RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza deliberata il 15/11/2022, il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato l'appello presentato nell'interesse di O.S. avverso il provvedimento del 30/03/2022 con il quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma aveva rigettato l'istanza dello stesso O. di restituzione delle somme sequestrate corrispondenti agli emolumenti ricevuti (600 Euro mensili) e alla somma erogata dall'INPS a titolo di TFR (nella misura di un quinto, ossia di Euro 14.078,684). Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 17/07/2020 aveva disposto, nei confronti di O. e ravvisando il fumus di due imputazioni di bancarotta fraudolenta per distrazione, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa dei saldi dei conti correnti e delle disponibilità finanziarie fino alla concorrenza di Euro 137.339,58. La difesa di O. aveva presentato istanza di restituzione delle somme apprese medio tempore, ossia dopo l'esecuzione del sequestro del 17/07/2020. Il rigetto dell'istanza da parte del G.I.P. veniva impugnato con appello rigettato dal Tribunale del riesame con l'ordinanza del 15/11/2022 oggetto del presente ricorso.
2. Avverso l'indicata ordinanza del 15/11/2022 del Tribunale del riesame di Roma ha infatti proposto ricorso per cassazione O.S., attraverso i difensori Avv.ti : e F., denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. - violazione dell'art. 321, comma 2, c.p.p. e dell'art. 240, comma 1, c.p. Premesso che il sequestro disposto nei confronti del ricorrente è finalizzato alla confisca facoltativa del profitto dei reati di bancarotta fraudolenta di cui ai capi C) e D) del decreto che dispone il giudizio, sicché non si verte in ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, la finalità della confisca diretta è assente qualora l'ablazione colpisca somme di denaro entrate nel patrimonio del destinatario certamente in base a un titolo lecito o a un credito sorto dopo la commissione del reato e non risulti che tali somme siano ricollegabili, anche indirettamente, all'illecito commesso. La sentenza delle Sezioni unite n. 42415 del 2021 riguardava somme di denaro, anche di provenienza lecita, già affluite sul conto corrente, laddove nel caso di specie sono state sequestrate somme affluite sul conto corrente di O. dopo l'avvenuta esecuzione del sequestro, sicché lo stesso vincolo del sequestro ha impedito il realizzarsi della "confusione" tra somme di provenienza illecita e somme di provenienza lecita. L'ordinanza impugnata ha applicato una disciplina che si attaglia solo al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, non prevista per i reati ascritti a O.. Le somme in parte corrisposte a titolo di TFR e in parte provenienti dallo stipendio percepito quale dipendente del sindacato (Omissis) non possono essere "confuse" con quelle apprese al momento dell'esecuzione del sequestro, sicché il Tribunale del riesame avrebbe dovuto annullare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del delitto di bancarotta fraudolenta con riguardo alle somme affluite nel patrimonio del ricorrente in data successiva al 24/07/2020, data in cui fu eseguito il sequestro preventivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è solo parzialmente fondato.
2. Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, Rv. 282037 ha ribadito che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta, e che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione. Di qui la sottolineatura che "per il denaro, il nesso di pertinenzialità col reato non può essere inteso come fisica identità della somma confiscata rispetto al provento del reato, ma consiste nella effettiva derivazione dal reato dell'accrescimento patrimoniale monetario conseguito dal reo, che sia ancora rinvenibile, nella stessa forma monetaria, nel suo patrimonio. E' tale incremento monetario che rappresenta il provento del reato suscettibile di ablazione, non il gruzzolo fisicamente inteso".
Le Sezioni unite inoltre hanno puntualizzato che il "bene - denaro", quale numerarlo fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento, è "ontologicamente e normativamente indifferente all'individuazione materiale del relativo supporto nummario: natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica, determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reo, che ne risulta correlativamente accresciuto", sicché "per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro è quindi irrilevante che il numerarlo conseguito dall'autore - perciò stesso confuso nel suo patrimonio, al pari, del resto, di eventuali altre acquisizioni monetarie lecite - sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca". Scopo della misura, infatti, non è quello di "ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote ab origine costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma di realizzare l'ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell'autore a causa della commissione dell'illecito ed ivi sia ancora rinvenibile", sicché "risultano irrilevanti le vicende che abbiano in ipotesi interessato la somma riveniente dal reato, una volta che la stessa - intesa, come per sua natura, quale massa monetaria fungibile - sia stata reperita nel patrimonio del reo al momento dell'esecuzione della misura ablativa o, se del caso, del prodromico vincolo cautelare". Pertanto, "l'occultamento o il consumo eventuali del pretium delicti, ovvero la sua sostituzione con altro numerarlo anche di origine lecita - avrebbero ad oggetto un valore monetario già confluito nel patrimonio del reo e divenuto perciò, al pari degli altri dello stesso tipo ivi rinvenuti, una sua indistinguibile componente liquida, tutt'ora esistente al momento della confisca", laddove "l'eventuale trasformazione di quella componente monetaria rileverebbe solo in quanto essa abbia comportato, al momento della cautela reale o dell'ablazione, il venir meno nel patrimonio del reo di qualsivoglia attivo dello stesso genere".
