Corruzione propria: non è determinante il fatto che l'atto sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale
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Cassazione penale sez. VI, 22/12/2023, (ud. 22/12/2023, dep. 05/04/2024), n.14014

Ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante il fatto che l'atto d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24/010/2022 la Corte di appello di Messina, ha parzialmente riformato, concedendo l'attenuate di cui all'art. 323-bis cod. pen. e riducendo la pena, quella del Tribunale di Messina in data 26/10/2021, con cui Sc.Ma. è stata riconosciuta colpevole del delitto di cui all'art. 322, comma secondo, cod. pen., avendo offerto la somma di euro 2.000,00 a Di.Ca., responsabile di Unità organizzativa anagrafica e flussi dell'INPS di Messina, per indurlo a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio, in particolare intromettersi nella procedura di selezione degli avvocati esterni all'ente, cui aveva partecipato la figlia dell'imputata.

2. Ha proposto ricorso Sc.Ma. tramite il suo difensore, Avv. Carlo Taormina, che dopo una premessa ricostruttiva, ha articolato tre motivi.

2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 322, comma secondo, cod. pen., con riguardo all'attendibilità di Di.Ca. e alla sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi per la configurabilità del reato.

La Corte aveva ritenuto provato sulla base di quanto dichiarato da Di.Ca. nonché dalla moglie Si.Ma. e da Ma.Ma., che la ricorrente, presso l'ufficio di Di.Ca. in data 10/04/2018 avesse chiesto al predetto un atto contrario ai suoi doveri, informandosi in ordine alla selezione per avvocati esterni all'ente, e gli avesse consegnato una busta contenente un profumo, busta che, una volta aperta, era risultata contenere la somma di euro 2.000,00.

La certezza della ricostruzione in ordine all'offerta della somma e alla sua finalità illecita era stata tuttavia basata su valutazioni apodittiche e su congetture, essendo stato dato rilievo a circostanze indirette, quali quelle desumibili dalle dichiarazioni equivoche della moglie sull'apertura della busta e da quelle di Ma.Ma. in ordine alla richiesta di colloquio rivoltagli da Di.Ca. la sera del 10 aprile, oltre che da messaggi successivamente inviati dall'imputata, quando lo stesso Di.Ca. aveva parlato di generica richiesta di informazioni.

La Corte aveva indebitamente valutato anche la querela sporta da Sc.Ma. e le dichiarazioni spontanee di lei, dovendosi considerare che dallo stesso messaggio del 26/04/2018 era dato desumere che lo stesso era successivo alla pubblicazione della graduatoria e non conteneva recriminazioni per il mancato inserimento della figlia della ricorrente, ma esprimeva l'accettazione di tale situazione, non diversamente deponendo il messaggio del 04/05/2018 a proposito del timore di aver offeso l'interlocutore, a fronte della sua mancata risposta a messaggi precedenti, tale piuttosto da suffragare l'inconsapevolezza di condotte illecite o sconvenienti, fermo restando che la ricorrente aveva dato conto della pregressa conoscenza di Di.Ca. e delle relative ragioni.

Indebitamente la Corte aveva ritenuto di poter superare l'argomento in ordine alla destinazione delle somme prelevate in contanti dalla ricorrente ad altre spese, non potendosi sul punto far riferimento alle sole dichiarazioni di Di.Ca. che si trattava di corroborare.

Lo stesso Di.Ca. aveva peraltro limitato la richiesta della ricorrente a mere informazioni circa le sorti del bando, erroneamente essendosi dunque ritenuto che la ricorrente si attendesse che l'interlocutore facesse qualcosa.

Congetturalmente era stata ravvisata l'illiceità della richiesta e dell'atto sollecitato a Di.Ca., fermo restando che anche il messaggio successivo, in cui si faceva riferimento alla graduatoria costituiva prova contraria, dimostrando che non vi era stata richiesta di intromissione per condizionarne la formazione.

La Corte aveva travisato il dato riguardante l'oggettiva impossibilità per Di.Ca. di influire con il suo intervento in relazione alle caratteristiche della graduatoria e in relazione al fatto che la stessa era stata ormai incardinata e pressoché ultimata. Non avrebbe potuto prospettarsi che al di là di parametri rigidi vi fossero profili di discrezionalità, fermo restando che Di.Ca. non avrebbe potuto intervenire utilmente né nella sede regionale né presso la commissione centrale e che comunque lo stesso Di.Ca. aveva escluso di poter fornire un aiuto, avendo ricevuto solo una richiesta di informazioni.

