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Guida in stato di ebbrezza: i vizi dell'etilometro vanno rilevati dalla difesa


Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza, con la conseguenza che è onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento dimostrando la sussistenza di vizi o errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ovvero vizi correlati all'omologazione dell'apparecchio, non essendo sufficiente la mera allegazione della difettosità dell'apparecchio (Cassazione penale , sez. IV , 09/12/2020 , n. 7285).

Fonte: Ced Cassazione Penale



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La sentenza

Cassazione penale , sez. IV , 09/12/2020 , n. 7285

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 19/07/2018, il Tribunale di Marsala dichiarava D.P.G. responsabile del reato di cui all'art. 186 C.d.S., commi 1, comma 2, lett. b) e comma 2-sexies e lo condannava alla pena (sospesa) di mesi 6 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, oltre alla sospensione della patente di guida per anni 1.


1.1. Con la sentenza n. 5669/2019 del giorno 17/12/2019, la Corte di Appello di Palermo, adita dall'imputato, confermava la sentenza di primo grado.


2. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione D.P.G., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):


I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla omessa verifica del regolare funzionamento dell'etilometro e all'aver disatteso la richiesta difensiva di esibizione del libretto metrologico dello strumento predetto.


II) vizi motivazionali in relazione alla omessa applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis c.p.


III) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione al rigetto della richiesta di applicazione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale ai sensi dell'art. 175 c.p.


CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso é inammissibile.


4. Innanzitutto, va evidenziato che, nel caso di sostanziale c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.


4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.


4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.


4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).


4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioé di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente é stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma é circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).


4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'é , in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.


4.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione di legge, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).


5. Ciò posto in replica alla censura sub I), mette conto subito osservare che, - oltre agli esiti dell'alcoltest - come correttamente evidenziato dalla Corte del merito - gli operanti riferivano che il D. "veniva sottoposto ad accertamenti preliminari tramite l'utilizzo di un apparecchio del tipo "alcolblow", poiché emanava un forte alito vinoso e presentava gli occhi lucidi. Tale accertamento preliminare dava esito positivo; successivamente i militari provvedevano ad un secondo accertamento effettuato con l'apparecchio etilometrico, dal quale risultava un tasso alcolemico di 1,12 g/L, effettuato alle ore 2:49, ed un secondo risultato di 1,15 g/L, effettuato alle ore 3:00".


5.1. Occorre, ancora, rammentare che dal D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379, commi 5, 6, 7 e 8, (regolamento di esecuzione del codice della strada) si desume che: a) gli etilometri devono rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione di concerto con il Ministro della Sanità (comma 5); b) essi sono soggetti alla preventiva omologazione da parte della Direzione generale della M.T.C. che vi provvede sulla base delle verifiche e prove effettuate dal Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicolo (c.d. CSRPAD) in modo tale da verificarne la rispondenza ai requisiti prescritti (comma 6); c) i medesimi apparecchi, prima della loro concreta utilizzazione, devono essere sottoposti a verifiche e prove presso il citato CSRPAD, da cui deriva la necessità della loro sottoposizione ad una visita preventiva (comma 7) secondo le procedure stabilite dallo stesso Ministero dei Trasporti, che si risolve, in effetti, nella c.d. taratura obbligatoria annuale, il cui esito positivo deve essere annotato sul libretto dell'etilometro, con la precisazione che, in caso di esito negativo delle verifiche e prove, l'etilometro é ritirato dall'uso (comma 8).


Questo complesso normativo deve essere, poi, raccordato con le prescrizioni relative al disciplinare tecnico richiamato dal comma 5 dell'esaminato D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379 che venne precedentemente approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 196 del 22 maggio 1990.


Esso sancisce - all'art. 4 - che ogni etilometro deve essere accompagnato dal libretto metrologico che contiene dati identificativi dell'apparecchio misuratore (costruttore, matricola, conformità, omologazione) e la registrazione delle operazioni di controllo subite dall'apparecchio presso il Centro prove del Ministero dei trasporti.


Al riguardo si aggiunga che l'allegato al citato D.M. n., art. 2, comma 10, dispone che l'apparecchio deve essere dotato di dispositivo che permette di verificare se lo strumento resti calibrato.


