Appropriazione indebita: condannato broker assicurativo che si appropriava dei premi per polizze
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Cassazione penale sez. II, 30/05/2019, n.39396

Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del "broker" assicurativo che, nella sua qualità ed autorizzato all'incasso, si sia appropriato delle somme percepite quali premi per polizze assicurative.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Taranto ha confermato la sentenza 20 settembre 2016 del Tribunale di Taranto di condanna dell'odierno ricorrente S.G. per una serie di appropriazioni indebite operate dall'imputato in qualità di broker assicurativo, anche aggravate dal danno di rilevante entità e dal l'avere commesso il fatto con abuso di relazioni di ufficio o di prestazione d'opera.

2. Propone ricorso per cassazione l'imputato articolando i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge in relazione all'art. 646 c.p. e all'art. 109 codice delle assicurazioni nonchè vizio di motivazione.

Il ricorrente afferma che la propria qualifica di broker assicurativo ne avrebbe determinato l'autonomia rispetto alle agenzie di assicurazioni indicate come persone danneggiate. Tali agenzie, di conseguenza, non avrebbero nè potuto essere considerate parti offese delle appropriazioni nè proporre querela.

2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 646 c.p. anche in relazione alla lettera di regolamentazione dei rapporti tra agente e broker.

Il ricorrente lamenta un'errata interpretazione delle norme attinenti la regolamentazione dei rapporti tra agente e broker da cui avrebbe dovuto desumersi che quest'ultimo aveva il diritto a trattenere le provvigioni spettantigli e che quindi una eventuale ipotesi appropriative potrebbe dirsi consumata solo allorquando il broker avesse trattenuto somme eccedenti la propria provvigioni.

2.3. Violazione di legge in relazione all'art. 43 c.p..

Il ricorrente afferma non esservi stata la volontà di arricchirsi ingiustificatamente arrecando un danno all'agenzia avendo costui solo l'intenzione di esercitare il suo diritto di ritenere le somme a lui spettanti per contratto tanto che risulta pacificamente che l'imputato avesse correttamente puntualmente contabilizzato le somme che aveva di volta in volta incassato.

2.4. Violazione di legge in relazione all'art. 61 c.p., n. 11 nonchè vizio di motivazione.

Il ricorrente afferma che la corte territoriale non avrebbe affrontato minimamente l'analisi del partito broker assicuratore così come affrontati nei motivi di appello. Non sussistendo, a parere del ricorrente, alcun rapporto fiduciario, avrebbe dovuto escludersi la relativa aggravante.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.

2.1.1. Per quanto riguarda i primi due motivi di ricorso, deve rilevarsi, (Sez. 2, sent. n. 42099 del 17/11/2010 Rv. 248923 - 01) come, alla luce della complessiva disciplina di cui alla L. 28 novembre 1984, n. 792, il broker assicurativo svolge - accanto ad una attività imprenditoriale di mediazione di assicurazione e riassicurazione - un'attività di collaboratore intellettuale con l'assicurato nella fase che precede la messa in contatto con l'assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell'assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocare i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui.

2.1.2. Più in particolare, a norma della L. n. 792 del 1984, art. 1, nell'ambito delle attività proprie del broker, si distingue quella della collaborazione intellettuale con l'assicurando per la copertura dei rischi e la assistenza alla determinazione del contenuto dei futuri contratti, seguita logicamente e cronologicamente dall'eventuale intermediazione nella conclusione e gestione dei contratti assicurativi; nel contempo, la medesima disposizione normativa riporta il broker al ruolo di mediatore di assicurazione e riassicurazione, legittimando il rinvio alle norme codificate sulla mediazione. Da ciò si è tratto sputo per affermare che, conseguentemente, il conferente l'incarico è libero di concludere o meno l'affare, senza che, in caso negativo, al mediatore spetti altro che il rimborso delle spese, di cui all'art. 1756 c.c., e rimanendo escluso anche il diritto al risarcimento del danno da perdita del compenso (Sez. 3, 27 maggio 2010, n. 12973; Sez. 1, 1 febbraio 2005, n. 1991).

