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Riforma Cartabia: il nuovo istituto della particolare tenuità del fatto



Sommario:


1. Estensione generale dell’ambito di applicabilità della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.)

Nell’ambito dei generali obiettivi di deflazione processuale ed esecutiva perseguiti dalla riforma Cartabia, il legislatore delegato, oltre ad intervenire sul regime di procedibilità, a querela, dei reati che si presentano con una certa frequenza nella prassi – e che si prestano a condotte risarcitorie e riparatorie, con conseguente rimettibilità della querela medesima – ha altresì implementato la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto497, definita in dottrina “valvola deflativa di primaria importanza che trova fondamento nel principio di meritevolezza della pena, in stretta connessione con i principi di extrema ratio e proporzione della sanzione penale”498.

In particolare, in attuazione del criterio di delega di cui all’art. 1, comma 21, della legge n. 134 del 2021, con l’art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 150, è intervenuto, con tecnica novellistica, in seno all’art. 131-bis cod. pen., in una triplice direzione499:

1) generale estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione (primo comma), quindi indipendentemente dal massimo edittale500;

2) attribuzione di rilievo anche alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa (primo comma);

3) esclusione del carattere di particolare tenuità dell’offesa – e, pertanto, dell’applicazione dell’istituto di favore – in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di particolare gravità (secondo comma).

In particolare, lungo la prima direttrice, in perfetta aderenza al criterio direttivo della legge delega501, nel primo comma dell’art. 131-bis cod. pen. sono state sostituite le parole «pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni» con le parole «pena detentiva non superiore nel minimo a due anni». Finora la speciale causa di non punibilità in esame riguardava, per l’appunto, i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché, per effetto dell’intervento del giudice delle leggi (Corte cost. n. 156 del 2020), i reati privi di minimo edittale di pena detentiva, anche quando il massimo edittale di quella pena fosse superiore a cinque anni502.

L’odierna modifica legislativa, intervenendo sul presupposto quoad poenam di applicabilità dell’esimente, prospetta un significativo ampliamento del raggio di azione dell’art. 131-bis cod. pen., indipendentemente dall’entità del massimo edittale della pena detentiva, introducendo un nuovo e diverso criterio di riferimento, basato unicamente sul minimo di pena503, che meglio riflette il possibile minore disvalore delle fattispecie delittuose nella loro modalità di realizzazione concreta504.

Si pensi al furto aggravato ex art. 625, comma primo, cod. pen. (punito con la reclusione da due a sei anni), alla ricettazione ex art. 648, comma primo, cod. pen. (punita con la reclusione da due a otto anni) o alla falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici, ex art. 476 cod. pen. (punita con la reclusione da uno a sei anni).

Come spiega la Relazione illustrativa, si tratta, in questi e in altri casi, di reati oggetto di procedimenti penali con elevata incidenza statistica nei ruoli d’udienza, che spesso hanno ad oggetto fatti di particolare tenuità e per i quali – non essendo possibile finora disporre nel corso delle indagini l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, ovvero il proscioglimento in primo grado – possono addirittura essere celebrati tre gradi di giudizio, impegnando complessivamente nove giudici (uno in primo grado, tre in appello e cinque in cassazione). «Basti pensare ad esempio, nella vasta casistica giurisprudenziale in tema di delitti contro il patrimonio, a casi emblematici nei quali – all’esito del giudizio – è oggi applicabile l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, cod. pen.), ma, per il limite edittale di pena, non la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.

È ad esempio il caso del furto in supermercato (spesso commesso per bisogno) di generi alimentari del valore di pochi euro, aggravato per essere commesso su cose esposte alla pubblica fede, o con destrezza o con mezzo fraudolento; del furto (aggravato per l’esposizione alla pubblica fede) di un cartello stradale arrugginito e in disuso (Sez. 4, n. 23093 del 02/02/2017, Rv. 269998-01); del furto (aggravato per le stesse ragioni) di una melanzana prelevata da un campo (Sez. 5, n. 12823 del 02/11/2017)»505.

A livello intertemporale, trattandosi di istituto sostanziale di favore, inquadrabile tra le cause di non punibilità, sembra pacifica l’applicabilità dell’art. 2, comma quarto, cod. pen., con la conseguenza che l’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. alle nuove figure delittuose ricavabili quoad poenam ha effetto retroattivo relativamente ai procedimenti (e processi) pendenti per reati commessi prima dell’entrata in vigore della novella [ovvero fino al 29 dicembre 2022]506.

