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Minaccia e lesioni: condanna a 4 mesi, giorno 1 di reclusione (Tribunale di Ascoli Piceno - Giudice Monocratico dott.ssa Claudia DI Valerio)


Reato di minaccia (art. 612 c.p.)

Proponiamo una sentenza di merito, pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno, con la quale l'imputato è stato condannato per i reati di minaccia e lesioni personali.


Tribunale Ascoli Piceno, 29/03/2021, (ud. 01/02/2021, dep. 29/03/2021), n.90

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1 - Con decreto del 10.1.2018 (...) veniva citato a giudizio per rispondere dei reati trascritti in epigrafe.

Nel corso del giudizio, all'udienza del 26.3.2018 veniva disposto rinvio per mancato perfezionamento del termine di comparizione in favore dell'imputato, seguendo l'udienza del 2.7.2018 in cui, dichiarata l'assenza dell'imputato ed ammessa la costituzione di parte civile di (...), veniva aperto il dibattimento ed ammessi i mezzi istruttori. All'udienza del 25.3.2019, presente l'imputato e previa costituzione del nuovo difensore di parte civile, venivano esaminati i testi (...), (...) e (...), del quale, con il consenso delle parti, veniva altresì acquisito il verbale di sommarie informazioni rese in sede di indagini; il Pubblico Ministero, inoltre, produceva documenti.

Alla successiva udienza del 15.7.2019 venivano esaminati i testi (...), (...) e (...), mentre l'udienza del 2.12.2019 veniva rinviata per adesione dei difensori all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere Penali. Successivamente, con decreto del 28.4.2020, veniva rinviata ai sensi dell'art. 83 D.L. 17 marzo 2020, n. 18 l'udienza del 4.5.2020. All'udienza del 2.11.2020 veniva escusso il teste (...) e l'imputato rendeva esame; il difensore di parte civile, inoltre, produceva documenti.

All'udienza del 1.2.2021, infine, il difensore di parte civile produceva documentazione relativa ad altro procedimento a carico dell'imputato; all'esito, sulle conclusioni delle parti come da verbale e conclusioni scritte della parte civile il Tribunale pronunciava sentenza mediante lettura del dispositivo, riservando il deposito della motivazione nel termine di giorni sessanta.

2 - La vicenda che ci occupa si caratterizza per la netta contrapposizione tra la versione dei fatti fornita dalla persona offesa e quella offerta dall'imputato, sostanzialmente irriducibili ad una ricostruzione degli accadimenti organica ed unitaria. Nondimeno, tale contrasto non può dirsi insanabile, alla luce delle regole ordinarie in punto di valutazione delle prove, di cui si farà applicazione nel caso concreto e che, lungi dal determinare una situazione di stallo decisionale - da convertirsi, in ossequio alla regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, nella preponderanza delle ragioni assolutorie consentono viceversa di pervenire all'affermazione di responsabilità dell'odierno imputato. Viene in rilievo, innanzitutto, il principio generale del libero convincimento del giudice, espresso dagli artt. 192, comma 1, 189 e 193 c.p.p., in forza del quale, ripudiato il sistema di c.d. prova legale, il giudice può ritenere provato un fatto anche solo sulla base di un unico mezzo di prova, quale è, in particolare, la testimonianza, che generalmente si afferma fare prova "fino a prova contraria". Illuminante, in proposito, quanto precisato da Cass., VI, 23 gennaio 2018, n. 3041, secondo la quale, alla base di tale comune affermazione, sta non solo la riconosciuta, generale capacità a testimoniare, ma soprattutto una serie di regole che, sebbene fondate su un dato esperienziale, sono ritenute anche astrattamente valide ed efficaci. Si tratta in particolare:

- del principio di normale terzietà del teste;

- del principio di affidabilità, ritenuto cardine della normale vita di relazione, secondo il quale, solitamente, chi comunica a terzi un fatto dice la verità;

- del principio di normalità, per il quale un soggetto mente solo se a tanto abbia sufficiente interesse;

- del principio di responsabilità, secondo il quale un soggetto tende a mentire se dalla veridicità del dichiarato possono scaturire conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri.

Si presuppone, dunque, che, fino a prova contraria, il teste riferisca fatti obiettivamente veri (principio di affidabilità) e menta solo in presenza di un interesse a farlo (principio di normalità), specialmente nel caso in cui dalla veridicità del dichiarato possano derivare conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri.

In omaggio a tali principi, è necessario che la deposizione sia resa da persona realmente terza rispetto alle parti, della quale non si ravvisi alcun apprezzabile interesse a mentire e che sia stata resa edotta delle responsabilità conseguenti ad un eventuale mendacio.

Ulteriore corollario dei principi sopra esposti è il riconoscimento anche alla persona offesa della possibilità di testimoniare, poiché essa non viene considerata portatrice di un interesse di per sé inquinante, salve, in ogni caso, le ulteriori regole di valutazione di cui si dirà in seguito.

