Diritto all'abitazione: non è tutelato in termini assoluti ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale
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Cassazione penale sez. III, 10/04/2024, (ud. 10/04/2024, dep. 18/04/2024), n.16187

Il diritto all'abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all'art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l'ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell'ambiente

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Lecce adito ex art. 324 cod. proc. pen. nell'interesse di Pi.Pa. avverso il decreto di sequestro del Gip del tribunale di Lecce in relazione a reati ex art. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 181 Dlgs. 42/04 e 323 cod. pen., confermava il sequestro.

2. Avverso la suindicata ordinanza ha proposto ricorso mediante il proprio difensore Pi.Pa., deducendo sei motivi di impugnazione.

3. Con il primo, deduce la violazione degli art. 169, 171 comma 1 lett. b-bis e 148 comma 1 cod. proc. pen. Si contesta la decisione del tribunale circa la non necessaria notifica, come effettivamente non avvenuta, del provvedimento impositivo della misura cautelare reale qui contestata, nei confronti dell'istante, siccome terzo interessato. Né sarebbe sufficiente il rilievo per cui il diritto di difesa sarebbe stato comunque esercitato attraverso la proposta istanza di riesame.

4. Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di omessa motivazione della misura di cui alla ordinanza adottata dal Gip. I plurimi profili patologici della ordinanza del Gip, afferenti la omessa motivazione e omessa deduzione del fumus e del periculum non sarebbero stati sanati dalle argomentazioni elaborate dal tribunale, non potendo esso supplire ai vizi della ordinanza originaria.

5. Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione apparente di cui alla ordinanza impugnata. Il tribunale avrebbe giustificato il contestato rigetto della istanza riproponendo i motivi posti a fondamento della ordinanza del Gip, che non sarebbero idonei a fornire adeguata motivazione circa la infondatezza degli argomenti difensivi sviluppati in punto di fumus del reato quanto alla intervenuta decadenza del vincolo paesaggistico nell'area di interesse, alle valutazioni di legittimità operata da molteplici professionisti circa i titoli abilitativi della fabbrica assentita, quanto ai profili fattuali della vicenda ed alla documentazione disponibile descrittiva di un'area immeritevole di tutela paesaggistica. E si contesta la valorizzazione di taluni dati documentali ovvero peritali ai fini del rinvenimento del fumus del reato. Mancherebbe ogni motivazione anche sul piano della valutazione del periculum.

6. Con il quarto motivo deduce la violazione del principio di uguaglianza, essendo stato concesso l'uso di beni in sequestro solo a taluni, e vizi di motivazione apparente ovvero di omessa motivazione, avendo il tribunale, in tema di periculum in mora, emendato carenze della ordinanza del Gip sul punto non emendabili e gli argomenti del collegio della cautela comunque non sarebbero idonei a supportare tale profilo. Emergerebbe altresì una motivazione contraddittoria laddove, a fronte del ritenuto periculum, taluni immobili sarebbero stati comunque lasciati in uso.

7. Con il quinto motivo deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione apparente, in ragione della negata buona fede in capo al ricorrente, e della ritenuta proporzionalità della misura applicata a fronte della assenza di uno specifico rimprovero mosso all'istante, residente all'estero e avvalsosi di un notaio per la conclusione dell'acquisto del bene in vinculis. Non sarebbero stati altresì allegati gli elementi rivelatori del rischio che, nelle more della definizione del giudizio, diventi inattuabile l'atto espropriativo della confisca.

8. Con il sesto motivo rappresenta il vizio di omessa motivazione non avendo il tribunale risposto in ordine alla dedotta censura della carenza di motivazione della ordinanza originaria, in punto di periculum in mora.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che in tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo impeditivo è legittimato a dedurre, in sede di riesame, anche l'insussistenza del "fumus commissi delieti" e del "periculum in mora", posto che, se gli si consentisse di far valere unicamente l'effettiva titolarità o disponibilità del bene e questa fosse incontroversa o, comunque, irrilevante ai fini del mantenimento del vincolo, si priverebbe di utilità il gravame di merito cautelare, escludendo quella verifica sulla legittimità del sequestro che l'indagato non ha interesse a richiedere, in quanto privo del titolo alla restituzione del bene. (Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024 Cc. (dep. 12/03/2024) Rv. 286039 - 01). Pur comunque con l'esigenza di evitare che l'intervento del terzo si spieghi in un intervento ad adiuvandum, così che comunque deve ritenersi che non possano dedursi profili afferenti alla colpevolezza dell'autore del reato come anche a aspetti del periculum strettamente inerenti a tale ultima figura.

