Appropriazione indebita: ne risponde il mediatore immobiliare che trattiene l’anticipo nonostante la mancata accettazione della proposta d'acquisto
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Cassazione penale sez. II, 31/10/2018, n.56935

Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del mediatore di una compravendita immobiliare che, nonostante la mancata accettazione della proposta di acquisto, trattenga la somma di denaro consegnatagli dal proponente a garanzia della provvigione, spettante nel solo caso di conclusione dell'affare, perché tale condotta viola la specifica destinazione di scopo che alla somma hanno dato le parti.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore della parte civile M.G. ricorre per cassazione per l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Palermo che ha assolto T.M. dal delitto di appropriazione indebita "perchè il fatto non costituisce reato".

1.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge (artt. 1350 e 1351 c.c.) e la mancanza di motivazione in ordine ad un punto decisivo della vicenda costituito dalla mancata accettazione della proposta contrattuale di acquisto dell'immobile da parte di tutti i comproprietari. Invero, la Corte di merito aveva omesso di considerare - per come evidenziato in apposita memoria depositata dalla parte civile - che tutti i comproprietari venditori dell'immobile non avevano accettato la proposta irrevocabile di acquisto formulata dalla ricorrente parte civile (soltanto uno su cinque) e che, pertanto, non poteva affermarsi, a mente delle disposizioni del codice civile censurate, che fosse sorto tra le parti vincolo giuridico idoneo a far sorgere il diritto dell'imputato, quale mediatore, a rivendicare la provvigione.

1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge (art. 1746 c.c.) e la mancanza di motivazione in ordine alle ripetute violazioni commesse dall'imputato ai suoi doveri professionali: l'impossibilità di perfezionare l'alienazione dell'immobile a cagione della situazione di fatto e di diritto in cui il bene si trovava (l'immobile gravava su zona oggetto di contenzioso tra comune e la regione; il titolo di proprietà era stato acquistato dalla parte venditrice mediante donazione, con presenza di un altro fratello tra i comproprietari che era stato pretermesso) precludeva all'imputato di far valere il suo diritto alla provvigione.

1.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge (art. 1326 c.c.) e la mancanza e manifesta illogicità della motivazione laddove la Corte di merito ha ritenuto perfezionata l'accettazione della proposta di acquisto formulata dalla parte civile sulla scorta del telegramma spedito dall'imputato in data (OMISSIS) alla parte offesa, trattandosi invero soltanto di invito a recarsi presso gli uffici dell'agenzia in prossimità della scadenza del termine fissato per la stipulazione del rogito notarile.

1.4. Con il quarto motivo deduce l'erronea applicazione dell'art. 43 c.p., comma 1, in punto di ritenuta insussistenza dell'elemento soggettivo del reato, non potendo giovare ai fini dell'esclusione del dolo la circostanza che l'imputato si fosse premunito di un parere di un legale per trovare suggello giuridico alla propria pretesa. Peraltro, anche dallo stesso parere emergeva come l'imputato non avesse affatto con il telegramma in precedenza citato comunicato l'accettazione della proposta da parte dei venditori, tanto che si era fatto ricorso alla categoria della presunzione. Sposare le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di merito significherebbe anche andare in contrasto con l'orientamento di legittimità espresso da Sez. 2, n. 15118 del 2/4/2007, ragione per la quale si sollecita in ipotesi di condivisione della ragioni spese dal giudice del merito nella sentenza impugnata la rimessione della causa alle Sezioni unite.

2. Con memoria depositata in data 15/10/2018, la difesa dell'imputato ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, non rinvenendo la parte civile alcuna preclusione con riguardo agli interessi civili da una sentenza di proscioglimento con la formula perchè il fatto non costituisce reato. Deduce, in subordine, l'inammissibilità per manifesta infondatezza e/o l'infondatezza dei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato.

3.1. Preliminarmente deve darsi atto, in conformità all'orientamento espresso da questa Corte, che sussiste l'interesse processuale della parte civile ad impugnare la decisione di assoluzione con la formula "perchè il fatto non costituisce reato", in quanto le limitazioni all'efficacia del giudicato, previste dall'art. 652 c.p.p., non incidono sull'estensione del diritto all'impugnazione, riconosciuto in termini generali alla parte civile nel processo penale dall'art. 576 c.p.p., perchè chi intraprende il giudizio civile dopo avere già ottenuto in sede penale il riconoscimento della responsabilità per fatto illecito della controparte, si giova di tale accertamento e si trova in una posizione migliore di chi deve cominciare dall'inizio (Sez. 2, n. 36930 del 4/7/2018, Rv. 273519).

