In tema di letture dibattimentali, la prevedibilità o meno della successiva irreperibilità del teste in fase dibattimentale deve essere valutata dal giudice ex ante e, quindi, con riferimento alle conoscenze che la parte processuale interessata alla testimonianza aveva al momento in cui avrebbe potuto chiedere l'incidente probatorio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente acquisite ex art. 512 cod. proc. pen. le dichiarazioni rese da cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno condotti presso una struttura di accoglienza, ove era ragionevole ipotizzare permanessero sino al momento dell'incidente probatorio richiesto dal pubblico ministero).
Cassazione penale , sez. I , 14/12/2021 , n. 3135
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Crotone in data 1/4/2020, S.O. e Y.O. furono condannati alla pena di 8 anni di reclusione e di 740.000,00 Euro di multa in quanto riconosciuti colpevoli, escluse le circostanze aggravanti di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 3, lett. c), e 3-ter, lett. b), di avere, in concorso con altri soggetti rimasti ignoti, ponendosi alla guida di una imbarcazione proveniente verosimilmente dalle coste della Turchia, organizzato ed effettuato il trasporto di 37 cittadini extracomunitari, consentendone illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato italiano; con le aggravanti di aver procurato l'ingresso di più di 5 persone e di averle esposte a pericolo per la loro incolumità, navigando in condizioni di non sicurezza a causa dell'eccessivo carico dell'imbarcazione; fatti accertati nel mare territoriale antistante alle coste al largo di (OMISSIS).
2. Con sentenza in data 25/1/2021, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio in 6 anni di reclusione e di 555.000,00 Euro di multa, ritenendo tale pena più proporzionata all'entità complessivo, del fatto.
2.1. Secondo quanto accertato in sede di merito, il 9/9/1019 due unità navali della Guardia Costiera erano intervenute, a circa 80 miglia nautiche al largo di Crotone, in soccorso di uno yacht battente bandiera inglese, riportante sul fianco l'iscrizione "(OMISSIS)", condotto da due soggetti sedicenti ucraini, a bordo del quale si trovavano 37 migranti di nazionalità irachena e iraniana. I due ucraini erano gli unici di nazionalità diversa dagli altri soggetti presenti a bordo, alcuni dei quali ( A.K.H., I.S.K.I. e P.B.G.G.) li avevano riconosciuti, anche con l'ausilio di foto, nei due giovani di carnagione chiara, con i capelli rasati e che non parlavano la loro lingua, i quali avevano condotto l'imbarcazione verso le coste italiane, scambiandosi spesso alla guida.
Tali dichiarazioni, ritenute utilizzabili dai Giudici di merito in quanto i tre migranti, imprevedibilmente, si erano resi irreperibili prima dell'espletamento dell'incidente probatorio, richiesto meno di due mesi dopo il ritrovamento dell'imbarcazione, pur rilevantissime, non hanno costituito l'unico elemento su cui i Giudici di merito hanno fondato la loro decisione. Le due sentenze, infatti, hanno, altresì, valorizzato il fatto che i due soggetti di nazionalità ucraina avrebbero potuto entrare regolarmente in territorio italiano, essendo l'Ucraina uno dei Paesi per i quali gli ingressi sono consentiti per motivi di lavoro, salute, studio e urgenza, per cui non sussisteva motivazione alcuna di raggiungere l'Italia in simili condizioni, mettendo a rischio la propria vita. Inoltre, le immagini estrapolate dal cellulare di Y. ritraevano i due imputati mentre, diversamente dagli altri trasportati, si trovavano sopra coperta; indice chiaro del fatto che, durante la traversata, essi si trovavano alla guida della nave. E di assoluto rilievo, sul piano indiziario, è stata ritenuta la circostanza che a ogni dispositivo del ponte di comando corrispondevano indicazioni scritte in ucraino, la lingua dei due imputati. Al contempo, le dichiarazioni di costoro imputati sono state ritenute inverosimili e contraddittorie: sia l'affermazione di S. secondo cui un soggetto con la barba bianca, indicato dai migranti come uno dei responsabili, sarebbe scappato a bordo di un gommone una volta verificatasi l'avaria del motore del natante, considerata la distanza, pari a circa 150 chilometri dalla costa, ritenuta troppo lunga per poter essere percorsa in quel modo sino a riva; sia il racconto del viaggio offerto loro, gratuitamente, da un soggetto turco conosciuto casualmente in un bar, la cui identità non è stata chiarita in sede processuale. Quanto alla richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte territoriale l'ha respinta in ragione della gravità del reato e del pericolo di vita a cui i migranti erano stati esposti dai due imputati.