2. Il primo motivo è inammissibile, stante il principio per cui tema di misure cautelari reali, la mancata esecuzione o la mancata notifica del decreto di sequestro preventivo disposto dal giudice delle indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, che ai sensi dell'art. 321 cod. proc. pen. ultimo comma va notificato all'interessato e quindi anche al terzo non indagato, che abbia la disponibilità del bene temporaneamente vincolato, non determina alcuna nullità, né comporta l'inefficacia del decreto stesso, producendo soltanto l'effetto di ritardare la decorrenza del termine d'impugnazione da parte dell'interessato, poiché l'inefficacia consegue alla sola ipotesi di sequestro d'urgenza, in caso di mancata osservanza dei termini previsti dall'art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen. per la trasmissione del verbale al pubblico ministero del luogo in cui il provvedimento è stato eseguito o in caso di mancata convalida del giudice nei dieci giorni dalla ricezione della richiesta, ai sensi dell'art. 321, comma 3-ter cod. proc. pen. (Sez. 3 - n. 4885 del 04/12/2018 (dep. 31/01/2019) Rv. 274851 -01). Si è anche al riguardo osservato, più in generale, che il sequestro preventivo si esegue mediante apprensione del bene sequestrato e la notifica del provvedimento è destinata solo a consentirne l'impugnazione. Ne consegue che il ritardo nella notifica, e quindi della conoscenza del provvedimento, ha solo l'effetto di differire la decorrenza del termine d'impugnazione per l'interessato, ma non dà luogo a nullità, perché non ne pregiudica l'intervento, l'assistenza o la rappresentanza (Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016 Rv. 268585 - 01). È coerente quindi anche l'osservazione del tribunale per cui, attraverso la presentazione della istanza di riesame si concretizza l'esercizio, inalterato, del diritto di difesa, una volta che l'interessato abbia conoscenza del provvedimento reale con decorrenza del termine per proporre riesame da tale ultimo momento.

3. Quanto al secondo motivo, in tema di vizi di violazione di legge e di omessa motivazione della misura di cui alla ordinanza adottata dal Gip, senza possibilità di emenda degli stessi da parte del tribunale, è anche esso inammissibile. Innanzitutto quanto alla ritenuta carenza di autonoma motivazione circa il fumus, perché si tratta di motivo nuovo, come tale inammissibile, atteso che esso non compare nel riepilogo delle censure proposte dal ricorrente e contenuto nella ordinanza del riesame. In proposito, si rammenta che sussiste un onere di specifica contestazione del riepilogo dei motivi di impugnazione, contenuto nel provvedimento decisorio, allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame; in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (cfr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei motivi di gravame, quale principio comunque generale in sede di impugnazioni Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017 Rv. 270627 - 01 Ciccarelli). Per la restante parte della ritenuta mancata autonoma motivazione, con particolare riferimento al periculum, il motivo qui in esame è comunque inammissibile per genericità, atteso che il ricorrente non illustra le ragioni per cui l'ordinanza del Gip, contestata in sede di riesame, nemmeno allegata nel quadro del principio di autosufficienza del ricorso, sarebbe stata del tutto carente sul piano motivazionale, con riguardo al periculum in mora. Tanto più a fronte di una ordinanza che rimanda ad argomentazioni del Gip non solo in termini di corretta ricostruzione degli eventi ma anche di intervenuta motivazione in relazione alle esigenze cautelari, espressamente riportata nella ordinanza stessa qui impugnata, e considerato altresì che lo stesso ricorrente, con il terzo motivo rappresenta che il tribunale avrebbe giustificato il contestato rigetto della sua istanza riproponendo i motivi posti a fondamento della ordinanza del Gip che, quindi, per sua stessa ammissione, sarebbero esistenti.

