Appropriazione indebita: sussiste in caso di mancata restituzione di due mezzi presi a noleggio con unico contratto
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Cassazione penale sez. II, 29/03/2019, n.19846

Integra un unico reato di appropriazione indebita la mancata restituzione alla persona offesa di due mezzi presi a noleggio con un unico contratto, che preveda per entrambi la stessa data di scadenza. (In motivazione, la Corte ha evidenziato l'irrilevanza dei differenti momenti nei quali l'imputato aveva asportato i mezzi dal fondo sul quale erano detenuti, atteso che la condotta tipica del reato si era consumata con la mancata restituzione dei beni alla scadenza e la conseguente interversione del possesso di quanto in precedenza legittimamente detenuto).

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
La CORTE d'APPELLO di FIRENZE con sentenza del 10/11/2017 confermava la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di FIRENZE, il 13/2/2015 nei confronti di A.S. per il reato di cui all'art. 646 c.p..

1. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato che, a mezzo del difensore, deduce i seguenti motivi.

1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla intervenuta prescrizione. La difesa rileva preliminarmente che il termine della prescrizione sarebbe interamente decorso in data antecedente la pronuncia della sentenza di appello.

1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta procedibilità d'ufficio del reato contestato. La difesa rileva che il reato, in assenza dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11 sarebbe procedibile a querela e che la motivazione della Corte territoriale sul punto, che rileva la mancata impugnazione in merito alla sussistenza della citata aggravante, è insufficiente.

1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla carenza di legittimazione a sporgere querela del vice presidente della società persona offesa del reato contestato. La difesa evidenzia la totale assenza di motivazione sul punto ed espone le ragioni per le quali la querela presentata nei termini sarebbe stata presentata da un soggetto non legittimato mentre la successiva integrazione, peraltro qualificata esclusivamente come querela, presentata dal presidente, comunque in assenza di una previa delibera del consiglio di amministrazione, sarebbe in ogni caso tardiva.

1.4. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla dichiarazione di responsabilità. Il ricorrente osserva che dagli atti emergerebbe che l' A. era in (OMISSIS) e che, pertanto, senza un eventuale contributo di terze persone, non avrebbe potuto commettere il reato contestato.

1.5. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla contestazione ed all'applicazione della continuazione e circa la determinazione della pena. La difesa osserva che i mezzi oggetto della contestazione sono stati ritirati insieme e che la condotta costitutiva del reato posta in essere, cioè la mancata restituzione, sarebbe la medesima; circostanza questa che impedirebbe di ritenere che si tratti di due ipotesi di reato separate.

1.6. Violazione di legge e vizio di motivazione "sul quantum della pena ed eccessività della stessa". Il ricorrente osserva che la pena, quantificata in un terzo del massimo edittale, sarebbe ingiusta ed eccessiva.

1.7. Contraddittorietà della motivazione in relazione alle statuizioni civili. La difesa osserva che la condanna al pagamento di una ingente provvisionale si porrebbe in un rapporto di contraddizione logica con la condanna generica al risarcimento del danno. Il pagamento della provvisionale, infatti, sarebbe possibile solo laddove l'ammontare del danno sia già provato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono ed il reato è pertanto estinto per decorso dei termini di prescrizione.

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Il reato, infatti, non era prescritto allorchè la sentenza di primo grado è stata pronunciata.

Il reato deve ritenersi consumato il 15 luglio 2010 ed al termine di sette anni e mezzo previsto dal codice penale, come correttamente indicato dalla Corte territoriale, devono essere aggiunti i periodi nei quali il processo è stato sospeso.

Per tale ragione la prescrizione è maturata solo in data 11 maggio 2018.

2. Il secondo ed il terzo motivo sono manifestamente infondati.

La questione circa la legittimità della querela, ovvero della tardività della stessa, considerata la contestazione e la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11 che rendeva il reato procedibile d'ufficio, era del tutto irrilevante.

A seguito della sopravvenuta entrata in vigore del D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, il cui art. 8 ha aggiunto all'art. 640 c.p., il comma 4, per cui ora il reato di appropriazione indebita è sempre procedibile a querela di parte, d'altro canto, considerato che in atti vi è comunque un atto di querela e che la persona offesa è costituita parte civile, non è comunque possibile addivenire a diverse conclusioni.

Infatti.

La disposizione transitoria di cui all'art. 12 del medesimo decreto legislativo, prevede che "Per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.

2. Se è pendente il procedimento, il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, o il giudice, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche, se necessario, previa ricerca anagrafica, informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata".