Non era stato dunque dato conto correttamente dei presupposti per l'integrazione del reato contestato, non essendo sufficiente una possibilità astratta, occorrendo la praticabilità dell'influenza, essendo illogica la prospettazione di un margine di discrezionalità residua alla data dell'offerta del denaro, essendo frutto di travisamento l'assunto che non fosse rilevante la circostanza che la mancata collocazione in graduatoria della figlia della ricorrente fosse dipesa da fattori numerici e non da valutazioni discrezionali.

Rispetto al dato normativo non era stato comprovato che la ricorrente avesse inteso comprare un interessamento per influenzare la Commissione competente, quando la richiesta aveva riguardato mere informazioni e comunque venivano in rilievo competenze di una struttura diversa da quella in cui Di.Ca. era incardinato, dovendosi dunque escludere la configurabilità di un mercimonio della funzione e comunque di un mercimonio volto al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

Ed invero risulta irrilevante la mera dazione di denaro per qualificare l'illiceità della condotta sotto il profilo oggettivo e soggettivo in assenza della consapevole direzione della stessa verso l'illiceità del comportamento richiesto.

Nel caso di specie mancata l'atto contrario, in quanto era inesistente l'oggetto del reato e perché la mera richiesta di informazioni non ineriva ad un atto dell'ufficio, collocandosi all'esterno della funzione.

Richiama la ricorrente giurisprudenza volta a segnalare la necessità che sia accertata l'idoneità ex ante dell'offerta, essendo escluso il reato ove manchi la stessa idoneità potenziale a conseguire lo scopo perseguito, per l'impossibilità del pubblico ufficiale di tenere il comportamento illecito richiestogli.

2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

Indebitamente la Corte aveva omesso di valutare la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, volta a chiarire i presupposti di fatto per la valutazione della condotta della ricorrente, non potendosi neppure prospettare una motivazione implicita con riguardo ai temi indicati, riguardanti le caratteristiche del bando e della valutazione ad esso conseguente, con esclusione di margini di discrezionalità, nonché le fasi di concreto svolgimento della procedura, in stadio ormai avanzato al momento dell'incontro del 10 aprile, ed ancora l'effettuazione di spese in quel medesimo arco di tempo tali da dar conto della destinazione delle somme in contanti prelevate nello stesso periodo.

Di qui l'indicazione dei componenti della Commissione e di coloro che avevano ricevuto somme per acquisti o lavori e della domestica della ricorrente, parimenti pagata in contanti.

2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e all'entità della pena.

L'esclusione delle attenuanti generiche era dipesa da valutazioni eccentriche rispetto alla concreta gravità di fatti e alla incensuratezza della ricorrente, essendo stata fondata sulla denuncia ritenuta calunniosa presentata dalla ricorrente contro Di., profilo non inerente alla valutazione del fatto commesso.

Era stata inoltre pretermessa la considerazione della marginalità della richiesta generica di informazioni e della dazione di denaro, nonché l'estemporaneità della condotta e la modestia della complessiva vicenda.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.

2. Il primo motivo deve valutato, da un lato, in relazione alle censure riguardanti la motivazione e la ricostruzione della vicenda e, dall'altro, in relazione alla sussunzione del fatto nella fattispecie di cui all'art. 322, comma secondo, cod. pen.

3. Relativamente alla ricostruzione della vicenda, le doglianze risultano inammissibili, in quanto si risolvono nella prospettazione di una lettura alternativa del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità.

3.1. Ed invero la Corte, suffragando la valutazione del Tribunale, ha dato rilievo alla tempestiva denuncia di Di.Ca. e alle dichiarazioni da lui rese, confermate da quelle della moglie Si.Ma. e dal dirigente Ma.Ma., oltre che dai messaggi inviati nei giorni successivi al 10 aprile 2018 dalla ricorrente al Di.Ca..