3. La vicenda da ultimo messa in luce dalla sentenza n. 42415 del 2021 si attaglia al caso in esame, in quanto il sequestro originariamente disposto aveva "azzerato" le disponibilità di denaro sui conti correnti dell'imputato, sicché il successivo maturare dei crediti da lavoro presso un soggetto diverso dalla fallita e relativi al trattamento di fine rapporto non sono stati oggetto (o, come meglio si vedrà, possono non essere stati oggetto) di quella "confusione" il cui presupposto è che, al momento della cautela reale, non sia venuto meno, per riprendere le espressioni delle Sezioni unite "nel patrimonio del reo di qualsivoglia attivo dello stesso genere", posto che la fungibilità del denaro, ai fini del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto dei fatti di bancarotta di cui O. è accusato, presuppone che la somma di denaro "sia stata reperita nel patrimonio del reo al momento dell'esecuzione della misura ablativa o, se del caso, del prodromico vincolo cautelare". Il che non è accaduto con riguardo alle somme percepite a diverso titolo successivamente all'esecuzione del sequestro.
D'altra parte, a voler ammettere che il sequestro di somme di denaro finalizzato alla confisca diretta possa estendersi a somme di denaro lecitamente percepite successivamente all'esecuzione della misura, come puntualmente rilevato dal P.G. presso questa Corte nella sua memoria, "si finirebbe per confondere il sequestro "impeditivo" con il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente".
Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato per il quale non è prevista la confisca per equivalente (nel caso di specie, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale) non può avere ad oggetto denaro di certa provenienza lecita percepito successivamente all'esecuzione del sequestro preventivo o, in caso di mancata adozione della misura cautelare reale, della confisca, qualora, essendo meno nel patrimonio dell'imputato, al momento della cautela reale o dell'ablazione, qualsivoglia attivo dello stesso genere, sia impedita l'automatica confusione nel patrimonio stesso del denaro acquisito lecitamente dopo l'esecuzione della misura cautelare o di quella ablativa.
4. Dunque, esclusa - salvo quanto si vedrà infra - la "confusione" tra denaro quale profitto del reato e denaro lecitamente percepito, si "riespande", per così dire, la necessaria individuazione del nesso di pertinenzialità tra la res sequestrata e il reato per il quale si procede.
Ora, siffatto nesso deve senz'altro escludersi somme percepite a titolo di stipendio da un soggetto diverso dalla fallita successivamente al 24/07/2020: pertanto, in relazione a tali somme, l'ordinanza impugnata deve essere annullata.
A diverse conclusioni, invece, deve giungersi con riguardo alle somme percepite a titolo di T.F.R., somme che, come si evince dall'ordinanza del G.I.P. del 30/03/2020 (in assenza di deduzioni di segno contrario proposte dal ricorso), sono state erogate a O. in ragione del pregresso rapporto con la società fallita, trattandosi dunque di somme ricollegabili a quelle originariamente qualificabili, alla luce delle imputazione elevate nei confronti del ricorrente, come indebiti incrementi stipendiali oggetto delle contestate distrazioni. In parte qua, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
5. Nella sua requisitoria, il Procuratore generale ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e del decreto del GIP presso il Tribunale di Roma in data 30/03/2022 di rigetto dell'istanza di dissequestro, limitatamente alle somme confluite sul conto corrente di O. a titolo di stipendio successivamente al 24/07/2020. Rileva, però, il Collegio che osta all'annullamento senza rinvio il rilievo, desunto dall'ordinanza del 30/03/2022, che, dopo il provvedimento di sequestro del 17/07/2020, risulta emesso un successivo decreto del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 12/11/2020: ora, la Corte non è in condizione di verificare l'oggetto e le vicende di tale decreto (eventuali impugnazioni, loro esito), il che si riflette sulla data a partire dalla quale le somme percepite a titolo di stipendio devono essere restituite a O., data che - proprio alla luce del decreto del 12/11/2020 - potrebbe essere successiva a quella 24/07/2020 in cui è stato eseguito il decreto del 17/07/2020.
D'altra parte, la somma erogata a titolo di TFR risulta sequestrata nella misura di un quinto, sicché, rispetto alla somma rimanente - come si è visto ricollegabile a quelle originariamente qualificabili come indebiti incrementi stipendiali oggetto delle contestate distrazioni - è necessario verificare se si sia (e, in caso affermativo, a partire da quale data e in che misura) verificata quell-automatica confusione" che giustificherebbe il sequestro del denaro per il quale non è ostativa l'allegazione o la prova dell'origine lecita.
Di qui la necessità di un annullamento con rinvio al Tribunale di Roma, che, operate le verifiche relative al citato decreto del 12/11/2020 e al rapporto tra la somma erogata a titolo di TFR e non sequestrata e le somme percepite a titolo di retribuzione, si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato. Nel resto, ossia con riguardo alle somme percepite a titolo di T.F.R. sequestrate, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alle somme percepite a titolo di retribuzione e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2023.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2023