FATTI DI CAUSA
In data 9 aprile 2009, nelle acque del Lago d'Iseo, si verificò un incidente che coinvolse un natante di proprietà della S.S.r.l. (società assicurata per la responsabilità civile con la A. S.p.A., oggi Allianz Viva S.p.A.), affidato in conto vendita alla società C.S.r.l.. In conseguenza di tale incidente, persero la vita Fo.Li. (legale rappresentante di tale ultima società), C.J. e N.M., mentre Fi.Ma. riportò danni alla persona. Il natante, che esponeva la targa prova (Omissis), in relazione alla quale la C. S.r.l. aveva stipulato una polizza assicurazione della responsabilità civile con la Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., al momento dell'incidente era condotto dal C., al quale il Fo. aveva ceduto la guida.
Per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al predetto sinistro, hanno separatamente agito in giudizio nei confronti di S. S.r.l., A. S.p.A., C. S.r.l. e Società Cattolica di Assicurazione S.p.A.: 1) R.M.F., in proprio e quale rappresentante della figlia minore R.C.L. (rispettivamente compagna e figlia postuma di C.J.);
2) N.A., R.M. e N.S. (rispettivamente genitori e fratello di N.M.); 3) Fi.Ma..
La Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., nel negare la propria responsabilità, ha proposto domanda subordinata di rivalsa nei confronti della propria assicurata C. S.r.l. nonché degli eredi di C.J., quale responsabile del sinistro.
Anche A.S.p.A., nel negare la propria responsabilità, ha proposto domanda subordinata di rivalsa nei confronti della sua assicurata S.S.r.l., nonché degli eredi di C.J..
E' stato, quindi, chiamato in causa altresì C.G., quale figlio ed erede di C.J., che ha proposto a sua volta, in via riconvenzionale, nei confronti delle società originarie convenute, domanda di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del decesso del padre.
Il Tribunale di Bergamo, riuniti i giudizi, ha accolto le domande proposte dagli attori R.M.F., in proprio e quale rappresentante della figlia minore R.C.L., da N.A., R.M. e N.S., nonché da Fi.Ma., nei confronti di Seahorse International S.r.l., C. S.r.l. e Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., nonché le domande di manleva proposte da quest'ultima nei confronti di Cantieri Nautici Basso Sebino S.r.l. (in relazione ai danni subiti da R.M.F., R.C.L., N.A., R.M. e N.S., nonché Fi.Ma.) e di C.G. (in relazione ai danni subiti da Fi.Ma.), nonché quelle proposte da Seahorse International S.r.l. nei confronti di C.G. (in relazione ai danni subiti da Fi.Ma.). Ha rigettato o dichiarato inammissibili tutte le altre domande.
I danni sono stati liquidati nei seguenti importi (oltre accessori): Euro 279.047,38 in favore di N.A., Euro 279.047,38 in favore di R.M. ed Euro 167.251,32 in favore di N.S.; Euro 172.010,03 in favore di R.M.F. ed Euro 184.475,22 in favore di R.C.L.; Euro 79.713,04 in favore di Fi.Ma..
La Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rigettato tutte le domande proposte nei confronti di Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., accogliendo l'appello da questa proposto in via principale; ha, invece, rigettato tutti gli ulteriori appelli proposti in via incidentale (segnatamente da: N.A., R.M., N.S.; Fi.Ma.; C. S.r.l.; R.M.F., in proprio e quale genitore esercente la responsabilità sulla minore R.C.L.).
Ricorrono: a) in via principale, R.M.F., in proprio e quale genitore esercente la responsabilità sulla minore R.C.L., sulla base di due motivi; b) in via incidentale (sostanzialmente adesiva al ricorso principale), N.A., R.M. e N.S., sulla base di un unico motivo, nonché Fi.Ma., anch'egli sulla base di un unico motivo.
Resistono ai suddetti ricorsi principale ed incidentali, con distinti controricorsi, la Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., la quale propone a sua volta ricorso incidentale condizionato, sulla base di due motivi, nonché C. S.r.l., la quale propone a sua volta ricorso incidentale, sulla base di tre motivi.
R.M.F., in proprio e quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sulla minore R.C.L., resiste, con distinti controricorsi, al ricorso incidentale di C. S.r.l. e a quello incidentale condizionato di Società Cattolica di Assicurazione S.p.A..
N.A., R.M., N.S., a loro volta, resistono, con distinti controricorsi, al ricorso incidentale di Cantieri Nautici Basso Sebino S.r.l. e a quello incidentale condizionato di Società Cattolica di Assicurazione S.p.A..
Fi.Ma., con unico controricorso, resiste sia al ricorso incidentale di C. S.r.l., sia a quello incidentale condizionato di Società Cattolica di Assicurazione S.p.A..
