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Distruzione di documenti contabili e bancarotta fraudolenta documentale possono concorrere, poiché tutelano beni giuridici diversi (Cassazione penale n.38725/12)

Bancarotta fraudolenta documentale

Sì al concorso tra la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e bancarotta documentale


La massima

Con la sentenza in argomento, la Terza sezione ha affermato che il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili e quello di bancarotta fraudolenta documentale possono concorrere in quanto sono posti a tutela di beni giuridici diversi.

La clausola di riserva contenuta nell'art. 10 d.lg. n. 74 del 2000, infatti, può operare esclusivamente fra illeciti penali che tutelano interessi giuridici identici o omogenei.




La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 26/09/2012, (ud. 26/09/2012, dep. 04/10/2012), n.38725

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata il G.U.P. del Tribunale di Caltagirone ha emesso pronuncia di non luogo a procedere nei confronti di M. S. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 perchè il fatto non sussiste.


La pubblica accusa aveva chiesto il rinvio a giudizio del M. per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 5 e 10 a lui ascritti perchè, quale legale rappresentante della società "A. s.r.l.", non presentava le dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi ed IVA, nonchè per avere occultato o distrutto in tutto o in parte le scritture contabili In modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.


Il G.U.P. ha provveduto in conformità della richiesta del P.M. in ordine al reato di cui all'art. 5, disponendo il rinvio a giudizio dell'imputato con decreto, mentre lo ha assolto dal reato di cui all'art. 10 con la citata sentenza.


Il giudice di merito ha osservato che la società "Abioenne s.r.l." era stata dichiarata fallita e nei confronti del M. era stato chiesto il rinvio a giudizio per il reato di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2).


La sentenza ha affermato che il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 è assorbito, per la clausola di riserva contenuta nella norma, da quello di bancarotta documentale ed ha escluso che la condotta omissiva contestata al M. avesse avuto la specifica finalizzazione alla frode fiscale.


2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltagirone, che la denuncia per inosservanza o errata applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.


La pubblica accusa contesta, citando la giurisprudenza più recente di questa Suprema Corte, che il reato di cui al D.Lgs n. 74 del 2000, art. 10 sia assorbito da quello di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2).


Si deduce che la comparazione, ai fini della operatività della clausola di riserva contenuta nell'art. 10, deve essere svolta tra i reati in astratto e non in concreto, in relazione ai fatti storici addebitati, e si denunciano vizi di motivazione in ordine alla esclusione della finalità di evasione fiscale, pur a fronte di un avviso di accertamento della Agenzia dette Entrate estremamente dettagliato ed analitico, dal quale si desume in maniera incontrovertibile la finalità di evasione fiscale.


Sul primo punto si evidenzia la diversità delle fattispecie criminose, essendo diversi gli elementi costitutivi che le configurano, i beni giuridici tutelati ed il fine specifico della condotta, sicchè le stesse sono in rapporto di specialità reciproca, con la conseguente sussistenza di entrambe le imputazioni contestate.





CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.


Affinchè operi la clausola di riserva, nel caso in esame contenuta nel D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10, occorre che vi sia identità o quanto meno omogeneità dei beni giuridici tutelati dalle due norme.


Se le norme tutelano beni giuridici diversi l'applicazione della clausola di riserva renderebbe priva di tutela la persona offesa cui si riferisce la norma contenente detta clausola.


Orbene, il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 tutela l'interesse fiscale dello Stato, mentre la L. Fall., art. 216 solo l'interesse privato dei creditori del fallito, con la conseguenza che, applicando la clausola di riserva nei sensi affermati dall'impugnata sentenza, l'interesse erariale dello Stato resterebbe privo della tutela penale prevista dalla norma.


Diverso, peraltro, è il doto specifico dei due reati ("fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero il consentire l'evasione a terzi" per la fattispecie di cui al D.Lgs n. 74 del 2000, art. 10; "procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare un pregiudizio ai creditori" per il R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 1, n. 2)), che è elemento costitutivo delle fattispecie criminose.


Altre differenze riguardano la non coincidenza dell'elemento materiale della condotta con riferimento aita documentazione ("scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione" per l'art. 10; "libri o le altre scritture contabili", anche se la loro tenuta non è obbligatoria, per l'art. 216) oggetto delle due fattispecie criminose e gli effetti che deve produrre la condotta (non consentire la ricostruzione dei redditi o del "volume" di affari per l'art. 10; non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del "movimento" degli affari per l'art. 216).


Sicchè non sussiste identità del fatto tra le ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 e alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2), inteso nell'Insieme delle sue componenti oggettive e soggettive.


Ne consegue che la fattispecie della sottrazione, distruzione o falsificazione di documenti prevista dalla legge fallimentare non assorbe, per la clausola di riserva contenuta nel D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, la analoga violazione prevista in materia tributaria (cfr. sez. 5, 01/03/2011 n. 16360, Romele, RV 250175; sez. 5, 11/02/2010 n. 10332, Lupo ed altro, in tema di violazione del principio del ne bis in idem).


Del tutto carente di motivazione è, infine, l'esclusione del dolo specifico del reato tributario, affermata dalla sentenza in termini apodittici senza l'indicazione degli elementi da cui sarebbe stata desunta.


La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Caltagirone.


Così deciso in Roma, il 26 settembre 2012.


Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2012

 

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