Appropriazione indebita
Risponde del reato di appropriazione indebita l'amministratore di più condomìni che, senza autorizzazione, faccia confluire i saldi dei conti attivi dei singoli condomìni su un unico conto di gestione a lui intestato
Cassazione penale sez. II, 03/12/2021, n.46875
Risponde del reato di appropriazione indebita l'amministratore di più condomìni che, senza autorizzazione, faccia confluire i saldi dei conti attivi dei singoli condomìni su un unico conto di gestione a lui intestato, senza che rilevi la destinazione finale del saldo cumulativo ad esigenze personali dell'amministratore o dei condomìni amministrati, in quanto tale condotta comporta di per sé la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento.
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Note
Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Cagliari, con sentenza del 18 febbraio 2020, confermava la pronuncia di condanna nei confronti di L.A.G. per il reato di cui all'art. 61 c.p., n. 7, art. 81 cpv. art. 646 c.p. per essersi, quale amministratore del condominio Saia, appropriato delle somme di denaro versare dai condomini.
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando, dopo aver premesso quanto accaduto nel corso del giudizio di merito, l'incompletezza del lavoro analitico del consulente tecnico del Pubblico Ministero e del perito nominato dal Tribunale: a parte l'analisi incompleta del dato contabile perché si era inteso riferirsi esclusivamente ad un solo corpo di fabbrica del condominio Saia, il difensore osserva che supporre entrate non contabilizzate, per giunta del tutto differenti, sulla base di un lavoro puramente settoriale ed incompleto, non equivaleva affatto sul piano probatorio ad ipotizzare in alcun modo l'appropriazione di qualsivoglia somma di pertinenza del condominio; mancava, nelle sentenze dei giudici territoriali, alcuna analisi specifica con riguardo ai documenti contabili prodotti e dei quali, tuttavia, il perito del Tribunale attestava la disponibilità, e cioè i rendiconti contenenti le uscite, anno per anno, sia dei singoli corpi di fabbrica, sia quello generale attinente le spese comuni del centro direzionale Saia e, relativamente ai libri cassa, circa i versamenti effettuati da tutti i condomini per ogni singolo corpo; solo una analisi complessiva delle entrate, con riguardo a tutti i corpi di fabbrica, avrebbe consentito di appurare l'ipotesi di reato contestata.
1.2 Il difensore rileva che entrambi i giudici di merito erano partiti dall'assunto che il centro direzionale Saia di Oristano fosse costituito da vari corpi di fabbrica, ciascuno dei quali avrebbe integrato un condominio autonomo, pur dando atto che l'imputato era amministratore di tutti i corpi di fabbrica, e che il ricorrente si sarebbe appropriato di quote in entrata non contabilizzate, quanto al corpo A, e avrebbe fatto transitare le disponibilità finanziarie in questione, così come quelle di tutti gli altri corpi di fabbrica, sul conto personale di gestione aziendale, determinando in tal modo la confusione delle disponibilità finanziarie ricevute e cagionando notevole danno ai condomini del corpo A che avrebbero, in tal modo, sopperito con le loro quote ai debiti degli altri corpi di fabbrica, intesi quali condominii autonomi; l'assunto che si trattasse di condominii autonomi era privo di alcun riscontro di prova, per cui la motivazione dei giudici di merito doveva ritenersi meramente apparente, anche perché vi erano le dichiarazioni testimoniali di vari condomini e del personale dipendente, che consentivano agevolmente di ritenere provato che si trattasse di un condominio formato da vari corpi di fabbrica; era inoltre privo di fondamento e smentito documentalmente quanto più volte ribadito dai giudici del gravame, che non sarebbero state rendicontate nel dettaglio tutte le spese per contanti affrontate nel periodo in questione per ogni singolo corpo di fabbrica e per le parti comuni del complesso, così come era smentito documentalmente l'assunto secondo il quale non vi sarebbe stata traccia dei versamenti operati dai condomini per il triennio in questione, atteso che il perito del Tribunale aveva attestato di disporre del libro cassa versamenti.