Con riguardo ai processi pendenti in sede di giudizio di legittimità, giova peraltro ricordare che la questione della deducibilità dell’istanza di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per la prima volta in cassazione è stata risolta positivamente dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’applicazione dell’istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza rinvio del processo nella sede di merito e se la Corte di cassazione, sulla base del fatto accertato e valutato nella decisione, riconosce la sussistenza della causa di non punibilità, la dichiara d'ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., annullando senza rinvio la sentenza impugnata, a norma dell'art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594-01, in motiv.507; conf. Sez. 5, n. 40293 del 14/04/2016, La Verga, Rv. 268077-01; Sez. 6, n. 9666 del 17/02/2022, Bonavita, Rv. 282998-01, secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., pur quando si tratti di ius superveniens più favorevole al ricorrente).

Analogamente, si potrebbe desumere l’applicabilità d’ufficio del nuovo art. 131-bis cod. pen. in tutti i casi in cui la sentenza di appello sia anteriore alla data di entrata in vigore della norma.


2. Il rilievo della condotta “susseguente al reato”.

Il secondo intervento riformatore, operato anche in questo caso in seno al primo comma dell’art. 131-bis, incide in senso estensivo sui previsti indicatori oggettivi (e soggettivi) cui deve ancorarsi il prudente apprezzamento del giudice al fine di individuare fatti (seppur penalmente illeciti, ritenuti in concreto) immeritevoli di pena, perché connotati da un tasso di minima offensività. Si attribuisce rilievo d’ora in poi (anche) alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa (art. 131-bis, comma primo, cod. pen.). Con ciò si amplia, pure sotto questo profilo, l’ambito di operatività dell’esimente in esame, superandosi definitivamente quell’orientamento giurisprudenziale che, sulla base del diritto vigente, finora aveva affermato l’irrilevanza, ai fini della declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, del «comportamento tenuto dall’agente post delictum (atteso che l’art. 131-bis cod. pen. correla[va] l’esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell’entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., e non invece con riguardo a quelli, indicativi di capacità a delinquere, di cui al secondo comma, includenti la condotta susseguente al reato: così Sez. 5, n. 660 del 02/12/2019, dep. 2020, P., Rv. 278555-01; conf. Sez. 3, n. 893 del 28/06/2017, P.M. in proc. Gallorini, Rv. 272249-01).

In piena adesione alla legge delega, si è dato rilievo, con previsione generale, alla «condotta susseguente al reato», senza specificare tipologie di condotte riconducibili a quella formula (ad es., restituzioni, risarcimento del danno, condotte riparatorie, demolizioni, accesso a programmi di giustizia riparativa, ecc.): il legislatore delegato ha inteso così «non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà […] fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3 cod. pen.»508. A livello intertemporale, in quanto “servente” rispetto ad una norma di diritto sostanziale, il nuovo parametro di valutazione della tenuità dell’offesa, alla luce della condotta susseguente al reato, si applica retroattivamente ai processi (e ai procedimenti) in corso.

Resta ferma la precisazione che esso, nella riscritta disciplina dell’art. 131-bis cod. pen., non acquista rilievo come autonomo indicerequisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a quelli di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; gravità del danno o del pericolo; intensità del dolo o della colpa), da impiegare, nell’ambito di un complessivo giudizio, per valutare le modalità della condotta (contemporanea al reato) e l’esiguità del danno o del pericolo.

Difatti, la congiunzione «anche», che apre l’inciso immediatamente successivo al rinvio all’art. 133, comma primo, cod. pen., evidenzia come la condotta susseguente al reato rilevi, al pari e in aggiunta ai criteri di cui alla citata disposizione codicistica, come criterio di valutazione dell’esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, cioè degli indici o dei requisiti dai quali, congiuntamente, continua a dipendere la tenuità dell’offesa. «Ciò significa che condotte post delictum non potranno di per sé sole rendere l’offesa di particolare tenuità – dando luogo a una esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio di tenuità dell’offesa, che, dovendo tener conto delle modalità della condotta (contemporanea al reato), ha come necessario e fondamentale termine di relazione il momento della commissione del fatto: la condotta contemporanea al reato e il danno o il pericolo con essa posto in essere»509.


