Appropriazioni indebita: sussiste nel caso in cui chi riceve la merce in conto visione, la trattiene oltre il termine di un anno dalla consegna senza pagarne il prezzo
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Cassazione penale sez. II, 06/11/2020, n.37358

Integra il delitto di appropriazione indebita la condotta dell'agente che, ricevuta la merce "in conto visione" (nella specie gioielli), la trattenga oltre il termine di un anno dalla consegna senza pagarne il prezzo ovvero assolvere agli obblighi di auto-fatturazione, anche qualora nel contratto manchi l'indicazione di un termine per la restituzione.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 14/01/2019, la Corte di appello di Ancona confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno in data 11/05/2018 che aveva condannato D.M.A. alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 600 di multa in relazione al reato di cui all'art. 61 c.p., n. 11 e art. 646 c.p., con condanna generica al risarcimento del danno a favore della parte civile C.G. ed assegnazione di una provvisionale di Euro 30.196,95 al cui versamento veniva subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Avverso detta sentenza, nell'interesse di D.M.A., viene proposto ricorso per cassazione per lamentare:

- violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 646 c.p. in relazione all'art. 1520 c.c.e ss., art. 1556 c.c. e ss. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6 (primo motivo);

- violazione di legge per erronea applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6 (secondo motivo);

-mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (terzo motivo);

- violazione di legge e vizio di motivazione per subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale senza tener conto che si era tenuto il concordato preventivo con conseguente cessazione dell'attività (quarto motivo).

2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come la fattispecie in esame debba inquadrarsi in un'ipotesi di vendita ad effetti differiti, e più specificamente nella fattispecie della vendita con riserva di gradimento di cui all'art. 1520 c.c.: in tale fattispecie, l'unica obbligazione che fa capo all'accipiens per effetto dello scambio dei consensi e la consegna del bene è quella del pagamento del prezzo, mentre la restituzione del bene non entra a far parte del rapporto obbligatorio. La mancata restituzione alla scadenza pattuita farà sì che, in capo all'accipiens, si consolidi l'obbligo del pagamento del prezzo, essendo venuta meno la facoltà alternativa pagamento del prezzo/restituzione del bene nonchè la compressione alle facoltà di godimento.

2.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia come nella fattispecie nessun termine era stato concordato tra le parti per la riconsegna/restituzione della merce ricevuta "in conto visione". La mancata fatturazione poteva assumere rilievo solo sotto il profilo fiscale, essendo la vicenda traslativa perfezionata e conclusa.

2.3. In relazione al terzo motivo, si evidenzia l'illogicità del comportamento della parte civile. Ci si chiede infatti: se la parte civile riteneva di aver diritto alla restituzione della merce "in conto visione", perchè la stessa non ha fatto valere tale diritto anche nell'ambito della procedura di concordato preventivo presso il Tribunale di Ascoli Piceno? Ed ancora: perchè ha scelto di non partecipare al concordato, in cui avrebbe potuto ottenere il pagamento della merce?

2.4. In relazione al quarto motivo, si evidenzia come la ditta della ricorrente, a seguito ed a causa della crisi pluriennale del settore, non potendo far fronte ai vari pagamenti, a seguito del pignoramento di tutta la merce in suo possesso, chiese al Tribunale di Ascoli Piceno di poter accedere a concordato preventivo: in tale fase tutti i creditori, compresa la parte civile, vennero resi edotti della richiesta. Dopo l'omologazione del concordato, tutta la merce è stata venduta dal Tribunale e con il ricavato sono stati soddisfatti i creditori. Deve, pertanto, ritenersi ingiusto, illogico e contraddittorio subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, vista la scelta della parte civile di non partecipare al concordato ove le sue richieste economiche sarebbero state soddisfatte.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.

2. Aspecifici e comunque manifestamente infondati sono sia il primo che il secondo motivo, trattabili congiuntamente a ragione delle reciproche interazioni.

Va preliminarmente osservato che si è al cospetto di una doppia conforme motivazione dei giudici del merito del tutto congrua e priva di vizi di manifesta illogicità, come tale, insuscettibile di essere sottoposta al controllo di legittimità, i succitati primi due motivi di ricorso, oltre a ripetere i vizi di manifesta infondatezza rilevati nel corso del giudizio di appello, si segnalano per la loro genericità, in quanto solo apparentemente si prestano a criticare la sentenza di secondo grado limitandosi invece a riproporre le medesime censure sollevate in precedenza e motivatamente disattese, e soprattutto tracimano nel merito, perchè sottopongono alla Suprema Corte rilievi tipicamente fattuali risolti con adeguata e logica motivazione dai giudici del merito.

Sempre in premessa va ricordato che la mancanza di specificità del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (cfr., Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo non mass.; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693).