3 - Fatta tale doverosa premessa, ritiene il decidente che, sulla base delle dichiarazioni della parte civile (...) e degli altri elementi di prova di cui si dirà, i fatti per cui è processo possono essere ricostruiti nel modo che segue.

All'epoca dei fatti, (...) aveva interrotto la propria convivenza con (...), dalla quale aveva avuto un bambino, allora dell'età di tre anni. In particolare, in data 28.1.2017, un sabato sera, egli transitava davanti l'abitazione già condivisa con la sua ex compagna e notava posteggiata, nella proprietà privata dell'abitazione, e precisamente nel garage sottostante, una autovettura Alfa Romeo 147 targata (...). 11 giorno successivo, nel corso di un pranzo con i familiari, chiedeva alla (...) di chi fosse quell'automobile, ma ella rispondeva in modo evasivo.

In data 8.2.2017 l'(...) notava, ancora una volta, la stessa auto, che in questa occasione era condotta da una donna con i capelli biondi; decideva quindi di seguirla, e vedeva in tal modo che la vettura arrestava la marcia poco oltre l'abitazione dei genitori dell'(...) stesso. Quindi l'odierna parte civile, fermatosi a sua volta, bussava al finestrino e la donna che era alla guida usciva dall'abitacolo; egli le chiedeva se si fosse trovata, la sera del 28 gennaio, nell'abitazione già dell'(...) stesso.

A quel punto la donna, visibilmente turbata e comprendendo che si trattava di una situazione insolita, prendeva la bambina che era con lei in macchina, apriva il cancello di casa ed iniziava a salire le scale urlando contro il marito. Quest'ultimo - risultato essere l'odierno imputato, che l'(...) conosceva di vista, senza aver mai intrattenuto con il medesimo alcun rapporto si affacciava da un terrazzino e prendeva a dire, all'indirizzo di (...), frasi del tipo "ti ammazzo, figlio di puttana".

(...), a quel punto, telefonava al padre, informandolo di quanto stava accadendo; nel frattempo (...) usciva dall'abitazione, recando con sé un bastone di colore verde, della lunghezza di circa un metro, con il quale infieriva contro l'(...).

In particolare, l'imputato colpiva (...), con il bastone, alla schiena, con un solo colpo; successivamente non riusciva più a colpirlo, in quanto si intromettevano la moglie ed il padre, che separavano i due. Nella concitazione, (...) e la moglie di (...) cadevano a terra; mentre (...) si rialzava, (...) tentava di colpirlo ulteriormente, ma veniva fermato dai propri congiunti. Quindi sopraggiungeva anche il padre di (...), il quale ultimo, due giorni dopo il fatto, si recava al Pronto Soccorso, poiché avvertiva dolori alla schiena.

4 - La ricostruzione di tale nucleo centrale di accadimenti può essere legittimamente operata, come sopra anticipato, sulla base del deposto testimoniale di (...), parte civile nel presente procedimento, al quale si applicano - con risultati probatori dotati di piena affidabilità - le regole di giudizio fatte proprie dal Giudice di legittimità in tema di testimonianza della persona offesa.

Sul punto, merita ricordare il granitico orientamento della Suprema Corte, in base al quale il procedimento di valutazione di tale testimonianza deve realizzarsi secondo una precisa scansione logica: dall'analisi della capacità a testimoniare, che va intesa come l'abilità soggettiva a recepire le informazioni, ricordarle, raccordarle e riferirle in modo coerente e compiuto (che deve, ovviamente, presumersi, salvo che ricorrano specifiche situazioni che possano porla in dubbio: dall'età del dichiarante, alle sue particolari condizioni psichiche), alla disamina della credibilità soggettiva (onde verificare che il narrato non sia inquinato da situazioni, attinenti alla sfera personale del dichiarante, in grado di alterarne, finanche in maniera inconsapevole, la genuinità); dal vaglio della attendibilità intrinseca (intesa come capacità del racconto di offrire una rappresentazione coerente e logicamente congrua degli eventi evocati) a quello degli eventuali riscontri esterni, peraltro, ritenuti non necessari dalla consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., I, 27 aprile 2020, n. 13016).

Invero, le dichiarazioni della persona offesa - cui non si applicano le regole dettate dall'art. 192, comma 3 c.p.p. - possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, le quali, specie nei casi in cui la persona offesa sia anche costituita quale parte civile, devono essere valutate in maniera più penetrante e rigorosa rispetto al vaglio cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (cfr. Cass., Sez. Unite, 19 luglio 2012, n. 41461; Cass., V, 26 marzo 2019, n. 21135; Cass., Il, 24 settembre 2015, n. 43278; Cass., V, 8 luglio 2014, dep. 2015, n. 1666).

