' conseguentemente infondata la tesi secondo la quale, nel caso di specie, sarebbe stata violata la regola di giudizio declinata dall'art. 129 c.p.p..

L'ulteriore argomento secondo cui, in un reato già estinto per prescrizione, nel giudizio conseguente all'appello proposto ai soli effetti civili sarebbe doveroso attenersi alle regole di valutazione della prova proprie del giudizio civile non ha pregio. La circostanza che l'appello proposto dalla sola parte civile non possa incidere sulle statuizioni relative all'azione penale, infatti, non incide sulle regole di valutazione della prova che restano quelle del processo penale, come è reso evidente dalla previsione dell'art. 573 c.p.p. in base al quale "l'impugnazione per i soli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale".

Proprio muovendo da questa constatazione, è stata ritenuta illegittima una sentenza d'appello che, in riforma di quella assolutoria, abbia affermato la responsabilità dell'imputato, sia pure ai soli fini civili, "sulla base di una alternativa e non maggiormente persuasiva interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio" (Sez. 6, n. 1514 del 19/12/2012, dep. 2013, Crispi, Rv. 253940; Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 262524; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Banchero, Rv. 272082). Nella medesima prospettiva si è sottolineato che, in ragione del contenuto, inequivoco, del citato art. 573, la regola di giudizio dell'"al di là di ogni ragionevole dubbio" è efficace "anche per l'affermazione della responsabilità ai fini civili che venga dichiarata nel processo penale" (così, in termini espliciti, la citata sentenza Sez. 6, n. 1514 del 19/12/2012, pag. 4 della motivazione).

Tanto premesso, si deve ricordare che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva, mentre l'insufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell'omissione dell'agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell'evento lesivo comportano l'esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese, Rv. 222139).


Nel caso di specie, con una motivazione che - come esposto - non è carente né contraddittoria e non presenta profili di manifesta illogicità, la Corte di appello ha ritenuto che l'interferenza di decorsi causali alternativi, idonei a provocare l'evento, non potesse essere esclusa oltre ogni ragionevole dubbio perché l'esistenza di tali decorsi causali era sostenuta da argomentazioni scientifiche dotate di elevata credibilità razionale e non efficacemente smentita dalle diverse valutazioni dei consulenti dell'accusa pur dotate anch'esse di un elevato grado di credibilità razionale.


5. Dispositivo

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. La complessità della vicenda e la non manifesta infondatezza del ricorso proposto dalla parte civile costituiscono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e compensa le spese tra le parti di questo giudizio di legittimità.


Così deciso in Roma, il 18 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria, il 6 dicembre 2022.


bottom of page