Allianz Viva S.p.A. resiste con controricorso al ricorso incidentale di C. S.r.l..
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.
E' stata disposta la trattazione in pubblica udienza.
Tutte le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Esame del primo motivo del ricorso principale, nonché dei ricorsi incidentali proposti da N.A., R.M. e N.S. e da Fi.Ma..
1.1 Con il primo motivo del ricorso principale di R.M.F. e R.C.L. si denunzia "Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 127, 144 e 283 CA e dei principi giurisprudenziali relativi alla incontestabilità del certificato e del contrassegno assicurativi e al correlato principio di apparenza. In subordine: violazione o falsa applicazione dell'art. 144 C.A., commi 1 e 2, art. 283 CA, artt. 1895 e 1896 c.c.".
Con l'unico motivo del ricorso incidentale proposto da N.A., R.M. e N.S. si denunzia "Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 127, 144 e 283 CA e dei principi giurisprudenziali relativi alla incontestabilità del certificato e del contrassegno assicurativi e al correlato principio di apparenza. In subordine:
violazione o falsa applicazione dell'art. 144, commi 1 e 2, art. 283 CA, artt. 1895 e 1896 c.c.".
L'unico motivo del ricorso incidentale proposto da F.M. non è rubricato, in quanto integralmente adesivo al primo motivo del ricorso proposto dalle ricorrenti R.M.F. e R.C.L., in via principale.
Gli indicati motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, avendo nella sostanza il medesimo oggetto, cioè la questione della operatività della garanzia assicurativa prestata dalla Società Cattolica di Assicurazione S.p.A. in favore della Cantieri Nautici Basso Sebino S.r.l., con riguardo al sinistro per cui è causa, in favore dei ricorrenti, che hanno esercitato l'azione diretta nei suoi confronti.
1.2 L'operatività di tale garanzia, riconosciuta dal giudice di primo grado, è stata, in riforma della decisione di primo grado, negata dalla corte d'appello, con la sentenza impugnata, sul rilievo della circostanza che si trattava di una polizza di assicurazione stipulata per la navigazione provvisoria in relazione ad una determinata "targa prova" e che, al momento del sinistro, pur essendo stata prorogata la durata della polizza assicurativa, la relativa autorizzazione amministrativa alla navigazione provvisoria era scaduta e non era stata rinnovata: da ciò è stato fatto discendere che la copertura assicurativa non potesse ritenersi efficace, neanche nei confronti dei terzi danneggiati.
I ricorrenti sostengono, al contrario, che, quanto meno nei propri confronti, l'assicuratrice dovrebbe essere tenuta alla garanzia, sia in virtù dell'apparente validità del contrassegno assicurativo (ai sensi dell'art. 127 del codice delle assicurazioni private), sia comunque, in virtù della inopponibilità delle eccezioni fondate sul contratto di assicurazione, in caso di azione diretta dei terzi danneggiati, ai sensi dell'art. 144 del medesimo codice. I motivi di ricorso in esame sono fondati, per le ragioni di seguito esposte.
1.3 L'assicurazione della responsabilità civile relativa alla navigazione provvisoria dei natanti ha ad oggetto i rischi derivanti dalla attività di navigazione "temporanea" prevista dall'art. 31 c.n. da diporto, comma 1, il quale così la definisce: "Per navigazione temporanea si intende quella effettuata allo scopo di: a) verificare l'efficienza degli scafi o dei motori; b) presentare unità da diporto al pubblico o ai singoli interessati all'acquisto; c) trasferire unità da diporto da un luogo all'altro anche per la partecipazione a fiere, saloni e altri eventi espositivi, anche all'estero". La medesima norma precisa, al comma 2, che "i cantieri navali, i costruttori di motori marini, i mediatori del diporto, le aziende di assemblaggio e di allestimento di unità da diporto e le aziende di vendita" possono ottenere "le autorizzazioni alla navigazione temporanea per le unità da diporto, non abilitate e non munite dei prescritti documenti ovvero abilitate e provviste di documenti di bordo ed a loro affidate in conto vendita o per riparazioni ed assistenza". Al comma 3, infine, è stabilito che "la navigazione temporanea è effettuata sotto la responsabilità del titolare dell'autorizzazione".
Dunque, la navigazione temporanea richiede un'autorizzazione amministrativa, in base alla quale e', tra l'altro, obbligatoria l'esposizione sul fianco del natante di una targa che riporti gli estremi numerici della stessa (cd. targa prova) e per il cui rilascio è necessario che il titolare dell'autorizzazione - sotto la responsabilità del quale avviene la navigazione - abbia stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile, la quale contiene, di conseguenza, un espresso riferimento a detta autorizzazione, indicata con gli estremi, riportati sulla relativa targa prova.
