Appropriazione indebita: natura, momento consumativo e decorrenza del termine per la proposizione della querela
top of page

Cassazione penale sez. II, 24/03/2021, n.15589

Massima non presente

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 12/03/2019, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Palermo in data 16/10/2017, appellata da A.T., previa esclusione dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11, riduceva la pena inflitta al sunnominato nella misura di anni due di reclusione ed Euro 400 di multa in relazione al reato di appropriazione indebita, con condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili ( F.F. e T.G.) e conferma nel resto della sentenza di primo grado. Secondo l'Accusa, l' A. si sarebbe appropriato della somma di 27.000 Euro della quale aveva il possesso per averla ricevuta a titolo di deposito da T.G., coniuge del collaboratore di giustizia F.F., nell'imminenza del suo trasferimento presso una località protetta in conseguenza dell'adozione delle misure urgenti di protezione, e per non averla più restituita nonostante i ripetuti solleciti verbali nonché l'invio di una richiesta formale di restituzione inviata con raccomandata in data 27/07/2011, allo scopo di procurare a sé stesso un corrispondente profitto di valore economico e con abuso di autorità derivante dalla sua qualità di ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la Squadra Mobile di Palermo, in forza del quale era intervenuto nelle fasi antecedenti e successive alla collaborazione di F. con l'Autorità giudiziaria.

2. Avverso detta sentenza, nell'interesse di A.T., viene proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p., per lamentare:

- inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale confermato l'affermazione di penale responsabilità (primo motivo);

- inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto F.F. e T.G. soggetti legittimati alla proposizione della querela (secondo motivo);

-inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto la querela proposta tempestivamente e per non aver ritenuto il reato estinto per intervenuto decorso del termine di prescrizione ( t. motivo);

-inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (quarto motivo);

-inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché mancanza di motivazione in ordine alla quantificazione della pena irrogata (quinto motivo).

2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come la penale responsabilità del ricorrente sia stata affermata sostanzialmente sul contenuto delle dichiarazioni rese da T.G., moglie di F.F. e dal di lei genitore Te.Gi., senza considerare le evidenti contraddizioni caratterizzanti dette deposizioni. Si era poi omesso di procedere al riscontro delle predette dichiarazioni, operazione che si rendeva necessaria in ragione dei gravi motivi di astio palesati nei confronti dell'imputato dalle parti civili e dagli altri testimoni nonché alla valutazione delle prove a discarico acquisite nel corso dell'istruttoria dibattimentale.

2.2. In relazione al secondo motivo, si contesta la ritenuta legittimazione a proporre querela in capo a F.F. e T.G., soggetti che, al più, potevano essere considerati i danneggiati dal reato e non persone offese. Nella fattispecie, l'automobile non solo era formalmente intestata al padre di T.G., ma la stessa era utilizzata oltre che da quest'ultimo, da tutti gli altri membri del suo nucleo familiare; inoltre, nessuna risultanza processuale aveva fatto emergere che il ricavato della vendita fosse destinato ai coniugi F..

2.3. In relazione al t. motivo, si censura la sentenza impugnata che aveva disatteso i passaggi delle deposizioni rese dai coniugi F. dai quali emergeva come gli stessi avessero avuto conoscenza della definitiva volontà dell'imputato di invertire il possesso del bene in epoca di gran lunga antecedente alla data di ricezione da parte di quest'ultimo della diffida del 27/07/2011 (ossia il 04/08/2011): epoca che va collocata nel mese di gennaio 2011, allorquando i F. avevano ancora una volta chiesto la restituzione del denaro all' A. a mezzo mail ed sms, senza ottenere quanto richiesto: ne consegue che l'atto di querela, depositato il 26/10/2011, risultava proposto ben oltre il termine di cui all'art. 124 c.p.p.. Analoghi rilievi valgono in relazione alle argomentazioni addotte dal giudicante in ordine alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuto decorso del termine di prescrizione.

2.4. In relazione al quarto motivo, si censura l'inopinato disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non essendosi tenuto conto del fatto che l'ispettore A. aveva ricevuto importanti e numerosi encomi per l'attività investigativa, era soggetto incensurato che aveva fornito nel corso del proprio interrogatorio elementi utili all'accertamento dei fatti e che aveva tenuto un ottimo comportamento processuale.

