Appropriazione indebita: il termine per proporre querela decorre dal momento in cui la p.o. ha piena cognizione degli elementi configurativi del reato
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Cassazione penale sez. II, 28/05/2019, n.29619

Il termine per la proposizione della querela decorre non dal momento della consumazione del reato bensì dal momento in cui la persona offesa ha raggiunto la piena cognizione di tutti gli elementi che consentono la valutazione dell'esistenza del reato. (Fattispecie di appropriazione indebita di somme depositate su un libretto postale, cointestato alla persona offesa ed all'imputato, delegato alla gestione, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva fatto decorrere il predetto termine dal momento in cui la persona offesa aveva acquisito la consapevolezza che le somme non le sarebbero state restituite secondo le scansioni pattuite e rimaste inadempiute e non dal momento in cui si era avveduta del prelevamento delle stesse).

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1.Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Bari confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 21/12/2015, aveva dichiarato l'imputato colpevole del delitto di appropriazione indebita in danno di L.G., condannandolo alla pena condizionalmente sospesa di mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa nonchè al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, Avv. Luigi Rella, deducendo:

2.1 l'inosservanza o erronea applicazione dell'art. 124 c.p., comma 1 e art. 529 c.p.p. con riguardo all'eccepita tardività della querela. Osserva la difesa che il capo d'imputazione indica quale momento di cessazione della condotta incriminata il mese di giugno 2010 con la conseguenza che l'istanza punitiva, formalizzata il 22/10/2010, risulta presentata oltre il termine previsto dalla legge.

La Corte territoriale a fronte delle deduzioni difensive sul punto ha ritenuto, con motivazione illogica e contraddittoria, che la data indicata nell'incolpazione indichi il momento in cui la p.o. si accorse degli ammanchi e non anche quello in cui ebbe consapevolezza del fatto che le somme non le sarebbero state restituite, dal quale deve farsi decorrere il termine per la proposizione della querela. Secondo il ricorrente, alla stregua della ricostruzione dei fatti contenuta nell'istanza punitiva, acquisita ed utilizzata a fini probatori a seguito del decesso della p.o., la L. ebbe piena contezza dell'asserito comportamento illecito del prevenuto nel giugno del 2010, allorchè pose fine alla relazione con il D. ed ebbe modo di verificare l'ammanco delle somme in contestazione, chiedendone la restituzione al ricorrente. La circostanza che il D. abbia in seguito restituito solo la somma di Euro 17mila in luogo dei 123mi1a Euro depositati sul libretto, non costituisce un comportamento idoneo a dilatare nel tempo la consumazione del reato. Inoltre, la difesa opina che, stante la natura di reato istantaneo della fattispecie contestata e l'assenza di autorizzazione al D. a prelevare somme sul libretto cointestato, il reato si sarebbe perfezionato in coincidenza con ogni prelievo abusivamente effettuato e, comunque, non oltre il giugno 2010;

2.2 la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di penale responsabilità dell'imputato. In particolare, secondo la difesa la sentenza impugnata ha ritenuto pienamente attendibile la ricostruzione dei fatti accreditata in querela, secondo cui l'imputato aveva la disponibilità del libretto sul quale la p.o. aveva accantonato i propri risparmi, senza tener conto della smentita proveniente dall'esame del teste L.L., il quale ha riferito che il libretto era nella materiale disponibilità della congiunta, assunto che convalida la tesi difensiva per cui l'imputato effettuava i prelievi autorizzato dalla p.o. che a tal fine gli consegnava il libretto, restituendolo insieme agli importi prelevati dopo l'operazione. La Corte territoriale, secondo il ricorrente, ha nella sostanza omesso la motivazione sul punto, nonostante la decisività del profilo dedotto in sede di gravame.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle doglianze proposte che reiterano rilievi già sottoposti al vaglio della Corte territoriale che li ha disattesi con motivazione che non presta il fianco a censura per completezza e congruenza giustificativa.

3.1. Con riguardo all'eccepita tardività della querela la Corte territoriale ha ritenuto la ritualità dell'istanza punitiva sul rilievo che la consapevolezza del fatto delittuoso da parte della L. si collochi in epoca successiva alla consumazione del reato continuato ascritto in rubrica.

Osserva in proposito la Corte che per pacifico avviso della giurisprudenza di legittimità il termine per la proposizione della querela decorre non dalla data di commissione del reato, ma da quella (eventualmente posteriore) in cui la persona offesa è venuta a conoscenza del fatto costituente l'illecito penale, intendendosi per conoscenza la piena cognizione di tutti gli elementi che consentono la valutazione dell'esistenza del reato (ex multis, Sez. 2, n. 2863 del 27/01/1999, Martino C, Rv. 212867; n. 18860 del 24/01/2012, Casamonica,Rv. 252813; Sez. 5, n. 28036 del 04/04/2013, Besana e altro, Rv. 255572).