Il rischio oggetto del contratto di assicurazione e', evidentemente, quello della responsabilità civile derivante dalla attività di navigazione temporanea dei natanti, che avviene, appunto, sotto la responsabilità del cantiere nautico o dell'azienda assicurata.
Si tratta di un rischio relativo all'attività di navigazione temporanea, che non è legato ad un determinato specifico natante, in quanto l'autorizzazione, e la relativa assicurazione, operano in relazione a qualsiasi natante in navigazione temporanea, sotto la responsabilità del soggetto assicurato, quanto meno laddove esponga la relativa targa prova (come nella specie è stato accertato, in fatto, che sia avvenuto): è assicurato, quindi, quel particolare natante che sia munito di una specifica targa prova, alla quale si riferiscono sia l'autorizzazione che l'assicurazione. Tanto premesso, deve in primo luogo escludersi che, laddove la navigazione temporanea avvenga sotto la responsabilità del cantiere nautico o dell'azienda titolare di una determinata autorizzazione amministrativa, in virtù dell'esposizione della relativa targa prova, il fatto che detta autorizzazione sia scaduta possa far venire meno il rischio assicurato, cioè quello relativo alla responsabilità civile di tale soggetto, derivante dall'attività di navigazione temporanea sotto la sua responsabilità, in quanto il rischio per l'assicurato di incorrere in responsabilità civile per i danni determinati dalla navigazione temporanea certamente non viene meno per la scadenza della relativa autorizzazione amministrativa.
Va, pertanto, disattesa la tesi della controricorrente Società Cattolica di Assicurazione S.p.A., secondo la quale la scadenza dell'autorizzazione farebbe, di per sé, venire meno il rischio assicurato e determinerebbe la radicale nullità del contratto di assicurazione, opponibile anche ai terzi danneggiati.
La scadenza dell'autorizzazione può certamente determinare (come nella specie) l'inefficacia della copertura assicurativa tra le parti del contratto, in base alle clausole di polizza, in quanto ciò sia previsto in conseguenza della violazione, da parte dell'assicurato, delle prescrizioni amministrative che regolano la navigazione temporanea.
Si tratta, peraltro, di una inefficacia della copertura assicurativa derivante dalle clausole contrattuali, onde essa non è opponibile ai terzi danneggiati che esercitino l'azione diretta nei confronti della compagnia assicuratrice, ai sensi dell'art. 144 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209 del 2005), disposizione applicabile all'assicurazione della responsabilità civile relativa alla navigazione, in forza dell'art. 123 cod. cit. (secondo cui "alle unità da diporto, ai natanti e ai motori amovibili si applicano, in quanto compatibili, le norme previste per l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore").
1.4 Nel senso appena chiarito depongono, altresì, le seguenti ulteriori considerazioni:
a) l'art. 13 della Direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità, vieta agli Stati membri di dettare norme che neghino il diritto al risarcimento a favore del terzo danneggiato, per il solo fatto che il conducente "non si sia conformato agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni (...) del veicolo... "; nel dubbio, pertanto, la norma nazionale (rectius: il sistema normativo) va comunque interpretata in senso coerente col diritto comunitario, secondo una interpretazione conformatrice;
b) è ius receptum il principio secondo cui tutta la disciplina dell'assicurazione della responsabilità civile automobilistica (applicabile, per quanto visto, anche alla navigazione) è preordinata allo scopo di apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della circolazione; che la tutela della vittima sia la finalità principale di tale assicurazione è stato riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui la suddetta disciplina, "ponendo in massimo rilievo la tutela del terzo danneggiato per eventi causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, persegue il raggiungimento delle maggiori garanzie patrimoniali in suo favore (...) in vista della realizzazione, nel settore, delle esigenze di solidarietà sociale cui l'art. 2 Cost. ha conferito rilevanza costituzionale" (Corte Cost., 29.03.1983, n. 77; nello stesso senso, ex multis: Corte giustizia CE 28-03-1996, Berneldez, in causa C-129/94, in motivazione; Corte Giustizia CE, sez. I 30 giugno 2005, Candolin, in causa C-537/03; Corte giustizia CE, sez. III, 9 giugno 2011, Lavrador, in causa C- 409/09, e Corte giustizia CE, sez. II, 17 marzo 2011, Carvalho Ferreira Santos, in causa C-484/09), nonché da questa stessa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 24469 del 18/11/2014, Rv. 633400 - 01, in motivazione: "da questo principio di rilievo comunitario e costituzionale discendono molte conseguenze (...): prima fra tutte quella di interpretare le norme di legge che disciplinano l'assicurazione r.c.a. in modo coerente con esso, (cioè) il superiore principio vulneratus ante omnia reficiendus").