Ebbene, in applicazione di tali coordinate ermeneutiche, si può affermare che le dichiarazioni di (...) risultano assolutamente idonee a fondare la responsabilità dell'imputato, in quanto dotate di piena attitudine probatoria in ordine ai fatti per cui si procede.

Egli ha fornito una ricostruzione completa dei suoi rapporti con l'odierno imputato, spiegando di aver saputo - non si è ben compreso, nella dinamica dibattimentale, se prima o dopo i fatti per cui si procede (cfr. verbale da fonoregistrazione del 25.3.2019, pag. 12: "Avv. (...) - (...) suo padre l'avvertì che qualche giorno prima il signor (...) stava dentro l'auto... la propria macchina insieme alla sua compagna (...). Testimone (...) - Mi è stato detto tutto dopo per non allarmarmi, per non creare... (...) no, che me l'ha detto, me l'ha detto, però io non mi ricordo se è stato... mi sembra dopo perché, per non creare altri problemi a me, cioè per farmi stare calmo perché ...") - che egli aveva una relazione con la ex compagna dell'(...) stesso.

Tra quest'ultimo e la donna, poi, non vi era stata una completa interruzione del rapporto sentimentale, posto che, pochi giorni dopo aver notato l'Alfa 147 posteggiata nei pressi dell'abitazione occupata dalla (...) e dal figlio, l'(...), già allontanatosi dal suo nucleo familiare, si è ricongiunto allo stesso, non senza esporre alla compagna i dubbi circa la presenza dell'automobile notata alcuni giorni prima. Dubbi che evidentemente nutriva ancora, allorquando, dopo alcuni giorni, ha seguito ed interrogato la donna alla guida della vettura, rivelatasi essere la moglie di (...), determinando in tal modo il di svelamento della relazione fino a quel momento clandestina.

In tal modo, (...) ha introdotto nel presente giudizio una vicenda strettamente privata, fonte, secondo l'id quod plerumque accidit, di turbamento e frustrazione, non esitando a rappresentare, nella sede di giustizia, il tradimento subito.

Per tali ragioni, le sue propalazioni, a parere del giudicante, non paiono mosse da intenti calunniatori, che sarebbero esorbitanti e sproporzionati rispetto alla narrazione di fatti tanto intimi e riservati: risponde difatti a regola di comune esperienza che nessuno si determinerebbe a rendere pubblici accadimenti di tal fatta, se essi non fossero conformi, quantomeno, ad un principio di verità. La genesi della testimonianza, dunque, lungi dall'apparire strumentale a ledere gratuitamente la persona dell'imputato, risulta connessa ai normali sentimenti di rivendicazione connessi al torto subito (inteso come i fatti di lesioni e minaccia di cui è stato vittima, non già come la relazione clandestina del (...) con la sua compagna), rispetto al quale egli ha agito con gli strumenti messi a disposizione dall'ordinamento.

(...), inoltre, ha riferito i fatti con serenità d'animo, evitando ogni ricostruzione implausibile o esagerata; ha resistito al controesame, spiegando, in modo del tutto convincente, per quali ragioni egli si è recato al Pronto Soccorso soltanto a distanza di due giorni dal fatto e raccontando di come avesse saputo - pur non riuscendo, in sede dibattimentale, a collocare con esattezza il momento di apprensione della notizia - che la sua compagna era stata vista nell'auto di (...) in zona periferica di (...).

Del resto, egli non ha esitato neppure a riportare fatti idonei a porlo, almeno potenzialmente, in cattiva luce, quale il "pedinamento" dell'auto condotta dalla moglie del (...) e la sostanziale rivelazione della relazione extraconiugale intrattenuta dal marito, che ha determinato nella donna un forte turbamento. In tal modo, l'(...) ha ammesso di aver compiuto una rimarchevole intrusione nella sfera privata di una persona di fatto estranea alla vicenda, con condotta che, sebbene umanamente comprensibile, risulta nondimeno censurabile e che, soprattutto, ha innescato la seriazione causale dei fatti per cui si procede.

Il vaglio di credibilità, dunque, risulta positivamente superato.

Ad analoghe conclusioni si giunge in relazione al giudizio di attendibilità intrinseca: il deposto testimoniale in esame si rivela lineare, consequenziale e privo di salti logici ed offre una ricostruzione dei fatti compatibile con un normale svolgersi di accadimenti.

Ciò si evince dalla piana lettura delle dichiarazioni in esame, che è opportuno riportare, per la parte che qui rileva, nella loro integralità (cfr. verbale da fonoregistrazione del 25.3.2019, pag. 4 e ss.):

"Testimone (...) - (...) allora decisi di seguire la macchina, che si fermò qualche metro più avanti della mia abitazione dove ho adesso la ... dove adesso vivo con i miei genitori. Sceso, andai lì alla macchina della signora, bussai al vetro, una signora bionda. Uscì, le chiesi: "Scusi, signora, io non so se lei mi conosce, ma questa macchina ... volevo chiederle se era lei che stava a casa mia qualche sera ... sabato fa, qualche sabato fa, il 28 gennaio", mi sembra. Se era lei. La signora diciamo un pò dispiaciuta, quasi in lacrime diceva: "No, non ero io, anzi ... pensava subito che c'era stato qualcosa di anormale (...) prese la bambina, aprì il cancello di casa ed iniziò a salire le scale urlando contro il marito. Il marito, riconoscendomi, affacciandosi e riconoscendomi scese ed iniziò a dirmi parolacce, io in quel lasso di tempo presi il, telefonai, chiamai babbo perché capii che la situazione si stava un po' agitando.

