La massima
In tema di guida in stato di ebbrezza, ai fini della prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, è sufficiente che di tale circostanza sia fatta menzione in atti di polizia giudiziaria (nella specie il verbale di accertamenti urgenti sulla persona) atteso il valore fidefacente degli stessi (Cassazione penale , sez. IV , 17/12/2020 , n. 3913).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza
Cassazione penale , sez. IV , 17/12/2020 , n. 3913
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 14/11/2017, il Tribunale di Cagliari dichiarava A.S. responsabile del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), e comma 2-bis, e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena (sospesa) di mesi 7 di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda, con revoca della patente di guida, con sospensione della patente di guida per un anno e confisca dell'autovettura.
1.1. Con la sentenza n. 926 del giorno 31/10/2019, la Corte di Appello di Cagliari, adita dall'imputato, confermava la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione A.S., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 507 c.p.p..
Deduce il mancato accoglimento della richiesta della difesa dell'imputato alla prova contraria a quella disposta d'ufficio ex art. 507 c.p.p. dal Giudice di primo grado con ordinanza priva di motivazione.
II) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 186 C.d.S., comma 5.
Deduce che, prima che fossero eseguiti gli esami ematochimici sull'imputato ordinati d'autorità ai sanitari dell'Ospedale (OMISSIS) dalla Polizia Municipale, nè gli operanti nè i sanitari all'uopo incaricati ex artt. 348 e 354 c.p.p., hanno avvisato l'imputato della facoltà che avrebbe avuto ex art. 114 disp. att. c.p.p. di nominare un difensore di fiducia, nè è stato dimostrato dall'accusa il previo e valido consenso espresso dall'imputato agli esami stessi.
III) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 186 C.d.S., comma 5, e art. 114 disp. att. c.p.p..
Deduce l'assenza del consenso dell' A. agli esami in parola ed il mancato avviso, prima dell'espletamento degli stessi, della facoltà che egli avrebbe avuto di nominare un difensore di fiducia. Inoltre, tali esami non sono stati eseguiti perchè ritenuti necessari dai sanitari per le cure da prestargli, ma esclusivamente perchè così aveva comandato di fare la Polizia Municipale del Comune di Cagliari.
IV) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis.
Deduce che l'aggravante in parola è insussistente, in quanto, perchè si applichi, è necessario provare che l'incidente stradale sia collegato con certezza allo stato di ebbrezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Innanzitutto, va evidenziato che, nel caso di c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene nè alla ricostruzione dei fatti nè all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
5. Ciò posto in replica alla censura sub I), mette conto osservare che, In caso di assunzione di ufficio di nuovi mezzi di prova ai sensi degli artt. 507 e 603 c.p.p. o art. 441 c.p.p., comma 5, è riconosciuto alle parti il diritto alla prova contraria, ma, perchè la relativa richiesta sia ammissibile, e l'eventuale rigetto possa costituire motivo di doglianza in sede di legittimità, è necessario che la parte indichi specificamente le circostanze di fatto su cui deve vertere la nuova indagine istruttoria (cfr. Sez. 1, n. 18215 del 11/12/2018 Ud. - dep. 02/05/2019 - Rv. 276527). Inoltre, in tali ipotesi, le parti hanno - come detto - diritto a chiedere l'ammissione di prove contrarie, proponendo una domanda, assimilabile a quella di cui all'art. 495 c.p.p., comma 2, la cui ammissibilità è subordinata al vaglio della non manifesta superfluità o irrilevanza ai sensi dell'art. 190 c.p.p. (cfr. Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018 Ud. - dep. 18/04/2019 - Rv. 275904).
5.1. Nel caso che occupa, i giudici del merito han fatto buon uso dei principi surriportati affermando, prima, che "è palese dalla verbalizzazione dell'istanza difensiva che non fosse stata fornita alcuna indicazione specifica sulle circostanze in ordine alle quali il teste avrebbe dovuto deporre. Il difensore si limitò a dire, testualmente, "chiedo che venga sentito anche il medico La Piana", senza premettere o aggiungere altro (v. ud. 12.9.2017, pag. 16). Si trattò, cioè, di una richiesta del tutto immotivata e, come tale, da rigettare", e poi "che dalla documentazione acquisita risultava con chiarezza che l'esame ematico era stato chiesto dalla Polizia municipale ed eseguito proprio sulla base di quella richiesta e non in virtù di esigenze cliniche"; di qui l'inutilità della chiesta prova "essendo pacifiche sia la riconducibilità della richiesta alla Polizia municipale sia la ricezione da parte del Dott. La Piana sia, infine, l'esecuzione degli accertamenti proprio in forza della richiesta della Polizia municipale".
