Corruzione propria: non è determinante che il fatto contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale
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Cassazione penale sez. VI, 26/02/2016, n.23355

Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante che il fatto contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene e in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. M.S. impugna la sentenza della Corte d'appello di Potenza con la quale, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata all'esito di giudizio abbreviato dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza, è stato dichiarato responsabile dei delitti di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio nonchè di concorso in turbata libertà degli incanti, limitatamente all'appalto relativo al "centro oli di Tempa Rossa".

I fatti oggetto dell'imputazione ascritta a M.S., "acquisire e dare informazioni privilegiate inerenti alle tre gare" -

due relative alla fornitura, il trattamento e lo smaltimento dei fanghi di perforazione e l'altra, più significativa sotto il profilo economico, per i lavori di realizzazione del "centro Oil Tempa Rossa" - "e dell'impegno di fare pressioni sia sui...menzionati manager della Total sia sul presidente della giunta regionale di Basilicata D.F.V. al fine di ottenere l'aggiudicazione delle menzionate gare alle società riconducibili al F. F.R. e agli imprenditori della sua cordata, facendo valere in tale ottica e a tal fine il potere e l'influenza dallo stesso M. esercitati in ragione della qualità di parlamentare (deputato della Repubblica) e di leader del partito democratico di Potenza", ricevendo, a fronte dell'impegno assunto, la promessa di 200.000 Euro, quale corrispettivo da parte di F. F.R. e B.A..

2. Il giudice di primo grado ritiene anzitutto che, quanto alle prime due gare di appalto, non vi siano elementi che possano coinvolgere M. sebbene nell'imputazione lo stesso sia chiamato a risponderne a titolo di concorso: a) per l'una, dalle conversazioni intercettate i fatti possono essere attribuiti a F. e a T.I., sindaco di (OMISSIS) - i quali d'accordo tra loro e con l'intervento di L.L., amministratore delegato della Direzione generale "esplorazione e produzione" della Tata Spa Italia - si sono adoperati per regolarizzare con false attestazioni per far apparire tempestivo il deposito ricezione delle domande di partecipazione alla gara d'appalto dell'impresa So.GE.SA. S.r.l, società del gruppo F.; b) per l'ulteriore gara, relativa ai lavori di "trattamento e smaltimento dei fanghi di perforazione" -

oltre a T. e F. - vi era il coinvolgimento di Frangini, funzionario anch'egli delle Total Italia, per una successiva "irregolare riammissione" delle imprese facenti capo a F. alla valutazione tecnica. Come già posto in rilievo, il giudice d'appello ha condiviso per tali due ipotesi di accusa le conclusioni raggiunte dalla decisione di primo grado.

3.Un diverso e specifico approfondimento vi è per il terzo appalto, significativo sotto il profilo economico-affaristico: la realizzazione del Centro Oli di Tempa Rossa. Secondo la decisione di primo grado, il complessivo quadro probatorio è tale da dimostrare che l'intervento di M. potesse integrare le ipotesi di reato ascrittegli. Anzitutto, le conversazioni intercettate e gli altri elementi acquisiti, se da un lato, non pongono in discussione che la promessa di danaro vi fu, dall'altro non consentono di affermare con "certezza" che M. ebbe ad accettarla.

Una analisi d'insieme delle conversazioni intercettate dimostra, peraltro, che a M. non fu chiesto di agire sul "management Total poichè già orientato a favore dell'ATI Ferrara", circostanza quest'ultima il cui riscontro è nel fatto che i dirigenti Total nelle conversazioni intercettate non fan riferimento alcuno a M..

M., si legge nella sentenza di primo grado, compare nella vicenda dopo che la "intesa con i vertici della Total era stata verosimilmente raggiunta" ed era già avvenuta la "sostituzione delle buste relative alle offerte economiche custodite" nella cassaforte esistente nella sede di (OMISSIS) della Total, ad opera dell'amministratore delegato L., come emerge dalla conversazione intercettata tra il sindaco di (OMISSIS) e F., nel corso della quale è T. che assicura F. che non vi erano più difficoltà per la sostituzione delle buste "relative alle offerte economiche" per la gara; operazione conclusasi nei giorni successivi, anche qui come dimostrato dalle intercettazioni del 21 dicembre 2007 tra F. e la sua amante, Z.E..