2.5. In relazione al quinto motivo, si censura la misura della sanzione inflitta, del tutto sproporzionata rispetto alle risultanze processuali e contraria ai principi rieducativi affermati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é infondato e, per alcuni motivi, in modo manifesto. In ogni caso, la valida instaurazione del rapporto processuale, impedita dalla sola inammissibilità - qui non ricorrente - di tutti i motivi di ricorso proposti, consente di rilevare la maturata prescrizione del reato, intervenuta - come si vedrà nel prosieguo - in data 14/06/2019, epoca successiva alla pronuncia della sentenza di appello.

2. Infondato é il primo motivo.

2.1. In premessa, va evidenziato come il Collegio condivida la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui le regole dettate dall'art. 192 c.p.p., comma 3, non si applichino alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone; inoltre, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214; v. anche, Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104).

Peraltro, la giurisprudenza di legittimità, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l'attendibilità estrinseca della testimonianza dell'offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di "opportunità" e non di "necessità", lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto. In tal senso, le Sezioni unite n. 41461/2012 cit., hanno infatti affermato che "può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato" (conformi, Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755).

In ogni caso, costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l'affermazione secondo la quale la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis e altri, Rv. 240524; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).

2.2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio come, nella fattispecie, la Corte d'appello, abbia ritenuto - con valutazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici - come "dal complessivo tenore della deposizione (della teste-persona offesa T.G.)... si ricav(i) come (la stessa), in un primo momento si (fosse) confidata con A. sulla disponibilità del denaro e questi si era offerto di custodirglielo; successivamente, ne aveva parlato con i suoi parenti con i quali aveva condiviso la sua scelta, e ciò anche alla presenza di A....". Pur riscontrando la divergenza oggettiva del narrato (la donna, dapprima riferiva che la consegna del denaro era avvenuta prima dell'incontro a casa della zia e subito dopo affermava che, in quest'ultima circostanza, con gli zii ed il padre ed alla presenza dell' A., aveva discusso dell'utilità di consegnare il denaro a quest'ultimo), la Corte territoriale ha ritenuto di trovarsi di fronte ad "una imprecisione non significativa e tale da non screditare la attendibilità del teste che ha riferito compiutamente i fatti": i giudici di merito, non si limitano infatti ad un'affermazione apodittica, ma giustificano la loro conclusione valutativa riconoscendo come detta imprecisione, in realtà, corrobori la genuinità del racconto, ben potendosi giustificare le predette divergenze sul momento esatto della consegna del denaro "al tempo trascorso e alle particolari condizioni in cui T.G. e la sua famiglia si trovavano: questi si accingevano ad intraprendere un nuovo percorso, non privo di pericoli, lasciandosi alle spalle la precedente vita; il momento era di grande concitazione poiché in breve tempo doveva organizzarsi la partenza, lasciando la Sicilia, la casa e i familiari, per un luogo sconosciuto". Si aggiunge al riguardo come fosse "plausibile, dunque, che in un simile contesto, in cui si affastellavano emozioni e faccende pratiche da sbrigare, non sia stato possibile memorizzare con precisione il susseguirsi dei vari eventi". Anche le incongruenze (o, meglio, l'errore) sul luogo della consegna del denaro (dapprima indicato nell'hotel Sole, poi in altro albergo) é stato ritenuto come giustificabile, avendo avuto ad oggetto una circostanza di non particolare rilievo ed essendosi in ogni caso chiarito che la consegna avvenne "nel primo albergo"; altrettanta imprecisione giustificabile é stata ritenuta quella relativa alle modalità di consegna del denaro, in presenza - in quest'ultimo caso - di una contraddittorietà non intrinseca bensì estrinseca (tra la versione della persona offesa e quella del di lei padre, Te.Gi.): in particolare, la donna riferiva di aver consegnato personalmente ad A. il denaro che era custodito in una busta gialla, mentre l'uomo dichiarava di aver consegnato il denaro contenuto in un borsello (forse all'interno di una busta) con le proprie mani. Si tratta - come ritenuto dai giudici di merito - di un contrasto solo apparente, in presenza di una circostanza che non esclude l'altra "... posto che Te.Gi. non ha negato che il denaro era contenuto in una busta ma ha dichiarato di non ricordarlo, mentre ricordava perfettamente la borsa con cui lo aveva trasportato". Da qui la plausibile e giustificata conclusione secondo la quale "il racconto di T.G. e quello di Te.Gi. si riscontrano a vicenda sugli aspetti più significativi: la partecipazione della decisione presa dalla donna ai suoi parenti mentre si trovano a casa della zia A.; l'identificazione del primo albergo come luogo della consegna; l'utilizzo di una borsa scura per custodire la somma". Sono stati, infine, esclusi motivi di astio o di risentimento nei confronti dell' A., avendo la Corte territoriale ritenuto di maggiore plausibilità la presenza di ininfluenti sentimenti di amarezza e delusione per la fiducia tradita.

