Bancarotta fraudolenta: va condannato l'imputato rimasto inerte dinanzi alla condotta illecita dell'amministratore di fatto
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Cassazione penale sez. V, 31/01/2022, n.19182

Non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, in quanto non si determina un'apprezzabile modifica del titolo di responsabilità, la decisione con cui, in applicazione dell'art. 40, comma 2, c.p., l'imputato sia condannato per il reato di bancarotta fraudolenta per essere rimasto colpevolmente inerte di fronte alla condotta illecita dell'amministratore di fatto, anziché per la condotta assunta direttamente in veste di amministratore formale, purché rimanga immutata l'azione distrattiva, nei suoi profili soggettivi e oggettivi.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 27/01/2021 la Corte d'appello di Trento ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione S.D., in relazione ai reati di cui ai capi 2), 4) e 5).

Il capo 2) ha per oggetto il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, contestato a P.R. (non ricorrente) e alla S. - il primo quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data 09/04/2015, e la seconda quale legale rappresentante della C. s.r.l. - con riguardo alla somma di 316.135,60 Euro, al netto dell'1.v.a., versata dalla prima società in favore della seconda in dipendenza di lavori di subappalto eseguiti nel cantiere del Polo scientifico di (OMISSIS), consulenze e altro: lavori, in realtà, eseguiti dalla (OMISSIS) s.r.l..

Nel capo di imputazione si aggiunge che l'importo versato eccedeva, in ogni caso, di 54.152,00 Euro il compenso riconosciuto dalla (OMISSIS) s.r.l..

Il capo 4) ha per oggetto il reato di cui all'art. 110 c.p. e D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 8, attribuito al P. e alla S., nelle rispettive qualità di amministratore di fatto e di amministratore legale della C. s.r.l.: si tratta, secondo l'impostazione accusatoria, dell'emissione di fatture soggettivamente ed oggettivamente inesistenti emesse per l'ammontare di 316.135,60 Euro (quale indicato nel sopramenzionato capo 2 di imputazione), al fine di consentire alla (OMISSIS) s.r.l. di evadere le imposte sui redditi e l'I.v.a.

Il capo 5) ha per oggetto il reato di bancarotta impropria attribuita al P. e alla S., in concorso tra loro, "nelle qualità indicate nei capi di imputazione da 1 a 4", per avere cagionato il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. per effetto delle distrazioni dolose di cui ai capi 1) e 2).

Per completezza, al fine di intendere la portata delle imputazioni oggetto del ricorso, va aggiunto, infine, che il capo 1) riguarda il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva in danno della (OMISSIS) s.r.l. attribuito al solo P., quale legale rappresenta della stessa società.

2. Nell'interesse della S. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge. Con riferimento ai reati di cui ai capi 2) e 5), premesso che la ricorrente non ha rivestito alcun ruolo nella (OMISSIS) s.r.l., si osserva che la Corte territoriale aveva argomentato il rigetto dell'appello della S., richiamando esplicitamente, quanto al nesso causale e all'elemento soggettivo, "le sopra esposte considerazioni con riferimento a P.": si erano in tal modo equiparate posizioni non omogenee, sia per l'estraneità della ricorrente alla (OMISSIS) s.r.l., sia perché a lei erano state contestate condotte omissive e non commissive.

In questa prospettiva, il fatto che la S. potesse essere edotta delle questioni giuslavoristiche della (OMISSIS) s.r.l. e delle doglianze dei lavoratori non dimostra che ella avesse un qualche controllo o una qualche consapevolezza della gestione sociale della società poi fallita.

Con distinta articolazione, si aggiunge che, in violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, la S., imputata per un reato fallimentare per condotte commissive dolose, era poi stata condannata per condotte omissive, ossia per non avere adempiuto al dovere di vigilanza e controllo su di lei gravante quale legale rappresentante della C. s.r.l. In tal modo, la difesa non aveva potuto argomentare in ordine: a) al coinvolgimento del mero prestanome nelle vicende societarie; b) alla consapevolezza che dalla condotta omissiva potessero scaturire gli eventi tipici del reato fallimentare con riguardo ad una distinta società della quale la ricorrente non si occupava; c) alla consapevolezza dei disegni criminosi dell'amministratore di fatto rispetto alle sorti della società che sarebbe fallita.