3. Gli avv.ti Francesco Amodeo e Francesco Bastone, difensori di fiducia, rispettivamente, di S.O. e di Y.O., hanno proposto autonomi ricorsi per cassazione avverso la sentenza di appello, deducendo, ciascuno, tre distinti motivi di impugnazione, la cui sostanziale identità consente una esposizione unitaria, peraltro nei limiti necessari alla motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Con il loro primo motivo, i ricorsi lamentano, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 512 c.p.p., comma 1, in relazione all'art. 190, comma 2, c.p.p., per violazione dell'art. 111 Cost., comma 4, e falsa applicazione dell'art. 111 Cost., comma 5, nonché il travisamento della prova.
Sotto un primo profilo, i Giudici di merito avrebbero errato, incorrendo anche in vizio della motivazione sul punto, in relazione alla circostanza che i testi si fossero resi, imprevedibilmente, irreperibili prima dell'incidente probatorio. In particolare, la sentenza non avrebbe affrontato il motivo prospettato al punto 6.3 dell'atto di appello, ove si riportava che i migranti sentiti a S.I.T. risultavano colpiti da provvedimenti amministrativi di respingimento e dal contestuale ordine di lasciare il territorio nazionale, emessi dal Questore di Crotone il 13/9/2019, sicché si sarebbe dovuto disporre l'incidente probatorio ex art. 392 c.p.p., comma 1, lett. e), subito dopo lo sbarco e non richiederlo il 30/10/2019, ben 51 giorni dopo l'arrivo in Italia del natante, vista la prevedibile irreperibilità dei testi. Tanto più che gli imputati non avevano potuto chiedere l'esame di altri testimoni oltre ai tre sentiti a sommarie informazioni, non avendo alcun riferimento per individuarli, con violazione del diritto di difesa.
Sotto altro profilo, la Corte territoriale non avrebbe esaminato il motivo contenuto nel punto 9 dell'atto di appello, ove si riportavano le valutazioni delle dichiarazioni dei tre migranti compiute dai Giudici di primo grado.
3.2. Con il loro secondo motivo, i ricorsi censurano, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 526 c.p.p., commi 1 e 1-bis, in relazione all'art. 190 c.p.p., comma 2, per violazione dell'art. 111 Cost., comma 4, e falsa applicazione dell'art. 111 Cost., comma 5, nonché la manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla valutazione della prova e il suo travisamento. La Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sul motivo riportato al capo 6.1 dell'atto di appello (dalla pag. 5 alla pag. 13), in relazione alla sussistenza di una causa che avrebbe impedito il contraddittorio, che oltre ad essere oggettiva, dovrebbe essere anche assoluta, occorrendo che il giudice abbia fatto il possibile per garantirla e non essendo sufficiente la mera impossibilità giuridica di disporre l'accompagnamento coattivo o la presenza di circostanze dipendenti dalla volontà del dichiarante o di situazioni temporanee o di difficoltà logistiche o economiche. Secondo le Sezioni Unite, l'utilizzabilità delle dichiarazioni acquisite mediante lettura sarebbe preclusa ogni volta che la mancata presenza del teste sia volontaria, purché riconducibile a una libera scelta, non coartata da elementi esterni, sicché non sarebbe necessaria la prova di una specifica volontà di sottrarsi all'esame. Inoltre, ai sensi dell'art. 526 c.p.p., comma 1-bis, le dichiarazioni accusatorie del teste dovrebbero trovare supporto in ulteriori emergenze di causa, secondo i principi posti dall'art. 6 CEDU. Pertanto, occorrerebbe ricorrere al meccanismo della c.d. prova di resistenza, verificando se le prove non assunte nel contraddittorio tra le parti siano state "determinanti", sicché, in tale caso, la condanna non avrebbe potuto essere pronunciata. Più nel dettaglio, secondo le Sezioni Unite, per accertare la compatibilità tra la prova raccolta unilateralmente e i principi di cui all'art. 6 CEDU, il controllo del giudice dovrebbe articolarsi in tre distinte fasi, dirette a stabilire: 1) se l'impossibilità, per la difesa, di esaminare il dichiarante sia stata giustificata da un serio motivo; 2) se la pronuncia di condanna sia stata fondata esclusivamente, o comunque in misura determinante, sulle dichiarazioni rese unilateralmente; 3) se vi siano assicurate delle garanzie procedurali sufficienti a controbilanciare il deficit ai diritti difensivi.
3.3. Con il loro terzo motivo, i ricorsi denunciano, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 132 e 133 c.p., art. 62 c.p., n. 5, art. 62-bis c.p., e art. 114 c.p., comma 1, nonché la mancanza e/o insufficiente motivazione sulla determinazione della pena.