Risulta, pertanto, erroneo il postulato difensivo che pretende la necessaria coincidenza tra la consapevolezza dei prelievi effettuati dall'imputato sul libretto cointestato e la certa conoscenza dell'illecito a giudizio, non rilevando a tal fine il mero stato soggettivo di dubbio, ma la completa conoscenza di tutti gli elementi, che consentano la piena valutazione dell'esistenza del reato.

A tanto devesi aggiungere che questa Corte ha ulteriormente chiarito che l'istanza punitiva deve in ogni caso ritenersi tempestiva quando vi sia incertezza se la conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, in tutti i suoi elementi costitutivi, da parte della persona offesa sia avvenuta entro oppure oltre il termine previsto per esercitare utilmente il relativo diritto, dovendo la decadenza ex art. 124 c.p. essere accertata secondo criteri rigorosi e non sulla base di supposizioni prive di adeguato supporto probatorio (Sez. 6, n. 24380 del 12/03/2015, P, Rv. 264165).

3.2 Inoltre, nel caso a giudizio la condotta appropriativa concerne somme depositate su un libretto postale cointestato all'imputato e alla p.o. che aveva, di fatto, delegato il prevenuto alla gestione per ragioni di amicizia. La giurisprudenza di legittimità ha precisato - in fattispecie analoga - che è configurabile il reato di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatarì, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 c.c., secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali (Sez. 2, n. 16655 del 20/04/2010, P.c. in proc. Maggi, Rv. 247024). Ha, inoltre, sottolineato che in siffatta evenienza il mutamento del titolo, in base al quale il soggetto possiede la parte di danaro che non è sua, integra l'ipotesi della "interversio possessionis", che costituisce il presupposto del reato di appropriazione indebita. Infatti, se la solidarietà attiva consente la realizzazione dell'intero credito da parte di un solo creditore, questi, tuttavia, non acquista anche la proprietà delle quote altrui, che egli possiede e detiene in funzione del regolamento successivo del rapporto interno che, in base alla disciplina civilistica dell'obbligazione solidale attiva vista all'interno dei creditori, lo obbliga a non disporre per sè della parte della somma ad altri spettante (Sez. 2, n. 7751 del 31/03/1982, Fedeli, Rv. 154925).

Alla luce dei richiamati principi consta, dunque, che nella specie la consumazione del reato non può coincidere con la data dell'accertamento indicata in incolpazione, ricollegandosi non all'apprensione delle somme cui l'imputato era facoltizzato ma alla mancata restituzione delle stesse (solo fiduciariamente cointestate) alla richiesta della querelante, secondo la scansione convenuta tra le parti e rimasta inadempiuta.

Nel caso a giudizio la Corte territoriale ha correttamente concluso, con accertamento di fatto non suscettibile di censura, che la vittima ebbe coscienza del fatto che le somme indebitamente prelevate non sarebbero state restituite dal prevenuto solo in epoca successiva al giugno 2010, in conseguenza del mancato adempimento dell'impegno assunto alla reintegrazione del dovuto in forma rateale, sicchè risulta destituita di pregio la doglianza in questa sede riproposta.

4. Ad analoghi esiti di radicale irricevibilità deve pervenirsi con riguardo al secondo motivo che lamenta l'erroneo apprezzamento delle fonti probatorie poste a fondamento del giudizio di penale responsabilità del prevenuto e il correlato vizio della motivazione. La Corte territoriale ha dato compiuto conto delle ragioni alla base della reiezione del gravame difensivo, evidenziando - a pag. 4 - che, anche a voler ritenere che la L. detenesse materialmente il libretto postale, pacificamente la gestione fiduciaria era demandata all'imputato che sullo stesso operò plurimi prelievi fino ad azzerarne la provvista, senza fornire la prova della destinazione degli importi al soddisfacimento di necessità personali della p.o. o ad altri scopi previamente autorizzati dalla stessa.

5. Sulla scorta delle osservazioni che precedono deve emettersi declaratoria d'inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. All'imputato fanno, altresì, carico le spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili nell'odierno grado, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle costituite parti civili L.P. e L.L., che liquida in 4.212,00 Euro oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2019

Appropriazione indebita: il termine per proporre querela decorre dal momento in cui la p.o. ha piena cognizione degli elementi configurativi del reato

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