D'altra parte - si aggiunge -, la giurisprudenza di legittimità che fonda la responsabilità dell'amministratore di diritto sulla generica consapevolezza dei disegni criminosi dell'amministratore di fatto richiede un presupposto non ricorrente nel caso di specie: che i ruoli si riferiscano alla medesima società.

Con riguardo al capo n. 4), le doglianze investono l'attribuzione di responsabilità alla S. per effetto delle mera posizione di garanzia dipendente dal ruolo di amministratore della società.

2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali, con riguardo all'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 4), per avere la Corte territoriale, in evidente contrasto con la formulazione del capo di imputazione, ritenuto che alla S. l'illecito fiscale sia stato contestato come reato omissivo.

2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla dosimetria della pena, rilevando: a) che il giudizio di prevalenza espresso dai giudici di merito tra le circostanze attenuanti generiche e la circostanza aggravante di cui all'art. 219 L. Fall. trascurava di considerare che alla ricorrente quest'ultima non era mai stata contestata; b) che la circostanza attenuante di cui all'art. 114 c.p. era stata esclusa in modo illogico e contraddittorio, avendo riguardo all'intervenuto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche giustificate invece per la sua incensuratezza - e alla revoca delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e assenza di specificità.

Innanzi tutto, deve escludersi che la Corte territoriale abbia, nel richiamare, a proposito dell'appello della S. e quanto al nesso causale e all'elemento soggettivo, "le sopra esposte considerazioni con riferimento a P.", abbia equiparato le due posizioni.

Come dimostra l'esame dell'intera motivazione e le osservazioni dedicate alla ricorrente, la Corte d'appello ha tenuto ben presente e distinta la situazione della S. e con l'inciso menzionato ha solo operato un rinvio alla trattazione generale di siffatti profili, ossia all'indicazione della cornice normativa e giurisprudenziale di riferimento.

Al contrario, quando ha poi valutato le singole responsabilità, la sentenza impugnata ha sottolineato come la ricorrente fosse un extraneus rispetto alla distrazione consumata in danno della (OMISSIS) s.r.l., nel senso - e qui s'intende l'ulteriore approfondimento che il ricorso fa mostra di non intendere, quando si duole dell'applicabilità della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità dell'amministratore di diritto - che il suo ruolo di amministratore della C. s.r.l., ossia della società della quale il P. si era valso per realizzare la distrazione medesima, si accompagnava ad un livello di consapevolezza delle vicende societarie e della specifica operazione distrattiva (anche per le conoscenze professionali e delle vertenze sindacali tra la (OMISSIS) s.r.l. e i dipendenti della stessa) che giustificano la conclusione dell'attribuzione dei reati.

In altri termini, secondo la sentenza impugnata, l'amministratrice della C. Energia s.r.l., sia per i doveri di vigilanza gravanti sull'amministratore, rilevanti ai sensi dell'art. 40 c.p., sia per le concrete conoscenze valorizzate dalla Corte territoriale - oggetto di accertamento di merito solo genericamente contestato in ricorso e comunque privo di profili di illogicità - ha consapevolmente partecipato alla distrazione di cui al capo 2.

Ne' in questa prospettiva, si apprezza alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, in quanto: a) il capo 2 attribuisce alla S., nella qualità di legale rappresentante della C. s.r.l., la distrazione in danno della (OMISSIS) s.r.l. e in tale contestazione non s'intende perché non dovrebbe essere inclusa la condotta omissiva di controllo rispetto agli atti gestori dell'amministratore di fatto P., tale chiaramente indicato nel correlato capo di imputazione n. 4; b) in generale, non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, previsto dall'art. 521 c.p.p., la decisione con la quale l'imputato sia condannato per il reato di bancarotta fraudolenta per essere rimasto colpevolmente inerte di fronte alla condotta illecita dell'amministratore di fatto, in applicazione dell'art. 40 c.p., comma 2, anziché per la condotta assunta direttamente nella veste di amministratore formale, purché rimanga immutata l'azione distrattiva, nei suoi profili soggettivi ed oggettivi, considerato che non si determina un'apprezzabile modifica del titolo di responsabilità (Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, Rv. 252991 - 01); c) siffatta ricostruzione della portata dell'accusa risale alla sentenza di primo grado sicché non si intende il significato della lamentata violazione dei diritti difensive indicata nel primo motivo.