3. Ampliamento delle preclusioni oggettive.

La terza direttrice di riforma si muove in una direzione in senso opposto rispetto alle prime due: alla prospettata estensione del campo di applicazione della speciale causa di non punibilità in disamina fa, infatti, da “contraltare” – così da ridimensionarne la portata510 – l’incremento delle preclusioni oggettive agganciate ad un particolare titolo di reato e fondate, dunque, su una presunzione ex lege di non particolare tenuità. L’art. 1, comma 21, lett. a), della legge delega contemplava al riguardo due diverse direttive: una prima, specifica, volta ad evitare che l’estensione del raggio di operatività dell’art. 131-bis interessasse i reati di violenza domestica riconducibili alla Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 (ratificata dalla legge n. 77 del 2013); una seconda, più generica, che rimetteva al legislatore delegato la valutazione circa l’opportunità di «ampliare conseguentemente, se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica, il novero delle ipotesi in cui, ai sensi del secondo comma dell’articolo 131-bis codice penale, l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità».

Per attuare entrambe le direttive, onde conferire maggiore ordine e razionalità alla struttura precettiva dell’art. 131-bis cod. pen.511, l’esecutivo ha riformulato i commi secondo e terzo, lasciando nel comma secondo le ipotesi di carattere generale di esclusione dell’applicabilità dell’esimente (ossia riferite a qualsiasi reato commesso in determinate condizioni512) ed ha spostato nel nuovo comma terzo, ai nn. 1 e 2), gli specifici reati che già il comma secondo escludeva dal beneficio, nonché aggiungendo nei nuovi nn. 3) e 4) altri reati esclusi dalla causa di non punibilità, pur avendo un minimo edittale – nella forma consumata, tentata o circostanziata (ad effetto speciale o con pena di specie diversa) – pari o inferiore a due anni. L’inedito comma terzo è così formulato: l’«offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede:

1) per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;

2) per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall’articolo 343;

3) per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322- bis, 391-bis, 423, 423-bis, 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e comma, 583, secondo comma, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 600-ter, primo comma, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612-bis, 612-ter, 613-bis, 628, comma 3, 629, 644, 648-bis, 648-ter; 4) per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 19, quinto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, dall’articolo 73 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, e dagli articoli 184 e 185 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58».

Sotto il profilo intertemporale, alla luce del principio di irretroattività della legge penale peggiorativa (art. 25, comma secondo, Cost.), le modifiche di sfavore contenute nella disciplina “ostativa” del nuovo comma terzo dell’art. 131-bis cod. pen. e nella legislazione militare dovrebbero avere effetto solo per i fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma [quindi dal 30 dicembre 2022]513.


3.1 Inapplicabilità nei procedimenti per reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul.

Quanto ai reati ostativi riconducibili alla Convenzione di Istanbul, va segnalato che il legislatore delegato, in ossequio ai principi di precisione e determinatezza della materia penale, ha ritenuto preferibile procedere all’individuazione puntuale delle fattispecie interne corrispondenti alla Convenzione ovvero di quelle affini al testo convenzionale, come di volta in volta selezionate514.