L'impegno richiesto al parlamentare era quello di fornire notizie circa le interferenze di "dubbia legittimità provenienti dalla Regione" contrarie all'affidamento dei lavori a F. dopo l'avvio di indagini della Procura di Potenza, nonchè di intervenire sul presidente della Regione, appartenente allo stesso gruppo politico per "neutralizzare" tali interferenze all'affidamento. Il giudice di primo grado ritiene -- la ricostruzione "plausibile e coerente" con il contenuto delle conversazioni, dalle quali non vi è certezza di altri comportamenti di M. nè tantomeno che egli sia in realtà intervenuto nel senso richiesto da F.. Tale circostanza, secondo il giudice di primo grado, sarebbe smentita anche dal fatto che la Total - come risulta da intercettazioni e da documenti sequestrati all'amministratore della "Total Italia" il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza cautelare - aveva una precisa intesa con il F. relativa alla fornitura di gasolio pari a 120 quintali al giorno a buon prezzo. Intesa da ritenere "verosimilmente" già raggiunta e tale da far ritenere "quanto meno dubbio che l'intervento di M. fosse diretto a fare pressioni su vertici della Total" (pp.18 e 19 sentenza di primo grado).

Il giudice di primo grado ritiene la prova insufficiente e contradditoria e che a ciò non avrebbe potuto che conseguire l'assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2, per i delitti a lui ascritti.

4. A fronte di tale conclusione, la Corte d'appello, in base a una diversa valutazione degli elementi di prova acquisiti, ritiene che l'intervento di M. è stato decisivo per raggiungere la aggiudicazione dell'appalto "Centro oli Tempa Rossa" all'ATI Ferrara, per il quale vi fu la promessa di 200.000 Euro, accettata da M., quale corrispettivo per l'intervento richiesto e la complessiva operazione conclusasi poi con l'affidamento dell'appalto a Ferrara. Secondo tale diversa ricostruzione dei fatti, dunque, la somma promessa rappresentava il corrispettivo anzitutto per "l'interessamento e l'appoggio" di M. presso i vertici Total e poi anche presso la Regione Basilicata, affinchè fosse garantita a F. l'aggiudicazione dell'appalto; la condotta di M. integra il delitto di corruzione ex art. 319 c.p., per avere egli accettato la promessa corruttiva.

Gli indizi descritti, si legge in sentenza, sono "consistenti e non equivoci" e inoltre - senza che vi possa essere una diversa e alternativa ricostruzione - sono ancor più avvalorati dalle sollecitazioni di M. rivolte a F., nell'incontro del 16 dicembre 2007 in Potenza, la cui prova emerge non solo dalle intercettazioni, ma anche da un servizio di osservazione degli organi polizia. In tale incontroi del 16 dicembre, M. sollecita F. a parlare con i vertici della Total e l'occasione è quella del concerto di Natale in un teatro di Roma il giorno successivo, al quale egli non avrebbe potuto partecipare. Circostanza smentita, ad avviso del giudice d'appello, anzitutto perchè M. figura nell'elenco degli invitati e poi l'impegno dovuto ai lavori della Camera risulta, contrariamente a quanto assunto da M., alle 21,30.

3. I difensori di M.S., avvocati Franco Coppi e Emilio Nicola Buccico, propongono ricorso e deducono:

3.1.Nullità della sentenza ex art. 606, lett. b) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento al ritenuto reato di corruzione.

La sentenza di primo grado, resa all'esito di giudizio abbreviato, ha assolto M. dai delitti a lui ascritti, ritenendo che i fatti come articolati in ciascuna delle imputazioni non trovano una plausibile e persuasiva prova per l'affermazione della responsabilità di M..

La Corte d'appello, su impugnazione del pubblico ministero, non ha condiviso tale ultima conclusione, ritenendo M. responsabile dei delitti di corruzione e turbativa d'asta concernenti l'appalto "Centro Oli Tempa Rossa".

Ad avviso della difesa, la condotta di M. non può configurare il delitto di corruzione, pur ammettendo che tale fatto sia stato commessa da M..

