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Evasioni IVA: sono frodi gravi all’interesse finanziario UE anche se manca la fraudolenza.

In tema di frodi dell'interesse finanziario dell'Unione, le condotte evasive dell'i.v.a. dell'ordinamento italiano possono essere connotate di frode pur in assenza di previsione espressa, nella norma sanzionatoria di riferimento, del requisito della fraudolenza: così, anche la violazione degli art. 5,8 e 10 ter D.Lgs. n. 74 del 2000, possono essere connotate quale frodi gravi all'interesse finanziario dell'Unione, che l'art. 325 tfUe tutela. L'art. 133 c.p. è un parametro oggettivo d'individuazione del requisito della gravità della frode per cui il giudice nazionale operi la non applicazione della prescrizione.

Tribunale Napoli sez. V, 20/07/2021, (ud. 20/07/2021, dep. 20/07/2021), n.7092 (Dott. LUCA PURCARO)


RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, con decreto di citazione diretta emesso in data 16.01.2020, disponeva il rinvio a giudizio di (...) davanti a questo giudice monocratico della V Sezione Penale affinché rispondesse dei reati di omesso versamento di IVA, come in epigrafe contestati.

Alla prima udienza del 16.06.2020, svoltasi nell'assenza dell'imputato regolarmente citato e non comparso in giudizio senza addurre alcun impedimento, il processo era rinviato, poiché non era ricompreso tra quelli da trattare in base ai decreti n. 108/2020 e 140/2020 emessi dal Presidente del Tribunale per limitare il numero dei procedimenti da celebrare a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Alla successiva udienza del 13.04.2021, dopo la formale dichiarazione di apertura del dibattimento, erano ammesse le prove documentali e orali richieste dalle parti. Si procedeva, poi, all'istruttoria dibattimentale mediante l'escussione del teste Nello Valenti, in servizio presso l'Agenzia delle Entrate - DP I Napoli - UT Pozzuoli, sentito in sostituzione di quello indicato nella lista del P.M. su delega del responsabile del predetto Ufficio in quanto a diretta conoscenza dei fatti. Il processo, infine, era rinviato per l'assenza dei testi di cui alla lista della difesa.

All'udienza del 15.06.2021, il processo non poteva essere celebrato per analogo motivo, avendo uno dei testi della difesa anche giustificato l'assenza.

Alla successiva udienza del 6.7.2021 il processo era rinviato, poiché non rientrante tra quelli da celebrare ai sensi dei decreti n. 310/2020 del 13.11.2020 e n. 5/2021 del 31.03.2021, emessi dal Presidente del Tribunale per limitare il numero dei procedimenti da trattare a causa dell'emergenza epidemiologica in atti.

All'odierna udienza del 20.07.2021, il giudice, stante il decorso del termine di prescrizione dei reati, ha revocato l'ordinanza ammissiva delle prove in relazione ai testi di cui alla lista della difesa. Al termine, dichiarati chiusa l'istruttoria dibattimentale e utilizzabili ai fini della decisione gli atti contenuti nel fascicolo processuale, si è svolta la discussione finale, in cui le parti hanno concluso nei sensi prima trascritti.

B. Ritiene questo giudicante che i reati ascritti all'imputato siano estinti per intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione.

1. Si deve rilevare, in primo luogo, che il termine ordinario di prescrizione per i delitti di cui l'imputato risponde è quello di sei anni previsto dall'art. 157, comma 1, c.p., così come modificato dall'art. 6, comma 1, L. 05.12.2005 n. 251. In proposito si deve evidenziare che non è possibile tenere conto, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p., dell'aumento di pena per la recidiva, poiché l'imputato è incensurato e, in ogni caso, il P.M. non l'ha contestata.

E' appena il caso di evidenziare che il rappresentante della pubblica accusa non poteva più procedere a contestare la recidiva ai fini della prescrizione, poiché, per la prevalente giurisprudenza di legittimità, "la maturata prescrizione del reato osta a che si possa contestare la recidiva, e conseguentemente addivenire a declaratoria di responsabilità, posto che, una volta maturato il termine massimo di prescrizione, la prosecuzione del processo è incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato. Né la contestazione della recidiva, con il conseguente prolungamento dei termini prescrizionali, può determinare la reviviscenza di un reato ormai estinto" (così Cassazione penale, sez. VI, 22/09/2015, n. 47499).

Il termine massimo di prescrizione del reato, anche considerati gli atti interruttivi intervenuti tempestivamente, è decorso, per il capo a), il 28.06.2020 e, per il capo b), il 28.06.2021. In tale caso, infatti, trovano applicazione gli artt. 160,comma 3, e 161, comma 2, c.p., così come novellati dalla legge prima citata, per i quali i termini previsti dall'art. 157 c.p.non possono essere prolungati oltre un quarto, tranne i casi di imputati recidivi, ipotesi non ricorrente nel caso in esame, per come in precedenza chiarito.

