Bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose: sul concorso dell'extraneus
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Cassazione penale sez. V, 15/06/2022, n.37101

In tema di concorso dell'"extraneus" nel delitto di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose, il parere reso dal legale della società in seguito fallita costituisce contributo causalmente rilevante rispetto alla condotta tipica di bancarotta solo nel caso in cui sia risultato decisivo per l'assunzione della condotta da parte dell'"intraneus". (Fattispecie in cui è stata esclusa la responsabilità del legale per avere lo stesso reso consigli di incerta valenza causale in merito ad un'operazione - di fatto aggravante il dissesto della società - di aumento fittizio del capitale sociale e di emissione di un prestito obbligazionario convertibile in azioni).

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 21.12.2020, la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza del GUP del locale Tribunale del 30.04.2019, assolveva C.A. dai reati ascrittigli al capo C), di cui all'art. 110 c.p., artt. 216 e 219, art. 223, commi 1 e 2 L. Fall., di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose relative alla società (Omissis) s.p.a., dichiarata fallita in data 12.5.2016, e segnatamente dalle condotte di cui ai punti C1), di aumento fittizio del capitale sociale e C2) di distrazione di somme- condotta questa riqualificata nell'ipotesi di cui all'art. 216, comma 3 L. Fall.- per non aver commesso il fatto, nonché dalla condotta di cui a(punto C3) di false attestazioni nelle relazioni depositate, perché il fatto non sussiste.

1.1. In particolare, al C., consigliere della società (Omissis) s.p.a., dal 29.1.2014 al 29.10.2015, concorrente extraneus, legale della società, risultava attribuito l'aggravamento del dissesto della società (Omissis) s.p.a., attraverso il compimento di operazioni dolose, consistite nell'aver reso, nella veste appunto di legale, suggerimenti e consigli e, in particolare, nell'aver reso parere positivo in ordine alla possibilità di liberazione di obbligazioni in natura e non in denaro (C1); nell'aver concorso ad effettuare pagamenti preferenziali da parte della società come riqualificata in appello la condotta in questione - per un ammontare complessivo di Euro 22.398,00 - dal patrimonio della fallita a favore dello studio legale T., nel quale operava (C2); nell'aver falsamente, nelle memorie depositate in data 06.01.2016 e in data 04.05.2016, rappresentato - in qualità di legale della società, nella causa prefallimentare -la situazione economico-finanziaria della fallita, anche mediante prospettazione del risanamento della società, nel dichiarato intento di procrastinare la dichiarazione di fallimento (C3).

2. Avverso la suddetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Corte d'appello di Milano, chiedendone l'annullamento e affidando le proprie censure a quattro motivi, con i quali deduce:

2.1. con il primo motivo, in relazione al capo C, punto 1, il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale- nonostante l'accertamento del nesso causale intercorrente tra il fittizio aumento del capitale sociale e il definitivo dissesto economico della fallita, l'interesse assolutamente personale del C. a ritardare la dichiarazione di fallimento a ragione del proprio coinvolgimento nelle vicende societarie, il concreto suo adoperarsi per l'ingresso della S. s.p.a. nella compagine sociale della (Omissis) s.p.a. e la evidente impotenza patrimoniale di tale società - assolto l'imputato per non aver commesso il fatto, ritenendo l'intera operazione speculativa ideata dai coimputati M., S. e P. senza coinvolgimento del C.; ciò, nonostante emerga chiaramente dagli atti processuali che egli si esprimeva favorevolmente in merito al compimento di tali operazioni e alla possibilità di sottoscrizione in forma cartolare del prestito obbligazionario convertibile - la cui conformità al regolamento la Corte territoriale cerca di giustificare- e nonostante il palese contrasto con la finalità (acquisire liquidità per finanziare il rilancio del piano industriale) di emissione del prestito obbligazionario; nel negare il contributo causalmente rilevante del C., ritenendo non accertato che il parere prestato sia stato decisivo nell'adozione delle determinazioni assunte, la Corte di Appello trascura completamente sia le dichiarazioni dei coimputati - P., T. e M. - convergenti nell'affermarne la responsabilità- che i riscontri oggettivi a tali dichiarazioni, precisamente individuati dalla sentenza di prime cure, ritenendo il C. una sorta di burattino inconsapevole nelle mani degli altri imputati - ricostruzione questa piuttosto inverosimile, stante la qualifica professionale e la pregressa fattiva partecipazione al Consiglio di amministrazione della fallita; inoltre, in ordine alla sussistenza, in capo al C.,

