Bancarotta fraudolenta: il distacco del bene dal patrimonio può realizzarsi in qualsiasi forma
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Cassazione penale sez. V, 14/07/2022, n.48872

Il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore poi fallito, in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Trieste ha confermato la condanna di A.M. e Z.S. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentali commessi nella loro qualità di soci amministratori della (Omissis) s.n.c., dichiarata fallita come gli imputati nell'ottobre del 2009. La Corte ha altresì confermato la condanna dello stesso A.M. e di V.S. in qualità di concorrenti nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso da A.R., non ricorrente, nella sua qualità di amministratore della (Omissis) s.r.l., fallita nel corso del 2010.

2. Avverso la sentenza ricorrono gli imputati con unico atto a firma del comune difensore deducendo vizi di motivazione. Anzitutto si lamenta che l' A. avrebbe chiarito quali fossero le ragioni debito che lo avevano indotto a chiedere finanziamenti agli istituti di credito nell'ambito dell'operazione di salvataggio della s.n.c. Quanto alla ritenuta distrazione di contante proveniente dalle casse della società, l'imputato avrebbe poi chiarito trattarsi di prelievi da imputarsi alla distribuzione ai soci degli utili e comunque, se è vero che il curatore ha sostenuto che il dissesto della fallita risalirebbe al 2007, è altrettanto vero che lo stesso curatore non avrebbe mai precisato in che periodo tali prelievi sono stati effettuati, limitandosi ad esporre la loro complessiva entità. Ne' sarebbero decisive sul punto le dichiarazioni del coimputato G., il quale ha negato di aver mai percepito utili, posto che le stesse avrebbero evidenti finalità difensive. Per quanto concerne invece i veicoli di cui si è parimenti ritenuta la distrazione, il ricorso eccepisce che il furgone sarebbe stato regolarmente ceduto e la società avrebbe incassato il relativo corrispettivo, mentre, quanto al motociclo, lo stesso curatore avrebbe riferito di sapere dove si trovi e ciò a prescindere dal modesto valore dei beni citati. In relazione ai beni della s.r.l., i ricorrenti osservano come la società slovena li avrebbe acquisiti da colui che li aveva acquistati all'asta a seguito del loro pignoramento. Con riguardo alla bancarotta documentale, oggetto di contestazione sarebbe esclusivamente la mancata tenuta della contabilità per l'anno 2006, mentre non sarebbe vero, come affermato dalla Corte, che la domanda monitoria presentata dallo studio P. avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente le incombenze tributarie relative agli anni precedenti. Infatti il decreto ingiuntivo ottenuto dallo stesso riguarderebbe anche l'attività svolta nel 2006, mentre il fatto che il professionista abbia negato di detenere le scritture contabili della fallita sarebbe dichiarazione dettata dalla volontà di non incorrere in addebiti professionali. Osservano peraltro i ricorrenti che successivamente la tenuta della contabilità è stata affidata ad altro commercialista senza che si registrassero inconvenienti di sorta, il che dimostrerebbe come l'oggetto dell'addebito sia da imputare proprio allo studio P.. Infine la Corte, ai fini della commisurazione delle pene e del diniego all' A. delle attenuanti generiche, non avrebbe tenuto conto della risalenza dei fatti e dell'età avanzata della Z., in riferimento alla cui posizione i giudici dell'appello avrebbe altresì di motivare in merito alla mancata concessione dei benefici di legge invocati dalla difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Per quanto riguarda la distrazione e dissipazione dei rami d'azienda contestate al capo A) e D) le censure si limitano alla confutazione di un passaggio della sentenza impugnata del tutto irrilevante ai fini della tenuta del suo apparato argomentativo. Infatti, quali che siano state le cause della crisi debitoria della fallita, correttamente la Corte ha ritenuto integrato il reato perché le uniche attività della medesima sono state trasferite, sostanzialmente senza corrispettivo, ad un'altra società e ad una ditta individuale costituite a tal fine e intestate alla sorella ed alla compagna dell' A., secondo uno schema gergalmente noto come spin off, il quale assume i caratteri tipici della bancarotta patrimoniale. In tal senso va ricordato come, secondo il costante insegnamento di questa Corte, il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore poi fallito, in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni apprestate a favore degli organi concorsuali. In tal senso, pertanto, anche il contratto di affitto di azienda può connotarsi in modo da integrare una bancarotta per distrazione e ciò tanto nel caso in cui l'affitto venga stipulato con canoni incongrui o simulati (Sez. 5, n. 44891 del 9 ottobre 2008, P.M. in proc. Quattrocchi, Rv. 241830), quanto in quello cui la stipula avvenga al preciso scopo di trasferire la disponibilità dei beni societari ad altro soggetto giuridico in previsione del fallimento (Sez. 5, n. 46508 del 27 novembre 2008, Scire' e altri, Rv. 242614; Sez. 5, n. 3302 del 28 gennaio 1998, Martinel, Rv. 209947; Sez. 5, n. 11207 del 29 ottobre 1993, Locatelli ed altri, Rv. 196456). Non solo, è stato altresì precisato che integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale qualsiasi forma di cessione di un ramo d'azienda che renda non più possibile l'utile perseguimento dell'oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società (Sez. 5, n. 10778 del 10 gennaio 2012, Petruzziello, Rv. 252008) e più specificamente l'affitto d'azienda al quale non consegua l'incasso dei canoni pattuiti da parte della società fallita, senza che sia addotta alcuna giustificazione in proposito (Sez. 5, n. 16989 del 2 aprile 2014, Costa, Rv. 259858). Nel caso di specie tanto la cessione di un ramo d'azienda, quanto l'affitto dell'altro non hanno avuto una effettiva contropartita, posto che nel primo caso il corrispettivo era costituito dall'accollo da parte della cessionaria dei debiti dell'attività senza liberazione della fallita e nel secondo non venivano riscossi i canoni d'affitto.