Quanto al capo 4), deve sicuramente escludersi che l'attribuzione di responsabilità alla S. si fondi sulla mera posizione di garanzia dipendente dal ruolo di amministratore della società, giacché la stretta correlazione tra la bancarotta e il reato fiscale consentono di valorizzare la consapevolezza della prima per illuminare l'elemento psicologico che sorregge il consapevole concorso nel secondo.

2. Il secondo motivo è inammissibile poiché manifestamente infondato.

La Corte territoriale, nell'affermare che alla S. l'illecito fiscale era stato contestato come reato omissivo, ha solo inteso sottolineare che già nel capo di imputazione era stato distinto il ruolo di gestore di fatto del P. e di amministratrice di diritto della S., con la conseguenza che il titolo della sua responsabilità poteva ragionevolmente essere inteso, nell'ottica della tutela dei diritti difensivi, come fondato sull'omissione del dovere di vigilanza.

3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto, innanzi tutto, in tema di reati fallimentari, nel caso in cui all'imputato siano contestati più fatti di bancarotta, la mancata contestazione esplicita della circostanza aggravante speciale di cui all'art. 219, comma 2, n. 1), L. Fall. non integra alcuna violazione dell'art. 522 c.p.p., perché il riferimento alla predetta circostanza aggravante, in tutti i suoi elementi costitutivi, è implicitamente contenuto nella descrizione della pluralità dei reati, la cui contestazione pone l'imputato in condizione di conoscere il significato dell'accusa e di esercitare il diritto di difesa (Sez. 5, n. 33123 del 19/10/2020, Martini, Rv. 279840 - 01).

D'altra parte, la cd. continuazione fallimentare non richiede alcuna formale contestazione (diversa, s'intende, da quella dei fatti di bancarotta), in quanto l'utilizzazione di tale istituto si risolve esclusivamente nell'applicazione di una disciplina più favorevole di quella che deriverebbe dalle regole generali in tema di determinazione della pena in caso di pluralità di reati.

Quanto alla circostanza attenuante di cui all'art. 114 c.p., la soluzione negativa della sentenza impugnata riposa su un razionale accertamento di merito che si inquadra nella cornice giurisprudenziale in forza della quale, ai fini dell'integrazione della circostanza de qua, non è sufficiente una minore efficacia causale dell'attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso (Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, Rv. 281857 - 01): ciò che alla luce del complesso della motivazione non può assolutamente affermarsi della ricorrente.

Il riferimento di carattere generale nella motivazione all'esito dosimetrico concernente la S. serve a fornire una risposta unitaria alle varie censure, ma non oscura il significato del percorso argomentativo esaminato nella sua interezza.

4. Piuttosto, nonostante l'assenza di una censura al riguardo, deve rilevarsi d'ufficio che erroneamente la Corte territoriale ha attribuito all'imputata anche il reato di cui al capo 5, per avere cagionato il fallimento della (OMISSIS) s.r.l per effetto della distrazione dolosa di cui al capo 2.

La giurisprudenza di questa Corte ha infatti rilevato che, in tema di reati fallimentari, non è configurabile il concorso formale tra i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose, per il diverso ambito delle due fattispecie, ma il solo concorso materiale qualora, oltre alle condotte ricomprese nello specifico schema della bancarotta ex art. 216 L. Fall., siano stati realizzati differenti ed autonomi comportamenti di abuso o infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta ovvero atti intrinsecamente pericolosi per l'andamento economico finanziario della società, che siano stati causa del fallimento (Sez. 5, n. 348 del 07/12/2021 - dep. 10/01/2022, Rv. 282396 - 01).

Al contrario, nel caso di specie, le condotte sono le medesime.

Per effetto della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo 5 non ha alcuna incidenza sulla determinazione della pena.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato contestato al capo 5 perché assorbito nel reato contestato al capo 2. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2022

Bancarotta fraudolenta: va condannato l'imputato rimasto inerte dinanzi alla condotta illecita dell'amministratore di fatto

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