La necessità di un'obiettiva ed effettiva tutela dei terzi coinvolti dalla navigazione temporanea di natanti, ai fini indicati nell'art. 31 c.n. da diporto, comma 1 non può, pertanto, restare pregiudicata dalle peculiarità del rapporto tra assicurato ed assicuratore, né dai relativi presupposti di fatto non percepibili direttamente da quei terzi, come avviene nel caso dell'esposizione di un documento idoneo ad identificare univocamente la polizza che garantisce la copertura assicurativa per i rischi che ne derivano, nonché il relativo assicuratore.
1.5 E' opportuno precisare che i precedenti di questa Corte richiamati a sostegno del contrario assunto fatto proprio dalla corte d'appello non possono ritenersi conferenti e, in ogni caso, non consentirebbero di superare le considerazioni sin qui svolte e confermare le conclusioni della decisione impugnata.
In particolare, ciò è a dirsi con riguardo ad un precedente (Cass. n. 28433 del 2020) in cui questa Corte ha affrontato una questione (cioè: la possibilità di utilizzare una targa prova per la circolazione stradale di veicoli già immatricolati e targati) del tutto diversa da quella che viene in rilievo nel presente giudizio e in relazione alla quale, tra l'altro, non vi è neanche identità di regime normativo tra circolazione stradale e navigazione da diporto.
Peraltro, la considerazione contenuta nella predetta decisione, valorizzata anche dalla corte d'appello, costituisce un mero obiter dictum, con il quale la Corte si è limitata a richiamare un altro precedente (Cass. n. 27046 del 2018), nel quale si era affermato che la circolazione di un veicolo con targa prova scaduta rende priva di effetti la copertura assicurativa per la responsabilità civile sulla stessa targa prova, a sua volta sulla scorta di un ulteriore precedente con medesimo oggetto (Cass. n. 4728 del 2016): ma entrambe queste ultime decisioni riguardavano opposizioni a sanzioni amministrative irrogate a soggetti titolari di targhe prova di veicoli stradali per aver circolato senza copertura assicurativa e, quindi, gli obblighi di natura pubblicistica in capo a proprietari o conducenti di quei veicoli, onde in esse non è affrontata la ben diversa questione che viene in rilievo nella presente fattispecie e che riguarda, invece, la possibilità di eccepire il difetto di copertura assicurativa in caso di azione diretta esperita dal terzo danneggiato contro l'assicuratore. D'altra parte, anche tali ultime decisioni risultano, in sostanza, motivate con il richiamo di un ulteriore, ormai remoto, precedente (Cass. n. 12644 del 1991), a sua volta privo di una specifica motivazione sulla questione in esame nella presente controversia e che a sua volta aveva un ulteriore oggetto del tutto diverso, essendosi la Corte, in tale occasione, pronunciata in fattispecie ben diversa dall'assicurazione della targa prova (e, cioè, in un caso di assicurazione provvisoria D.P.R. n. 970 del 1973, ex art. 17 vale a dire un'assicurazione di cinque giorni per veicoli già targati).
La questione della responsabilità della Società Cattolica di Assicurazione S.p.A. nei confronti degli attori andrà, quindi, rivalutata in sede di rinvio, sulla base dei principi di diritto esposti.
2. Esame del secondo motivo del ricorso principale.
Con il secondo motivo del ricorso principale di R.M.F. e R.C.L. si denunzia "Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1226 c.c. in tema di valutazione equitativa del danno".
Le ricorrenti sostengono che la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali subiti da R.C.L., figlia di Jose-lito Corti, nata dopo il sinistro e il conseguente decesso del padre, sarebbe stata erroneamente rigettata dai giudici del merito, sulla base di un assunto difetto di prova, mentre tali danni avrebbero dovuto ritenersi, al contrario, senz'altro provati nella loro esistenza e avrebbero potuto e dovuto essere liquidati, nel quantum, in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., anche per essere impossibile o, quanto meno, oltremodo difficoltoso per l'attrice fornire la prova del loro preciso ammontare.
Il motivo è fondato.
2.1 Si premette che la censura riguarda la sola posizione della figlia del soggetto deceduto C.J. e non quella della compagna (genitore esercente la responsabilità che agisce per conto della minore).
Premesso che correttamente i giudici del merito hanno presupposto la configurabilità del danno anche in capo alla figlia postuma della vittima, la questione è stata trattata e decisa dalla corte d'appello sulla base dell'applicazione dei principi di diritto dettati, in materia di prova della perdita del reddito futuro della vittima primaria (nella specie, C.J.), dall'art. 137 Codice della Assicurazioni Private (C.A.): non essendo stato documentato il reddito che il Corti percepiva al momento del decesso, con la produzione della relativa documentazione fiscale, ed essendo peraltro allegato che egli producesse redditi da lavoro (quale intermediario nel commercio di natanti da altura) e non fosse disoccupato o, comunque, soggetto assimilabile ad un disoccupato, la domanda della figlia, R.C.L., è stata respinta.