Il difensore -rileva l'erroneità del riferimento giurisprudenziale operato dalla Corte di appello secondo il quale deve rispondere del reato di appropriazione indebita l'amministratore di più condomini; che senza autorizzazione faccia confluire i saldi dei conti attivi dei singoli condominii su un unico conto di gestione a lui intestato, in quanto tale condotta comporta la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento, in quanto questa Corte insegna, ad esempio, che nel caso di bancarotta fraudolenta per distrazione occorre che non vi sia alcun legame di gruppo; non vi erano elementi certi per escludere che comunque il corpo A avesse correttamente impiegato i suoi denari per far fronte, in parte alle spese del fabbricato stesso e in parte a quelle necessarie per il funzionamento dei servizi comuni per l'intero centro direzionale Saia di Oristano, come in effetti era avvenuto; non vi era stata, pertanto, alcuna violazione del vincolo di destinazione.
Il difensore lamenta che la motivazione della sentenza impugnata era apparente anche con riguardo all'analisi del dato probatorio certo della disponibilità finanziaria oggetto dell'imputazione (Euro 309.388,78), nonché riguardo all'analisi comparativa delle dichiarazioni e delle relazioni peritali in atti rese dal consulente del Pubblico Ministero e dal perito nominato dal Tribunale; per giunta, il giudice di appello aveva ritenuto del tutto inutile una chiamata a chiarimenti del perito e la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con riguardo alla necessità di esperire nuova perizia: sostenere che vi sarebbero state entrate non contabilizzate, senza avere i periti esaminato nel dettaglio i libri cassa versamenti e i rendiconti relativi alle spese in questione per trarre la conclusione circa il fondamento del capo di imputazione equivaleva ad operare una motivazione del provvedimento impugnato meramente apparente ed illogica.
1.3 Il difensore eccepisce la violazione degli artt. 190,495 e 598 c.p.p. e 6, parte terza, lett. D) della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo e del patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché dell'art. 111 Cost., comma 3: il ricorrente aveva inutilmente chiesto alla Corte territoriale la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di disporre perizia calligrafica in relazione ai titoli in atti, pari a circa 15.000,00 Euro, la cui provvista non sarebbe risultata annotata nella contabilità condominiale e della quale il ricorrente si sarebbe appropriato, malgrado in atti vi fosse la consulenza tecnica di un perito calligrafo, laddove si era chiarito che i beneficiari delle somme erano tutti parenti stretti della teste C.T. e che la compilazione integrale dei titoli in questione, gli importi e la sottoscrizione per girata erano ascrivibili esclusivamente a quest'ultima e non al ricorrente.
1.4 Il difensore lamenta il difetto di correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza: il ricorrente era stato tratto a giudizio perché, secondo l'accusa, si sarebbe appropriato della somma complessiva di Euro 309.388,78 mentre, secondo il perito del Tribunale ed il consulente della Procura della Repubblica vi sarebbero state entrate non contabilizzate per il primo di Euro 70.523,00 e per il secondo di Euro 88.000,00.
2. Il Procuratore generale depositava conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
3. Il difensore della parte civile parte civile Condominio Saia Corpo A depositava conclusioni scritte con le quali chiedeva di dichiarare inammissibile il ricorso o comunque infondato, con conferma della sentenza impugnata.
4. Il difensore depositava memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale, insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Relativamente alle censure proposte, se ne deve rilevare la natura meramente fattuale, in quanto con esse il ricorrente propone una mera rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).
Peraltro, il ricorso non si confronta con diversi argomenti evidenziati dalla sentenza impugnata, quali le testimonianze di D., L. e M., che hanno riferito tutte della mancanza di indicazioni sulle entrate di cassa, cosicché risultava impossibile effettuare un controllo sulla esposizione debitoria, e la M. anche che gli importi relativi alle fatture per i lavori di pulizia erano di gran lunga maggiorat4; ancora, i testi D. e G., titolari delle ditte che si occupavano della gestione degli ascensori e dell'impianto di riscaldamento, hanno raccontato che L. non aveva provveduto al pagamento delle fatture dei servizi prestati, mentre il nuovo amministratore di condominio C. ha confermato l'esposizione debitoria.