6. In replica alle doglianze sub II) e III), da trattarsi congiuntamente poichè logicamente avvinte, occorre evidenziare che, ai fini della prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad accertamenti alcolimetrici della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, è sufficiente che di tale circostanza sia fatta menzione in atti di polizia giudiziaria (nella specie il verbale e la annotazione di polizia giudiziaria) atteso il valore fidefaciente degli stessi (cfr. Sez. 4, n. 3906 del 21/01/2020 Ud. - dep. 30/01/2020 - Rv. 278287). Addirittura, la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo in questione, qualora non risultante dal verbale, può essere data anche mediante la deposizione dell'agente operante (cfr. Sez. 4, n. 3725 del 10/09/2019 Ud. - dep. 29/01/2020 - Rv. 278027; Sez. 4, n. 7677 del 06/02/2019 Ud. - dep. 20/02/2019 - Rv. 275148). Nel caso che occupa, la Corte territoriale ha - giustamente - dato atto che dal verbale di accertamenti urgenti sulla persona redatto dalla polizia giudiziaria, emerge che l'imputato - avviato per la visita all'ospedale (OMISSIS) - prestò il consenso "ad accertamenti circa la presenza di sostanze alcoliche mediante prelievo di liquidi biologici" e fu avvisato "prima di procedere all'esecuzione degli atti urgenti di accertamento, "della facoltà di farsi assistere da un avvocato di fiducia" nonchè "della circostanza che, in mancanza di nomina del difensore o in caso di ritardo nell'intervento dello stesso, si sarebbe proceduto ugualmente all'attività di accertamento". Non risulta verbalizzata alcuna nomina di difensore". Nemmeno risulta agli atti alcuna querela di falso nè alcuna denuncia di falso ideologico nei confronti degli operanti.
D'altra parte, pur ipotizzando plausibile l'affermazione difensiva circa lo stato di momentanea incapacità del ricorrente al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, la validità e utilizzabilità degli avvisi suddetti. deriverebbe, comunque, dalla applicazione del principio secondo cui non è configurabile, per la P.G. operante, l'obbligo di attendere la evidente "resipiscenza" dell'interessato temporaneamente "non compos mentis" a causa della smodata ingestione di sostanze alcoliche - per avvisarlo della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'accertamento alcolimetrico, trattandosi di atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall'attesa suddetta (cfr. anche Sez. 4, n. 22081 del 21/02/2019 Ud. - dep. 21/05/2019 - Rv. 276266).
Tornando alla questione relativa all'assenza del consenso dell' A. agli esami clinici, basterà riaffermare che, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'utilizzabilità dell'accertamento del tasso alcolemico compiuto presso una struttura sanitaria esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, e non per motivi di carattere medico-terapeutico, non richiede - in presenza dei presupposti di cui all'art. 186 C.d.S., comma 5, - uno specifico consenso dell'interessato oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento, ferma restando la possibilità del rifiuto dell'accertamento, penalmente sanzionata (cfr. Sez. 4, n. 54977 del 17/10/2017 Ud. - dep. 07/12/2017 - Rv. 271665; Sez. 4, n. 2343 del 29%11/2017 Ud. - dep. 19/01/2018 - Rv. 272334; Sez. 4, n. 43217 del 08/10/2019 Ud. - dep. 22/10/2019 - Rv. 277946).