Giudice - Chiamò suo padre?

Testimone (...) - Mio padre, sì, Va beh ... preso dal panico, così. Nel frattempo (...) scese con un bastone di circa un metro ed iniziò ad infierire contro di me. Lì c'era anche il padre, alla presenza pure del padre, non so se era il padre, un signore lì. Nel parapiglia un pò, va beh... cascai insieme pure alla signora, la bambina strillava lì dentro al cancello della porta, quindi c'è stato un po' ...

P.M. - Allora, se ci può descrivere bene questo parapiglia, il bastone, quando è caduto, cosa è successo?

Testimone (...) - Come mi ha riconosciuto, evidentemente perché ... per la storia, che ho parlato con la moglie, ha iniziato, va beh ... come prima cosa ha inferto un colpo contro di me, ma lì c'è stato pure il padre, quel signore che stava lì, che ha cercato pure di fermarlo, quindi ...

Giudice Lei è stato colpito?

Testimone (...) - Alla schiena, sì. Poi dopo non riuscì più a colpirmi perché tra il padre e la moglie sono riusciti a separarlo. Dopo siamo caduti io e la moglie. Nel rialzarmi, stava cercando di colpirmi, però nell'alzarmi sono riusciti a fermarlo e nel frattempo è arrivato anche mio padre.

P.M. - Okay. L'ha colpita come, come l'ha colpita alla schiena?

Testimone (...) - Qui dietro alla schiena.

P.M. - Come, con cosa?

Testimone (...) - Con il bastone che aveva in mano.

P.M. - Con il bastone. Senta, lei ha parlato anche di minacce in precedenza. Testimone (...) - Sì.

P.M. - Proferite da chi?

Testimone (...) - Sempre dal (...). Quando stava sul... lì c'è un terrazzino, ha iniziato a dirmi: "Ti ammazzo, figlio di puttana", queste cose così

Ha poi specificato il teste (...) di aver chiamato egli stesso il padre in aiuto e di aver saputo successivamente che un suo conoscente, tale (...), si trovava in quei momenti a transitare in auto ed aveva notato l'aggressione ai suoi danni.

Il tutto con modalità scevre da contraddizioni e tali da illuminare compiutamente ogni aspetto della vicenda.

Infine, quanto all'attendibilità estrinseca, va rimarcato che le dichiarazioni della parte civile sono suffragate da plurimi elementi di conforto.

Viene in primis in rilievo la testimonianza di (...), padre della persona offesa, il quale ha riferito di aver ricevuto una telefonata dal figlio, che gli diceva di aver subito un'aggressione da parte di (...), e di essersi recato sul posto, in (...), ove vi era il proprio figlio insieme al padre di (...). Quest'ultimo, invece, si trovava sul terrazzino e, al vederlo, prendeva a pronunciare insulti e minacce anche contro (...). Ha dichiarato poi (...) che il figlio (...) gli raccontava dell'aggressione (segnatamente, gli diceva di non aver fatto niente, limitandosi a cercare di placare l'odierno imputato insieme al padre e alla moglie di questi, con la quale poi era caduto a terra), la quale comunque era già terminata, e che il padre dell'imputato cercava di stemperare la tensione, tanto che i due genitori decidevano di adoperarsi per non far degenerare i rapporti.

Infine, (...) ha specificato che la sera stessa, una volta tornato a casa con il figlio, veniva contattato dal suo amico (...), il quale gli chiedeva cosa fosse successo e gli riferiva che era passato in macchina, aveva riconosciuto l'auto di (...) e aveva notato che vi era una zuffa in atto (cfr. verbale da fonoregistrazione del 25.3.2019, pag. 16 e ss.).

A tal proposito, (...) ha dichiarato che, mentre transitava in auto, riconosceva l'automobile di (...), quindi rallentava e vedeva, davanti all'abitazione di un suo conoscente di nome (...), tre persone, di cui due "si tenevano", mentre l'uomo che egli conosceva chiamarsi (...) si poneva nel mezzo cercando di dividerli. In particolare, uno dei due che si fronteggiavano era (...); l'altro vicino al quale vi era una donna con una bambina in braccio - aveva un bastone in mano, di colore scuro, lungo circa un metro.

