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La discussione finale nel processo penale: l’importanza della semplicità.


La semplicità è geniale. Meno è sempre meglio. Albert Einstein disse: "Se non puoi spiegarlo in modo semplice, non lo capisci abbastanza bene". 

Non ho ancora capito quando abbiamo iniziato a convincerci del contrario.

Forse in giovane età siamo stati premiati per la conoscenza di qualche parolone, forse abbiamo preso un voto alto alle scuole elementari o abbiamo vinto una gara di spelling o forse ci è successo al primo anno di giurisprudenza, quando abbiamo iniziato a scrivere  e parlare seguendo la nostra percezione di giurista.

Le buone argomentazioni sono soggette alla stessa formula delle ricette. Il doppio del sale non rende migliore il piatto, semplicemente lo rende due volte più salato. 

A mio parere, affermare due volte lo stesso identico concetto lo rende buono la metà. 

Mentre "del popolo, dal popolo, per il popolo" è bello e persuasivo, "del popolo, del popolo, del popolo" non lo è. 

La ripetizione può essere potente se c'è qualche variazione, ma è noiosa se non varia e, in alcuni casi, può addirittura danneggiare la tua linea difensiva.

Un giudice famoso affermava: "Quanto meno esperto è l'avvocato, tanto più lungo è il suo controesame, il che di solito è un vero e proprio errore", e poi aggiungeva: "Limitatevi ai punti forti. I giudici pensano che discutere con i testimoni sia una perdita di tempo. Conservate l'argomentazione per l'arringa finale".

Passiamo ora al potere della semplicità nella scrittura. 

Le due frasi che seguono sono state utilizzate in una sentenza che annullava una condanna per omicidio basata su una confessione ottenuta con la forz. 

Il primo giudice scrisse: "Si è trattato di un tentativo calcolato di ottenere una confessione attraverso la pressione di un interrogatorio incessante". Il secondo giudice invece scrisse: "L'uomo è stato trattenuto finché non ha ceduto".

Queste due frasi dicono esattamente la stessa cosa. 

La frase del secondo giudice ha però il potere della semplicità. 

Sarebbe l'incipit perfetto per una discussione in appello: "Questo è un caso... di un uomo... che è stato trattenuto... finché non è crollato".

Ripetetelo ad alta voce, facendo una pausa, per sentire la potenza di questa frase.

"Se non hai la legge, batti i fatti; se non hai i fatti, batti la legge; e se non hai nessuna delle due cose, batti il tavolo"

Molti avvocati pensano questo e consigliano di rendere il processo più complicato o oscuro nel caso in cui sia la legge che i fatti siano a loro sfavorevoli.

Credo che questo sia un pessimo consiglio. 

La vostra credibilità con il giudice è tutto. 

Se sia la legge che i fatti sono contro di voi, pensate davvero di poter ingannare il giudice facendo credere che qualcosa di semplice sia complesso? 

Se vi trovate di fronte a questo dilemma, c'è un altro modo per preservare la vostra credibilità e vincere il processo?

La distanza più breve tra la pratica forense ed il guadagnarsi il rispetto dei giudici è la stretta osservanza di questa regola di condotta professionale utilizzata dagli avvocati americani: "Un avvocato non deve consapevolmente omettere di rivelare giudice informazioni che l'avvocato sa essere direttamente avverse alla posizione del cliente". 

In realtà, il consiglio è trasformare le parole "direttamente avverse" con "probabilmente avverse". 

Perché? Non c'è niente di più potente di un avvocato che entra in aula e dice: "Signor Giudice, questa è la nostra posizione. Tuttavia, dobbiamo dirle che ci sono queste circostanze che sono probabilmente sono contro di noi. Eccole. Ecco poi l'unica circostanza a nostro favore e chiediamo al Giudice di seguirla per le seguenti ragioni".

Il potere consiste nel separare semplicemente e rapidamente il grano dalla pula per il giudice. 

È potente la totale franchezza sia sui fatti che sulla legge, ed è potente citare le decisioni sfavorevoli. 

Voi dimostrate di non preoccuparvene. È ancora più devastante per l’accusa o per la parte civile quando si citano decisioni sfavorevoli che non sono stati ricercati ed individuati. 

Cicerone sosteneva che l'avvocato perfetto è quello che sa argomentare entrambe le parti di un processo. 

I giudici imparano molto rapidamente quali avvocati dicono loro la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità. 

Vi capiterà di avere processi con fatti negativi e leggi a vostro sfavore. 

In questi casi, la vostra battaglia è tutta in salita. Dire francamente al tribunale: "Signor Giudice, la legge è contro di noi, tuttavia..." o "Oggi chiederemo alla corte di fare il passo più lungo della gamba e di non seguire quella interpretazione per questi motivi..." attirerà l’attenzione ed avrà un effetto positivo sulla nostra reputazione.

La totale franchezza nei confronti del giudice e la capacità di affrontare i vostri ostacoli, insieme alla citazione di decisioni contrarie, vi faranno guadagnare la reputazione di difensori seri ed efficaci.

È giusto concludere con la discussione finale.

"Le parole brevi sono le migliori", disse Winston Churchill, "e le parole vecchie quando sono brevi sono le migliori di tutte". Le parole brevi, ben dette, hanno potere. 

Secondo una leggenda metropolitana, Ernest Hemingway era seduto con alcuni colleghi scrittori nella hall di un hotel.

Fu lanciata una sfida su chi fosse in grado di evocare il maggior numero di emozioni con il minor numero di parole. Furono fatte delle scommesse. Hemingway prese un tovagliolo e scrisse queste parole: "Vendesi scarpe da bambino, mai indossate". Hemingway riscosse la sua vincita.

Ricordo di aver ascoltato in tribunale una discussione di meno di due minuti pronunciata da un grande avvocato che assisteva una persona che aveva perso entrambe le braccia.

Le sue ultime due battute furono: 'Non ho bisogno di chiamare un esercito di esperti e di far sfilare davanti a voi un professore di medicina legale per illustrare la perdita di questo ragazzo. Mi basta dirvi che oggi ho pranzato con lui... e ha mangiato il suo cibo... come un cane".

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