Nel novero di tali fattispecie vanno incluse quelle punite con pena non superiore nel minimo a due anni, nella forma consumata, anche per effetto dell’applicazione di circostanze attenuanti autonome o ad effetto speciale (cfr. art. 131-bis, quarto comma, cod. pen.) o tentata (cfr. art. 56, secondo comma, cod. pen.), dal momento che il generico riferimento ai “reati” contenuto nell’art. 131- bis cod. pen. deve intendersi comprensivo dei delitti tentati, quando la loro autonoma cornice edittale risulti ricompresa entro la soglia di legge (Sez. 5, n. 17348 del 9 gennaio 2019, Giuliani, Rv. 276629-01). Rientrano quindi in tale categoria le seguenti fattispecie: - atti persecutori o “stalking” (art. 612-bis cod. pen.); - violenza fisica, alla quale, con specifico riguardo ai fenomeni di violenza contro le donne e di violenza domestica, sono riconducibili, le lesioni personali di cui all’art. 582 cod. pen., nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, cod. pen.; quanto ai maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 cod. pen.), il minimo edittale della reclusione fissato in tre anni, e l’esclusione della configurabilità del tentativo, in ragione della natura abituale del delitto, non rendono necessario includere la fattispecie nell’elenco di cui al secondo comma dell’art. 131-bis cod. pen.; - violenza sessuale, alla quale sono riconducibili: il delitto di cui all’art. 609- bis cod. pen., che è punito con pena detentiva pari nel minimo a due anni nelle ipotesi di tentativo e nelle ipotesi previste dal terzo comma (“casi di minore gravità”); il delitto di atti sessuali con minorenne, di cui all’art. 609-quater cod. pen., che nella forma tentata è punito con la stessa pena prevista dall’art. 609-bis cod. pen.; per ragioni di opportunità e coerenza sistematica, nonché di conformità alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (art. 22), stipulata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e ratificata ai sensi della legge 1° ottobre 2012, n. 172, sono stati ricompresi tra i reati sessuali esclusi dalla sfera dell’art. 131-bis cod. pen., anche la corruzione di minorenne (art. 609-quinquies cod. pen.), punita con la reclusione da uno a cinque anni; analoghe considerazioni hanno indotto il legislatore delegato a contemplare tra i reati esclusi la prostituzione minorile (art. 600-bis cod. pen.), punita con la reclusione da due a otto anni, nella forma tentata di cui al primo comma, e con la reclusione da uno a sei anni, nella forma consumata di cui al secondo comma, e l’adescamento di minorenni (art. 609-undecies cod. pen.), punito con la reclusione da uno a tre anni; - matrimonio forzato, al quale è riconducibile il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, di cui all’art. 558-bis cod. pen., punito con la reclusione da uno a cinque anni; - mutilazioni genitali femminili, punite dall’art. 583-bis cod. pen. con pena detentiva inferiore nel minimo a due anni nell’ipotesi di realizzazione in forma tentata della fattispecie di cui al primo comma (punita nel minimo con la reclusione di un anno e quattro mesi) e di realizzazione nella forma consumata e attenuata della fattispecie di cui al secondo comma (punita con la reclusione pari nel minimo a un anno); - aborto forzato, cui è riconducibile nel nostro ordinamento il delitto di interruzione della gravidanza non consensuale (art. 593-ter cod. pen.), punito nella forma tentata con la reclusione pari nel minimo a un anno e quattro mesi; pur in assenza di un consenso estorto – come richiede l’art. 39 della Convenzione di Istanbul – il legislatore della delega, per ragioni di coerenza sistematica l’ipotesi, ha ritenuto opportuno includere altresì l’ipotesi prevista dall’art. 19, comma 5, legge 22 maggio 1978, n. 194, di interruzione volontaria della gravidanza praticata, senza l’osservanza delle disposizioni di legge, su donna minore degli anni diciotto o interdetta (non punibile, per espressa previsione legislativa); - sterilizzazione forzata, riconducibile al delitto di lesioni personali gravissime, di cui all’art. 583, comma secondo, n. 3 cod. pen. (perdita della capacità di procreare), che nella forma tentata è punito con la pena della reclusione pari nel minimo a due anni di reclusione (si tratta di un’ipotesi di tentativo di reato circostanziato, ammessa dalla giurisprudenza); si ribadisce espressamente, inoltre, onde evitare possibili dubbi interpretativi, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. nei procedimenti per lesioni personali dolose gravissime; - molestie sessuali, cui può essere ricondotto il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter cod. pen., cd. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni.


3.2 Inapplicabilità nei procedimenti per ulteriori reati di particolare allarme sociale.

Quanto all’individuazione degli ulteriori reati di particolare gravità o allarme sociale, sono stati esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. una nutrita serie di incriminazioni (v. supra), di varia natura, con una scelta operata a monte dal legislatore delegato sulla base del solo nomen iuris (sulla non manifesta irragionevolezza dell’esclusione legislativa della particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., introdotta dalla legge n. 77 del 2019 e dal d.l. n. 130 del 2020, v. Corte cost. n. 30 del 2021, sulla base dell’argomento515 dell’asserita esigenza di “speciale protezione” del bene giuridico sotteso al delitto di resistenza a pubblico ufficiale). Per espresso criterio direttivo contenuto nella legge delega, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. in rapporto a determinate figure di reato doveva essere operato solo «se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica».