Questa e non altra è la ratio decidendi del provvedimento impugnato, con la quale i ricorrenti non si sono minimamente confrontati, mentre la mera speranza di poter accedere al credito bancario attraverso lo schema negoziale descritto costituisce a tutto concedere il movente del reato, del tutto irrilevante ai fini della configurabilità del dolo della bancarotta patrimoniale. Movente che peraltro la sentenza ha ritenuto indimostrato, rimanendo anche su questo punto incontestata. Quanto infine ai macchinari affittati alla V. ed oggetto del capo D), i ricorrenti si limitano a riproporre l'obiezione già avanzata con il gravame di merito e ampiamente confutata dalla Corte, la quale ha escluso, rimanendo incontestata sul punto, che si tratti degli stessi beni pignorati presso la (Omissis) s.n.c.

Sempre con riguardo alle condotte contestate al capo A), manifestamente infondate o generiche sono poi le censure relative alla ritenuta distrazione dei veicoli di proprietà della fallita. Sono infatti gli stessi ricorrenti a precisare come il furgone sia sì stato venduto, ma dal curatore della (Omissis) s.r.l., cui era stato trasferito nell'attuazione del piano di spoliazione della fallita e che nel frattempo è a sua volta fallita. Che il curatore della s.n.c. fosse a conoscenza del fatto che gli altri veicoli si trovavano nella disponibilità dell' A., lungi dall'escludere la configurabilità del reato, ne costituisce semmai la prova, posto che l'imputato era tenuto a consegnarli alla curatela e non già a trattenerli, sottraendoli di fatto.

3. Generica è la confutazione della motivazione della sentenza nella parte relativa alla distrazione di cui al capo B), affidata esclusivamente alla altrettanto generica contestazione dell'attendibilità delle dichiarazioni del G., posto che la Corte ha condannato gli imputati per i ripetuti prelievi di contante in ragione dell'indimostrata sussistenza di utili distribuibili solo assertivamente prospettata dall' A..

Parimenti generiche sono poi le censure relative al reato di bancarotta documentale, che si riducono alla meramente assertiva contestazione dell'attendibilità del professionista incaricato della tenuta della contabilità e che nemmeno si confrontano con la spiegazione offerta dalla Corte in merito agli adempimenti svolti dallo stesso nel 2006.

Versate in fatto sono poi le doglianze dei ricorrenti sul trattamento sanzionatorio, avendo la Corte ampiamente motivato le scelte operate in proposito evidenziando quale tra i parametri indicati dall'art. 133 c.p. ha ritenuto di privilegiare anche ai fini del diniego delle attenuanti generiche.

Inammissibile è infine la doglianza relativa alla mancata concessione dei benefici di legge alla Z.. L'imputata è stata infatti condannata alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, ostativa alla concessione tanto della sospensione condizionale, quanto della non menzione della condanna. Con riguardo al primo beneficio, in particolare, va evidenziato infatti che la stessa, al momento della consumazione del reato (risalente all'ottobre del 2009) non aveva ancora compiuto settanta anni, essendo nata nell'aprile del 1941, il che esclude possa applicarsi alla medesima la previsione di cui all'art. 163 c.p., comma 3, la cui operatività presuppone che la pena detentiva inflitta non superi i due anni e sei mesi e che l'autore del reato abbia compiuto i settanta anni di età al momento della commissione del fatto, e non al momento della celebrazione del processo (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 746 del 19/10/2017, dep. 2019, Moroni Rv. 274761; Sez. 3, Sentenza n. 28374 del 12/04/2019, B., Rv. 276243). Dalla manifesta infondatezza della richiesta avanzata dalla difesa con il gravame di merito discende l'irrilevanza della mancata di una risposta sul punto da parte della Corte territoriale, che ha comunque fatto corretta applicazione delle norme di riferimento non concedendo i benefici.

4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2022

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