Il (...) ha specificato di non aver potuto arrestare la marcia, poiché vi era traffico, ma di aver rallentato; giunto a casa, telefonava a (...), chiedendogli cosa fosse successo (cfr. verbale da fonoregistrazione del 25.3.2019, pag. 21 e ss.).

La testimonianza resa in dibattimento da (...) risulta pienamente corrispondente a quanto da questi riferito in sede di indagini ed emergente dal verbale di sommarie informazioni rese davanti alla Questura di Ascoli Piceno in data 8.9.2017, acquisito con il consenso delle parti.

In esso, difatti, si legge: "l'8 febbraio 2017, intorno le ore 19:30 - 20:00, mentre transitavo in questo (...), tornando da (...), mi accorgevo che sul lato sinistro della carreggiata era in sosta l'autovettura di (...), una Suzuki Vitara azzurra, e poco distante era in corso un bisticcio tra tre uomini. Questi li riconoscevo come il precitato (...), tale (...), un anziano mio coetaneo, e un altro giovane che brandiva una lunga asta di legno. Poco distanti da loro vi era una donna con un bambino in braccio. L'anziano (...) si prodigava a dividere i due contendenti. Non mi sono fermato perché vi era un grande flusso di veicoli che non mi permettevano di fermarmi anche per poco tempo senza intralciare. A sera poi ho contattato (...), padre di (...) e chiedevo contezza sui fatti dei quali avevo notato qualcosa. Lui mi riferiva che il figlio era stato aggredito con un bastone dal figlio del (...) che ho indicato e che voi mi di te si chiami (...)" (cfr. produzioni del P.M. all'udienza del 25.3.2019).

Ebbene, le testimonianze sinora indicate si saldano tutte in una rete compatta, che sorregge, secondo criteri processualmente validi, la trama dell'intera vicenda.

Essa è vieppiù corroborata dal certificato medico in atti, dal quale risulta che a carico di (...), in data 10.2.2017, venivano riscontrati "trauma contusivo rachide cervicodorsale, escoriazione mano sn", giudicati guaribili in giorni cinque (cfr. referto Pronto Soccorso di Ascoli Piceno in atti).

5 - Stridono fortemente con le risultanze dibattimentali sinora riportate le testimonianze di (...) e (...).

Il primo, padre dell'odierno imputato, ha riferito di essere stato richiamato, mentre era in casa, dalle voci di un litigio, di essere uscito fuori e di aver visto un ragazzo che litigava con suo figlio, per circa un paio di minuti, con offese e parolacce. Ha spiegato di aver invitato il figlio a rientrare in casa, cosa che avveniva, mentre sul posto sopraggiungeva il padre dell'altro giovane, che egli conosceva di vista. Ha inoltre negato di aver visto il figlio usare o brandire un bastone, escludendo financo che lì nei pressi vi fosse un oggetto simile (cfr. verbale da fonoregistrazione del 2.11.2020, pag. 6: "Avvocato (...) - Sì. Ha visto suo figlio usare o comunque brandire un bastone o ... Testimone (...) - Avvocato allora, dall'entrata di casa mia, diciassette scalini, diciassette scalini, io ho il riscaldamento a metano, scendo le scale, c'è un camminatoio, avrà dieci vasi, i vasi, quelli con i fiori, il bastone, ma dove lo prendeva il bastone? Se uno scende da quella scala di civile abitazione, scende sotto, il bastone dove lo prende? Giudice - Quindi la risposta è no e non c'era neanche nei paraggi il bastone disponibile? Testimone (...) - Eh... no. E dove lo prendi il bastone?"). (...), moglie dell'imputato, ha chiarito di essere stata presente all'intera scena. Ella, infatti, ha ammesso che, dopo aver incontrato sul cancello dell'abitazione (...) e ascoltato il motivo per cui egli era lì, saliva nell'abitazione chiedendo a (...) di scendere a parlare con il primo e restava presente al litigio, durato circa cinque minuti, fino a quando, sentendosi poco bene, risaliva nell'abitazione seguita immediatamente dal marito.

La teste, inoltre:

i. ha dichiarato che, tra suo marito e (...), non vi era nessuno scontro fisico, bensì solo uno scambio di parole offensive (cfr. verbale da fonoregistrazione del 15.7.2019, pag. 12: "Avv. (...) - Senta, ma dopo tra i due, tra le due persone c'è stato diciamo uno scontro fisico, qualcuno ha protetto qualcun altro, si è messo in mezzo... Testimone (...) - Fisico no... Avv. (...) - ... a qualcuno? Testimone (...) -... perché, anche perché... (...) stavano da cancello a cancello, cioè ...

Avv. (...) - Cioè erano distanti, quindi diciamo non si potevano...