Nel presente procedimento, inoltre, non vi sono state cause di sospensione della prescrizione.

2. Ad avviso di questo giudice non è possibile applicare il diverso termine di prescrizione previsto dall'art. 17, comma 2, del D.L.vo n. 74/2000, il quale è stato aggiunto dall'art. 2, comma 36 vicies semel lett. 1), del D.L. 13.08.2011 n. 138, convertito, con modificazioni, nella L. 14.09.2011 n. 148.

Il termine di prescrizione in esame, che prevede un aumento di un terzo rispetto alla disciplina ordinaria, si applica, infatti, ai "delitti previsti dagli articoli da 2 a 10" del D.L. n. 74/2000, nei quali, quindi, non è compreso il reato contestato di cui all'art. 10 ter.

La norma di cui all'art. 17, comma 2, è di stretta interpretazione, avendo modificato in senso più sfavorevole il regime della prescrizione, che ha natura sostanziale, per cui non può essere applicata ai casi in essa non espressamente previsti.

Si deve osservare, inoltre, che al momento della novella legislativa in esame era già stato introdotto il delitto di cui all'art. 10 ter, norma che nella sua versione originale è stata inserita dall'art. 35, comma 7, del D.L. 4.7.2006 n. 223, convertito, con modificazioni, nella L. 4.8.2006 n. 248, per cui la mancata inclusione della fattispecie in esame nel catalogo dei reati per i quali è previsto l'aumento di un terzo dei termini di prescrizione appare la conseguenza di una scelta legislativa o di un difetto di coordinamento, al quale, però, non è possibile ovviare in via interpretativa, per le ragioni esposte in precedenza.

3. L'applicazione della disciplina codicistica dei termini di prescrizione del reato, pone a questo punto al giudice la necessità di valutare se possa operare una disapplicazione degli artt. 157 e segg. c.p., alla luce della normativa comunitaria (art. 325 TFUE) e dell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza comunitaria (sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande sezione, (...) dell'8 settembre 2015, C-105/14).

Sul punto esiste un contrasto all'interno della giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, che è divisa tra due diversi orientamenti, i quali possono essere così sintetizzati.

3. a. Secondo una prima interpretazione, non è possibile disapplicare la disciplina ordinaria in materia di prescrizione quando è contestato il reato di omesso versamento di IVA, che non si caratterizza per la condotta di frode e, quindi, non rientra nella previsione di cui al citato art. 325 (cfr. Cassazione penale, sez. III, 16/12/2016, n. 16458).

Appare opportuno riportare in questa sede un ampio passaggio della motivazione della sentenza che ha espresso la tesi prima sintetizzata.

"5.1. ...omissis....L'art. 325 TFUE, come interpretato dalla CGUE, da ultimo, in particolare, nella sentenza della Grande Camera nella causa C-105/14, (...) ed altri, non si applica alle fattispecie di reato strutturalmente non caratterizzate da frode, come quella di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, così come definita dall'art. 1 della Convenzione elaborata in base all'art. K.3 del Trattato sull'Unione Europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995 (ed. Convenzione PLF), cui fa riferimento, a fini definitori, la giurisprudenza eurounitaria.

5.2. Afferma la citata sentenza CGUE: "36. Al riguardo si deve ricordare che, in base al combinato disposto della direttiva 2006/112 e dell'art. 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri hanno non solo l'obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee a garantire che l'IVA dovuta nei loro rispettivi territori sia interamente riscossa, ma devono anche lottare contro la frode (v., in tal senso, sentenza (...), C-617/10, EU:C:2013:105, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). 37 Inoltre, l'art. 325 TFUE obbliga gli Stati membri a lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell'Unione con misure dissuasive ed effettive e, in particolare, li obbliga ad adottare, per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell'Unione, le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro interessi finanziari (v. sentenza (...), C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). 38 La Corte ha in proposito sottolineato che, poiché le risorse proprie dell'Unione comprendono in particolare, ai sensi dell'art. 2, paragrafo 1, lett. b), della decisione 2007/436, le entrate provenienti dall'applicazione di un'aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole dell'Unione, sussiste quindi un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell'IVA nell'osservanza del diritto dell'Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell'Unione delle corrispondenti risorse IVA, dal momento che qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde (v. sentenza (...), C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26). 39 Se è pur vero che gli Stati membri dispongono di una libertà di scelta delle sanzioni applicabili, che possono assumere la forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una com