Nessuna motivazione, ad onta dello specifico motivo di appello, sarebbe stata offerta in relazione al riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall'art. 62 c.p., n. 5, configurabile quando la condotta della persona offesa non soltanto si inserisca nella serie causale di produzione dell'evento, ma si colleghi anche sul piano della causalità psicologica a quella del soggetto attivo, nel senso che la persona offesa abbia voluto la realizzazione dello stesso evento avuto di mira dall'agente. Nel caso di specie, infatti, i migranti avrebbero coscientemente contribuito, in violazione delle leggi sull'immigrazione, a determinare i rischi per la loro vita, derivanti dall'affrontare la traversata nelle condizioni accertate. Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe motivato il diniego delle attenuanti generiche in riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma 1, nn. 1 e 3, e comma 2, nn. 1, 2, e 4, laddove le modalità dell'azione, l'intensità del dolo, l'assenza di precedenti penali, le condizioni di vita individuali e la giovane età degli imputati, avrebbero meritato considerazione. La motivazione sul punto richiamerebbe soltanto la gravità della condotta e del pericolo a cui i migranti sarebbero stati sottoposti, non valutando lo stato di incensuratezza degli imputati e il comportamento collaborativo da essi tenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.
2. Va premesso che a mente dell'art. 512 c.p.p., comma 1, rubricato "lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione", il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare, quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione.
Secondo l'interpretazione di tale disposizione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della lettura di dichiarazioni predibattimentali, l'imprevedibilità della impossibilità di ripetizione dell'atto va valutata con criterio ex ante, avuto riguardo non a mere possibilità o evenienze astratte e ipotetiche, ma sulla base di conoscenze concrete, di cui la parte interessata poteva disporre fino alla scadenza del termine entro il quale avrebbe potuto chiedere l'incidente probatorio (Sez. 2, n. 49007 del 16/9/2014, lussi, Rv. 261427-01; in senso conforme Sez. 6, n. 21312 del 5/4/2018, Singh, Rv. 273465-01, relativa a un caso in cui la Corte di legittimità ha ritenuto correttamente acquisite ex art. 512 c.p.p., le dichiarazioni rese da un cittadino extracomunitario regolarmente residente sul territorio nazionale, pur se tossicodipendente e privo di occupazione lavorativa, valorizzando anche la circostanza che tra la data in cui le dichiarazioni era state rese e il decreto di giudizio immediato era intercorso un brevissimo lasso temporale). Inoltre, si ritiene che la mera condizione di cittadino extracomunitario privo del permesso di soggiorno non sia sufficiente, di per sé, a rendere prevedibile il suo allontanamento dal territorio nazionale e l'assenza dal dibattimento, sicché nei casi di impossibilità sopravvenuta di ripetizione può darsi lettura delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari (Sez. 3, n. 38342 del 25/6/2013, Limani, Rv. 256433-01, relativa a un caso in cui è stata ritenuta legittima la lettura delle dichiarazioni rese da una donna straniera che risiedeva stabilmente nello Stato, svolgeva attività lavorativa e solo successivamente era stata espulsa).
Infine, si afferma la necessità che le dichiarazioni rese al di fuori del contraddittorio in sede di indagini preliminari da un soggetto divenuto successivamente irreperibile e acquisite ex art. 512 c.p.p., debbano avere una rilevanza probatoria "a carattere secondario", con la conseguenza che non possono essere poste a fondamento della condanna in mancanza di altri elementi di prova, essendo necessario inquadrarle in un ambito più ampio, nel quale non assumano rilievo decisivo o preponderante (Sez. 6, n. 43899 del 28/6/2018, Tropeano Cosimo, Rv. 274278-01; in senso conforme Sez. U, n. 27918 del 25/11/2010, dep. 2011, D.F., Rv. 250199-01 e Sez. 1, n. 14243 del 26/11/2015, dep. 2016, N., Rv. 266602-01, che fanno leva sui principi affermati dalla giurisprudenza Europea, in applicazione dell'art. 6 della CEDU).
3. Tanto premesso in termini di inquadramento generale, la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione all'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni dei tre migranti fondata sulla circostanza che l'irreperibilità degli stessi fosse prevedibile, essendo essi destinatari di provvedimenti di respingimento antecedenti alla richiesta di incidente probatorio.