4. Riguardo al terzo motivo, secondo il quale emergerebbe il vizio di motivazione, in quanto il tribunale avrebbe giustificato il contestato rigetto della istanza riproponendo i motivi posti a fondamento della ordinanza del Gip, che non sarebbero idonei a fornire adeguata motivazione circa la infondatezza degli argomenti difensivi sviluppati in punto di fumus del reato, esso è inammissibile, atteso che emerge l'assenza di ogni confronto con gli ampi aspetti motivazionali di cui alla ordinanza e la correlata mancanza di una critica puntuale degli stessi, in favore, piuttosto, di una generica doglianza, involgente profili di merito in questa sede inammissibili, di mancata considerazione di aspetti prospettati dalla difesa. Con conseguente a-specificità del motivo alla luce del noto principio per cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili "non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato" (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).

5. Con rifermento al quarto motivo, per cui risulterebbe la violazione del principio di uguaglianza, essendo stato concesso l'uso di beni in sequestro solo a taluni, e vizi di motivazione apparente ovvero di omessa motivazione avendo il tribunale, in tema di periculum in mora, emendato carenze della ordinanza del Gip sul punto non emendabili e gli argomenti del collegio della cautela comunque non sarebbero idonei a supportare tale profilo, esso appare inammissibile. Innanzitutto per la novità della deduzione del principio di uguaglianza, non rientrante nel riepilogo delle censure proposte in sede di riesame. Quanto alle censure inerenti la motivazione del periculum, la critica è manifestamente infondata per i rilievi già espressi riguardo al primo e secondo motivo, con riferimento alle censure di mancanza di motivazione autonoma nella decisione genetica, così che viene meno anche la censura circa la non integrabilità della motivazione del provvedimento del Gip. Mentre la tesi per cui gli argomenti del tribunale posti a sostegno delle esigenze cautelari sarebbero inadeguati appare del tutto assertiva e generica, in assenza di puntuali rilievi volti ad escludere il periculum in questione che, al contrario, trova una ampia spiegazione da parte del tribunale, sia attraverso citazioni di argomentazioni elaborate dal Gip, che mediante autonome sue considerazioni (pagine 6 e 7 del provvedimento impugnato). Quanto alla critica per cui emergerebbe, altresì, una motivazione contraddittoria, laddove a fronte del ritenuto periculum taluni immobili sarebbero stati comunque lasciati in uso, è sufficiente osservare che tale tematica del rilascio in uso di alcuni immobili non emerge dalla ordinanza impugnata né risulta dedotta in sede di riesame, così da apparire eminentemente assertiva, non apparendo sufficiente il deposito di una nota di amministratore condominiale attestante un uso di immobili, in assenza del precipuo provvedimento giudiziario concessivo di facoltà di uso, peraltro come noto non ammissibile in sede di sequestro atteso che in tema di reati edilizi, la facoltà d'uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare. (Fattispecie di autorizzazione all'uso di un locale costituente domicilio) (Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014 Cc. Rv. 259540 - 01). Inoltre, va rammentato che in sede di ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali è ammesso il sindacato di questa Corte solo riguardo a vizi di violazione di legge, in cui rientra solo quello di omessa motivazione, con esclusione di quello di contraddittorietà della stessa. Il motivo è dunque interamente inammissibile.