2.3. Si é , pertanto, in presenza di narrati che sono stati analiticamente valutati e ritenuti omogenei tra loro e, per detta ragione, lo spazio di sindacato di legittimità é praticamente inesistente, e questo tenuto conto anche del fatto che, nella valutazione dei rispettivi contenuti, i giudici di merito non incorrono in contraddizioni, né si avvalgono - per fondare il proprio decisum - di mere congetture, né formulano ipotesi probabilistiche ovvero insuscettibili di verifica empirica, né tantomeno fanno ricorso ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (cfr., Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609).

3. Infondato é il secondo motivo.

La persona offesa dal reato titolare del diritto di querela a norma dell'art. 120 c.p. deve essere individuata nel soggetto titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito (Sez. 2, n. 55945 del 20/07/2018, Barbato, Rv. 274255, in fattispecie assimilabile alla presente nella quale é stato ritenuto legittimato alla proposizione della querela l'acquirente di un veicolo, pagato con denaro proprio ma intestato ai genitori, sul presupposto che la trascrizione della vendita non incide sulla validità né é requisito di efficacia del contratto in cui l'effetto traslativo della proprietà si verifica a seguito del mero consenso delle parti, ma é preordinata al solo fine di regolare i conflitti tra pretese contrastanti sullo stesso veicolo da parte di coloro che abbiano causa dal medesimo autore).

I giudici di secondo grado, attribuendo decisività all'elemento dell'effettività della titolarità del bene, hanno ritenuto che F.F. e T.G. fossero i reali titolari della somma consegnata all' A. "sia perché si trattava del provento derivante dalla vendita di un veicolo in uso a T.G., nonostante la formale intestazione al di lei padre, sia perché erano i concreti beneficiari di tale somma che il padre custodiva per loro e che la T. aveva pensato di tenere in serbo per eventuali necessità".

4. Manifestamente infondato é il t. motivo in ordine alla dedotta intempestività della querela.

Assume il ricorrente che i coniugi F. ebbero piena consapevolezza della definitiva volontà dell'imputato di invertire il possesso del bene in epoca di gran lunga antecedente alla data di ricezione da parte di quest'ultimo (04/08/2011) della diffida inviatagli in data 27/07/2011: epoca che andrebbe collocata nel mese di gennaio 2011, allorquando i F. avevano ancora una volta chiesto la restituzione del denaro all' A. a mezzo mail ed sms, senza ottenere quanto richiesto, con conseguente tardività della proposta querela da parte delle persone offese.

Va premesso che, secondo la giurisprudenza, il delitto di appropriazione indebita é reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, con la conseguenza che il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito é irrilevante ai fini della individuazione della data di consumazione del reato e di inizio della decorrenza del termine di prescrizione (Sez. 2, n. 15735 del 14/02/2020, Francini, Rv. 279225). La medesima giurisprudenza di legittimità ritiene che termine per la proposizione della qberela decorre non dal momento della consumazione del reato bensì dal momento in cui la persona offesa ha raggiunto la piena cognizione di tutti gli elementi che consentono la valutazione dell'esistenza del reato (Sez. 2, n. 29619 del 28/05/2019, D'Urso, Rv. 276732).