2.1. La vendita di beni "in conto visione", che costituisce una delle ipotesi di vendita ad effetti differiti, è il negozio giuridico che viene concluso tra due soggetti in forza del quale il cedente consegna al cessionario una determinata quantità di beni mobili (di regola, la consegna è corredata da documenti di trasporto contenenti l'indicazione del cedente, del cessionario, dei beni oggetto di consegna e della data di consegna), affinchè quest'ultimo possa poi effettuare la rivendita di tali beni a terzi, rappresentati generalmente dai consumatori finali degli stessi.

2.1.1. In tal caso, al momento della rivendita a terzi dei beni da parte del cessionario, il cedente è tenuto ad emettere fattura nei confronti del cessionario per l'importo indicato nei documenti di trasporto relativi alla consegna della merce in conto visione.

Nell'ipotesi, invece, in cui il cessionario non rivenda i beni a terzi, quest'ultimo ha la possibilità di restituirli al cedente, a condizione che tale restituzione sia effettuata entro il termine di un anno dalla consegna dei beni stessi. Trascorso tale termine, infatti, il cedente è in ogni caso obbligato ad emettere fattura nei confronti del cessionario, rimasto in possesso dei beni non restituiti, cristallizzando gli effetti della compravendita e trasferendo la proprietà della merce definitivamente in capo al cessionario (Cass. Civ., Sez. V, 08/08/2005, n. 16705; Cass. Civ., Sez. V, 27/08/2009, n. 18760).

2.1.2. Dal punto di vista normativo, la vendita di beni mobili in conto visione è disciplinata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, ai sensi del quale "l'operazione si considera effettuata (...) per le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori, all'atto della rivendita a terzi ovvero, per i beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti e comunque dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione". Peraltro, l'esplicito richiamo alla figura dei contratti estimatori lascia trasparire la volontà del legislatore di applicare, per disciplinare tutti glì aspetti civilistici del rapporto, le norme tipiche del contratto estimatorio di cui agli artt. 1556 c.c. e ss.

Il D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, comma 5, inoltre, statuisce che "La consegna dei beni a terzi a titolo non traslativo della proprietà risulta in via alternativa: b) dal documento di trasporto previsto dal D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472, art. 1, comma 3, integrato con la relativa causale, o con altro valido documento di trasferimento". Per cui, in caso di disaccordo, anche il documento di trasporto può diventare determinante per comprendere quale fosse la reale volontà delle parti, al fine di stabilire quale tipo di contratto abbiano adottato. L'utilità del rapporto si evidenzia, in particolare, nei confronti dell'acquirente/cessionario che contrarrà l'obbligo di pagare il prezzo d'acquisto soltanto nell'ipotesi in cui, entro un dato periodo di tempo, riesca ad effettuare la vendita della merce affidata.

2.2. Nella fattispecie, va anzitutto rilevato che, del tutto correttamente, la Corte territoriale ha ritenuto che i gioielli in questione fossero stati affidati al ricorrente "in conto visione", tanto risultando da univoci indici concludenti, in quanto, da un lato, la cedente "I Gioielli del Sole" non aveva fatturato la vendita ed aveva formalmente manifestato (vedi diffida con raccomandata dell'ottobre 2013) la volontà di ritornare in possesso dei gioielli, così manifestando inequivocabilmente la volontà di considerarsi ancora proprietaria della merce e, dall'altro, la cessionaria " D.M. s.r.l.", lungi dall'opporre l'intervenuto preteso mutamento del titolo del suo possesso, era rimasta del tutto silente e, accampando incerti ed imprecisati contatti avuti con il rappresentante della cedente (tale M.G., non essendo stato indicato dalla difesa nella propria lista testimoniale), aveva finito per essere totalmente inadempiente al proprio obbligo di pagare il corrispettivo di gran parte della merce ricevuta da oltre un anno.

2.3. La Corte territoriale ha ritenuto non dirimente, ai fini del

giudizio di colpevolezza, la circostanza che non fosse stato stabilito tra le parti alcun termine per la restituzione della merce ricevuta "in conto visione" e riconosciuto che se è vero che, sul piano tributario, la decorrenza dell'anno dalla consegna o spedizione della merce in conto visione fa ritenere effettuata la cessione, è altrettanto vero che entrambi i contraenti avevano omesso di assolvere ai propri obblighi di materia di fatturazione e/o di autofatturazione (Cass. Civ. Sez. V, 06/12/2012, dep. 2013, n. 1683). Inoltre, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, "per ritenersi "proprietaria", la cessionaria avrebbe dovuto opporre alla cedente l'intervenuta autofatturazione di acquisto, la corrispondente annotazione sul libro delle fatture emesse che vale come assunzione dell'obbligo di imposta da parte del cessionario..."