Sulla base di tali elementi si è ritenuto provato che nel corso dell'incontro avvenuto a quella data la ricorrente avesse chiesto a Di.Ca., responsabile di unità organizzativa presso l'INPS di Messina, di interessarsi di un concorso per la selezione di legali esterni all'ente, cui aveva partecipato la figlia della ricorrente, e che nella circostanza avesse consegnato a Di.Ca. una busta contenente un profumo, all'interno della quale, una volta che Di.Ca. era tornato presso la sua abitazione, la moglie di lui aveva rinvenuto la somma di euro 2.000,00, circostanza che aveva posto Di.Ca. in uno stato di forte agitazione, inducendolo a chiamare il suo superiore Ma.Ma., chiedendogli un incontro, avvenuto il giorno successivo.

Si è ritenuto inoltre che Di.Ca. avesse riferito a Ma.Ma. quanto avvenuto, parlandogli di una richiesta di interessamento per il concorso indicato e che di seguito nel corso della giornata lo stesso Di.Ca. si fosse recato presso la Caserma dei Carabinieri per denunciare il fatto e consegnare la somma di denaro.

Tale ricostruzione si è fondata sulla convergenza del quadro probatorio, che la Corte ha ritenuto non scalfito da lievi discrasie rilevate nel racconto fatto da Si.Ma. e, al contrario, confermato dall'assenza di plausibili intenti calunniatori di Di.Ca. e dall'inconsistenza delle tardive accuse formulate dalla ricorrente nei confronti del predetto in ordine a pretese molestie sessuali e ad una minaccia da lui rivolta alla donna, che nel corso del primo grado di giudizio non aveva fatto alcun riferimento a tali aspetti, a fronte dei quali avrebbe dovuto, a rigore, reputarsi incongrua una trama accusatoria quale quella formulata da Di.Ca.

Ed ancora la Corte ha rilevato come i messaggi con cui la ricorrente aveva tra la fine di aprile e i primi di maggio, da un lato, cercato un nuovo contatto con Di.Ca. in merito al concorso, relativamente al quale era stata pubblicata la graduatoria con esito negativo per la figlia della donna, e, dall'altro, inteso scusarsi per l'eventualità di un suo inconsapevole comportamento, fossero idonei a confermare che in occasione dell'incontro si era parlato del concorso e che Di.Ca. non avrebbe avuto alcuna ragione di muovere false e strumentali accuse.

3.2. A fronte di ciò risulta del tutto infondato l'assunto difensivo incentrato sul preteso travisamento delle prove, mentre inerisce al merito ed è precluso in questa sede il tentativo di fornire una diversa lettura dei messaggi inviati dalla ricorrente, in assenza di fratture logiche del ragionamento della Corte, peraltro conforme a quello del Tribunale.

Non assume rilievo in tale prospettiva il tema relativo alla disponibilità della somma di euro 2.000,00 e alla sua provenienza o meno da prelievi di recente

effettuati, a fronte delle deduzioni difensive sugli impieghi della complessiva somma di euro 8.000,00, prelevata dalla ricorrente nel periodo in cui si era verificato l'incontro con Di.Ca.

La Corte ha sul punto, non illogicamente, ritenuto non determinante la verifica di quegli impieghi, che aveva formato oggetto anche di richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, osservando come la vicenda dovesse reputarsi idoneamente ricostruita sulla base degli altri elementi acquisiti, tali da conferire piena attendibilità agli assunti accusatori.

4. E' tuttavia fondato il motivo di ricorso nella parte in cui segnala che la condotta non è idonea ad integrare il reato di istigazione alla corruzione per il quale è stata pronunciata la condanna della ricorrente.

4.1. Deve al riguardo osservarsi che l'art. 322 cod. pen. punisce condotte di istigazione, idonee a porre in pericolo il bene protetto, in deroga alla previsione di carattere generale di cui all'art. 115 cod. pen.

Se invero il delitto di corruzione ha natura di reato bilaterale, in quanto implicante la conclusione di un accordo tra due soggetti, uno dei quali rivesta la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, l'istigazione di cui all'art. 322 cod. pen., sia che provenga da un privato sia che provenga dal soggetto qualificato, deve risolversi nell'offerta o promessa di denaro o di altra utilità, cui tuttavia non segua l'accettazione e la conseguente conclusione dell'accordo illecito.

D'altro canto, così come il delitto di corruzione, anche quello di mera istigazione, volta alla conclusione dell'accordo illecito, deve farsi rientrare nella categoria dei reati funzionali, implicanti il coinvolgimento delle funzioni del soggetto qualificato: è infatti previsto che l'offerta o la promessa si correli all'esercizio delle funzioni o dei poteri o all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio o al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio del soggetto qualificato.

