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Reati fallimentari

Bancarotta semplice documentale: sussiste anche se l'irregolare tenuta delle scritture contabili non si è protratta per l'intero triennio

Bancarotta semplice documentale: sussiste anche se l'irregolare tenuta delle scritture contabili non si è protratta per l'intero triennio

Cassazione penale sez. V, 26/04/2017, n.37910

Sussiste il reato di bancarotta semplice documentale anche quando la mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili non si protragga per l'intero triennio precedente alla dichiarazione di fallimento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dell'amministratore della società fallita che non aveva ricoperto la carica per l'intero triennio antecedente alla sentenza di fallimento).

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1 - Con sentenza del 18 dicembre 2014, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lucera, dichiarava estinto per prescrizione il delitto di bancarotta semplice, ascritto al capo A ad V.A. e rideterminava la pena per il capo B, un delitto di bancarotta patrimoniale, per avere il V., quale amministratore unico della srl (OMISSIS) dichiarata fallita il (OMISSIS), distratto dal patrimonio sociale della stessa un'autovettura, omettendo di dichiararne la proprietà in sede di inventario e rivendendola a terzi dopo la sentenza dichiarativa del fallimento. Il compendio probatorio si fondava sulla ricostruzione operata dal curatore fallimentare che aveva riferito come fosse venuto a conoscenza del fatto che la fallita possedeva un'automobile solo dall'invio di una raccomandata di una società assicurativa. Le successive indagini avevano consentito di individuare il nuovo intestatario del bene, tale C.G., che aveva ricordato di averla acquistata da A. ( V.), per Euro 1.750,00, e che A. gli aveva assicurato di essere il titolare della società proprietaria, rilasciandogli anche, a conferma del suo dire, una fattura della srl (OMISSIS). 2 - Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi. 2 - 1 - Con il primo deduce la violazione di legge ed in particolare dell'art. 178 c.p.p. in quanto la Corte d'appello non aveva riconosciuto l'impedimento dell'imputato a comparire all'udienza del 18 dicembre 2014. Il giorno prima, il 17 dicembre, V.A., a mezzo del suo nuovo difensore, aveva trasmesso alla cancelleria del giudice l'istanza di rinvio per l'impedimento derivante dalle sue condizioni di salute, allegando apposito certificato medico. Vi era diagnosticata una laringo-faringite con rialzo febbrile con una prognosi di giorni cinque ma la Corte aveva ignorato tale istanza senza motivazione alcuna, limitandosi ad escludere l'impedimento. 2 - 2 - Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare dell'art. 521 c.p., ed il difetto di motivazione, in quanto la Corte non aveva verificato se, in conseguenza delle modifiche normative apportate dal D.Lgs. n. 169 del 2007 da applicarsi alla concreta fattispecie in quanto norme più favorevoli al reo, la srl (OMISSIS) potesse, ancora, essere sottoposta alla procedura fallimentare. La Corte poi aveva ritenuto l'imputato responsabile, quanto al capo A, del diverso delitto di bancarotta semplice violando così il disposto dell'art. 521 c.p.p. perchè, accusato di avere sottratto le scritture contabili o per averle tenute in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, era stato condannato per non averle affatto tenute. Due fattispecie del tutto differenti, la prima connotata da un intento fraudolento, la seconda ascrivibile a titolo di colpa. Essendo risultato il fatto diverso da quello contestato si sarebbero dovuto trasmettere gli atti al pubblico ministero. La ritenuta bancarotta semplice era poi, comunque, insussistente perchè il ricorrente aveva ricoperto la carica di amministratore della fallita non per l'intero triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento che l'art. 217, comma 2, L. fall. indica come necessario per la consumazione del reato ed, ancora e in ogni caso, poichè si era trovato nell'impossibilità di reperire il precedente apparato contabile. 2 - 3 - Con il terzo motivo deduce il difetto di motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche poichè la Corte non aveva tenuto conto dei ripetuti tentativi del ricorrente di recuperare le scritture contabili ed aveva valutato i precedenti penali nonostante gli stessi fossero estinti per l'applicazione dell'indulto e non fossero stati ritenuti idonei al riconoscimento della recidiva. