RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza adottata in data 23 luglio 2020, e depositata in data 29 luglio 2020, il Tribunale di Bari, pronunciando in sede di riesame ex art. 324 c.p.p., ha confermato il decreto emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, che, per quanto di interesse in questa sede, aveva disposto il sequestro preventivo a fini di confisca diretta di denaro per Euro 7.824.340,89 nei confronti della società "Velga s.r.l." e per Euro 7.469.228,65 nei confronti della società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", nonché , in subordine, in caso di patrimoni societari incapienti, il sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente di beni nella disponibilità di G.G., fino alla concorrenza delle precisate somme.
I reati per i quali é stata disposta la misura, ed ascritti a G., siccome amministratore di fatto delle società "Velga s.r.l." e "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", sono quelli di cui: 1) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, in riferimento alla società "Velga s.r.l.", commesso il (OMISSIS); 2) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 1, in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", commesso il (OMISSIS); 3) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 1, in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", commesso il (OMISSIS); 4) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", commesso dal (OMISSIS) al (OMISSIS); 5) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 1, in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", commesso il (OMISSIS); 6) al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 1, in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", commesso il (OMISSIS).
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe G.G., con atto sottoscritto dagli avvocati Giuseppe Modesti e Andrea Moreno, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 8 e 18 nonché artt. 8 e 16 c.p.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), avendo riguardo al rigetto dell'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Bari.
Si deduce che erroneamente é stata rigettata l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Bari, essendo competente il Tribunale di Roma. Si premette che correttamente il Tribunale del riesame ha individuato come reato sulla cui base determinare la competenza quello di cui al capo 4 della rubrica, concernente il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 in riferimento alla società "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", e contestato come commesso dal (OMISSIS) al (OMISSIS). Si critica, però, la conclusione secondo cui non vi é certezza sul luogo di commissione di quel reato, e che, quindi, deve applicarsi il criterio residuale indicato dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1, e cioè quello del giudice del luogo di accertamento del reato. Si osserva che "Consorzio Energetico Italiano" originariamente era un ente con sede in Roma, avente come legale rappresentante B.M., e solo successivamente fu trasformato in "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", precisamente con Delib. assembleare 23 dicembre 2014, iscritta nel registro delle imprese in data 26 gennaio 2015. Si rileva, poi, che le argomentazioni del Tribunale del riesame (pag. 34) per affermare la competenza del Tribunale di Bari muovono da considerazioni relative al "Consorzio Energetico Italiano s.r.l.", e non al "Consorzio Energetico Italiano". Si sottolinea che la regola di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1, opera solo se la competenza non può essere determinata a norma dell'art. 8 c.p.p. (si cita Sez. 3, n. 29519 del 10/05/2019).
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 220 disp. att. c.p.p. e art. 63 c.p.p., comma 2, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), avendo riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni di M.M., in particolare ai fini della decisione sulla eccezione di incompetenza per territorio.
Si deduce che l'eccezione di incompetenza per territorio del Tribunale di Bari é stata rigettata anche in ragione delle dichiarazioni rese da M.M., già legale rappresentante di "Consorzio Energetico Italiano" in data 1 luglio 2016, assunte di iniziativa della Guardia di Finanza di Tivoli e non spontaneamente rese. Si rappresenta che M.M., con informativa del 26 giugno 2019, é stato denunciato per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 dalla Guardia di Finanza di Bari, quale amministratore unico di "Consorzio Energetico Italiano", in concorso con il ricorrente, e che lo stesso, già a maggio/luglio 2016, doveva ritenersi indagabile per il reato di omessa dichiarazione per il periodo di imposta 2014. Sulla base di questa premessa, si conclude che al precisato M.M. spettavano le garanzie difensive già in sede di verifica tributaria, e che, quindi, le sue dichiarazioni sono inutilizzabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate sono le censure formulate nel primo motivo e che contestano l'affermazione della competenza territoriale del Tribunale di Bari.