dell'elemento soggettivo del reato, non può che ritenersi accertata, tanto la piena conoscenza da parte dell'imputato della situazione di grave dissesto in cui versava la fallita e del contenuto del regolamento del prestito obbligazionario convertibile, essendo stato l'imputato membro del consiglio di amministrazione della società fallita, quanto la piena conoscenza dell'assoluta inconsistenza dei titoli offerti a (Omissis) s.p.a., avendo lo stesso personalmente gestito i rapporti tra le due società e ammesso la mancanza di accertamenti volti a verificare la effettiva capacità patrimoniale della Santa Marta Real Estate s.p.a., a fronte della visura di documenti dai quali emergeva chiaramente la concreta impotenza economica di tale società a svolgere il ruolo di socio finanziatore;

2.2. con il secondo motivo, in relazione al capo C, punto 2, il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale - una volta operata la riqualificazione della condotta originariamente contestata, accertata nel suo profilo oggettivo, come ipotesi integrante il diverso reato di bancarotta fraudolenta preferenziale, di cui all'art. 216, comma 3, L. Fall. - assolto il C. per non avere commesso il fatto, mancando elementi processuali dai quali evincere sollecitazioni in ordine al pagamento delle somme in questione allo studio Trevisan e non potendosi ritenere dimostrato, pertanto, un apporto causalmente determinante, in tal senso, del C. - non essendo l'imputato neppure diretto beneficiario dell'elargizione di tali somme; invero, tale iter argomentativo risulta assolutamente contraddittorio, posto che la stessa sentenza impugnata afferma che il C. avrebbe probabilmente beneficiato indirettamente (in un secondo momento) della somma entrata nelle casse dello studio Trevisan, e meramente apparente, mancando di confrontarsi con i plurimi elementi, emergenti dagli atti processuali, che danno contezza del ruolo amministrativo che il C. aveva mantenuto, pur avendo rassegnato le proprie dimissioni dal Consiglio di Amministrazione, all'interno della compagine societaria;