6. In ordine al quinto motivo, per cui emergerebbe il vizio di violazione di legge e di motivazione apparente, in ragione della negata buona fede in capo al ricorrente, e della ritenuta assenza di proporzionalità della misura applicata a fronte della assenza di uno specifico rimprovero mosso all'istante, residente all'estero e avvalsosi di un notaio per la conclusione dell'acquisto del bene in vinculis, con assenza altresì della allegazione degli elementi rivelatori del rischio che nelle more della definizione del giudizio diventi inattuabile l'atto espropriativo della confisca, risulta anche esso manifestamente infondato. Va ribadita la novità di ogni deduzione in termini di proporzionalità. A fronte, comunque, di una motivazione che congruamente illustra la gravità delle violazioni ancora in essere e quindi l'esigenza di fronteggiarne il pericoloso sviluppo, pregiudizievole per il carico urbanistico dell'area, così dando conto della necessità di intervenire immediatamente in via cautelare. Quanto alla negata buona fede, che, si rammenta, rileva in sede di misure cautelari reali solo se emergente ictu oculi (cfr. Sez. 3 - n. 26007 del 05/04/2019 Rv. 276015 - 01), si rinviene una mera censura di merito che non illustra le ragioni per cui il tribunale avrebbe redatto una motivazione apparente in presenza, al contrario, di una articolata argomentazione, che spiega le ragioni per cui il predetto stato soggettivo sarebbe inesistente a fronte di violazioni macroscopiche, come tali rinvenibili usando l'ordinaria diligenza che si impone all'acquirente, e in concreto scoperte, attraverso tale metro d'azione, da parte della promissaria acquirente di uno degli immobili in questione, la quale ha denunziato abusi edilizi da cui sono scaturite poi le indagini. In ogni caso non è dato comprendere come la presunta e negata buona fede possa incidere sulla legittimità del sequestro ove si osservi che nel caso in esame rileva la misura del sequestro impeditivo, che, si noti bene, diversamente dai provvedimenti di confisca o demolizione già di per sé implica un ridotto limite all'utilizzo del bene vincolato, siccome limitato nel tempo. Nel caso concreto, inoltre, nessuna deduzione è stata formulata rispetto a personali e peculiari esigenze inerenti la proprietà o il diritto di abitazione. E si rammenta, in proposito, che il diritto all'abitazione, riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all'art. 8 CEDU, non è tutelato in termini assoluti, ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l'ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell'ambiente (Sez. 3, n. 48021 del 11/09/2019 Cc. (dep. 26/11/2019) Rv. 277994 - 01).

Quanto al diritto di proprietà, rispetto ad un sequestro impeditivo esso appare suscettibile di sacrificio non nella sua integrità, posto che la misura non mira a sottrarre definitivamente il bene bensì a limitarlo nelle sole correlate facoltà di disporre della cosa, e solo per un tempo comunque limitato a garanzia e tutela di interessi pubblici; rispetto a tale prospettiva, non risultano dedotte in concreto peculiari esigenze d'uso che avrebbero inciso negativamente sulla proporzionalità, per la prima volta dedotta, del sequestro.

Ma soprattutto, a fronte di un'ipotesi inerente opere radicalmente abusive, come tali determinanti la nullità degli atti traslativi e quindi l'insussistenza del titolo in capo ad acquirenti dell'immobile illecito, non emerge in capo a terzi un problema di proporzionale compressione della proprietà privata, quale che sia la facoltà che se ne intenda valorizzare, emergendo piuttosto eventuali profili risarcitori tra le parti, a fronte di un sequestro impeditivo, quale quello in esame, che non mira alla realizzazione di alcuna ipotesi di confisca del bene e dell'area di sedime, non prevista per meri abusi edilizi quali quelli del caso in esame, allo stato estraneo, - alla luce, a quanto pare, dei capi di incolpazione, pur a fronte di imponenti interventi edili che appaiono stravolgere, come è tipico per reati di lottizzazione, l'assetto urbanistico, edilizio e paesaggistico dell'area -, ad ipotesi di lottizzazione abusiva.

7. L'ultimo motivo riguarda il vizio di omessa motivazione non avendo il tribunale risposto in ordine alla dedotta censura della carenza di motivazione della ordinanza originaria, in punto di periculum in mora. Esso è inammissibile alla luce delle considerazioni già espresse sul tema in precedenza, cui si rinvia.

8. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso, il 10 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2024.

Diritto all'abitazione: non è tutelato in termini assoluti ma è contemperato con altri valori di pari rango costituzionale

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