Testimone (...) - Fisico no. Avv. (...) - ... raggiungere. Testimone (...) - io non ho visto nessuno scontro fisico, se non parole, (cfr. pag. 19: "Testimone (...) - No, no, nessun parapiglia, se non parole ...");

ii. ha conseguentemente negato di essere intervenuta, insieme al suocero, per separare i due contendenti, che erano distanti e non entravano in contatto (oltre a quanto sopra riportato, cfr. verbale da fonoregistrazione del 15.7.2019, pag. 12: "Avv. (...) - Quindi non c'è stato un momento in cui lei e suo suocero avete separato i due ... Testimone (...) - No, assolutamente ");

iii. ha dunque escluso di essere caduta a terra (cfr. verbale da fonoregistrazione del 15.7.2019, pag. 19: "Giudice - (...) perché a noi risulta che lei è caduta addirittura per terra. Testimone (...) - No. No, signora, guardi, no (...) io sono caduta per terra? Giudice - Sì. Testimone (...) - No, no, assolutamente no. No")

ivi ha escluso che (...) recasse con sé un bastone (cfr. verbale da fonoregistrazione del 15.7.2019, pag. 7 e ss.: "Avv. (...) - ...oltre, oltre a queste parole lei ha visto suo marito portare con sé un bastone? Testimone (...) - No (.,.) Avv. (...) - Ma, dunque, lei ha visto la presenza comunque di un bastone nei pressi... Testimone (...) - No. Avv. (...) - cioè intorno... Testimone (...) - Assolutamente no").

Ebbene, le testimonianze di (...) e (...) non si inscrivono con la coerenza che ci si attenderebbe nel tessuto probatorio emergente dalle complessive risultanze dibattimentali. Esse, infatti, lungi dall'avere ad oggetto aspetti di contorno della vicenda o assumere connotazioni sfumate, si pongono in frontale, insanabile contrasto con quanto riferito dagli altri testi e, in particolare, con quanto percepito e riferito da un soggetto del tutto estraneo al coacervo dei rapporti interpersonali sottostante alla vicenda, ovvero (...).

Come sopra detto, infatti, quest'ultimo, già in sede di indagini, ha fornito il proprio lineare apporto conoscitivo, riferendo di aver visto, transitando in auto davanti all'abitazione di (...), un giovane "che brandiva una lunga asta di legno" (così, testualmente, il verbale di s.i.t. rese in data 8.9.2017). Inoltre, in sede dibattimentale il (...) ha precisato che i due giovani "si tenevano " e che il soggetto risultato essere (...) cercava di "liberarli", a denotare che l'imputato e la persona offesa non erano a distanza, bensì erano entrati in contatto fisico.

E' poi emerso pacificamente che, in quel frangente, erano presenti, oltre ai due contendenti. (...) e (...), nonché la figlia minore di questa. Ne consegue che non vi è alcuna ragione processualmente ammissibile affinché essi dovessero riferire elementi in contrasto con le altre acquisizioni dibattimentali.

In definitiva, (...) e (...) hanno fornito una versione dei fatti tendenziale, improntata ad alleggerire la posizione processuale del loro congiunto, e ciò sebbene, avvertiti della facoltà di astensione accordata dall'art. 199 c.p.p., si fossero liberamente determinati a rispondere secondo verità.

Le loro dichiarazioni, dunque, risultano del tutto inveritiere, con la conseguenza, che, da una parte, non possono entrare a far parte della piattaforma probatoria a sostegno della decisione; dall'altra, si impone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica in sede, per le valutazioni di sua competenza.

Le testimonianze di (...) e (...), poi, appaiono del tutto irrilevanti ai fini che qui interessano, posto che:

- la prima ha riferito di aver assistito al litigio dal piano superiore, senza riportare ulteriori dettagli; invero, non è neppure emerso che la stessa abbia assistito a tutta la scena, potendosi desumere che sia stata richiamata dalle grida e che non si sia affacciata in tempo utile per apprezzare l'intera dinamica degli accadimenti;

- il secondo ha riferito che, qualche giorno prima del fatto per cui si procede, veniva contattato per messaggio da (...), che gli chiedeva il recapito telefonico della moglie di (...); ciò, tuttavia, non inficia l'attendibilità della persona offesa, la quale, in sede dibattimentale e come sopra visto, non è stata in grado di precisare in che epoca avesse saputo della frequentazione del (...) con la propria compagna e, comunque, ha lasciato trapelare dubbi in merito, che spiegherebbero l'intenzione di contattare la moglie del (...) per chiarire la questione.

6 - Alla luce del compendio dibattimentale sopra riassunto si può ritenere accertato, innanzitutto e con riferimento al capo A) dell'editto di imputazione, che l'odierno imputato ha cagionato ad (...), con un colpo infetto con un bastone sulla schiena di quest'ultimo, lesioni personali consistite in un trauma contusivo del rachide cervicodorsale ed in una escoriazione della mano sinistra, avendogli quindi provocato una alterazione funzionale dell'organismo perdurante per un apprezzabile lasso di tempo.