2.3. con il terzo e quarto motivo, in relazione al capo C, punto 3, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte territoriale assolto il C. perché il fatto non sussiste, pur avendo ritenuto indubbio che l'attività del C., in qualità di legale della società fallita, abbia procrastinato la dichiarazione di fallimento della (Omissis) s.p.a., mediante la rappresentazione di una situazione patrimoniale non veritiera, ricostruita nelle memorie difensive con il preciso intento di dilazionare la dichiarazione di fallimento della società; invero, presentata in data 25.11.2015 istanza di fallimento della società (Omissis) s.p.a. da parte del Pubblico Ministero, il C. depositava una prima memoria difensiva in data 06.01.2016 in vista della programmata udienza davanti al Tribunale fallimentare di Milano, tenutasi in data 13.01.2016, prospettando, in seguito alla sottoscrizione del prestito obbligazionario da parte di Santa Marta Real Estate s.p.a., il risanamento delle finanze della società fallenda e presentando per tale ragione istanza di rinvio, istanza che il tribunale accoglieva al fine di verificare la concretezza dell'impegno assunto da tale società nei confronti di (Omissis) s.p.a.; una seconda memoria difensiva veniva depositata dal C. in data 04.05.2016, con la quale, ancora prospettando il risanamento della (Omissis) s.p.a., si dava contezza del (fittizio) aumento di capitale deliberato dal Consiglio di amministrazione a mezzo della conversione in azioni delle obbligazioni sottoscritte da Santa Marta Real Estate s.p.a., ma il Tribunale di Milano, in data 12.05.2016, dichiarava con sentenza il fallimento della società, dando atto della conclamata e irreversibile situazione di insolvenza della società; la sentenza impugnata è da ritenersi, dunque, contraddittoria nel proprio impianto argomentativo, laddove, accertata la materialità delle condotte contestate all'odierno imputato, disconosce il nesso causale esistente tra tali condotte, aventi palesemente intento dilatorio, e l'aggravamento del dissesto economico-finanziario della società fallita, ritenendo l'indebitamento strutturale della (Omissis) s.p.a., determinato dall'emissione, in assenza di contropartita effettivamente valorizzabile, di obbligazioni per Euro 7.620.000,00; la motivazione sottesa alla sentenza impugnata è da ritenersi, parimenti, illogica e contraddittoria, laddove afferma, travisando il contenuto delle intercettazioni condotte durante le indagini, che il C., inconsapevole della macchinazione sottesa alle operazioni speculative delle quali rendeva conto nelle memorie, avesse più banalmente fatto incautamente affidamento sulle indicazioni presentategli dal cliente, prendendo atto troppo tardi della inaffidabilità dei propri interlocutori; invero, la Corte territoriale manca di valorizzare plurime circostanze, allo stesso modo emergenti dalle risultanze processuali, deponenti in senso contrario, dalle quali emerge la piena consapevolezza, da parte del C., di rappresentare falsamente, prospettando come effettiva una situazione meramente apparente, la situazione economico-finanziaria della società fallenda, al solo fine di dilazionare la sentenza di dichiarazione del fallimento.

3. Il procuratore generale in sede, in persona del sostituto procuratore Dott. Nicola Lettieri, ai fini della decisione del ricorso, ha fatto pervenire le sue richieste scritte, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. con modificazioni nella L. n. 176 del 2020, e del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15, concludendo per il rigetto del ricorso.

4. La difesa di C.A., in persona dell'avv. D.G.., ha fatto pervenire conclusioni scritte a mezzo PEC del 9.6.2022 per l'inammissibilità del ricorso del P.G..

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del P.G., volto a censurare la pronuncia assolutoria di C.A., è nel suo complesso infondato.

1.Va premesso che il C. è stato coinvolto nel presente giudizio per i fatti di cui al capo C) e segnatamente di cui ai punti Cl.), C2) e C3), di bancarotta fraudolenta impropria di cui all'art. 223, comma 2, n. 2 L. Fall. per aver, in particolare, concorso quale extraneus, ad aggravare il dissesto della società (Omissis) s.p.a. mediante operazioni dolose.

Il C., in particolare, secondo quanto si legge nella premessa della sentenza impugnata, divenuto consigliere della (Omissis) in data 29/01/2014 a seguito di cooptazione, rassegnava le dimissioni il 04/09/2015, formalizzate poi il 29/10/2015, occupandosi successivamente delle vicende della società quale legale, ricevendo in data 26.10.2015 un incarico di assistenza nella definizione dei rapporti con i debitori e curando anche la causa prefallimentare. La società in questione, già nella primavera del 2015, registrava elementi di criticità, tra cui il raddoppio dei debiti e la svalutazione dei crediti e tra i costi che la società aveva sostenuto vi erano quelli dell'operazione di emissione di prestito obbligazionario convertibile (POC) con facoltà di rimborso in azioni deliberata in data 12/02/2014 (quando era consigliere il C.), che prevedeva la sottoscrizione in denaro e non in natura, funzionale al reperimento di risorse finanziarie. In tale contesto si inseriva l'intervento di un nuovo socio S. s.p.a., individuata dal P. (presidente del collegio sindacale) e supportata dal C. che si impegnava ad investire l'importo di Euro 610.800 mediante sottoscrizione in più riprese di azioni per un controvalore di Euro 558.000 utile per iniziare a pagare le cedole del POC in scadenza. Tale società, tuttavia, non si presentava corredata da crismi di affidabilità ed il suo ingresso consentiva, comunque, di procedere al mutamento del cda che si insediava nell'ottobre del 2015 con T. presidente, laddove il presidente del collegio sindacale continuava ad essere il P..