2.2 La fattispecie in esame, in realtà, non rientra direttamente nel campo di applicazione dell'art. 137 del Codice delle Assicurazioni Private, che riguarda il "caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro".
Il danno patrimoniale subito dalla figlia del C. non è il pregiudizio patrimoniale da incapacità lavorativa subito dalla vittima primaria di un sinistro derivante dalla circolazione stradale o da situazioni assimilate, ma è quello che alla stessa è stato causato dal decesso del padre, avvenuto in occasione del sinistro per cui è causa, prima ancora della sua nascita, che l'ha privata del contributo economico al proprio mantenimento che quest'ultimo era tenuto ad erogarle, anche a prescindere dalla circostanza che egli svolgesse una attività lavorativa o meno e da quale fosse il suo reddito.
In altri termini, il danno patrimoniale da risarcire, nel caso di specie, non è quello derivante dalla perduta capacità lavorativa del C., quale vittima primaria, ma quello subito dalla figlia di quest'ultimo, cioè il danno patrimoniale conseguente alla perdita di un genitore obbligato al mantenimento: a tal fine, il reddito da lavoro del C. può venire in rilievo solo indirettamente, del momento che ogni genitore è obbligato a mantenere i figli a prescindere dal suo reddito da lavoro e dallo stesso svolgimento di una attività lavorativa. D'altra parte, è sufficiente considerare, in proposito, che non solo i titolari di redditi da lavoro sono tenuti al mantenimento dei figli e che tale mantenimento non deve necessariamente avvenire con i proventi del reddito da lavoro del genitore. Anche se, in alcuni casi, tale reddito potrà essere un elemento rilevante ai fini della quantificazione dell'entità del contributo al mantenimento perduto (che necessariamente e', in ogni caso, da operarsi in via equitativa, come è evidente), esso non può essere considerato né l'unico elemento rilevante, né quello decisivo, avendo certamente rilievo, ad esempio, anche introiti di natura diversa da quelli da lavoro (anche, eventualmente, non emergenti dalle dichiarazioni fiscali) o, comunque, altre potenziali risorse di carattere patrimoniale, di qualunque genere.
2.3 Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale reclamato da R.C.L. avrebbero, quindi, dovuto essere applicati i principi di diritto che, in generale, regolano la determinazione del danno patrimoniale futuro subito dai prossimi congiunti di un soggetto deceduto in conseguenza del fatto illecito di un terzo, in relazione ai contributi economici che questi avrebbe presumibilmente loro erogato se fosse rimasto in vita, diversamente da quanto ha fatto la corte territoriale.
In base a tali principi, applicabili anche in relazione a congiunti per i quali non vi sia un obbligo diretto di mantenimento negli stessi stringenti termini che esistono tra padre e figlia minore, si ammette il risarcimento del danno patrimoniale addirittura nel caso in cui la vittima non fosse occupata al momento del decesso e, quindi, certamente non fosse percettrice di redditi, ovvero, comunque, nel caso in cui avesse redditi molto bassi, operandosi una liquidazione in via equitativa e dovendosi, a tal fine, considerare anche la possibilità che la vittima stessa possa trovare in futuro una occupazione e contribuire economicamente, in una certa misura, al mantenimento dei familiari (cfr., ex multis: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5099 del 25/02/2020, Rv. 657139 - 01: "ai prossimi congiunti di un soggetto disoccupato, deceduto in conseguenza del fatto illecito di un terzo, compete il risarcimento del danno patrimoniale futuro che si prospetti come effettivamente probabile sulla scorta di parametri di regolarità causale ed alla stregua di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto; in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva rigettato la domanda sulla base della mera mancanza di un reddito attuale di fonte lavorativa in capo alla vittima deceduta, madre ventunenne dell'attrice"; conf.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 29830 del 20/11/2018, Rv. 651845 - 01: "il danno patrimoniale da mancato guadagno derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all'attività lavorativa della vittima configura un danno futuro, da valutarsi con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto e da liquidarsi in via necessariamente equitativa"; cfr. anche, nel medesimo senso: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 759 del 16/01/2014, Rv. 629754 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 7272 del 11/05/2012, Rv. 622507 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 3966 del 13/03/2012, Rv. 621398 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 14845 del 27/06/2007, Rv. 597916 - 01, in relazione al caso del risarcimento del danno patrimoniale subito da genitori per la morte di figli che non lavoravano o avevano appena iniziato a farlo e, quindi, non avevano possibilità di dimostrare i loro futuri guadagni).