2.1.2. Ma se tutto ciò è vero sul versante dei rapporti tra broker e assicurando, nella relazione tra costui e l'assicuratore, le condizioni dei relativi obblighi non possono che derivare - al di là del nomen iuris con cui l'intermediario propone la sua collaborazione - dallo specifico regime della convenzione intervenuta fra le parti.

2.1.3. Nel caso di specie, nella convenzione che legava le parti, il broker era espressamente autorizzato ad incassare, in nome e per conto dell'agenzia, i premi dovuti per le assicurazioni relative al proprio portafoglio, e risultava responsabile dei premi incassati riconoscendo "di essere semplice depositario a titolo gratuito delle somme riscosse sino alla rimessa all'agenzia, previa detrazione degli importi provvigionali" di sua spettanza (così letteralmente la motivazione del provvedimento impugnato ai fogli 8 e 9 secondo una lettura di fatto confermata dalla formulazione del motivo di ricorso).

2.1.4. Ne deriva che - all'atto della ricezione dei premi, il brocker non agiva in proprio ma secondo l'esplicita qualità di delegato dell'agenzia (qualità che del resto attribuiva efficacia liberatoria ai pagamenti effettuati dai clienti), con la conseguenza che sussistono all'evidenza tutti i presupposti per ritenere nella specie configurabile il delitto di appropriazione indebita (Sez. 2, Sentenza n. 42099 del 17/11/2010 Rv. 248923 - 01; Sez. 2, 13 giugno 2007, Di Stefano; Sez. 2, 14 febbraio 2003, Palazzolo).

2.1.5. Nemmeno appare ammissibile la prospettazione della presenza di somme legittimamente acquisite in ragione della genericità della indicazione delle provvigioni effettivamente maturate e dell'impossibilità - anche sulla base delle allegazioni difensive - di individuare sussistenza e ammontare del credito da tutelare con conseguente mancanza di efficacia scriminante del dedotto diritto di ritenzione (Sez. 2, Sentenza n. 6080 del 09/01/2009 Rv. 243280 - 01).

2.2. Il ricorso risulta manifestamente infondato anche in relazione alla lamentata insussistenza dell'elemento psicologico. Infatti, l'elemento soggettivo del reato di appropriazione indebita consiste nella coscienza e volontà di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui, posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne diritto, ed allo scopo di trarre per sè o per altri una qualsiasi illegittima utilità (Sez. 2, Sentenza n. 27023 del 27/03/2012 Rv. 253411 - 01). Nel caso di specie, la corte ha correttamente motivato evidenziando come non vi fosse titolo per trattenere o utilizzare le somme ricevute a titolo di pagamento dei premi assicurativi di fatto evidenziando anche come illegittima utilità derivasse dalla disponibilità del medesimo.

2.3. Del pari sussiste l'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11, tenuto conto, ancora una volta degli effettivi rapporti che legavano contrattualmente e fiduciariamente la società dell'imputato e le agenzie assicurative, essendo il primo - come si è detto - legittimato a riscuotere i premi in nome e per conto del secondo ed a stipulare le relative polizze, a fronte del compenso rappresentato dalle provvigioni.

2.3.1. Questa Corte ha al proposito più volte affermato, infatti, che, agli effetti dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11, la relazione di prestazione d'opera corrisponde ad un concetto più ampio di quello di locazione d'opera a norma della legge civile e comprende ogni specie di attività, materiale ed intellettuale, svolta in materia continuativa, che abbia dato luogo a quell'affidamento nel corso del quale si è verificata la condotta criminosa (ex plurimis, Sez. 2, Sentenza n. 5257 del 13/12/2005 Rv. 233572 - 01, nonchè, per una fattispecie relativa proprio ad un contratto di agenzia, del tutto analogoa quello in concreto in essere fra la società dell'imputato e la agenzia assicurativa, Sez. 2, Sentenza n. 326 del 03/06/1983 Rv. 162114 01).

3. Alle suesposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00 nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile P.A.M. che liquida in misura di Euro 3510,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA.

3.1. L'inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile P.A.M. che liquida in Euro 3510,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

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