Nell'intervallo decorrente tra la prima udienza prefallimentare e quella in cui è stato dichiarato il fallimento, si registrava l'aumento fittizio del capitale sociale di Euro 7.600.000 con Delib. del 18.4.2016 di conversione in azioni -e quindi in natura- delle obbligazioni sottoscritte da S., Delib. questa inidonea a dotare (Omissis) delle risorse finanziarie, così determinando un aumento fittizio del capitale, che di fatto aggravava il dissesto della società.

I fatti ascritti all'imputato, nel contesto descritto, consistono nell'avere concorso ad aggravare il dissesto della società attraverso operazioni dolose a cui avrebbe contribuito rafforzando e favorendo il proposito criminoso degli intranei, avendo conoscenza dello stato di dissesto in cui versava (Omissis), mediante consigli resi in merito alla possibilità di convertire le obbligazioni in natura e presentando al Tribunale fallimentare memorie rappresentanti fatti non veritieri sulle condizioni economiche della società.

1.1. Tanto premesso, si osserva in linea generale, che al fine di configurare la responsabilità concorsuale dell'extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta sono sufficienti - secondo i principi più volte affermati da questa Corte- l'incidenza causale dell'azione dello stesso "extraneus", nonché la sua consapevolezza del fatto illecito e della qualifica del soggetto attivo che ha posto in essere il fatto tipico (cfr. Cass., sez. 5", 26/06/1990, Bordoni e altri; Sez. 5, n. 40332 del 2013; Sez. 5, n. 18517 del 22/02/2018, Rv. 273073; Sez. 5, n. 37194 del 11/07/2019 Rv. 277340). Pertanto, il concorso nella bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento, in tanto è configurabile, in quanto l'attività di cooperazione col fallito sia stata efficiente per la produzione dell'evento (Sez. 5, n. 27367 del 26/04/2011 Rv. 250409), ovvero abbia realizzato con la sua condotta un apporto causale alla realizzazione dell'illecito (Sez. 3, n. 195 del 09/12/1991, Rv. 188871).

In tema di bancarotta impropria, nel caso di fallimento per effetto di operazioni dolose il dolo dell'"extraneus" consiste nella volontarietà dell'apporto alla condotta dell'autore proprio del reato nella rappresentazione dell'evento che ne consegue (Sez. 5, n. 16388 del 23/03/2011, Rv. 250108). La conoscenza dello stato di dissesto dell'impresa da parte dell'extraneus che concorra nel compimento di operazioni dolose non è necessaria al fine di integrare il dolo del delitto di bancarotta. In tal senso è orientata la prevalente e più recente giurisprudenza di legittimità, che afferma come in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta, il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'"intraneus", con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019 Rv. 278156; Sez. 5, n. 38731 del 17/05/2017, Rv. 271123; Sez. 5, n. 12414 del 26/01/2016 Rv. 267059).

2. Con riguardo specifico alla condotta di cui al punto C1), vale la pena riportare in sintesi i passi salienti del ragionamento della Corte territoriale ai fini dell'assoluzione dell'imputato.

In proposito, la sentenza impugnata ha messo in risalto, come la contestazione già in sé si presenti si presenti "impegnativa", atteso che, a fronte di un'articolata condotta che trova il suo epilogo nel CdA del 18 aprile 2016 (di liberazione del POC in natura), il ruolo del C. è stato individuato come la resa di un parere, non meglio temporalmente collocato e consigli, ossia estrinsecatosi in condotte la cui pregnanza letterale risulta difficilmente coglibile sul piano dell'efficienza causale. Infatti- incontestato che non sia stato reso un parere formale, avente una sua consistenza in un atto documentale promanato dal C. in qualità di legale- la sentenza impugnata ha evidenziato come sia da valutare in quale misura un parere legale, informalmente reso (ciò valorizzando il contenuto della mail del 28/12/2015), possa inserirsi nell'iter storico-naturalistico, quale segmento utile a fondare un contributo determinante alla realizzazione del fatto penalmente rilevante.