E', poi, importante mettere in risalto come lo stesso allegato, art. 3, comma 8, (intitolato "verifica di buon funzionamento") stabilisca che: la verifica del buon funzionamento dello strumento comprende, in particolare: - la verifica di un numero soddisfacente di elementi interni dello strumento; - la verifica del giusto svolgimento del ciclo di misura; - la verifica della giusta calibratura.


Gli strumenti devono procedere automaticamente alla verifica del buon funzionamento prima di ogni misura visualizzandone il risultato e dopo ogni misura che abbia portato ad un risultato superiore al valore massimo consentito.


Ciò detto, giova rammentare che, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, quanto alla valenza probatoria dell'alcoltest ai fini e per gli effetti dell'affermazione di responsabilità per la contravvenzione di guida sotto l'influenza dell'alcool, vige il principio in forza del quale l'esito positivo dell'alcoltest é idoneo a costituire prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed é semmai onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ovvero vizi correlati all'omologazione dell'apparecchio, non essendo sufficiente la mera allegazione di difettosità dell'apparecchio (tra le tante, Sez. 4, n. 42084 del 04/10/2011 Ud. - dep. 16/11/2011 - Rv. 251117).


In altri termini, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione (cfr. Sez. 4, n. 48840 del 24/11/2015).


Tornando al caso in esame, se l'imputato avesse validamente dubitato del corretto funzionamento dello strumento e il giudice del merito avesse anch'egli ritenuto - per quel motivo - incerto l'esito dell'alcoltest, avrebbe dovuto trovare applicazione o la produzione (da parte dell'imputato) di copia del libretto metrologico dell'etilometro (acquisibile mediante una semplice istanza trasmessa al C.S.R.P.A.D. di Roma: (OMISSIS); lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato sul proprio sito istituzionale tutte le informazioni necessarie per l'accesso agli atti di cui alla L. n. 241 del 1990 e dal detto sito é possibile scaricare il "modello richiesta accesso a documenti amministrativi") ovvero dell'art. 507 c.p.p. (da parte del giudice di merito), in quanto il potere di disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova rientra nel compito del giudice di accertare la verità e ha la funzione di supplire all'inerzia delle parti o a carenze probatorie, quando le stesse incidono in maniera determinante sulla formazione del convincimento e sul risultato del giudizio (cfr. Sez. 3, n. 50761 del 13/10/2016 Ud. -dep. 30/11/2016- Rv. 268606); il giudice, infatti, ha il dovere di acquisire, anche d'ufficio, i mezzi di prova indispensabili per la decisione, dovendosi escludere che sia rimessa alla sua discrezionalità la scelta tra disporre i necessari accertamenti ed il proscioglimento dell'imputato (cfr. Sez. 3, n. 10488 del 17/02/2016 Ud. -dep. 14/03/2016- Rv. 266492).


5.2. Nel caso in esame, la difesa si é limitata a affermazioni di principio prive di ogni allegazione a supporto e, perciò, non idonee a scalfire la legittimità delle decisioni di merito mentre il giudice non ha affatto dubitato del corretto funzionamento dell'etilometro.


5.3. Gli strumenti appena citati (diritto di accesso agli atti amministrativi e dovere di allegazione da parte dell'interessato e le disposizioni di cui all'art. 507 c.p.p.) marcano la differenza tra i procedimenti amministrativi e civili (da un lato) e il processo penale.


5.4. Da tutte le considerazioni che precedono discende l'eccentricità di ogni eventuale richiamo ai principi fissati, in riferimento all'attività di accertamento mediante lo strumento di rilevamento elettronico della velocità, dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 113 del 2015, con cui é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 45, comma 6.


In tale dictum il Giudice delle leggi si é limitato a rilevare l'illegittimità della disposizione censurata nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. In vero, prima della pronuncia in parola, vigeva l'esonero delle apparecchiature di rilevamento elettronico della velocità (c.d. autovelox) da verifiche periodiche.


Come si vede, il principio in questione non é ragionevolmente mutuabile per ciò che attiene gli etilometri posto che il coacervo normativo sopra riportato - regola, dettagliatamente, le caratteristiche e i controlli periodici di tali apparecchi. Di qui l'infondatezza manifesta della doglianza in esame.


5.5. Ineccepibilmente, poi, la Corte del merito ha replicato all'analoga doglianza evidenziando che il controllo "risulta effettuato con apparecchio marca DRAGER, modello Alcoltest 7110 MKIII, matricola ARSL (OMISSIS); che risulta essere regolarmente revisionato fino al mese di (OMISSIS)".