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1 - Il primo motivo è manifestamente infondato poichè, dagli atti trasmessi, emerge che il difensore aveva comunicato il legittimo impedimento solo il giorno dell'udienza, il 18 dicembre 2014, quando però questa era già stata celebrata, come emerge dalla copia, priva delle indicazioni relative ad un eventuale suo invio per fax, rinvenuta agli atti. Tanto che la Corte territoriale nulla aveva deciso al riguardo, limitandosi ad appuntare sull'istanza che essa era pervenuta in orario successivo all'udienza. Non vi è pertanto prova che il fax che il difensore assume avere trasmesso il giorno prima lo sia stato e sia correttamente pervenuto alla cancelleria. Nè tale fax è stato allegato al ricorso. Peraltro, dal certificato medico allegato, non si desumeva alcun assoluto impedimento a comparire essendo stata diagnosticata all'imputato una laringo-faringite con imprecisato rialzo febbrile. 2 - Il secondo motivo è manifestamente infondato perchè: - dalla sentenza delle Sezioni unite n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398, questa Corte ha costantemente affermato che il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex art. 216 e ss. non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell'impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell'imprenditore, sicchè le modifiche apportate al R.D. n. 267 del 1942, art. 1 dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza ai sensi dell'art. 2 c.p. sui procedimenti penali in corso (Sez. 5, n. 40404 del 08/05/2009, Melucci, Rv. 245427; Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269389); questa Corte ha anche precisato che è manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 150 nella parte in cui non prevede l'"abolitio criminis" del reato di bancarotta del piccolo imprenditore - sottratto alla procedura fallimentare dallo stesso D.Lgs. n. 5 del 2006 - in relazione a fatti commessi sotto la previgente normativa, non sussistendo irragionevolezza nella diversa disciplina adottata dal legislatore in ordine alla sorte dei reati fallimentari commessi prima della novella del 2006, concernenti l'amministrazione controllata e il piccolo imprenditore (da ultimo: Sez. 5, n. 44838 del 11/07/2014, Nicosia, Rv. 261309); - nel ritenere l'imputato colpevole del delitto di bancarotta documentale semplice, piuttosto che del contestato, e più grave, delitto di bancarotta fraudolenta documentale, i giudici del merito non hanno affatto operato una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in quanto il rimprovero che si era mosso al V. era sempre conseguente all'irregolare tenuta delle scritture contabili, in origine ascrittagli come realizzata al fine di pregiudicare i diritti dei creditori e di impedire la ricostruzione del patrimonio della fallita, poi solo prendendo atto della loro colpevole omessa tenuta; comunque, la diversa qualificazione giuridica adottata, lungi dal pregiudicare i diritti di difesa, aveva consentito al ricorrente di andare indenne da tale imputazione per la sopravvenuta estinzione per prescrizione del diverso, meno grave, delitto; - la lettera dell'art. 217, comma 2, L. fall. non consente la lettura datane dalla difesa, circa la non configurabilità del delitto di bancarotta documentale semplice quando le condotte relative alla tenuta delle scritture non si siano realizzate nell'intero triennio citato in quanto la norma così recita:"la stessa pena si applica al fallito che durante i tre anni precedenti alla dichiarazione del fallimento.. non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta". L'utilizzo della preposizione "durante" riferita al triennio mostra come il legislatore abbia inteso punire la condotta descritta anche se non abbia coperto tutto il periodo in oggetto. Nello stesso senso è peraltro l'orientamento costante di questa Corte da ultimo ribadito da Sez. 5, n. 8610 del 20/12/2011, Cruciani, Rv. 251732. 3 - Anche il terzo motivo è inammissibile perchè la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità (la Corte territoriale ha fatto riferimento ai precedenti penali del ricorrente, non rilevando la circostanza che ne sia stata estinta la pena per l'indulto e neppure che non abbiano giustificato il riconoscimento della recidiva: in tale ultimo senso si veda Sez. 6, n. 38780 del 17/06/2014, Morabito, Rv. 260460), che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). 2 - All'inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017. Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2017
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