Sulla base di tali premesse, deve ritenersi del tutto condivisibile la conclusione della Corte territoriale, secondo cui l'apporto causalmente correlato alla condotta nel suo complesso risulta tale, ove si accerti che tale parere sia stato decisivo per l'adozione delle determinazioni assunte non essendo sufficiente che l'imputato ne abbia solo avallato la realizzazione.

Ne' d'altra parte, possono assumere rilievo dirimente le convergenti dichiarazioni dei coimputati, individuanti una correlazione tra il presunto parere reso e la percezione di un pagamento di parcella del 24/12/2015 per l'importo di oltre Euro 5.000, con la causale di pagamento di parcella professionale, in mancanza di una ricostruzione rigorosa delle tempistiche dello scenario retrostante che ha condotto alla conversione del POC in natura.

Infatti, secondo la Corte territoriale, non è stato chiarito in quale misura il parere del C. o dello studio Trevisan sia stato determinante ed incisivo a tal punto da incidere sul corso degli eventi, atteso che le dichiarazioni dei coimputati solo in parte convergenti certamente risultano interessate in misura diversa a dare un avallo qualificato a posteriori all'operazione in questione, ai fini della individuazione delle responsabilità.

All'uopo, invece, è stato ritenuto dalla Corte territoriale decisivo il contenuto della conversazione del 15.4.2016, dal quale emerge come l'operazione sia stata ideata da M. (amministratore di fatto) e S. (amministratore), con il coinvolgimento di altri attori nella vicenda, tra cui il P., al fine di far passare l'operazione al collegio sindacale senza che alcuno di costoro facesse riferimento a C. all'ipotetico parere.

2.1. In conclusione, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio enucleabile dalla vicenda in esame, secondo cui il parere reso da un legale in relazione alla condotta di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose deve risultare decisivo per l'assunzione della condotta dell'intraneo, per poter integrare un contributo concorsuale rilevante, decisività questa nella fattispecie non emergente.

Tale conclusione, si presenta in linea con i principi innanzi riportati della giurisprudenza di legittimità in tema di concorso dell'extraneus, laddove il procuratore generale si è limitato a sviluppare censure prevalentemente in fatto circa la valenza delle dichiarazioni dei coimputati che non si confrontano con il nucleo fondante la decisione della Corte territoriale circa la mancanza di elementi idonei ed univoci al fine di ritenere che il parere informale reso dal C. sia stato decisivo, ponendosi a pieno titolo nella sequenza causale dell'operazione dolosa deliberata in data 18 Aprile 2016.

Peraltro, l'analisi della Corte territoriale della sentenza del primo giudice -riduttivamente fondata ai fini della responsabilità- sulle dichiarazioni dei coimputati e sulla parcella di oltre Euro 5000,00 risulta adeguatamente ponderata e confutata, ponendosi nel solco dell'indirizzo circa la necessità, nel caso di sentenza assolutoria, di rendere una motivazione rafforzata dando conto compiutamente delle ragioni dell'assoluzione.