M., pur pubblico ufficiale nella sua veste di parlamentare delle Repubblica, non aveva alcun ruolo nelle gare d'appalto e la condotta per la qual è stata affermata la responsabilità non può integrare il delitto di corruzione, sul presupposto che la commissione Ambiente non ha alcuna competenza nella materia oggetto di appalti e, inoltre, non era componente di alcun comitato parlamentare di controllo sull'estrazione del petrolio.

Ne discende che manca del tutto il requisito per la configurazione del delitto di corruzione e cioè che l'atto d'ufficio, seppur non di specifica competenza dell'intraneus, debba essere espressione "diretta o indiretta della funzione pubblica esercitata" In tal senso, si precisa in ricorso, si è espressa la dottrina e la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui dall'ipotesi del delitto di corruzione ex art. 319 c.p. sono escluse "le ipotesi in cui il pubblico ufficiale prometta e ponga eventualmente in essere il suo intervento prezzolato, avvalendosi della sua qualità e del prestigio che gli deriva dalla carica ricoperta, senza che l'intervento comporti poteri istituzionali propri del suo ufficio o comunque ad essi collegabili".

Ad avviso della difesa, la somma di 200.000 Euro, offerta da F. e accettata da M., avrebbe dovuto essere il compenso, come risulta dall'imputazione e da quanto ribadito in sentenza: il "corrispettivo del suo interessamento e del suo appoggio per l'aggiudicazione in favore di F. dell'appalto dei lavori "Tempa Rossa", presso i vertici della Total e delle Regione Basilicata.

3.2. Nullità della sentenza per inosservanza della legge penale e per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione al ritenuto delitto di corruzione propria.

Ad avviso della difesa, non vi è prova "persuasiva" della promessa del F. e di un accettazione di M., circostanze non risultanti dagli atti processuali. Ricostruzione, si precisa ancora, che trova conferma nella sentenza di primo grado e negli argomenti posti a fondamento dell'assoluzione di M..

La sentenza di appello non contraddice i fatti accertati dal giudice di primo grado e non prende in considerazione alcun argomento sviluppato nella sentenza del primo giudice, dalla quale emerge anzitutto che F. aveva contati quotidiani con i vertici della Total, favorevoli alla "soluzione della gara in favore dell'ATI della quale F. era capofila". Altra circostanza affatto non considerata è quella relativa all'interesse di T., sindaco di (OMISSIS), all'aggiudicazione dei lavori a F. nonchè interesse della Total ad avere buoni rapporti con i politici locali.

Circostanza del tutto dimenticata dalla sentenza impugnata è quella dell'incontro in Roma il 20 settembre 2007 di F. con i vertici Total; incontro al quale avevano preso parte il T. e il Presidente della provincia di Matera, come riportato a pp. 8 e 9 della sentenza di primo grado.

Ad avviso della difesa, l'incontro assume notevole significato per quello che avverrà successivamente per la gara d'appalto "Tempa Rossa"e gli accordi intervenuti tra i vertici della Total e F.. In tale incontro furono raggiunte intese per la definizione dell'appalto della fornitura dei fanghi di perforazione" e per il quale fu falsificata la data di presentazione della domanda di partecipazione della SO.GE.SA. del F.. Altri elementi significativi, ad avviso della difesa, sono le conversazioni intercettate dalle quali emergono contatti tra T., sindaco di (OMISSIS) per la "regolarizzazione" dell'appalto relativo "allo smaltimento dei fanghi di perforazione", dal quale fu ab origine esclusa SO.GE.SA. di F.. Entrambi gli episodi confermano che F. aveva contatti diretti con i vertici Total e con T., il quale svolgeva un assidua opera di intermediazione.

Quanto alla gara per la realizzazione del "Centro Oli di Tempa Rossa", si pone in rilievo che già dalla metà del mese di dicembre risultava che il tutto andava favorevolmente per l'ATI di F. e che F. avesse il pieno appoggio del vertici Total, come indicato dalla sentenza di primo grado e sul punto non smentita dalla Corte d'appello, al pari di quanto è avvenuto per l'incontro di Piacenza del 14 settembre 2007 (p.7,sent. 1 grado). Circostanze che dimostrano l'estraneità di M. in tutta la vicenda sino alla metà del mese di dicembre.