In questa cornice, oltre agli illeciti riconducibili alla Convenzione di Istanbul e a quelli ad essi affini sopra menzionati, il legislatore delegato ha altresì escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. i seguenti delitti, consumati o tentati:

- delitti in materia di stupefacenti previsti dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per quelli di cui al quinto comma del medesimo articolo;

- delitti contro la pubblica amministrazione di cui agli artt. 314, quinto comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322- bis (peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione);

- delitto di agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario (art. 391-bis cod. pen.);

- delitti di incendio e di incendio boschivo (artt. 423 e 423-bis cod. pen.);

- delitto di pornografia minorile (art. 600-ter, comma primo, cod. pen.);

- delitto di tortura (art. 613-bis cod. pen.);

- delitto di rapina aggravata (art. 628, terzo comma, cod. pen.);

- delitto di estorsione (art. 629 cod. pen.);

- delitto di usura (art. 644 cod. pen.);

- delitti di riciclaggio e reimpiego (artt. 648-bis, 648-ter cod. pen.);

- delitti finanziari di cui agli art. e 184 e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato).


3.3 Inapplicabilità nei procedimenti per taluni reati militari.

In coerenza con i suesposti interventi “eccettuativi” operati in seno al novello comma terzo dell’art. 131-bis, i successivi artt. 76, comma 1, lett. a) e b), e 77 del d.lgs. n. 150 escludono l’applicabilità della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto anche in relazione ai reati militari di rivolta (art. 174, comma 1, cod. pen. mil. pace) e di peculato militare (art. 215 cod. pen. mil. pace) nonché al reato di collusione del militare della Guardia di finanza (art. 3 legge 9 dicembre 1941, n. 1383)516.

Il legislatore delegato, in questo caso, non è intervenuto direttamente sul codice penale, bensì sulle disposizioni interessate prevedendo, in calce alle stesse, l’espressa esclusione di applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.517.

In difetto di questi interventi, l’estensione quoad poenam del generale ambito di applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. avrebbe consentito di applicare la declaratoria di particolare tenuità del fatto anche a suddetti reati militari (in tal senso cfr. Sez. 1, n. 30694 del 05/06/2017, Corda, Rv. 270845-01, che valorizza il riferimento della norma codicistica ai reati per i quali è prevista la pena detentiva, tale essendo anche la reclusione militare; da ultimo, Sez. 1, n. 459 del 02/12/2020, dep. 2021, De Venuto, Rv. 280226-01, sull’interesse dell’imputato ad impugnare una sentenza che esclude la punibilità di un reato militare in applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., trattandosi di pronuncia che ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso).


 

Note:

497

D. BRUNELLI, La tenuità del fatto nella riforma “Cartabia”: scenari per l’abolizione dei minimi edittali?, in Sistema penale, 13 gennaio 2022.

498

E. ANDOLINA, Gli strumenti di deflazione endo-processuale, cit., pag. 1369.

499

A prima lettura, cfr. A. NATALINI, Riparametrati i limiti di accesso, esclusi i reati di violenza domestica, in Guida al diritto, 2022, n. 44, pagg. 74 ss.; A. MADEO, op. cit., pagg. 27 ss.

500

L’ampliamento riguarda reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni e non superiore, nel minimo, a due anni, finora esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.; è ad esempio il caso del furto aggravato ex art. 625, comma 1, cod. pen. (punito con la reclusione da due a sei anni), della ricettazione ex art. 648 cod. pen. (punita con la reclusione da due a otto anni), o della falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici ex art. 476 cod. pen. (punita con la reclusione da uno a sei anni). Si tratta, in questi e in altri casi, di reati oggetto di procedimenti penali con elevata incidenza statistica nei ruoli d’udienza, che non di rado hanno ad oggetto fatti di particolare tenuità e per i quali – rimarca la Relazione illustrativa, cit., pagg. 510 s. – «non essendo possibile disporre nel corso delle indagini l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, ovvero il proscioglimento in primo grado, possono addirittura essere celebrati tre gradi di giudizio, impegnando complessivamente nove giudici (uno in primo grado, tre in appello e cinque in cassazione)». Basti pensare, nella vasta casistica giurisprudenziale in tema di delitti contro il patrimonio, a casi emblematici nei quali – all’esito del giudizio – era finora applicabile l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, cod. pen.), ma, per il (previgente) limite edittale di pena, non la causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen.