E' appena il caso di osservare, d'altra parte, che, nella specie, emerge dagli atti, quanto meno, che la vittima del sinistro era un ex pilota di off shore residente nel principato di Monaco, di circa quarantacinque anni, che svolgeva attività di intermediazione nel commercio di natanti di altura (cioè, beni notoriamente di elevato valore) e manteneva altresì un elevato tenore di vita. Esistevano, quindi, certamente degli elementi che avrebbero potuto consentire una determinazione, in via equitativa, del contributo al mantenimento che egli, se fosse rimasto in vita, avrebbe potuto erogare alla figlia, non ancora nata al momento del suo decesso.
In tale ottica, deve ritenersi non conforme a diritto la decisione impugnata, che ha attribuito alla mancata produzione delle dichiarazioni dei redditi della vittima primaria valore decisivo al fine di negare del tutto il risarcimento del relativo danno patrimoniale alla figlia L..
Ed infatti, poiché è da ritenersi certa la sussistenza del suddetto danno patrimoniale futuro, in presenza di un obbligo di mantenimento a carico di un soggetto certamente non del tutto incapace patrimonialmente, esso avrebbe potuto e dovuto essere liquidato in via equitativa, quanto meno nella misura in cui tale danno fosse risultato effettivamente probabile, sulla scorta di parametri di regolarità causale ed alla stregua di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto, sulla base degli elementi di prova disponibili.
La decisione impugnata va, pertanto, cassata sul punto in contestazione, affinché a tanto si provveda in sede di rinvio.
3. Ricorso incidentale condizionato proposto da Società Cattolica di Assicurazione S.p.A..
3.1 Con il primo motivo si denunzia "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1227 c.c. (Art. 360 c.p.c., n. 3)".
Con il secondo motivo si denunzia "Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - art. 1227 c.c. (Art. 360 c.p.c., n. 5)".
Secondo la società ricorrente, avrebbe dovuto essere riconosciuto il concorso dei trasportati vittime del sinistro ( N.M. e Fi.Ma.) nella causazione del danno subito dagli stessi (e/o dai loro congiunti), ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, per non avere essi fatto uso dei dispositivi di sicurezza disponibili a bordo dell'imbarcazione (o, comunque, per non averne richiesto l'uso), dispositivi che avrebbero evitato o, quanto meno, notevolmente ridotto i danni da loro subiti.
I motivi di ricorso in esame, che sono logicamente e giuridicamente connessi e possono, pertanto, essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
3.2 Si premette che, secondo l'indirizzo ormai consolidato di questa Corte, in materia di circolazione stradale (indirizzo evidentemente estensibile anche alla navigazione), "qualora la messa in circolazione dell'autoveicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all'azione o omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell'altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell'azione produttiva dell'evento, diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell'evento" (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4993 del 11/03/2004, Rv. 570997 - 01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 10526 del 13/05/2011, Rv. 618201 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 6481 del 14/03/2017, Rv. 643408 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 8443 del 27/03/2019, Rv. 653261 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 11095 del 10/06/2020, Rv. 658149 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 1386 del 18/01/2023, Rv. 666964 - 01).
Il concorso, invocato dalla società ricorrente, è stato escluso dalla corte d'appello, da una parte, sulla base del rilievo per cui l'uso dei giubbini di salvataggio non è obbligatorio a bordo di un natante (contrariamente a quanto è previsto per le cinture di sicurezza in automobile, oggetto di un obbligo di legge in caso di violazione del quale si afferma ormai pacificamente che può operare il concorso colposo di cui all'art. 1227 c.c., comma 1) e, dall'altra parte, perché è stato ritenuto che i suddetti trasportati ( Fi. e Napoleoni) non fossero stati avvisati dell'intenzione dei conducenti di provare il natante su cui si trovavano anche lanciandolo ad elevata velocità.
La corte d'appello non ha, però, considerato che il concorso della vittima nella causazione del danno può derivare anche da violazione di semplici norme di prudenza, oltre che dalla violazione di obblighi di legge e che, nella specie, l'ordinaria prudenza, nel momento in cui i trasportati avevano accettato di prendere parte alla navigazione di un natante da altura, a fini di prova dello stesso ed in vista della sua possibile vendita, cioè di un natante che, notoriamente, raggiunge elevatissime velocità e che proprio per tali caratteristiche è ricercato e valutato dai potenziali acquirenti, certamente imponeva loro l'utilizzazione di tutti i dispositivi di sicurezza disponibili in rapporto alle peculiari circostanze del caso.