Si sostiene che, diversamente da quanto risulta dalla sentenza impugnata, la notizia che l'offerta dell'ATI Ferrara era stata riconosciuta più vantaggiosa è venuta fuori dopo il 13 dicembre e ed è stato D., che faceva parte dell'ATI di F., ad apprendere la notizia dal responsabile dell'ufficio di Potenza della Total. Rispetto a tutto ciò, M. è estraneo e ha sempre negato di aver partecipato all'incontro in Roma e al concerto perchè impegnato in Parlamento, fatto, quest'ultimo confermato anche dall'amministratore delegato della Total Italia, L.L..

Quanto ai rapporti con D.F., presidente della Regione Basilicata, F. tentò di mettersi in contatto con lui, senza riuscirci. I successivi tentativi di parlare con M. erano diretti a tentare di ottenere un incontro con D.F..

Tali circostanze trovano conferma nella sentenza di primo grado che dà conto anche della mancanza di ogni contatto tra M. e i vertici della Total.

Mentre, dalle intercettazioni risultano contatti diretti tra i vertici della Total e F. e vien fuori l'idea di sostituire le buste, con altre contenenti nuove offerte.

In tali vicende non compare M., estraneo ai contatti con la Total i cui dirigenti non hanno mai fatto riferimento ad alcun intervento di M. in favore di F..

La difesa ritiene la dinamica dell'incontro tra F. e M. non tale da fornire la prova dell'accettazione della proposta corruttiva, come diversamente interpretata dal giudice d'appello. Peraltro, non risulta vero che Bo. e F. abbiano incontrato insieme M., così come emerge dall'osservazione degli organi di polizia e dall' intercettazioni delle conversazioni tra F. e Bo., avvenuta subito dopo l'incontro con M..

Nel corso di tale conversazione, si limita a rivelare atteggiamenti che esprimono cautela e, pertanto, non emergono attestazioni di amicizia tra gli interlocutori.

3.3.Nullità della sentenza per erronea applicazione della legge penale e per mancanza di motivazione in ordine al delitto di cui all'art. 353 c.p..

Ad avviso della difesa, le questioni riguardanti la responsabilità di M. per tale delitto sono trattate in termini marginali e privi di ogni approfondimento, come se tale condotta sia implicitamente ricompresa in quella relativa al reato di corruzione.

Non vi è prova che M. abbia avuto parte attiva nell'operazione di sostituzione delle buste contenenti l'offerta economica, nè che abbia dato suggerimenti per tale espediente.

L'espediente in parola fu deciso dai dirigenti Total e dal F., il quale non ha mai riferito alcunchè su eventuali coinvolgimenti di M., anche perchè, si sottolinea ancora in ricorso, F. aveva rapporti diretti con i vertici Total e non aveva necessità alcuna di intermediazione.

Ne discende che alcuna condotta di turbativa d'asta è ascrivibile a M..

3.4.Nullità della sentenza per erronea interpretazione della legge penale in relazione alla data di inizio della prescrizione.

Ad avviso della difesa, erroneamente la Corte d'appello ha indicato l'aggiudicazione quale momento di consumazione del reato, mentre la giurisprudenza di legittimità definisce la turbativa d'asta reato di pericolo e, pertanto, il reato è consumato con la realizzazione delle condotte che mediante e quali l'illecito è commesso e da tale momento inizia a decorrere il tempo di prescrizione. Pertanto, il reato avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per prescrizione non rilevando la produzione di un danno o il conseguimento di un profitto.

6.Tale è la sintesi dei motivi di ricorso enunciati nei limiti stabiliti dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Prima questione da affrontare è quella della configurabilità del delitto di corruzione previsto dall'art. 319 c.p. ascritto a M.S..

Il ricorrente sostiene che la condotta di M.S. non integra il delitto di corruzione, pur ammettendo che tale fatto sia stato da lui commesso.

Al riguardo, si precisa che la commissione Ambiente non ha alcuna competenza nella materia oggetto di appalti e, inoltre, che M. non era componente di alcun comitato parlamentare di controllo su l'estrazione del petrolio.

Del resto, anche se fosse stato componente di tali Commissioni parlamentari, M.S., pur pubblico ufficiale nella sua veste di parlamentare delle Repubblica, non aveva alcun ruolo nelle gare d'appalto e la condotta per la quale è stata affermata la responsabilità non può integrare il delitto di corruzione.