501

Sulle ragioni che hanno ispirato la legge delega nell’ancorare l’ambito di applicazione dell’istituto al minimo edittale della pena detentiva, e non più al massimo, come suggerito dalla dottrina e da precedenti commissioni di studio, si rinvia a quanto illustrato nella relazione finale della Commissione “Lattanzi” sulla riforma della giustizia penale (in Pol. dir. proc., 20 maggio 2021, § 4.3), secondo cui «quando si tratta di individuare una sottofattispecie bagatellare, nell’ambito di una determinata figura di reato, assume rilievo il minimo edittale della pena comminata dal legislatore, non il massimo. D’altra parte, la scelta di politica essenziale in ordine alla gravità del reato è espressa dal minimo edittale, ossia dalla soglia di pena in concreto al di sotto della quale, comunque, non potrà scendere il giudice in sede di commisurazione infraedittale». Cfr. in argomento, per brevi cenni, D. PULITANÒ, Una svolta importante nella politica penale, in Legislazione penale, 15 giugno 2021.

502

Paradigmatico il caso della ricettazione di particolare tenuità, ex art. 648, comma secondo, cod. pen., oggetto del giudizio di legittimità costituzionale che, in un caso relativo alla ricettazione di alcune confezioni di rasoi e lamette da barba, ha dato luogo alla citata sentenza di accoglimento (Corte cost. n. 156 del 2020), ove si richiama la giurisprudenza costituzionale sul principio di proporzionalità della sanzione penale (Corte cost. n. 341 del 2014). Sul precedente monito rivolto dalla Consulta al legislatore, v. Corte cost. n. 207 del 2017.

503

E. ANDOLINA, op. cit., pag. 1370, secondo cui l’intento della novella è quello di superare le incongruenze derivate, nella prassi, dall’opzione normativa di ancorare la sfera applicativa alla pena massima edittale di cinque anni, per l’irragionevole aprioristica esclusione di quelle fattispecie di reato – come la ricettazione di particolare tenuità – che, pur oltrepassando il predetto limite edittale, sono, tuttavia, valutate dallo stesso legislatore in termini di potenziale minima offensività, attesa la mancata previsione di un minimo edittale e, dunque, l’operatività del minimo assoluto di quindici giorni di reclusione stabilito dall’art. 23, comma primo, cod. pen.

504

Cfr. Relazione finale della Commissione “Lattanzi”, loc. cit.

505

Relazione illustrativa, cit., pagg. 509 s., secondo cui le «potenzialità dell’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto, introdotto nel 2015 in un sistema caratterizzato dal principio di obbligatorietà dell’azione penale e, pertanto, particolarmente bisognoso di temperamenti, anche e proprio per ragioni di efficienza del sistema processuale, sono testimoniate dai dati statistici forniti dal Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, attraverso il Casellario giudiziale. Dal 2015 l’istituto è stato applicato in oltre 150.000 procedimenti penali, con una media di oltre 25.000 applicazioni per anno, tra il 2019 e il 2021. Nel 55% dei casi, tra il 2015 e il 2022, la causa di non punibilità è stata applicata dal giudice per le indagini preliminari e ha portato a oltre 84.000 provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto (16.885 nel 2021), evitando la celebrazione di altrettanti processi penali, magari fino al terzo grado di giudizio. Nel 38% dei casi l’applicazione è avvenuta invece da parte del tribunale (oltre 50.000 provvedimenti di proscioglimento per assoluzione e 9.000 per non doversi procedere); nel 5% dei casi da parte della corte d’appello (oltre 6.000 sentenze di proscioglimento per assoluzione e oltre 1.000 sentenze di proscioglimento per non doversi procedere). Questi dati promettono di crescere sensibilmente, per effetto della riforma, in conseguenza dell’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto e, in particolare, della possibilità di escludere la punibilità di furti aggravati ai sensi dell’art. 625, co. 1 c.p. Basti infatti considerare come il furto semplice (art. 624 cod. pen.) rappresenti oggi di gran lunga il primo reato tra quelli per i quali, secondo i dati del Casellario giudiziale, trova applicazione l’art. 131 bis cod. pen.: oltre 31.000 provvedimenti dal 2015 ad oggi (pari al 17% delle applicazioni complessive dell’istituto, dalla sua introduzione). Oltre a quelli processuali, non trascurabili sono d’altra parte gli effetti di deflazione sul sistema dell’esecuzione penale, conseguenti alla riforma dell’art. 131-bis cod. pen. Il maggior numero di procedimenti definiti con l’applicazione della causa di esclusione della punibilità contribuirà alla riduzione del numero delle condanne a pena detentiva di breve durata (tale è, in un significativo numero di casi, la pena irrogata in presenza di fatti di particolare tenuità, ai quali l’art. 131-bis cod. pen. non è oggi applicabile in ragione dei limiti edittali di pena prevista per il reato per cui si procede). Ciò promette anche un positivo impatto sulle riformate pene sostitutive delle pene detentive brevi e sull’attività di giudici e magistrati di sorveglianza in sede di esecuzione, nonché dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna.».