Anche in questo caso, i giudicanti territoriali hanno ben applicato i principi giurisprudenziali suddetti alla luce dei quali è smentita la ricostruzione che la difesa oppone del protocollo operativo di cui all'art. 186 C.d.S., comma 5, che, in vero, non prevede alcun preventivo consenso dell'interessàto al prelievo dei campioni (v. anche Sez. 4, n. 1522 del 10/12/2013, dep. 2014, Lo Faro, Rv. 258490). Si tratta, infatti, di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica, restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso (cfr. ancora Sez. 4 n. 10605 del 15/11/2012, dep. 2013, Rv. 254933, in fattispecie in cui la S.C. ha, tuttavia, chiarito che il prelievo non sarebbe effettuabile laddove il paziente rifiutasse espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario). E non risulta agli atti che il ricorrente abbia manifestato alcun rifiuto.
Tale interpretazione è coerente con la giurisprudenza dello stesso Giudice delle Leggi che ha già riconosciuto la legittimità della disciplina del Codice della Strada, anche laddove, nell'indicare le modalità degli accertamenti tecnici per rilevare lo stato di ebbrezza, essa non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni (cfr. sentenza n. 238 del 1996).
7. Quanto alla doglianza sub IV), mette conto ribadire che, in tema di guida in stato di ebbrezza, ai fini della configurabilità dell'aggravante di aver provocato un incidente stradale, prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, non è richiesto l'accertamento del nesso eziologico tra l'incidente e la condotta dell'agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell'agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l'incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo (cfr. Sez. 4, n. 54991 del 24/10/2017 Ud. - dep. 07/12/2017 - Rv. 271557; Sez. 4, n. 18331 del 18/01/2019 Ud. - dep. 03/05/2019 - Rv. 276257).
7.1. Anche sul punto, il percorso argomentativo seguito dal giudice d'appello è del tutto congruo, scevro da contraddizioni e manifeste illogicità, avendo la Corte di merito valorizzato argomenti fattuali non smentiti nella loro storicità: "appare evidente che lo stato di ebbrezza acuta in cui si trovava A. - con l'elevatissimo tasso alcolemico di circa 3 grammi per litro - abbia avuto una diretta incidenza causale sul sinistro stradale. Egli si trovava, cioè; in uno stato di ubriachezza così importante che necessariamente le sue capacità attentive e reattive erano assai depotenziate e tali da non permettergli di condurre la propria autovettura con una men che sufficiente sicurezza. Del resto, la stessa dinamica dell'evento rilevata dai vigili urbani indusse costoro a ipotizzare immediatamente che all'origine ci fosse un problema di guida in stato di ebbrezza, perchè - come riferisce il teste M. - il sinistro avvenne in un tratto di strada particolare, caratterizzato da una curva, e il veicolo si ribaltò dopo aver impattato contro il guard rail".
7.1. Sul punto, in linea generale, deve ribadirsi, anche in questa sede, che per la configurabilità della circostanza aggravante di aver causato un incidente, è sufficiente che si verifichi l'urto del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che sia necessaria la constatazione di danni a persone o cose, di talchè basta qualsiasi, purchè significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (cfr. anche Sez. 4 n. 36777 del 02/07/2015, Rv. 264419).
Questa Corte ha già affermato che, ai fini della configurabilità dell'aggravante in esame, occorre precisare che "provocare" un incidente significa che esso deve essere conseguenza di una condotta inosservante di regole cautelari, siano esse quelle codificate dal Codice della strada (ossia le norme sulla circolazione stradale), siano esse quelle generali di prudenza, diligenza e perizia, tese in ogni caso a prevenire il verificarsi del sinistro medesimo (cfr., in motivazione, Sez. 4 n. 33760 del 17/05/2017, Rv. 270612).
Ed invero, poichè la norma di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis non richiede l'accertamento del nesso eziologico tra l'incidente e la condotta dell'agente, ma evoca unicamente il collegamento materiale tra il verificarsi dell'incidente e lo stato di alterazione dell'agente ("Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale"), valga in questa sede il principio secondo cui il maggior disvalore della condotta di cui all'art. 186 C.d.S., comma-2 bis, risiede nella condizione di alterata reattività del conducente in stato di ebbrezza rispetto alla situazione di pericolo in cui egli si venga a trovare, riconducibile alla sua impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l'incidente, direttamente ricollegabile allo stato di alterazione psicofisica.
8. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 2.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021