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Riciclaggio: il reato presupposto può essere anche commesso all'estero


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di riciclaggio

La massima

In tema di riciclaggio, il reato presupposto può essere anche commesso all'estero. (Fattispecie di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di denaro, provento di attività di deposito in banche nordamericane di assegni contraffatti apparentemente emessi da società primarie, posti all'incasso con modalità truffaldine, con successiva movimentazione delle somme mediante il compimento di operazioni bancarie e sul circuito di “money transfer”, al fine di ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa delle stesse - Cassazione penale , sez. II , 14/07/2020 , n. 23679).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale , sez. II , 14/07/2020 , n. 23679

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 18 maggio 2015 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Brescia in data 8 novembre 2012 e per la parte che in questa sede interessa, ha:


a) riconosciuto agli imputati A.M. e Al.Fr. la circostanza attenuante di cui all'art. 648-bis c.p., n. 3.


b) ridotto il trattamento sanzionatorio nei confronti dei predetti imputati e dichiarato condonata la pena inflitta alla A. nella misura di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa;


c) confermato nel resto l'affermazione della penale responsabilità dei predetti imputati in relazione ai reati di associazione per delinquere (capo 1 della rubrica delle imputazioni) e di riciclaggio così come agli stessi rispettivamente contestati negli ulteriori capi della rubrica.


In estrema sintesi, si contesta agli imputati di avere fatto parte di una associazione per delinquere (l' Al. con il ruolo di promotore ed organizzatore e la A. come mera partecipe) finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di denaro provento di frodi informatiche e truffe mediante negoziazione di assegni contraffatti, in particolare ricevendo dall'estero dette somme e compiendo su di esse operazioni bancarie (prelevamenti e versamenti di contante, emissione ed incasso di assegni, invio e ricezione di bonifici nazionali ed esteri) e sul circuito di money transfer tali da ostacolare l'identificazione della provenienza delle somme stesse.


Sono poi contestati agli imputati una serie di reati-fine commessi con le modalità sopra descritte in un arco temporale dal (OMISSIS).


2. Ricorre per Cassazione con atto unico avverso la predetta sentenza il difensore degli imputati, deducendo violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di riciclaggio e del concorso tra il delitto associativo e quello di riciclaggio.


Sulla premessa che la Corte di appello ha, da un lato, confermato l'assoluzione dal delitto associativo e, dall'altro, osservato che non era necessaria l'individuazione dei singoli delitti presupposto del riciclaggio, rileva la difesa dei ricorrenti che essendo stati detti reati presupposto totalmente consumati all'estero (Stati Uniti d'America), la Corte di appello non avrebbe dato conto della qualificazione giuridica di dette condotte secondo il diritto americano, non potendosi escludere che si trattasse di reati di natura contravvenzionale e quindi non idonei a costituire il presupposto di quelli di riciclaggio.


Aggiunge inoltre la difesa dei ricorrenti che la Corte di appello non si sarebbe avveduta del fatto che il reato presupposto di quelli di riciclaggio potrebbe essere individuato anche in quello di associazione per delinquere contestato agli imputati con la conseguenza che anche in questo caso opererebbe nei confronti degli imputati la clausola di riserva di cui all'art. 648-bis c.p..


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Deve, in primo luogo, evidenziarsi che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, entrambi gli imputati sono stati condannati anche per il reato di associazione per delinquere di cui al capo 1 della rubrica delle imputazioni e poichè non vi è impugnazione sul punto, l'affermazione di penale responsabilità in ordine a tale reato è divenuta irrevocabile.


2. Il motivo di ricorso vertente sulle sole contestazioni dei fatti-reato di riciclaggio è manifestamente infondato in tutte le sue prospettazioni.


Deve sul punto essere innanzitutto ricordato che l'affermazione di responsabilità per il delitto di riciclaggio non richiede l'accertamento dell'esatta tipologia del delitto non colposo presupposto e, in particolare, la precisa identificazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa delle utilità oggetto delle operazioni compiute, anche se il delitto presupposto sia delineato per sommi capi quanto alle esatte modalità di commissione (Cass. sez. 2, sent. n. 546 del 07/01/2011, Berruti, Rv. 249444).


Nel caso in esame dalle motivazioni delle sentenze di merito emerge che il denaro riciclato dagli odierni imputati era provento di attività di deposito nelle singole banche nordamericane di assegni contraffatti apparentemente emessi da società primarie e che venivano posti all'incasso con modalità truffaldine.


La difesa dei ricorrenti non contesta tale costruzione dei fatti che, indubbiamente, secondo la legge italiana costituiscono delitti e che quindi ben possono costituire il presupposto del reato di riciclaggio.


La qualificazione di tali azioni, comunque penalmente rilevanti anche secondo la legge americana, non rileva in quanto non è neppure dato sapere se la normativa di quel Paese distingue - come la legge italiana - tra "delitti" e "contravvenzioni" e la difesa dei ricorrenti si limita ad una affermazione ipotetica sul punto non supportata da idonea documentazione o da idonei riferimenti.


E' poi pacifico nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità che il reato presupposto di quello di riciclaggio può essere anche commesso all'estero (ex multis, Cass. Sez. 2, n. 42120 del 09/10/2012, Scimone, Rv. 253830).


3. Quanto, poi, alla asserita operatività della clausola di riserva ("fuori dei casi di concorso nel reato") contenuta all'art. 648-bis c.p., comma 1 si deve rilevare che:


a) non risulta alcun elemento - e neppure la difesa degli imputati lo indica specificamente - che consenta di affermare che gli odierni ricorrenti abbiano concorso, fornendo un contributo causale, nei reati-presupposto di quello di riciclaggio;


b) se è ben vero - come ha ricordato la difesa dei ricorrenti - che questa Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che "non è configurabile il concorso fra i delitti di cui agli artt. 648-bis o 648-ter c.p. e quello di associazione mafiosa, quando la contestazione di riciclaggio o reimpiego nei confronti dell'associato abbia ad oggetto denaro, beni o utilità provenienti proprio dal delitto di associazione mafiosa, operando in tal caso la clausola di riserva contenuta nelle predette disposizioni" (Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259587), dimentica però la stessa difesa di osservare che nella stessa sentenza si è anche precisato che ben può configurarsi il concorso tra i reati sopra menzionati nel caso dell'associato che ricicli o reimpieghi proventi dei soli delitti-scopo alla cui realizzazione egli non abbia fornito alcun contributo causale, situazione quest'ultima, come detto, ricorrente nel caso in esame.


4. La dichiarazione d'inammissibilità determina, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 2.000,00 ciascuno a titolo di sanzione pecuniaria.


P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.


Depositato in Cancelleria il 7 agosto 2020




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