2.3.1. In ogni caso, è stato evidenziato come la tesi difensiva, con riferimento ai profili di stretto diritto sollevati (in fatto, i giudici di merito hanno ritenuto la difesa dell'imputata del tutto sfornita di riscontri alla luce delle evidenze di segno contrario sopra indicate: giudizio che è rimasto tale anche alla luce della testimonianza di T.R., coniuge della D.M. che, peraltro, aveva riconosciuto di aver ricevuto la lettera raccomandata della cedente con richiesta di restituzione, anteriore di quasi due mesi rispetto al pignoramento e che non veniva nemmeno mostrata all'ufficiale giudiziario), non è stata affatto ignorata dalla Corte territoriale, che ha ineccepibilmente affermato l'astratta configurabilità del delitto di appropriazione indebita anche in margine alle possibili vicende del rapporto regolato dall'art. 1556 c.c. e ss., in ciò ancorandosi a specifici arresti della giurisprudenza di legittimità (cfr., Sez. 2, n. 4095 del 27/11/1981, dep. 1982, Cardilicchia che ha ritenuto che la condotta di chi, dopo avere ricevuto una cosa per effetto di un contratto estimatorio, la trattenga dopo il termine stabilito senza pagarne il prezzo, integra gli estremi del reato di cui all'art. 646 c.p.).

2.3.2. Invero, non assume alcuna rilevanza al riguardo l'indagine

dogmatica sugli effetti tipici del contratto in conto visione sotto il profilo dell'incidenza sugli assetti proprietari relativi all'oggetto del rapporto, posto che comunque ne può sorgere un obbligo di restituzione della cosa ricevuta a carico dell'accipiens, in alternativa al pagamento del tantundem, con la conseguenza che nei congrui casi l'illegittima ritenzione della cosa può assumere rilevanza penale (cfr., in fattispecie del tutto assimilabile alla presente, Sez. 2, n. 6690 del 03/02/2012, Di Chito).

3. Manifestamente infondato è il terzo motivo.

La ricorrente finisce con il censurare le iniziative giudiziarie assunte dalla creditrice, definendole sostanzialmente come illogiche. In termini del tutto generici, trasla - quindi - dette scelte sui censurati contenuti motivazionali del provvedimento impugnato che avrebbe omesso di sindacare la razionalità delle medesime.

In particolare, viene inammissibilmente denunciato il vizio motivazionale, evocato indistintamente (senza nemmeno precisare se cumulativamente o alternativamente) in riferimento a tutte le tipologie previste dal legislatore (mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità). Tale rilievo appare del tutto dirimente rispetto ad ogni altro profilo proposto.

Invero, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo ed altri), l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), "se letto in combinazione con l'art. 581, comma 1, lett. d), evidenzia che non può ritenersi consentita l'enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. Il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ha quindi l'onere - sanzionato a pena di a-specificità, e quindi, in parte qua, di inammissibilità, del ricorso - di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità,..".

4. Manifestamente infondato è il quarto motivo.

La ricorrente si duole della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale in favore della parte civile, pari ad Euro 30.196,95 oltre interessi.

4.1. In sede di gravame di appello, l'odierna ricorrente, con il motivo titolato "richiesta di sospensione della condanna al pagamento della provvisionale", a sostegno della propria richiesta, aveva contestato la statuizione evidenziando, oltre alla sua incensuratezza, la propria estraneità al reato e alle somme che la ditta "I Gioielli del Sole s.r.l.", nel corso di circa due anni, aveva incassato dalla vendita, evidenziando la circostanza secondo la quale "che tali somme fossero state effettivamente versate dalla ditta D.M. s.r.l. è implicitamente dimostrato dal fatto che la ditta "I Gioielli del Sole s.r.l." ha atteso quasi due anni prima di chiederne la restituzione e lo ha fatto soltanto nell'imminenza del pignoramento subito".

4.2. La ricorrente, invece, non ha dedotto alcunchè in ordine alla propria eventuale incapacità di poter adempiere a detta obbligazione nè, tantomeno, ha fornito elementi probatori in tal senso. La circostanza in parola ha impedito - al di là di un obbligo certamente inesistente in capo al giudice di un preventivo accertamento ufficioso delle condizioni economiche dell'imputata - di effettuare quel motivato apprezzamento delle stesse e, in particolare, di verificare se dagli atti oppure sulla base degli elementi forniti dalla parte interessata in vista della decisione potessero emergere elementi capaci di far dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 11299 del 09/12/2019, dep. 2020, Gullino, Rv. 278799; v. anche, Sez. 6 n. 25413 del 15/05/2016, C., Rv. 267134, nella quale, in applicazione del principio, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per consentire al giudice di merito di verificare se l'imputato, dichiarato fallito dopo la sentenza di condanna di primo grado, avesse perduto l'amministrazione del proprio patrimonio con conseguente impossibilità di adempiere personalmente al pagamento della provvisionale; v. anche, Sez. 5, n. 48913 del 01/10/2018, Asllani, Rv. 274599, in relazione all'ipotesi in cui tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione). Da qui il giustificato "silenzio" della pronuncia sul punto.

5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 2.000,00 oltre alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile C.G. che si liquidano in Euro 3.510,00 oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, cpa ed iva.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, oltre al pagamento delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile C.G. che liquida in complessivi Euro 3.510,00 oltre spese generali al 15%, cpa ed iva.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2020

Appropriazioni indebita: sussiste nel caso in cui chi riceve la merce in conto visione, la trattiene oltre il termine di un anno dalla consegna senza pagarne il prezzo

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