A tal proposito, giova richiamare l'indiscusso insegnamento della Corte regolatrice, secondo il quale, in tema di lesioni personali volontarie, costituisce malattia qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando è in atto il suddetto processo di alterazione (cfr. Cass., V, 10 dicembre 2010, n. 43763; Cass. V, 11 giugno 2009, n. 40428).

Si è poi precisato che la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (cfr. Cass., IV, 26 maggio 2016, n. 22156); e che integra la malattia di cui all'art. 582 c.p. il trauma contusivo, ancorché privo di alterazioni di natura anatomica, purché caratterizzato da alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico, ovvero una apprezzabile compromissione delle funzioni dell'organismo (cfr. Cass., V, 2 ottobre 2014, n. 40978).

Nel caso di specie, tale limitazione è rilevabile sulla base del referto del Pronto Soccorso in atti, che ha ritenuto la lesione guaribile in giorni cinque.

La condotta del (...), come sopra ricostruita, appare inequivocabilmente mossa da coscienza e volontà ed ha realizzato un intento criminoso volto a cagionare una menomazione dell'integrità fisica della persona offesa, con la conseguenza che l'elemento soggettivo assume, nel caso di specie, l'intensità massima propria del dolo intenzionale.

Risulta pienamente integrata anche la contestata aggravante, che come noto ricorre (cfr. Cass., V, 2 marzo 2016, n. 8640) laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, quale è appunto il bastone con cui (...) è stato colpito.

7 - Ricorre poi, a carico dell'imputato, il reato contestato al capo B), in quanto (...), affacciatosi al terrazzino della sua abitazione e all'indirizzo di (...), proferiva le parole "ti ammazzo, figlio di puttana".

In ordine alla sussumibilità di tali espressioni nella fattispecie delittuosa contestata al capo B), basti richiamare l'indiscusso orientamento della Corte di nomofilachia, secondo il quale l'art. 612 c.p. costituisce reato di pericolo e, ai fini della sua integrazione, la minaccia va valutata con criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto; ne consegue che non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta dell'agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima. Si è ulteriormente precisato che l'eventuale atteggiamento minaccioso o provocatorio della persona offesa non influisce sulla sussistenza del reato, potendo eventualmente sostanziare una circostanza che ne diminuisca la gravità, come tale esterna alla fattispecie (cfr. Cass., Il, 17 maggio 2019, n. 21684; Cass., I, 3 maggio 2016, n. 44128; Cass., V, 6 novembre 2013, dep. 2014, n. 644; Cass., V. 2 dicembre 2008, n. 46528).

Si è inoltre affermato come non debba essere trascurata la rilevanza da attribuire al contesto in cui le frasi sono proferite, in ordine alla loro potenziale capacità ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo (cfr. da ultimo Cass., V, 10 marzo 2020, n. 9392).

Ebbene, con le parole rivolte a (...) l'imputato ha posto in essere la prospettazione di un male ingiusto, idonea ad incutere timore nella persona offesa non solo per il tenore inequivocabile delle parole - l'imputato è giunto a minacciare il più grave male prospettabile - ma anche per il complessivo contesto in cui esse si inscrivono, caratterizzato da un'esplosione di violenza fisica e verbale, in cui l'imputato è apparso incontenibile ed incapace di attivare i freni inibitori.

In relazione al reato contestato al capo B), poi, si ritiene di non poter accogliere l'eccezione di tardività della querela, formulata dalla difesa dell'imputato in sede di discussione, sulla base di quanto di seguito si esporrà.

L'art. 124 c.p. individua il termine generale per la proposizione della querela in tre mesi; nella comune interpretazione dottrinale, la previsione si fonda su un duplice ragionevole presupposto, rappresentato, da una parte, dall'esigenza di non lasciare impregiudicata, per un lasso temporale indeterminato, la perseguibilità di un fatto di reato, e, dall'altra parte, dalla necessità che la persona offesa disponga di un periodo sufficientemente lungo per le proprie valutazioni circa l'opportunità o meno di presentare la querela. Conseguentemente, si ritiene che il predetto termine abbia natura decadenziale, dunque non tolleri sospensioni o interruzioni di sorta, e si computi secondo il calendario comune, senza tenere conto del numero di giorni di cui è composto ogni mese intermedio. A tale ultimo proposito, la Corte regolatrice, anche recentemente, ha precisato che la scadenza di un termine stabilito a mesi si verifica nel giorno corrispondente a quello in cui è iniziata la decorrenza, indipendentemente dal numero dei giorni di cui è composto ogni singolo mese (cfr. da ultimo Cass., 11, 23 dicembre 2020, n. 37353).

Nondimeno, ritiene il decidente che tale ultimo principio debba essere contemperato con quanto stabilito dall'art. 14 c.p., che al comma 2 statuisce che, ogni qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non è computato nel termine.