Inerisce dunque al giudizio sulla tipicità della condotta il riscontro di un'azione finalisticamente orientata alla conclusione di un accordo nel quale sia dedotto il quadro delle funzioni o dei poteri o dei doveri di quel soggetto.

D'altro canto, deve segnalarsi che l'istigazione deve avere un connotato di serietà e correlarsi alla concreta possibilità di dedurre nel patto l'esercizio delle funzioni ovvero la violazione dei doveri inerenti alla qualità rivestita, secondo la diversa fisionomia della condotta descritta nel primo e nel terzo comma ovvero nel secondo o nel quarto, a seconda del soggetto che rispettivamente assuma l'iniziativa dell'istigazione o sollecitazione.

4.2. Si tratta dunque di stabilire se nel caso di specie l'offerta della somma, peraltro non accettata da Di.Ca., che immediatamente si era attivato per denunciare il fatto, fosse correlabile ad un atto contrario alle sue funzioni o almeno all'esercizio delle funzioni.

La Corte ha sottolineato come Di.Ca. avesse parlato di una richiesta di informazioni in merito al concorso che si stava svolgendo per la selezione di legali esterni all'istituto e come, narrando della vicenda de relato, anche il suo superiore Ma.Ma. avesse riferito di aver appreso da Di.Ca. di una generica richiesta di interessamento in ordine a quel concorso.

Peraltro la stessa Corte ha rilevato che la qualificazione del tipo di contributo richiesto avrebbe potuto essere effettuata solo tenendo conto di tutti gli elementi disponibili e dunque, in primo luogo, della somma consegnata, non correlabile ad una mera richiesta di informazioni, ed in secondo luogo del contegno tenuto dalla ricorrente in prosieguo di tempo, cioè dei messaggi da lei inviati, con i quali si cercava un ulteriore confronto con Di.Ca. in merito a quel concorso, relativamente al quale era stata pubblicata la graduatoria.

In tale prospettiva si è ritenuto che la somma riposta nella busta e dunque offerta a Di.Ca. dovesse costituire il compenso di un fattivo interessamento da parte del funzionario dell'INPS.

4.3. Ma in concreto è emerso, secondo quanto dedotto dalla difesa e riconosciuto dai Giudici di merito, che Di.Ca. non aveva competenze interferenti con il concorso in esame, di cui peraltro, a suo dire, egli non aveva specifica notizia: era previsto infatti che vi fosse una prima fase in cui le Direzioni regionali procedevano ad una preistruttoria, verificando alcuni dati oggettivi, come l'iscrizione all'albo e l'inesistenza di incompatibilità o di conflitti di interesse, dopo di che la valutazione delle domande e la relativa graduatoria erano di competenza di una Commissione centrale, istituita presso la Direzione generale dell'INPS, che doveva previamente provvedere alla definizione dei criteri selettivi, largamente fondati su parametri rigidi.

Orbene, costituisce ius receptum che "ai fini della configurabilità del reato di corruzione propria, non è determinante il fatto che l'atto d'ufficio o contrario ai doveri d'ufficio sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ma è necessario e sufficiente che si tratti di un atto rientrante nelle competenze dell'ufficio cui il soggetto appartiene ed in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, sia pure di mero fatto" (Sez. 6, n. 23355 del 26/02/2016, Margiotta, Rv. 267060; Sez. 6, n. 20502 del 02/03/2010, Martinelli, Rv. 247373; ma in senso conforme anche Sez. 6, n. 17973 del 22/01/2019, Caccuri, Rv. 275935, in cui si fa riferimento alla sfera di competenza e di influenza dell'ufficio): sulla scorta di tale arresto, è agevole rilevare che non è sufficiente richiamare l'appartenenza al medesimo ente, ma è necessario verificare l'ambito delle competenze dell'ufficio e della conseguente sfera di relazioni operative del soggetto.

Ma nel caso di specie, posto che alla data del 10/04/2018, allorché la ricorrente consegnò a Di.Ca. la busta contenente il denaro, stava già operando la Commissione centrale, anche se la stessa non aveva ancora pubblicato la graduatoria, non è dato ravvisare una strutturale sfera operativa del predetto, incardinato presso la sede di Messina, in forza della quale egli potesse almeno in via di fatto esercitare una specifica influenza, alla stessa stregua di un atto rientrante nella competenza del suo ufficio.