3.2. Tanto premesso, fondati risultano i primi tre motivi di ricorso relativi all'omessa motivazione su punti decisivi della controversia che investono la fondatezza della pretesa fatta valere dall'imputato, il quale, come mediatore, ha trattenuto la somma che la persona offesa gli aveva consegnato in sede di proposta di acquisto di un immobile, a titolo di deposito cauzionale a garanzia della provvigione spettante in caso di conclusione dell'affare. Trattasi di un profilo di assoluto rilievo, in quanto la sentenza impugnata omette del tutto di affrontare la relativa questione, a fronte di una puntuale ricostruzione della vicenda da parte del giudice di primo grado che ha motivatamente escluso la sussistenza del diritto alla provvigione da parte dell'imputato, essendo risultato come nessuna valida accettazione della proposta di acquisto fosse stata effettuata dai comproprietari dell'immobile e nè tantomeno poteva ritenersi tale il telegramma spedito dall'imputato in data (OMISSIS), trattandosi di mero invito a fissare la data per stipulare il rogito davanti al notaio e come vi fossero anche ostacoli di carattere pregiudizievole gravanti sul bene che si frapponevano al possibile trasferimento della proprietà. E ciò alla luce anche dei principi di diritto affermati da questa Corte secondo cui integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del mediatore in una compravendita immobiliare che trattenga, a titolo di provvigione, prima che l'affare possa dirsi concluso con la stipulazione, necessariamente nella forma scritta, del contratto - anche preliminare - di compravendita, parte della somma di denaro datagli dal potenziale acquirente per la consegna, a titolo di caparra confirmatoria, al potenziale venditore (Sez. 2, n. 15118 del 2/4/2007, Rv. 236392). In tal caso, infatti, il denaro consegnato assume una specifica destinazione e risulta "vincolato" dal deposito cauzionale; con la conseguenza che è integrata l'appropriazione indebita allorchè l'agente violi la specifica destinazione di scopo che alla somma hanno dato le parti (Sez. 2, n. 50672 del 24/10/2017, Rv. 271385). Pertanto, l'affermazione posta a base del proscioglimento, ovvero che sussisteva una situazione di ragionevole complessità contrattuale della vicenda negoziale idonea a far sorgere il dubbio in merito alla sussistenza dell'elemento soggettivo in capo all'imputato, finisce per risultare del tutto carente nei suoi stessi presupposti di fatto rispetto al tema principale che la Corte di merito era chiamata a verificare. Il giudice d'appello, infatti, in caso di riforma in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, seppur non obbligato alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, è comunque tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte rispetto ai punti di carattere decisivo contenuti nella decisione adottata dal giudice di primo grado, mettendone in luce le mancanze o le aporie che ne giustificano l'integrale riforma (Sez. 2, n. 50643 del 18/11/0214, Rv. 261327; Sez. 3, n. 29253 del 5/5/2017, Rv. 270149; Sez. Un., n. 14800 del 21/12/2017, dep. 3/4/2018, Rv. 272430).

3.3. Parimenti fondato è il quarto motivo di ricorso con cui si censura il vizio di motivazione in ordine all'esclusione dell'elemento soggettivo. La circostanza che l'imputato si fosse premunito di un parere di un legale per trovare suggello giuridico alla propria pretesa non può di per sè giovare ai fini dell'esclusione del dolo, soprattutto alla luce della natura strumentale che a tale iniziativa è stata attribuita dal giudice di primo grado e all'assenza di pregnante motivazione in ordine alle vicende relative al fatto costitutivo del diritto vantato dall'imputato. Peraltro, tenuto conto che dallo stesso parere emergeva come l'imputato non avesse affatto, con il telegramma in precedenza citato, comunicato l'accettazione della proposta da parte dei venditori, tanto che si era fatto ricorso alla categoria della presunzione, il contenuto del parere non pare potesse indurre in alcun legittimo dubbio circa la mancata conclusione del contratto. E ciò anche in ossequio al principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui il parere legale non può - in linea di principio - essere equiparato ad uno di quei fatti strettamente oggettivi che possano determinare la supposizione erronea circa l'esistenza di una causa di giustificazione (nella specie di quella riconducibile all'alveo dell'art. 51 c.p.; sul tema vedi in motivazione, Sez. 2, n. 15118 del 2/4/2007, Rv. 236392).

4. In accoglimento del ricorso, va, pertanto, annullata la sentenza impugnata ai soli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Spese al definitivo.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata ai soli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2018

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