506

In questo stesso senso, cfr. A. MADEO, op. cit., pag. 33, che evoca il principio di retroattività della lex mitior.

507

“Si è infatti in presenza, di innovazione di diritto penale sostanziale che disciplina l'esclusione della punibilità e che reca senza dubbio una disciplina più favorevole. Il novum trova quindi applicazione retroattiva ai sensi dell'art. 2, quarto comma, cod. pen. L'elevato rango del principio espresso da tale ultima norma impone la sua applicazione ex officio, anche in caso di ricorso inammissibile, come ritenuto recentemente dalle Sezioni unite. Si è infatti condivisibilmente affermato il diritto dell'imputato, desumibile dal principio in questione, ad essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo; ed il dovere del giudice di applicare la lex mitior, anche nel caso in cui il ricorso sia inammissibile (Sez. U, n. 46653 del 26/06/2015, Della Fazia, Rv. 265110). Naturalmente, quando non sia in questione l'applicazione della sopravvenuta legge più favorevole ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc, pen., l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la deducibilità e la rilevabilità di ufficio della causa di non punibilità. Appurata la rilevanza della nuova disciplina, resta da intendere quale sia il ruolo della Corte di cassazione. In proposito si è ripetutamente ritenuto che vada compiuta una preliminare delibazione in ordine all'applicabilità in astratto del nuovo istituto sulla base degli elementi di giudizio disponibili alla stregua delle risultanze processuali e della motivazione della decisione impugnata; e che, in caso di valutazione positiva, la sentenza impugnata debba essere annullata con rinvio al giudice di merito per le pertinenti valutazioni e statuizioni (oltre alle sentenze sub § 1, da ultimo, Sez. 3, n. 21474 del 22/04/2015, Fantoni, Rv. 263693; Sez. 4, n. 33821 del 01/07/2015, Pasolini, Rv. 264357). In qualche pronunzia, peraltro, è stata pure ritenuta la possibilità di applicare direttamente, ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. l, cod. proc. pen., la causa di non punibilità quando risulti palese dalla sentenza impugnata la ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi formali della stessa, e un apprezzamento del giudice di merito che consenta di ritenere coerente la conclusione che il caso di specie debba essere ricondotto alla previsione di cui all'art. 131- bis cod. pen. (Sez. 6, n. 45073 del 16/09/2015, Barrara, Rv. 265224; Sez. 5, n. 48020 del 07/10/2015, V., Rv, 265467). Il tema di cui si discute chiama effettivamente in campo l'art. 620, comma 1, lett. d, cod. proc. pen. che consente alla Corte di cassazione di adottare pronunzia di annullamento senza rinvio quando la restituzione del giudizio nella sede di merito è "superflua"; quando, cioè, per quel che qui interessa, non è richiesta una valutazione sul fatto estranea al sindacato di legittimità. Tale norma è stata ripetutamente ritenuta dalle Sezioni Unite fonte per l'adozione di pronunzie assolutorie nella sede di legittimità (Sez. U, n. 22327 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226100; Sez. U, n. 22327 del 21/05/2003, Carnevale, Rv. 224181); oltre che dalle sezioni semplici (ad es. Sez. 2, 11/11/2010, n. 41461, Franzi, Rv. 248927). Essa ha costituito pure la base normativa per applicare una causa di non punibilità sopravvenuta (ad es. Sez. 6, n. 9727 del 18/02/2014, Grieco, Rv 259110; Sez. 6, n. 17065 del 26/04/2012, Cirillo, Rv. 252506). In tali situazioni la pronunzia è adottata ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. Né un ostacolo può essere rinvenuto nel fatto che tale articolo, pur dedicato nella rubrica all'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, non fa menzione dell'ipotesi in cui ricorra una causa di non punibilità. Invero la norma ha portata generale, sistemica. Essa, come già ritenuto dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, De Rosa, Rv. 230529), non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone l'esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio. In breve, atteso l'indicato ruolo sistemico, l'articolo citato consente l'adozione di tutte le formule di proscioglimento”.