6. Quanto alla doglianza sub II), basterà ribadire che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto dei parametri di cui all'art. 133 c.p. (cfr. Sez. Un., n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590) i quali, nella specie, hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità della condotta, esiguità del danno) (v. anche Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020 Ud. - dep. 05/06/2020- Rv. 279112).


La questione, comunque, é già stata sottoposta al giudice del merito che ha, incensurabilmente, escluso l'applicabilità dell'istituto in parola. In particolare, la Corte territoriale ha, tra l'altro e ineccepibilmente, affermato che al riconoscimento della detta causa di non punibilità osta la "valutazione del tasso alcolemico del soggetto, pari a 1,12 g/l alla prima prova, eseguita alle ore 02:49, e a 1,15 g/l alla seconda prova, eseguita alle ore 03:00, dunque superiore di non poco ai minimi di legge, 0,80 g/l per la soglia di punibilità penale applicabile nel caso di specie" a ciò deve aggiungersi che "la constatazione delle modalità del fatto, aggravato dall'avere condotto un'auto, in piena notte, in un'arteria stradale statale di (OMISSIS), oltre che emanare alito vinoso ed avere, il D., occhi lucidi e rossi, così come dichiarato dai verbalizzanti procedenti. E' quindi evidente che le modalità della condotta e l'elevato grado di pericolo per la propria e l'altrui incolumità così creato, escludono l'assoggettabilità della fattispecie in esame alla speciale causa di non punibilità". Nell'occasione la Corte del merito ha fatto buon uso dei principi affermati da questa Corte, in virtù dei quali deve escludersi la sussistenza delle condizioni di applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p. in ragione della pericolosità insita nella condotta (cfr. Sez. 4, n. 1035 del 10/12/2015), Trattandosi, inoltre, di questione attinente al merito, la valutazione del giudice, qualora non sia arbitraria o illogica (e ciò qui non é ), sfugge allo scrutinio di legittimità.


7. Quanto alla censura sub III), relativa alla mancata concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale occorre premettere che tale beneficio é diverso da quello della sospensione condizionale della pena (pur concessa nel caso di specie) perché , mentre quest'ultima ha l'obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un'efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione della particolare conseguenza negativa del reato qual é quella della pubblicità: Ne consegue che, legittimamente, può essere negata la non menzione e concessa la sospensione condizionale della pena (v. Sez. 1, n. 45756 del 14 novembre 2007).


7.1. Detto questo, occorre osservare che la censura in questione attinge un ambito della decisione, quello del trattamento sanzionatorio, rimesso alla esclusiva valutazione discrezionale del giudice del merito in rapporto ad istituti, quali quello della sospensione della pena e della non menzione della condanna, che sono caratterizzati da una massima latitudine di autonomia e facoltatività (art. 163 c.p.: "il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa..."; art. 175 c.p.: "il giudice può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna..."), avulsi da meccanicistiche predefinizioni o da automatismi applicativi. Nondimeno i giudici di secondo grado, a fronte di una esplicita richiesta di verifica sollecitata dall'appellante sull'applicabilità della non menzione della condanna, hanno assolto - alla stregua dei parametri di cui all'art. 133 c.p. -, seppur sinteticamente, all'obbligo di pronunciarsi con motivazione incensurabile in Cassazione non essendo frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico: "la gravità della condotta, ricavabile dal tasso alcolemico, pari quasi al massimo della fascia b) dell'art. 186 C.d.S. rende l'appellante immeritevole del beneficio, la cui richiesta, peraltro, é stata articolata del tutto genericamente e senza indicare alcun elemento a sostegno". (cfr. Sez. 2, n. 11992 del 18/02/2020 Ud. -dep. 10/04/2020- Rv. 278572; Sez. 2, n. 45312 del 03/11/2015; Sez. 4 n. 44815 del 23/10/2015).


Vale segnalare che la giurisprudenza di legittimità ha, da tempo, chiarito che uno specifico obbligo di motivazione del giudice, in specie quello d'appello, sussiste solo in caso di diniego del beneficio e purché l'istanza sia stata reiterata con i motivi di impugnazione e siano state dedotte circostanze specifiche che, in base all'art. 133 c.p., legittimino, in astratto, la concessione del beneficio stesso (v. Sez. 5, n. 1099 del 26/11/1997 Ud. -dep. 27/01/1998-Rv. 209683).


8. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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