In proposito, ribadito che la mera condizione di cittadino non appartenente all'Unione Europea, privo del permesso di soggiorno, non può ritenersi sufficiente, di per sé, a rendere prevedibile il suo allontanamento dal territorio nazionale, va evidenziato come, nel presente processo, lo stesso Pubblico ministero avesse rilevato, nel corso delle prime investigazioni, il rischio di allontanamento dei migranti. Per tale ragione, l'Organo dell'accusa aveva inoltrato richiesta di incidente probatorio, funzionale alla raccolta delle rispettive testimonianze, il 30/10/2019, in un lasso temporale ragionevolmente contenuto rispetto al momento in cui era avvenuta la restituzione degli atti da parte del Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che aveva inizialmente svolto le indagini e che si era, successivamente, ritenuta incompetente. Ciò consente di escludere, dunque, qualunque inerzia da parte del Pubblico ministero, tanto più che, nelle more, i migranti erano stati condotti presso una struttura regionale di accoglienza, sicché era del tutto ragionevole ipotizzare che essi vi permanessero sino al momento in cui avrebbero partecipato all'incidente probatorio.
4. Parimenti infondato è il motivo di censura con cui vengono dedotti la violazione dell'art. 526 c.p.p., commi 1 e 1-bis, e il vizio di motivazione in relazione al divieto di utilizzabilità delle dichiarazioni dei migranti.
Sul punto, va premesso che il comma 1-bis prevede che "la colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore". Si è detto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini dell'operatività del menzionato divieto, non è sufficiente che si provi la volontarietà dell'assenza del teste determinata da una qualsiasi libera scelta (sempre che non vi siano elementi esterni che escludano una sua libera determinazione), ma è necessario, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza Europea in relazione all'art. 6 della CEDU, che le sue dichiarazioni siano poste a fondamento della condanna in mancanza di altri elementi di prova (Sez. 6, n. 43899 del 28/6/2018, Tropeano Cosimo, Rv. 274278-01; Sez. U, n. 27918 del 25/11/2010, dep. 2011, D.F., Rv. 250199-01 e Sez. 1, n. 14243 del 26/11/2015, dep. 2016, N., Rv. 266602-01).
Nel caso in esame, tuttavia, la Corte territoriale, oltre a richiamare le convergenti dichiarazioni dei migranti, che hanno riconosciuto nei due imputati coloro i quali avevano condotto il natante, ha indicato una serie di elementi pienamente idonei a riscontrare il loro racconto e a integrare la piattaforma probatoria, in particolare evidenziando che: gli imputati erano gli unici di nazionalità diversa da quella dei 37 migranti trasportati; nelle foto e nei video presenti sui loro cellulari gli stessi erano ripresi alla guida del natante; ai dispositivi presenti sul ponte di comando corrispondevano indicazioni scritte in ucraino; le dichiarazioni rese dai due imputati erano del tutto inattendibili, in ragione della loro genericità e della complessiva inverosimiglianza di alcuni passaggi qualificanti.
Alla luce di quanto evidenziato, le due sentenze di merito non si sono affatto limitate a recepire le dichiarazioni dei tre migranti, ma hanno svolto un ragionamento probatorio più ampio, valorizzando elementi circostanziali ulteriori, in linea con il quadro normativo e interpretativo interno e convenzionale.
4. Il quarto motivo è manifestamente infondato quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche e all'entità del trattamento sanzionatorio.
Infatti, la decisione impugnata risulta sorretta, sul punto, da un adeguato apparato argomentativo, che soddisfa appieno l'obbligo motivazionale gravante sul giudice della cognizione, avendo la Corte territoriale rimarcato, in particolare, la gravità del fatto anche in ragione del pericolo cui erano stati esposti i migranti, peraltro anche riducendo l'entità della pena inflitta.
Il motivo e', invece, inammissibile in relazione all'art. 114 c.p., trattandosi di una questione nuova, come tale non deducibile, per la prima volta, con il ricorso per cassazione, secondo la previsione dell'art. 606 c.p.p., comma 3; fermo restando che la articolazione del motivo si connota per l'assoluta genericità della relativa prospettazione, donde la sua inammissibilità sotto il duplice profilo evidenziato.
La censura e', invece, infondata in relazione all'invocata attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 5, costituita "dall'essere concorso a determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa".
Se è vero che la sentenza, in cui pure si dà atto della richiesta degli appellanti al riguardo, è sul punto silente, nondimeno, va ricordato come, secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, "la circostanza attenuante del concorso del fatto doloso della persona offesa non è applicabile al delitto di agevolazione dell'ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 3 e 3-bis, perché il concorso della volontà della persona non cittadina già costituisce elemento necessario per la realizzazione della fattispecie, perché questa ha natura di reato di pericolo, perché alla persona immigrata non può essere riconosciuta la qualità di persona offesa, ma soltanto di parte eventualmente danneggiata e di soggetto passivo, spettando tale qualità solo allo Stato" (Sez. 1, n. 21955 del 9/1/2018, Druscovich, Rv. 272831 - 01). Ne consegue, pertanto, l'infondatezza del relativo motivo, attesa l'irrilevanza del silenzio serbato, sul punto, dalla sentenza impugnata.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere rigettati, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022