Le Sezioni Unite con la sentenza n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273552, hanno evidenziato che "onde evitare conseguenze aberranti derivanti da una interpretazione formalistica della norma transitoria, l'avviso alla persona offesa non debba essere dato quando risulti dagli atti che il diritto di querela sia già stato formalmente esercitato; che l'offeso abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la volontà di instare per la punizione dell'imputato;

che l'offeso abbia rinunciato al diritto di querela in modo espresso o tacito ai sensi dell'art. 124, c.p.; che il diritto di querela sia estinto a norma dell'art. 126 c.p.; che sia intervenuta remissione della querela; che la persona offesa non sia stata identificata ovvero risulti irreperibile. Nelle indicate situazioni deve essere immediatamente dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per mancanza o per remissione di querela. Nel solco di tale giurisprudenza val la pena ricordare Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259, secondo cui la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione; ne consegue che tale volontà può essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonchè nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (cfr., Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Maglia, Rv. 250318; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone, Rv. 260557; Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, Giammatteo, Rv. 267138; Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Rahul Jetrenda, Rv.267619)".

3. Il quarto motivo di ricorso, nel quale sono reiterate le medesime doglianze contenute nei motivi di appello ed in relazione alle quali la Corte territoriale ha adeguatamente e coerentemente risposto, è manifestamente infondato.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, Rv. 207944).

La Corte, d'altro canto, non ha il potere di procedere ad una autonoma valutazione, adottando propri e diversi parametri di ricostruzione dei fatti, ritenuti così maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa poichè il giudice di legittimità ha esclusivamente il compito di controllare se la motivazione dei giudici del merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).

Il controllo che la Corte è chiamata ad operare, e le parti a richiedere ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), quindi, è esclusivamente quello di verificare e stabilire se i giudici di merito abbiano o meno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv 203428; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilità del vizio di motivazione, da ultimo Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina dep. 2017, Rv 269217; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv 235507).

Tanto premesso, la rivalutazione del fatto cui tendono i motivi proposti - con i quali si sollecita appunto l'applicazione di criteri diversi da quelli adottati dai giudici di merito, che pure hanno esposto le ragioni del loro convincimento con motivazione esente da vizi logici e giuridici - è preclusa nel giudizio di legittimità (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina, dep. 2017, cit.).

La sentenza impugnata, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo grado, infatti, contiene una risposta adeguata e congrua alle critiche contenute nell'atto di appello.

La Corte facendo riferimento, tra l'altro, alla testimonianza del teste M. ed a quella del proprietario del fondo sul quale erano i mezzi oggetto dell'appropriazione e che lo stesso imputato aveva prelevato, è coerente con gli elementi emersi e smentisce ogni possibile lettura alternativa, peraltro fondata su di un elemento (la circostanza che l'imputato abbia chiamato M. dalla (OMISSIS)) rivelatosi sostanzialmente irrilevante (il proprietario del fondo ha dichiarato di aver visto proprio l'imputato prelevare i mezzi).

4. Il quinto motivo e fondato.

Diversamente da quanto indicato dalla Corte territoriale, la circostanza che i beni fossero due, ovvero che fossero o meno stati asportati in momenti differenti dal fondo dove erano detenuti, è indifferente quanto alla condotta tipica del reato di appropriazione posta in essere dal ricorrente, che si è consumata per entrambi i mezzi con la mancata restituzione e la conseguente interversione del possesso di quanto in precedenza legittimamente detenuto (Sez. 2, n. 42977 del 02/10/2014, P.M. in proc. Di Giacomo, Rv. 260473).

Nel caso di specie, quindi, nel quale il contratto di noleggio era pacificamente unico, unica era la persona offesa e la data di scadenza entro la quale l'imputato avrebbe dovuto restituire i beni era la medesima, il ricorrente ha commesso un solo reato di appropriazione indebita (cfr. in tema di furto Sez. 5, n. 41141 del 19/05/2014, Pop e altro, Rv. 261204 e Sez. 5, n. 32786 del 25/06/2013, Craparotta, Rv. 257256 per le quali la sottrazione di una pluralità di cose in un medesimo contesto spazio temporale e ad un unico proprietario configura un unico reato di furto consumato).

5. La corretta instaurazione del rapporto processuale - preso atto che il reato risulta consumato in data 15 luglio 2010 ed esclusa la possibilità di pronunciare una diversa e più favorevole sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p. - impone, pure tenuto conto dei periodi di sospensione, di dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione in data 11 maggio 2018 (Cass. S.U., n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv 217266; Sez. 3, n. 31415 del 15/1/2016, Ganzer, Rv 267518; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv 256463; Sez. 4, n. 18641 del 20/1/2004, Tricorni, Rv 228349).

6. Il sesto motivo è assorbito dalla dichiarazione di prescrizione.

7. Il settimo motivo è manifestamente infondato e le statuizioni civili devono pertanto essere confermate.

Come correttamente evidenziato nella motivazione del provvedimento impugnato, infatti, non vi è alcuna incompatibilità logica ovvero contraddizione tra la condanna al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva (quantificata tenendo conto del valore commerciale dei beni oggetto dell'appropriazione) e la condanna generica al risarcimento dei danni, per la quantificazione complessiva dei quali si deve tenere conto anche di ulteriori e diverse componenti.

Sul punto, d'altro canto, risulta sufficiente il rinvio alla lettura dell'art. 539 c.p.p., commi 1 e 2.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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