A tale conclusione deve giungersi sia nel caso in cui la sollecitazione della ricorrente fosse riferibile, come alla resa dei conti ritenuto dai Giudici di merito, ad un fattivo interessamento sia, tanto più, nel caso in cui la stessa dovesse essere restrittivamente intesa come riferibile ad una mera richiesta di informazioni, comunque non specificamente valutabile come inerente allo svolgimento delle funzioni di Di.Ca.

Deve aggiungersi, nella medesima prospettiva, che non avrebbe potuto darsi rilievo, nel quadro delineato, ad una mera raccomandazione, che di per sé non è riconducibile ad un atto dell'ufficio, ma a condotta commessa in occasione dell'ufficio, non concretante esercizio di poteri funzionali (Sez. 6, n. 38762 del 08/03/2012, D'Alfonso, Rv. 253371).

4.4. Sotto altro profilo va rimarcato che, come rilevato in precedenza, il delitto di istigazione alla corruzione presuppone la serietà dell'offerta, in quanto da essa possa sorgere il concreto pericolo che il soggetto la accetti in funzione del compimento dell'atto richiestogli, essendo il reato escluso allorché manchi l'idoneità potenziale dell'offerta o della promessa a conseguire lo scopo perseguito per l'impossibilità per il pubblico ufficiale di tenere il comportamento richiestogli (Sez. 6, n 2716 del 30/11/1995, Varvarito, Rv. 204124): nel caso di specie, la capacità di influenza di Di.Ca. non è stata in alcun modo dimostrata ed al contrario la difesa ha sottolineato come i criteri selettivi fossero sostanzialmente rigidi, residuando un margine valutativo del curriculum solo nel caso di parità di punteggio e di età anagrafica, situazione che è stata in astratto valorizzata dalla Corte ma, alla resa dei conti, in alcun modo concretamente rappresentata.

4.5. Tanto più alla luce di tale rilievo appare concretamente impercorribile l'ipotesi della riqualificazione della condotta in altra fattispecie di reato, in particolare quella del traffico di influenze ex art. 346-bis cod. pen.

Ed invero avrebbe potuto in astratto prospettarsi che Di.Ca. fosse chiamato, se non a compiere un atto dell'ufficio, ad esercitare un'influenza ad esso esterna, interferendo nello svolgimento del concorso nella fase della definizione della graduatoria presso la Commissione centrale.

Ma, al di là di quanto prospettato dallo stesso Di.Ca. in ordine alla sua estraneità alla procedura concorsuale, nella quale non avrebbe potuto intervenire, va rimarcato come anche il delitto di traffico di influenze (nella formulazione vigente all'epoca dei fatti) debba farsi rientrare tra i reati bilaterali, implicanti un'intesa tra due soggetti, uno dei quali si attiva per farsi dare o promettere denaro o un vantaggio patrimoniale (nella vigente formulazione, un'utilità) come prezzo della sua mediazione illecita e l'altro dà o promette il denaro o il vantaggio, nel quadro dell'intesa raggiunta.

Il mero fatto dell'offerta da parte di un privato, quand'anche finalizzata alla sua accettazione in funzione della mediazione illecita, non integra di per sé alcun reato, neppure allo stadio di mero tentativo, il quale, come nell'ipotesi della corruzione - ma tanto più in presenza di una fattispecie che implica un'attivazione per "farsi dare o promettere" sfruttando relazioni esistenti o asserite- il coinvolgimento di entrambi i soggetti nell'avvio di una trattativa funzionale all'accordo, poi non intervenuto (così in materia di corruzione, fra le altre, Sez. 6, n. 38920 del 01/06/2017, Cardone, Rv. 271037).

Nel caso di specie è di tutta evidenza che l'offerta ha assunto rilievo unilaterale, in assenza di qualsivoglia coinvolgimento di Di.Ca., attivatosi per denunciare il fatto subito dopo la scoperta della somma offertagli, dovendosi dunque ritenere che sia mancata l'attivazione bilaterale dei due soggetti, idonea almeno a rendere configurabile un tentativo.

5. In conclusione, il fatto non risulta idoneo ad integrare il delitto di istigazione alla corruzione né altre fattispecie penalmente rilevanti, cosicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 22 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2024.

Corruzione propria: non è determinante il fatto che l'atto sia ricompreso nell'ambito delle specifiche mansioni del pubblico ufficiale

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