In realtà, la giurisprudenza di legittimità è nel senso il delitto di corruzione appartiene alla categoria dei reati "propri funzionali" perchè elemento necessario di tipicità del fatto è che l'atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell'ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto, nel senso che occorre che siano espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione esercitata da quest'ultimo, con la conseguenza che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l'intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell'accordo illecito non comporti l'attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai quali il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale (Sez. 6, 4 maggio 2006, n. 33435).

Ne discende che, ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante che il fatto contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene e in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto (Sez. 6, 2 marzo 2010, n. 20502).

Simili condotte potranno rientrare nel paradigma del "traffico di influenze illecite" di cui all'art. 346 bis c.p. sempre che ne sussistono i presupposti di legge; all'epoca dei fatti, però, non ancora previsto dal nostro ordinamento come reato, poichè introdotto dalla L. 6 novembre 2012, n. 190.

Dinanzi a tale soluzione in diritto, ogni questione relativa all'esistenza o meno della promessa di 200.000 Euro e della accettazione della stessa perde ogni significato, rendendo superfluo a tale scopo l'annullamento della sentenza con rinvio per ulteriore esame da parte del giudice di merito.

8. Per l'ulteriore imputazione di turbativa d'asta di cui all'art. 353 c.p.p., reato dal quale M. è stato assolto dal giudice di primo grado e poi, condannato dalla Corte d'appello va preliminarmente esaminata la richiesta di estinzione del reato per prescrizione dedotta dalla difesa.

8.1. Su tale punto, il ricorso è infondato.

Ad avviso della difesa, si è in presenza di un delitto di pericolo e come tale, al fine della consumazione, è irrilevante che vi sia stata o meno l'aggiudicazione della gara. Se tale assunto è incontestabile sotto il profilo del discrimine ai fini della configurabilità del tentativo o dell'ipotesi consumata, non assume significato ai fini della prescrizione del reato e, in particolare della decorrenza ex art. 158 c.p. del tempo previsto dalla legge. Là dove la condotta criminosa si sia conclusa con la realizzazione delle tassative ipotesi di "violenza, minaccia o doni promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, diretti a impedire o turbare la gara" non vi è dubbio che il tempo della prescrizione inizia a decorrere dalla cessazioni di tali condotte strumentali; nel caso in cui però vi è stata anche la realizzazione dell'evento consistente nell'illecita aggiudicazione della gara, in virtù del principio generale dell'approfondimento dell'offesa, il tempo della prescrizione non può che decorrere da tale momento. Si tratta del fenomeno dei reati a duplice schema, quale la corruzione, la truffa diretta all'assunzione illecita in un pubblico impiego ovvero ai danni di un istituto previdenziale con indebita percezione di ratei pensionistici (Sez. Un., 16 dicembre 1998, dep.19, gennaio 1999, n.1; Sez. 2, 21 febbraio 2008,n. 10085).

E allora il delitto non è ancora prescritto, come ritenuto dalla Corte d'appello, poichè il dies a quo ai fini della prescrizione decorre dall'aggiudicazione della gara.

9.Ciò posto è da ritenere che le conclusioni cui è pervenuta la Corte d'appello quanto all'affermazione di responsabilità non sono condivisibili.

La singolarità della vicenda processuale è data dal fatto che la sentenza impugnata non ha affatto dialogato con gli argomenti e gli accertamenti effettuati dalla decisione di primo grado che è pervenuta all'assoluzione di M. ex art. 530 c.p.p., comma 2, per "mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova" nel cui ambito si inserisce la regola di giudizio - che racchiude un criterio che rafforza e dà ancor più consistenza a quello generale sulla valutazione della prova - secondo cui il giudice "pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta "colpevole del reato contestatogli oltre ogni ragionevole dubbio".

Un punto significativo e incontrovertibile posto a fondamento di tale pronuncia, non considerato dal giudice d'appello, è quello posto già in rilievo in che narrativa e cioè che M. compare nella vicenda dopo che la "intesa con i vertici della Total era stata verosimilmente raggiunta" ed era già avvenuta la "sostituzione delle buste relative alle offerte economiche custodite" nella cassaforte esistente nella sede di Roma della Total, ad opera dell'amministratore delegato L., come emerge dalla conversazione intercettata tra il sindaco di (OMISSIS) e F., nel corso della quale è T. che assicura F. che non vi erano più difficoltà per la sostituzione delle buste "relative alle offerte economiche" per la gara; operazione conclusasi nei giorni successivi, anche qui come dimostrato dalle intercettazioni del 21 dicembre 2007 tra F. e la sua amante, Z.E..