Di conseguenza, non avrebbe potuto aprioristicamente escludersi, a carico dei suddetti trasportati una responsabilità colposa per avere accettato di partecipare alla prova di un natante da off shore in acque interne (dove, per di più, secondo quanto emerge dagli atti, per ragioni di sicurezza era addirittura del tutto vietata la navigazione di siffatti natanti), in condizioni di evidente insicurezza o, comunque, tali da esigere di conformare a peculiare cautela la propria condotta, senza utilizzare i dispositivi di sicurezza disponibili (ovvero anche rifiutandosi di salire a bordo, in mancanza di tali dispositivi), solo in conseguenza della mancanza di un preciso obbligo di legge in tal senso.
La decisione impugnata va, quindi, cassata anche sul capo oggetto del motivo di ricorso in esame e la questione del concorso di colpa dei trasportati vittime del sinistro andrà rivalutata in sede di rinvio, sulla base dei principi di diritto esposti.
4. Ricorso incidentale proposto da C. S.r.l..
4.1 Con il primo motivo si denunzia "ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., comma 2, in relazione all'individuazione della causa dell'incidente nautico".
La società ricorrente contesta la decisione impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha confermato la statuizione di primo grado per cui la causa dell'incidente nautico non poteva essere ravvisata in vizi di costruzione o difetti di manutenzione del natante e andava, invece, individuata nelle manovre eseguite dal conducente ad elevatissima velocità.
Il motivo è inammissibile.
E' appena il caso di ribadire, in proposito, che, "in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell'art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c." (cfr., per tutte: Cass., Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 - 02).
Nella specie, al contrario, le censure di cui al motivo di ricorso in esame, pur formulate come denuncia di violazione di norme di diritto, si risolvono in realtà nella contestazione di accertamenti di fatto sostenuti da motivazione adeguata, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
4.2 Con il secondo motivo si denunzia "ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 Codice delle Assicurazioni e del D.P.R. n. 474 del 2001, artt. 1 e 2 ("Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova del veicolo") secondo l'interpretazione e l'orientamento di cui alle sentenze di codesta Suprema Corte, sez. III, n. 28433 del 14/12/2020 e n. 17665 del 25/8/2020".
La società ricorrente contesta la statuizione in base alla quale è stata riconosciuta la responsabilità di S. S.r.l. solo quale mera proprietaria del natante, mentre non è stata riconosciuta quella della sua assicuratrice della responsabilità civile A. S.p.A., essendo stata esclusa la presenza sull'imbarcazione, al momento del sinistro, della targa (Omissis), oggetto dell'assicurazione di quest'ultima.
Richiama, tra l'altro, le sentenze n. 17665 del 25/8/2020 e n. 28433 del 14/12/2020 di questa stessa Corte, con le quali è stato affermato che il veicolo già targato, anche se circola per esigenze di prova a scopo dimostrativo o per collaudo, non può esibire una targa prova, la quale deve essere applicata unicamente su veicoli privi di carta di circolazione, in quanto la targa prova presuppone l'autorizzazione ministeriale, che può essere concessa solamente per i veicoli privi di carta di circolazione, onde dei danni derivanti dalla circolazione stradale del veicolo già targato, che circoli con targa prova, deve rispondere solamente l'assicuratore del veicolo e non l'assicuratore della targa prova.
Il motivo è inammissibile, ancor prima che infondato.
4.2.1 In primo luogo, va considerato che non viene adeguatamente chiarito nel ricorso, in modo sufficientemente specifico, se, in quali atti ed in quali esatti termini, la questione di cui al motivo in esame era stata specificamente posta nel corso del giudizio di merito, come sarebbe stato necessario, trattandosi di questione che richiede (anche) accertamenti di fatto, quanto meno in relazione alla circostanza che il natante fosse già immatricolato e targato o meno.
Nel giudizio di merito è stata certamente oggetto di discussione la questione, di mero fatto, relativa alla targa oggettivamente esposta sull'imbarcazione nel momento del sinistro e si è definitivamente accertato che (contrariamente a quanto sostenuto da C.S.r.l.), al momento del sinistro fosse esposta esclusivamente la targa prova (Omissis) e non quella (anch'essa definita, dalla stessa società ricorrente, quale targa "temporanea") (Omissis).
La società ricorrente non dà specificamente conto, invece, dei tempi e delle modalità di proposizione della questione, mista di fatto e di diritto, oggetto delle censure di cui al motivo di ricorso in esame (segnatamente: quella relativa alla possibilità di apporre una targa prova su veicolo già immatricolato e la conseguente, in tale ipotesi, posizione degli assicuratori della responsabilità civile).
4.2.2 In ogni caso, i principi di diritto richiamati dalla ricorrente riguardano la circolazione stradale di veicoli già immatricolati e, quindi, dotati di una targa non temporanea.