3. Neppure merita censura la valutazione della Corte territoriale, circa la condotta di cui al punto C2), riqualificata nel reato di bancarotta fraudolenta preferenziale, riguardante due operazioni di bonifico in favore dello studio Trevisan -presso il quale il C. prestava la propria attività professionale- per complessivi Euro 22.398,08, aventi causale studio legale T."saldo proforma del...." e studio legale T. "accordo ristrutturazione". La sentenza impugnata, dopo aver messo in risalto che i due bonifici sono stati intestati non al C. personalmente, bensì allo studio T., con causale che rimanda all'accordo di ristrutturazione- accordo che risulta essere stato concluso dallo studio T. in data 3. 9. 2015, sottoscritto dall'avvocato Trevisan Dario per il raggiungimento di accordi singoli con i creditori fornitori e professionisti-richiamando il compenso di Euro 10.000 come parte fissa e una parte variabile calcolata nella misura del 10% dell'ammontare degli importi stralciati e che risultano conclusi 15 accordi comportanti versamenti perfezionati tra il 19/10/2015 e il 30/11/2015, ha evidenziato come risulti accertato che le prestazioni professionali funzionali all'accordo di ristrutturazione siano state rese nella misura in cui risultano conclusi accordi transattivi in relazione ai quali è stato computato il compenso spettante allo studio T.

Di tali accordi d'altra parte si è dato conto anche nella memoria depositata al tribunale prefallimentare in data 6 gennaio 2016 e lo studio è stato ammesso al passivo del fallimento per crediti inerenti all'attività professionale, consistite nell'assistenza legale svolta nel contesto della procedura fallimentare nella quale deve ritenersi ricompresa l'attività di ristrutturazione del debito.

La Corte territoriale in tale contesto ha evidenziato come non debba essere dimenticata l'esistenza di una contabile bancaria, attestante il bonifico effettuato in data 24/12/2015 in favore dei C. personalmente per l'importo di Euro 5.000, con causale pagamento nota professionale, che depone per avere costui svolto attività in proprio. Ne' risulta contestato che le somme bonificate il 05/10/2015 e il 30/11/2015 facciano riscontro alle fatture emesse dallo studio e che il beneficiario dei bonifici sia stato lo studio professionale a ulteriore riprova che le somme di cui si discute siano connesse all'accordo di ristrutturazione.

Rilevante in tal senso risulta essere la mail del 28/12/2015, indirizzata a T., con la quale il M. fa riferimento a compensi per l'assistenza professionale nella causa prefallimentare da addebitare S. spa, venendo viene quindi in rilievo che le attività per le quali è stato disposto bonifico non fossero illecite od estranee agli interessi della società.

Rilevante, altresì è stata ritenuta anche l'intercettazione del 14/03/2016 progr. 114, con la quale i conversanti T. e G. riferiscono che il C. aveva detto di non pagare nessuno e di pagare solo gli avvocati, poiché l'interesse era quello di mantenere in piedi la società "sennò tutti i progetti andavano a cadere", sicché l'interesse a tacitare i creditori pare funzionale a fornire al giudice una situazione debitoria già definita, se non altro facendo leva su accordi utili a tacitare le pregresse pretese ed evitare il fallimento.

In tale contesto, l'indicazione di non pagare se non i legali, riportata de relato dall'interlocutore, è stata ritenuta senza illogicità aderente ad una gestione prefallimentare, individuante crediti in prelazione o privilegio, riconducibili quanto al profilo oggettivo al reato di bancarotta preferenziale.

Quanto alla condotta del C., da qualificarsi come concorso esterno, per essa la Corte territoriale, sulla base delle emergenze acquisite, non ha ritenuto sussistere la prova di una sollecitazione diretta dei pagamenti di spettanze in favore dello studio Trevisan o della sollecitazione di altri a disporli ed ha perciò concluso per l'assenza di un apporto causale determinante integrante la condotta in contestazione.

Tale valutazione non merita censure, laddove le deduzioni del P.G. ricorrente, circa il possibile beneficio indiretto del C. quanto alle somme versate allo studio T. non si confrontano con la ratio decidendi della Corte territoriale circa la mancanza di un contributo causale decisivo al fine del pagamento delle spettanze in questione, qualificate quali pagamenti preferenziali.