L'impegno richiesto al parlamentare era quello di fornire notizie circa le interferenze, "provenienti dalla Regione", contrarie all'affidamento dei lavori a F. dopo l'avvio di indagini della Procura di Potenza, nonchè di intervenire sul presidente della Regione, appartenente alla stesso gruppo politico per "neutralizzare" tali interferenze.

Il giudice di primo grado correttamente ritiene che la ricostruzione "plausibile e coerente" con il contenuto delle conversazioni, dalle quali non vi è certezza di altri comportamenti di M. nè tantomeno che egli sia in realtà intervenuto nel senso richiesto da F.. Tale circostanza, secondo il giudice di primo grado, sarebbe smentita anche dal fatto che la Total - come risulta da intercettazioni e da documenti sequestrati all'amministratore della "Total Italia" il giorno dell'esecuzione dell'ordinanza cautelare -

aveva una precisa intesa con il F. relativa alla fornitura di gasolio pari a 120 quintali al giorno a buon prezzo.

In particolare, le sorti dell'appalto "Centro Oli Tempa Rossa" erano già chiare nel senso che, per l'aggiudicazione all'ATI Ferrara, il "nesso sinallagmatico" è quello della proposta di F. di acquisto per cinque di carburante Total per i suoi mezzi e le sue imprese per un valore complessivo di 15.000.000 di Euro. Accordo "verosimilmente" già raggiunto e tale da far ritenere "quanto meno dubbio che l'intervento di M. fosse diretto a fare pressioni su vertici della Total" (pp.18 e 19 sentenza di primo grado).

Il giudice di primo grado ritiene la prova insufficiente e contradditoria e che a ciò non avrebbe potuto che seguire l'assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2, per i delitti a lui ascritti.

10. Il ricorso è dunque fondato.

La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza.

Ciò ribadito in via generale, deve escludersi che nel caso di specie il ribaltamento operato dalla Corte d'appello abbia rispettato i criteri evidenziati.

Questa Corte ha in più occasioni affermato il principio secondo cui, ne giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (Sez. 6, 22 ottobre 2013, n. 45203; Sez. 6, 21 novembre 2012, n. 49755). Si è detto, cioè, in altri termini, che la riforma della sentenza assolutoria di primo grado, una volta compiuto il confronto puntuale con la motivazione della decisione di assoluzione, impone al giudice di argomentare circa la configurabilità del diverso apprezzamento come l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o di inadeguatezze probatorie che abbiano minato la permanente sostenibilità del primo giudizio (Sez. 6, 24/01/2013, n. 8705).

Per di più, la l'istruttoria effettuata in appello, mediante l'esame dell'amante di F., Z.E., ha aggiunto un ulteriore elemento a sostegno del ragionevole e dubbio e della contraddittorietà degli elementi a carico di M. e cioè che " S." cui si faceva riferimento nei discorsi di F. non era M.; circostanza non considerata e comunque non adeguatamente valutata dalla Corte d'appello.

11. Per quanto sopra esposto e argomentato, il Giudice d'appello è pervenuto ad una lettura alternativa del medesimo materiale probatorio, con argomentazione articolata che ha, all'evidenza, valorizzato tutti gli elementi d'accusa disponibili. Poichè tale prospettazione alternativa, già in sè non evidenzia argomenti "dirimenti" e significativi di "oggettive carenze e insufficienze" della prima decisione, è del tutto ragionevole presumere che il giudizio di rinvio non potrebbe introdurre elementi probatori e argomenti ulteriori caratterizzati da una tale invece necessaria connotazione e, pertanto, il rinvio per nuovo esame è anche qui del tutto superfluo.

In conclusione, la sentenza impugnata va annullata perchè il reato di corruzione ascritto al ricorrente non sussiste. E per non avere il ricorrente commesso il reato di turbativa d'asta ascrittogli.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata perchè il reato di corruzione ascritto al ricorrente non sussiste e per non avere il ricorrente commesso il reato di turbativa d'asta ascrittogli.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2016

Corruzione propria: non è determinante che il fatto contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale

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