Si tratta, anche in tal caso, di previsione generalissima, che introduce il principio per cui dies a quo non computatur in termine, dal quale si desume, a contrario, che si computa, invece, il "dies ad quem", principio pacificamente condiviso dalla dottrina maggioritaria.

Ebbene, non sembra sussistere una reale antinomia tra quanto statuito dall'art. 124 c.p., per cui il termine di tre mesi per proporre la querela decorre dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato, ed il principio sopra indicato di non computabilità del dies a quo.

Invero, le norme in questione disciplinano due diversi aspetti della fattispecie complessa che dà luogo alla decadenza dal termine per proporre querela: l'art. 124 c.p. fissa (al giorno della notizia del fatto che costituisce reato) il momento dal quale decorre il termine di tre mesi, mentre, per individuare i criteri di calcolo di detto termine, occorre fare comunque riferimento all'art. 14 c.p. ed escludere, dal computo, proprio quel momento iniziale.

Ne deriva che, nel caso di specie, indubitabile che la notitia criminis è databile all'8.2.2017, è altrettanto vero che detto giorno, poiché dies a quo del termine di proposizione della querela, non può essere preso in considerazione. Il termine in questione va computato a partire dal 9.2.2017 e lo spirare dei tre mesi deve essere collocato al 9.5.2017, ovvero esattamente il giorno in cui, nel caso di specie, la querela risulta depositata presso la locale Procura della Repubblica. Non si può dunque concludere, come vorrebbe la difesa del (...), per l'improcedibilità dell'azione penale in relazione al capo B).

8 - Conclusivamente, (...) deve essere considerato responsabile di entrambi i reati ascrittigli, da ritenersi posti in essere in esecuzione di un programma delinquenziale unitario, volto ad aggredire la sfera fisica e morale della persona offesa.

Quanto al trattamento sanzionatorio, egli può essere ritenuto meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Sul punto, merita ricordare come, a giudizio della giurisprudenza, la ragion d'essere della previsione normativa di cui all'alt. 62 bis c.p. è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile. Ai fini della concessione, inoltre, delle stesse è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per concedere le attenuanti medesime (Cfr. Cass. Sez. II, 10.03.2011, n. 9849).

Ebbene, nel caso di specie all'imputato possono essere applicate le attenuanti generiche, in ragione della sua incensuratezza e del buon comportamento processuale.

Nel bilanciamento tra opposte circostanze, da compiersi in relazione al capo A) da ritenere più grave, pare consentito pervenire ad un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, valutato il complessivo disvalore della condotta come desumibile da tutte le circostanze del caso concreto (la persona offesa è stata attinta dal bastone soltanto una volta; l'utilizzo dell'oggetto atto ad offendere non ha condotto a conseguenze superiori al trauma contusivo).

(...) va quindi condannato alla pena che si stima equa di mesi quattro e giorni uno di reclusione, così determinata:

- pena base per il reato di cui al capo A) ritenuto più grave, previa

concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante: mesi quattro di reclusione;

- aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo B) a mesi quattro e giorni uno di reclusione.

Segue come per legge il pagamento delle spese processuali.

(...) è inoltre tenuto al risarcimento del danno patito dalla parte civile, che, per la complessità dell'accertamento, è opportuno demandare alla competente sede civile. Nondimeno, in questa sede si può pervenire, sussistendo la domanda di parte, al riconoscimento, in favore di (...), di una provvisionale nella misura del danno che si assume provato, da quantificarsi:

- in Euro 500,00, quale danno da inabilità temporanea commesso all'entità delle lesioni come diagnosticate dagli operatori sanitari;

- in Euro 500,00, quale danno morale connesso al patimento dell'anima subito in occasione del reato,

e così complessivamente Euro 1.000,00. Consegue inoltre alla condanna l'obbligo di ristorare la parte civile dalle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

Ricorrendone i presupposti e nella presunzione che l'imputato, incensurato, si asterrà dal commettere altri reati, può essere concessa la sospensione condizionale della pena, subordinatamente, però, all'adempimento dell'obbligo di corrispondere la somma stabilita a titolo di provvisionale.


P.Q.M.

Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) colpevole dei reati ascrittigli, riuniti nel vincolo della continuazione e, ritenuto più grave il reato di cui al capo A), concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata aggravante ed aumentata la pena per la continuazione con il reato di cui al capo B), lo condanna alla pena di mesi quattro e giorni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; pena sospesa alle condizioni di legge.

Condanna (...) al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, concedendo alla stessa

una provvisionale nella misura di Euro 1.000,00, al cui pagamento entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della presente pronuncia subordina la sospensione condizionale della pena. Condanna altresì (...) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, liquidate in Euro 2.700,00 oltre accessori.

Ordina la trasmissione degli atti relativi alle testimonianze di (...) e (...) al Procuratore della Repubblica in sede, per le valutazioni di sua competenza.

Motivazione in giorni sessanta.

Così deciso in Ascoli Piceno l'1 febbraio 2021.

Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2021.


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