4. Neppure merita censura la valutazione della Corte territoriale in relazione al punto C3. Al C. risulta contestato di aver concorso ad attestare falsamente nelle relazioni depositate la situazione patrimoniale di (Omissis) s.p.a. presentate innanzi al tribunale fallimentare rispettivamente in data 6 gennaio 2016 e in data 4 maggio 2016, con particolare riferimento alle voci capitale sociale indicato pari ad oltre 14 milioni di Euro, laddove l'aumento del capitale sociale per 7.620.000 Euro, deliberato in data 18 aprile 2016 dal cda, con la conversione del POC non era effettivo, essendo stato liberato in natura ed indicando le attività finanziarie come pari all'importo di oltre Euro 5 milioni, quando le stesse erano costituite dai titoli Ger Blue SA, il cui valore era di gran lunga inferiore a quello di cui alla perizia falsa del P., o prive di valore e delle quote del fondo Nesso il cui valore non era reale ma solo cartolare.

A fronte di tale contestazione, la Corte territoriale ha analizzato compiutamente la memoria difensiva depositata dal C. in data 6 gennaio 2016 in via telematica in previsione dell'udienza prefallimentare del 13 gennaio, evidenziando, tra l'altro, come essa, nel dare conto delle criticità che individuavano il bisogno finanziario della società in due milioni di Euro, rappresentasse nel contempo l'avvio di un processo di salvataggio utile a determinare una discontinuità gestionale, avviato con l'ingresso di S. quale azionista di riferimento che aveva permesso alla società di proseguire la propria attività di impresa mediante l'immissione di liquidità necessaria, conseguita, da un lato, con il pagamento delle cedole del POC e dall'altro con la chiusura di posizioni debitorie con molti fornitori, nella prospettiva di rilancio aziendale. All'uopo, venivano allegate le lettere di impegno alla sottoscrizione del restante POC per il controvalore complessivo di 7.620.000 Euro, dando atto che i titoli risultavano già emessi in favore di S. e depositati. Il pagamento si affermava essere stato corrisposto nella prima fase in titoli che consistevano in 7 milioni di quote del fondo N.G. e in 620.000 Euro di obbligazioni emesse da G.B., società controllata da SMRE al 100%

La sentenza impugnata ha dato conto che nella memoria di gennaio era stata rappresentata una situazione in evoluzione, in relazione alla quale un punto di criticità era costituito dalla mancata rispondenza da individuarsi nel deposito di titoli per l'intero controvalore di Euro 7.620.000, titoli questi che dovevano essere monetizzati.

Tuttavia, la Corte territoriale ha fornito in relazione a tale aspetto una congrua e plausibile spiegazione, secondo cui, a fronte del perfezionato deposito della memoria in data 6 gennaio il C. aveva ricevuto solo la perizia giurata del P. in ordine al titolo Ger Blu non i bilanci richiamati impropriamente in allegato alla memoria, seppur richiesti e, comunque, la perizia del P. si era rivelata falsa solo all'esito alle indagini. In ogni caso, la segnalata divergenza non ha impedito al tribunale di adottare in data 17/01/2016 provvedimento utile ad accordare una dilazione, accogliendo la richiesta subordinata avanzata dalla difesa della fallenda di un rinvio, volto a consentire la verifica dell'adempimento dell'impegno assunto da esse SMRE.

La Corte territoriale ha evidenziato come in effetti il dichiarato deposito non corrispondente a realtà dei titoli G. B., più che essere una dichiarazione volta ingannare il tribunale appare riconducibile al deposito della memoria non aggiornata su un'evenienza che non si era realizzata a differenza di quanto prospettato denotante un affidamento non cauto sulle indicazioni fornite dal cliente.

In ogni caso, la memoria in questione, seppur supportata da un pregresso bagaglio di conoscenze da parte del C., si incentrava sufl'apporto fornito da S. e non vi sono evidenze che il C. abbia congegnato o sollecitato l'operazione di liberazione del POC in titoli anziché in denaro, come già sopra evidenziato in relazione al punto Cl.

