È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 131 bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni.

Corte Costituzionale, 31/03/2022, n.82
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di L. B., con ordinanza del 12 febbraio 2021, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2022.
Ritenuto che, con ordinanza del 12 febbraio 2021, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui, agli effetti dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, stabilisce che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità nei casi di cui all’art. 337 cod. pen., quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni;
che il rimettente espone di dover giudicare sull’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale ascritta a L. B., per avere questi, in stato di ebbrezza, usato minaccia per opporsi a due agenti della polizia ferroviaria, che stavano procedendo alla sua identificazione, a bordo di un treno sul quale egli si trovava sprovvisto del titolo di viaggio;
che il fatto, commesso da persona incensurata, sarebbe connotato da particolare tenuità, per non avere realmente intralciato l’attività di identificazione, né essere trasceso in violenza fisica;
che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata sarebbe irragionevole, in quanto aprioristicamente escluderebbe per il reato di resistenza a pubblico ufficiale l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, della quale potrebbero invece beneficiare gli autori di reati di eguale o maggiore gravità, quali l’abuso d’ufficio, il rifiuto e l’omissione di atti d’ufficio, l’oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, la turbata libertà degli incanti e le lesioni personali in danno del pubblico ufficiale;
che l’irragionevolezza della disposizione censurata emergerebbe anche da un raffronto con le altre ipotesi di esclusione della causa di non punibilità previste nel secondo comma dell’art. 131-bis cod. pen., a tenore del quale l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa, ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona; né quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;
che tutte queste ipotesi atterrebbero effettivamente alla tenuità del fatto, laddove invece la deroga stabilita dalla disposizione censurata si risolverebbe in una prerogativa meramente soggettiva, che collocherebbe «il pubblico ufficiale su un piano di superiorità rispetto al privato, attribuendo al primo una tutela rafforzata tipica degli stati autoritari»;
che, in violazione del principio di uguaglianza, il legislatore avrebbe cioè definito «una categoria di cittadini in qualche modo “infallibili” solo perché investiti di un pubblico ufficio»;
che la norma censurata sarebbe altresì irragionevole laddove non tutela parimenti l’incaricato di pubblico servizio;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rap