La massima
La condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l'agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati. (Fattispecie di tentata estorsione, nella quale la Corte ha ritenuto dovessero essere assorbiti i reati di percosse ascritti all'imputato - Cassazione penale , sez. II , 21/02/2019 , n. 17427).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza
Cassazione penale , sez. II , 21/02/2019 , n. 17427
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano confermava integralmente la sentenza emessa dal tribunale del medesimo capoluogo in data 8 novembre 2013, che, unificati i reati tutti contestati sotto il vincolo della continuazione, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia l'odierno ricorrente per i reati di cui ai capi A (più episodi di estorsione tentata unificati sotto il vincolo della continuazione), B e D (più episodi di lesioni personali aggravate unificati sotto il vincolo della continuazione), C (più episodi di percosse unificati sotto il vincolo della continuazione).
1.1. Nel giudizio di merito gli episodi di percosse che non avevano dato luogo a lesioni erano stati autonomamente riconosciuti e giudicati in continuazione con i conati estorsivi di cui al capo A e non in essi rispettivamente assorbiti. Sul punto specifico la difesa aveva articolato puntuale motivo di gravame, che la Corte territoriale aveva reietto, ritenendo che l'assenza di referto medico attestante la malattia del corpo o della mente conseguente alle percosse non potesse consentire di escludere l'effettivo verificarsi delle conseguenze lesive, consistendo peraltro l'aggressione fisica portata dall'agente in un quid pluris rispetto alla violenza minima prevista ai fini della integrazione della fattispecie complessa, anche nella forma tentata.
2. Avverso tale pronuncia propone ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, deducendo a motivo unico di doglianza:
2.1. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e) per avere la Corte divisato autonomia delle fattispecie incriminatrici e conseguente concorso di reati in spregio di quanto specificamente disposto dall'art. 84 c.p. (disciplina del reato complesso) e art. 581 c.p., comma 2 (principio di assorbimento), non essendo in atti dimostrato che le percosse subite da Q.A., C.M.C., N.S.G., R.S. e Ca.Pa. ebbero a produrre apprezzabili patologie nelle persone offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, nei termini qui di seguito indicati.
1.1. La sentenza impugnata non ha fatto buon governo delle norme penali (art. 84 c.p. e art. 581 c.p., comma 2) che governano i principi di assorbimento e consunzione tra distinte fattispecie incriminatrici, così come interpretati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto.
1.2. Il Collegio ribadisce che la condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l'agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati (Cass. Sez. 2, n. 20123, del 10/4/2018; n. 47792, del 19/11/2015, entrambe non massimate; Sez. 2, n. 16658 del 16/01/2014, Rv. 259556; Sez. 2, n. 45738 del 04/11/2003, Rv. 227617).
Nel caso di specie, non ricorrendo in atti alcuna dimostrazione circa eventuali conseguenze lesive della condotta violenta tenuta dall'agente nei confronti di Q.A., C.M.C., N.S.G., R.S. e Ca.Pa., i rispettivi delitti di percosse (così correttamente qualificati in imputazione proprio in difetto di tali conseguenze) dovevano ritenersi assorbiti nelle corrispondenti fattispecie di estorsione tentata, giacchè in questo esauriscono tipicità e portata offensiva, con esclusione del ritenuto e computato aumento per continuazione.
1.3. La mancata enunciazione nella sentenza di primo grado dei criteri seguiti per calcolare i singoli aumenti di pena, per i reati satellite, inibisce alla Corte di rideterminare la pena eliminando i segmenti di sanzione posti erroneamente in continuazione.
2. Sulla base di quanto premesso, ai sensi dell'art. 623 c.p.p., comma 1, lett. c), il ricorso va accolto, con l'annullamento della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che dovrà conseguentemente procedere al calcolo dei segmenti di pena afferenti ai reati di percosse nei confronti di Q.A., C.M.C., N.S.G., R.S. e Ca.Pa., già posti in continuazione, che devono restare assorbiti nelle corrispondenti fattispecie di estorsione tentata di cui al capo A, per eliminarli dal calcolo della pena complessivamente già determinata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, previo assorbimento dei reati di percosse ai danni delle persone offese Q.A., C.M.C., N.S.G., R.S. e Ca.Pa. nel reato di tentata estorsione (capo A) e rinvia per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2019