508

Relazione illustrativa, cit., pag. 512, secondo cui la condotta susseguente al reato è apprezzabile, rispetto all’art. 131- bis cod. pen., solo quando concorre alla tenuità dell’offesa e non anche quando, al contrario, aggrava l’offesa stessa, sicché «anche per questa ragione è apparso opportuno evitare un espresso richiamo all’art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen.».

509

«Potrà ad esempio essere senz’altro valorizzata una condotta riparatoria realizzata nell’immediatezza o comunque in prossimità del fatto, come nel caso – tratto dalla citata sentenza della Corte di cassazione – di chi, dopo aver cagionato delle lesioni personali dolose, si preoccupi di accompagnare la persona offesa al pronto soccorso. Una simile condotta post delittuosa non potrà di per sé rendere tenue un’offesa che tale non è – in ragione della gravità delle lesioni (ad es. la frattura dello zigomo e della mascella, come nel caso tratto dalla citata sentenza) – ma potrà essere valorizzata per valutare/confermare la tenuità di un’offesa che già appare tale – ad es., in ragione del carattere lieve o lievissimo delle lesioni»: Relazione illustrativa, cit., pag. 513.

510

E. ANDOLINA, op. cit., pag. 1371.

511

In termini A. MADEO, op. cit., pag. 31.

512

Si tratta dei casi in cui l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa, ovvero in cui la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

513

In dottrina cfr. A. MADEO, op. cit., pag. 33, secondo la quale, se per uno dei reati per i quali diverrà inapplicabile la causa di non punibilità, è prevista la punibilità con un massimo di pena edittale non superiore a cinque anni, il giudice potrà concedere il beneficio per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni.

514

Secondo E. ANDOLINA, loc. ult. cit., l’esclusione per relationem dei reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul, basata come essa è su una valutazione di allarme sociale, appare connotata da un’accentuata valenza simbolica, «non solo perché un numero cospicuo di reati del cd. Codice rosso rimarrebbe comunque fuori dal raggio d’azione dell’esimente in base al minimo edittale superiore al limite dei due anni di pena detentiva [artt. 572, 583-bis, 583-quinquies, 593-ter- 600-ter, 609-bis, 609-quater, 609-octies cod. pen.], ma, altresì, perché non tiene conto che la fattispecie degli atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.) – esclusa a priori dalla causa di non punibilità, pur soddisfacendo il nuovo limite edittale – è suscettibile di estrinsecarsi con modalità variamente aggressive, così da includere nel proprio spettro pure condotte caratterizzate da minore carica offensiva». Sul punto v. altresì C. CASSANI, Atti persecutori e recenti modifiche normative. Spunti di riflessione, in Archivio penale, 2018, pag. 1; D. FERRANTE, Giustizia riparativa e stalking: qualche riflessione a margine delle recenti polemiche, in Diritto penale contemporaneo, 4 luglio 2017.

515

Ritenuto non convincente in dottrina: F. VALENTE, La Consulta ritiene legittima l’esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto al delitto di resistenza a pubblico ufficiale. Aperta una falla nel sistema?, in Sistema penale, 17 settembre 2021. Parla, al riguardo, di “odioso privilegio” A CAVALIERE, Considerazioni a prima lettura sulla deflazione processuale, sistema sanzionatorio e prescrizione nella l. 27 settembre 2021, n. 134, cd. Riforma Cartabia, in Penale diritto e procedura, 27 settembre 2021.

516

Come rileva A. MADEO, op. cit., pag. 32, l’estensione ai reati militari dell’inapplicabilità dell’art. 131- bis cod. pen. non costituisce un eccesso di delega, sia perché la legge n. 134 del 2021 utilizza nell’art. 1, comma 21, l’espressione generica «pena detentiva» (e non quella specifica di «reclusione»), sia perché l’esimente è una disposizione di portata generale, prevista nel Libro I dedicato alla disciplina comune a tutti i reati, quindi, è applicabile anche a quelli militari.

517

Ciò in coerenza con la collocazione dell’art. 131-bis nella parte generale del codice penale “comune” e con l’intervento settoriale che interessa il diverso codice penale militare di pace e la legge speciale: in termini A. NATALINI, Riparametrati i limiti di accesso, esclusi i reati di violenza domestica, cit., pag. 79.



 

FONTE: Articolo tratto da "La riforma Cartabia: Relazione su novità normativa dell'Ufficio del Massimario - 2022"


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