Dunque la Corte territoriale, sulla base delle descritte emergenze, ha concluso, con motivazione logica immune da censure, nel senso che, se è vero che il C. era in condizione di conoscere il regolamento del POC, altrettanto vero è che non risulta provato che l'imputato abbia in qualche modo contribuito in via diretta a far sì che la liberazione dei titoli avvenisse mediante il meccanismo carta contro carta e che, quindi, nel rappresentare la patrimonializzazione sapesse che essa sarebbe stata fittizia.

Secondo la Corte territoriale gli accadimenti successivi danno conto proprio di ciò: infatti, con mail del 20 gennaio 2016, il C. sintetizzava i passi da seguire per come individuati dal tribunale a cui seguiva una situazione di stallo, atteso che il 31 marzo 2016, il C. nel chiedere aggiornamenti rappresentava come in pari data scadesse il termine per l'acquisto di titoli, chiedendo, poi, in data 18/04/2016, le evidenze documentali, tra cui l'estratto bancario dal quale risultasse l'accredito del denaro afferente la vendita delle obbligazioni e i versamenti previsti da (Omissis). Nel frattempo, in data 18 aprile 2016, veniva deliberato l'aumento del capitale con conversione del POC.

I suddetti contatti del C. con l'amministrazione della società danno conto più che di un condiviso concerto, di una progressiva presa della inaffidabilità dei propri interlocutori e della preoccupazione di dover giungere al nuovo appuntamento davanti al tribunale senza poter riscontrare le richieste avanzate dall'organo giudicante utili ad eludere la dichiarazione di fallimento. In tal senso depongono anche le intercettazioni in cui il C. interfacciandosi con il P. si dimostra conscio della necessità di apportare denaro liquido (cfr. conv. progr. 880 del 23.3.2016). Emblematica, tra le altre intercettazioni, è stata ritenuta quella del 29 aprile 2016, in cui il C. ammette di non sapere cosa scrivere nella memoria e manifesta l'emergere di dubbi. Il 4 maggio 2016, il C., alla scadenza del termine per il deposito della memoria inviava mail, con cui nel prendere atto della mancata trasmissione della documentazione aderente a quanto richiesto dal tribunale, a fronte di rappresentate difficoltà emerse negli ultimi mesi, individuava la documentazione da allegare alla memoria in vista dell'udienza tra cui la contabile di pagamento con accredito dei soldi sui conti correnti. Fino all'ultimo il 04/05/2016 il T. rassicurava il C. dell'inoltro delle distinte comprovanti pagamenti e nella medesima giornata il C. dava atto dell'avvenuto deposito della memoria restando in attesa di trasmissione per il giorno successivo di contabile da CIS cui risultasse l'effettivo accredito dei due bonifici effettuati su conto Unipol avendo precisato che non fosse sufficiente il mero ordine.

In definitiva ha evidenziato la Corte territoriale al momento della presentazione della memoria per l'udienza di rinvio davanti al tribunale fallimentare ma anche successivamente il C. ha insistito sulla necessità di versare la liquidità dato che contrasterebbe con un preordinato concorso a volto a dare il placet alla liberazione delle obbligazioni in natura e non in denaro. Pertanto, ha concluso la Corte territoriale, ove il C. avesse sin dall'origine condiviso il disegno di realizzare l'operazione di conversione con titoli così supportando il fittizio aumento del capitale diverso sarebbe stato il suo agire soprattutto non avrebbe visto l'interruzione del rapporto professionale al momento di presentare reclamo. Dunque, avuto riguardo alla complessiva operazione dolosa deve escludersi che le attestazioni rese dal C. possano essersi inserite nella causale utile a cagionare il dissesto.

Tale valutazione, immune da censure, che ha fatto corretta applicazione dei principi di legittimità in tema di concorso esterno nella bancarotta, non risulta scalfita dalle censure del P.G., che si limita a rendere una lettura alternativa della vicenda in esame, che non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia impugnata circa l'assenza di elementi concreti e univoci che colleghino causalmente le relazioni in contestazione all'aggravamento del dissesto.

Il ricorso del P.G. va, dunque, respinto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria, il 30 settembre 2022

Bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose: sul concorso dell'extraneus

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