Ciò considerato, evidenzia il Collegio come, nella fattispecie, la Corte territoriale abbia chiarito che la condotta dell' A. sostanziatasi nella mancata restituzione del denaro precedentemente ricevuto, abbia assunto i caratteri dell'inequivocità solo nel momento in cui, formalizzata la richiesta di restituzione previa relativa diffida (raccomandata del 27/07/2011 ed avviso di ricevimento del 04/08/2011), le persone offese, nella sostanziale inerzia del ricorrente, hanno acquisito piena consapevolezza delle sue reali intenzioni appropriative. Da qui la tempestività dell'atto di querela depositato in data 26/10/2011, nel termine di cui all'art. 124 c.p.p..

5. Aspecifico e comunque manifestamente infondato é il quarto motivo.

La Corte territoriale ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sulla base di diversi profili:

- l'assenza di elementi positivamente valutabili non riconducibili al solo dato dell'incensuratezza;

- la gravità del fatto, sia per l'entità della somma oggetto di appropriazione, sia per il contesto e le modalità dell'azione, essendo stata la condotta l'illecita posta in essere da un rappresentante delle forze dell'ordine che ha rivelato una personalità ambigua (anche per i successivi rapporti con altro soggetto attinto da misura di prevenzione patrimoniale);

- la totale mancanza di segni di resipiscenza, avendo l'imputato continuato a negare ogni addebito.

La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche é giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, circostanza che rende la statuizione in parola insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242419). Invero, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non é necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma é sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone e altri, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).

Con le argomentate valutazioni espresse dai giudici di merito, il ricorrente omette sostanzialmente di confrontarsi, preferendo la "strada" per lo stesso del tutto inutile, dell'aspecifica reiterazione del motivo di appello.

6. Manifestamente infondato é il quinto motivo.

La misura della sanzione inflitta, ridotta in sede di appello, superiore alla media edittale, risulta essere stata ampiamente giustificata dalla descritta gravità della condotta.

Invero, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p., anche se solo implicitamente considerati; ne discende che é inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che - nel caso di specie - non ricorre.

7. Va da ultimo considerato che, nella fattispecie, come evidenziato in premessa, si é in presenza di fatto-reato commesso fino al 04/08/2011, data della formale richiesta di restituzione del denaro rimasta inevasa. All'ordinario periodo di prescrizione - tenuto conto degli eventi interruttivi per il periodo di massima estensione, pari ad anni sette e mesi sei - occorre aggiungere l'ulteriore periodo di sospensione della prescrizione pari a complessivi giorni centotrenta.

Detto ultimo termine tiene conto della sospensione del dibattimento e dei conseguenti disposti differimenti per i periodi di seguito indicati, e precisamente:

- rinvio dal 15/12/2015 al 17/12(2015 (per legittimo impedimento del difensore, pari a giorni due);

- rinvio dal 28/04/2017 al 25/09/2017 (per legittimo impedimento del difensore: termine massimo calcolabile pari a giorni sessanta, giusti i precetti di cui alla sent. Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio);

- rinvio dal 25/09/2017 al 16/10/2017 (per legittimo impedimento del difensore, pari a giorni ventuno);

- rinvio dal 24/01/2019 al 12/03/2019 (per richiesta di rinvio semplice avanzato dalle parti in accordo tra loro, pari a giorni quarantasette).

Il periodo di prescrizione, considerati gli eventi sospensivi ed interruttivi, si fissa così al giorno 14/06/2019, successivo alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado: da qui, in presenza di ricorso non inammissibile, l'obbligatorietà della pronuncia di sentenza di annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per sopravvenuta prescrizione.

Consegue altresì la conferma delle statuizioni civili e la cond a. del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili T.G. e F.F., spese che si liquidano in complessivi Euro duemila, oltre accessori di legge.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato é estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili e cond a. il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili T.G. e F.F. che liquida in complessivi Euro duemila, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2021

Appropriazione indebita: natura, momento consumativo e decorrenza del termine per la proposizione della querela

bottom of page