Neppure vi è una censura specifica su quanto accertato dal consulente del Pubblico Ministero, Dott.ssa Perseu Paola, e dal perito del Tribunale, Dott. Mannea Carmine, che hanno riscontrato una serie di anomalie nella gestione dei conti correnti bancari del condominio e nei rendiconti condominiali, tra cui: per gli anni 2001 e 2002 erano indicate passività pari a zero, mentre da un controllo incrociato con le schede dei fornitori risultavano debiti non pagati per 110.014,48 per il 2001 ed Euro 95.159,99 per il 2002; non veniva mai effettuato un trasferimento diretto di denaro al fornitore/creditore, ma le somme venivano prelevate mediante assegno ad L.A.G. che veniva versato sul conto "Amministrazioni Condominiali L." per essere poi prelevato contestualmente allo sportello, senza conoscere la destinazione delle somme e senza riscontri documentali circa l'effettivo utilizzo; vi erano assegni intestati alla collaboratrice C.T. e a suoi familiari privi di qualunque legame formale con il condominio.
Quanto alla tesi secondo la quale L. sarebbe stato amministratore di un supercondominio e che quindi destinava le somme alla copertura delle spese di vari condominii, la Corte di appello ha osservato che L. avrebbe dovuto comunque indicare nei rendiconti del corpo A le spese non pagate e che il centro direzionale Saia era diventato un supercondominio solo nel 2012 (quindi in epoca successiva alle prime contestazioni); la Corte di appello ha anche applicato correttamente la giurisprudenza della Corte secondo la quale "l'amministratore di più condominii che, senza autorizzazione, faccia confluire i saldi dei conti attivi dei singoli condominii su un unico conto di gestione, a lui intestato, risponde del reato di appropriazione indebita, a prescindere dalla destinazione finale del saldo cumulativo ad esigenze personali dell'amministratore o ad esigenze dei condomìnii amministrati, in quanto tale condotta comporta di per sé la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento" (Sez. 2 -, Sentenza n. 57383 del 17/10/2018, Beretta, Rv. 274889 - 01).
Nelle pagine da 11 a 19 della sentenza impugnata, la Corte di appello ha ricostruito anno per anno la situazione debitoria del condominio, rispondendo a tutte le censure riproposte con il ricorso per cassazione, che devono quindi ritenersi manifestamente infondate.
1.2 Quanto al terzo motivo di ricorso, si deve ricordare che "nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603 c.p.p., comma 1, è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata." (sez. 6, Sentenza n. 48093 del 10/10/2018, Rv. 274230 - 01); nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto che l'istruttoria dibattimentale fosse completa, visto che, quanto alla perizia contabile, non veniva indicato quali dati contabili avrebbero dovuto essere riconsiderati, e quanto alla perizia grafica, era impossibile che L. non si fosse accorto che gli assegni fossero stati compilati dalla C., essendo sufficiente un semplice controllo degli estratti conto.
1.3 Quanto infine, alla eccepita violazione dell'art. 521 c.p.p., si osserva come da tempo nella giurisprudenza di legittimità sia stato affermato il principio secondo cui, in tema di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e oggetto della statuizione di sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (cfr. Cass., sez. un., 19/06/1996, n. 16, Di Francesco); infatti, non sussiste violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto nell'ambito della contestazione (vedi sez. 3, Sentenza n. 5463 del 05/12/2013, Diouf Rv. 258975 - 01).
Nel caso in esame, il ricorrente aveva la possibilità di difendersi sin dall'inizio dalla contestazione a lui mossa, senza che si possa dire di trovarsi di fronte ad un mutamento del fatto che renda impossibile la difesa, posto che la contestazione faceva riferimento all'appropriazione indebita di somme di pertinenza del condominio, e tale è rimasta nel corso del processo, nel quale è stata esperita anche una consulenza della difesa per ricostruire la contabilità del condominio, che quindi ha consentito al ricorrente di difendersi.
2. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile; ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; in virtù del principio della soccombenza, inoltre, l'imputato deve essere condannato alle spese sostenute nel grado dalla parte civile, non sussistendo motivi per la compensazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Condominio Saia Corpo A che liquida in complessivi Euro 3.510,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2021