Ma, nella specie, neanche è specificamente allegato che il natante fosse già immatricolato e dotato di targa non temporanea: a parte il fatto che, per quanto emerge dagli atti, anche la targa (Omissis) parrebbe una targa temporanea, in ogni caso e in via dirimente va osservato che il ricorso non è sufficientemente specifico sul punto, il che, per ciò solo, ne determina l'inammissibilità, in parte qua.
4.2.3 Inoltre, la ricorrente non considera neanche il fatto che, per la navigazione da diporto, valgono principi non del tutto coincidenti con quelli applicabili alla circolazione stradale (oltretutto, di recente ampliati - con la previsione della possibilità di apporre la targa prova anche a veicoli già immatricolati e per finalità diverse da quelle originariamente previste dal C.d.S. - dalla norma del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, art. 1, comma 3, convertito dalla L. 9 novembre 2021 n. 156), dal momento che l'art. 31 c.n. da diporto consente espressamente la navigazione temporanea e, quindi, l'apposizione di una targa prova in relazione a natanti già immatricolati e targati, in caso di verifiche di efficienza, presentazioni in vista della vendita e trasferimenti.
4.2.4 Per ogni altro aspetto, poi, anche le censure di cui al motivo di ricorso in esame, pur formulate come denuncia di violazione di norme di diritto, si risolvono in realtà nella contestazione di accertamenti di fatto sostenuti da motivazione adeguata, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
4.3 Con il terzo motivo si denunzia "ex art. 360 c.p.c., comma 2, n. 3: violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4".
La società ricorrente deduce di avere contestato, con l'appello, che la liquidazione dei danni non era avvenuta in base ai parametri stabiliti nelle relative Tabelle del Tribunale di Milano nella misura minima dalle stesse prevista, come avrebbe dovuto essere, in considerazione del fatto che l'incidente era avvenuto in circostanze non del tutto chiarite dai consulenti tecnici, né in sede penale né in sede civile. Sostiene che la corte d'appello avrebbe disatteso tale motivo di gravame senza alcuna motivazione.
Il motivo è infondato.
La Corte d'appello ha in realtà respinto il motivo di gravame in questione, affermando che, contrariamente a quanto dedotto dalla appellante, "le cause del sinistro sono state ampiamente chiarite" (pag. 51 della sentenza della Corte d'appello), e ha altresì precisato che lo stesso motivo di gravame era generico (pag. 50 della sentenza della Corte d'appello) e "privo di specificità, non avendo la parte appellante contrapposto in maniera specifica le proprie argomentazioni a quelle svolte nella sentenza in modo tale da inficiare il fondamento logico-giuridico di queste ultime; in altri termini l'appellante non ha individuato con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le censure in concreto mosse alla motivazione della sentenza impugnata, in modo da consentire di evincere quali siano le deduzioni fatte valere in contrapposizione a quelle evincibili dalla sentenza impugnata" (pag. 51 della sentenza impugnata).
Si tratta di una motivazione del tutto adeguata, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Il motivo di ricorso, con il quale si sostiene l'assenza di motivazione sul punto in discussione, deve pertanto ritenersi per ciò solo infondato.
Ciò esime dal rilevare che esso stesso presenta, a sua volta, un profilo di difetto di specificità, in quanto la ricorrente, in realtà, non illustra puntualmente e in modo comprensibile le ragioni per cui la sentenza impugnata dovrebbe ritenersi priva di motivazione, pur dopo aver richiamato la analitica motivazione di cui sopra, ma si limita ad affermare, apoditticamente, che sarebbe stato violato l'art. 132 c.p.c., n. 4.
5. Conclusioni.
Sono accolti: a) il ricorso proposto in via principale da R.M.F. e R.C.L.; b) i ricorsi proposti in via incidentale da N.A., R.M. e N.S., nonché da Fi.Ma.; c) il ricorso proposto in via incidentale condizionata da Società Cattolica di Assicurazione S.p.A.. E' rigettato il ricorso proposto in via incidentale da C. S.r.l..
La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi di ricorso accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, esclusivamente in relazione alla posizione della società ricorrente in via incidentale Cantieri Nautici Basso Sebino S.r.l..
P.Q.M.
La Corte:
- accoglie il ricorso proposto in via principale da R.M.F. e R.C.L., i ricorsi proposti in via incidentale da N.A., R.M. e N.S., nonché da Fi.Ma., ed il ricorso proposto in via incidentale condizionata da Società Cattolica di Assicurazione S.p.A.;
- rigetta il ricorso proposto in via incidentale da C. S.r.l.;
- cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della società ricorrente in via incidentale C. S.r.l., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 16 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2023