2.1. Per chiarezza, é utile individuare l'esatto significato delle censure, e, quindi, della questione da esaminare.
Risulta non contestato nel ricorso che, nella specie, il reato determinativo dell'attribuzione della competenza per territorio é il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui al capo 4 della rubrica. Le critiche riguardano la ritenuta applicabilità del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1, laddove prevede: "se la competenza per territorio peri delitti previsti dal presente decreto non può essere determinata a norma dell'art. 8 c.p.p., é competente il giudice del luogo di accertamento del reato", in quanto sarebbe erronea l'affermazione dell'ordinanza impugnata circa la impossibilità di individuare il luogo di commissione del precisato reato, quando, invece, lo stesso é da ritenere commesso in (OMISSIS), sede dell'ente emittente le false fatture.
La questione giuridica da esaminare, quindi, attiene alla determinazione delle condizioni per l'applicabilità del criterio di cui all'art. 8 c.p.p., comma 1, che radica la competenza nel "luogo in cui il reato é stato commesso" (i successivi commi 2, 3 e 4, hanno riguardo, rispettivamente, al fatto dal quale é derivata la morte di una o più persone, al reato permanente e al delitto tentato), in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
2.2. Il Collegio ritiene di dover precisare, innanzitutto, che il "luogo in cui il reato é stato commesso", previsto come criterio determinativo della competenza dall'art. 8 c.p.p., comma 1, - e alla cui inapplicabilità discende, nel caso del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 l'operatività della regola della competenza del "giudice del luogo di accertamento del reato", fissata dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1 - deve essere accertato sulla base di elementi oggettivi e non di mere congetture, idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell'esercizio dell'azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, allo stato degli atti.
Il principio dell'individuazione del "luogo in cui il reato é stato commesso" sulla base di elementi oggettivi e non di mere congetture, nei termini precedentemente indicati, risponde alla necessità di assicurare che l'attribuzione della competenza avvenga sulla base di valutazioni oggettivamente verificabili, e non, invece, eccessivamente discrezionali ed altamente opinabili, in contrasto, innanzitutto, con il principio della precostituzione per legge del giudice naturale, di cui all'art. 25 Cost., comma 1, e poi, anche con le esigenze di stabilità del processo, implicite nel principio di ragionevole durata dello stesso, fissato dall'art. 111 Cost., comma 2.
La stessa, del resto, si pone in linea con una cospicua elaborazione giurisprudenziale di legittimità.
Invero, già pochissimo tempo dopo l'entrata in vigore del codice di rito del 1988, una decisione enunciò il principio generale secondo cui la competenza per territorio deve essere accertata in base ad elementi oggettivi, desumibili con certezza dalle prove acquisite, e non sulla base di mere congetture (così Sez. 6, n. 4602 del 21/12/1992, dep. 1993, Ferlin, Rv. 192964-01).
Questa regola ha poi trovato applicazione con riguardo a molteplici fattispecie di reato. Ad esempio, si é osservato che, ai fini della determinazione della competenza territoriale in relazione al reato di ricettazione, che si consuma all'atto della ricezione, da parte dell'agente, della cosa proveniente da delitto, l'indagine concernente l'individuazione del luogo in cui il bene é stato ricevuto, va condotta sulla base di elementi oggettivi, sicché nemmeno può attribuirsi, a tal fine, valore decisivo alle dichiarazioni dell'imputato, allorché non siano sorrette da sicuri riscontri, con la conseguenza che, in caso di mancanza o di equivocità degli elementi di riscontro, devono trovare applicazione le regole suppletive di cui all'art. 9 c.p.p. (così Sez. 1, n. 24934 del 24/02/2004, Bujar, Rv. 228778-01). Analogamente, con riferimento a delitti concernenti gli stupefacenti, si é affermato che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, l'individuazione del luogo del commesso reato non può essere effettuata esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rese in proposito dall'imputato, a meno che le stesse non siano sorrette dai necessari riscontri, anche indiziari, purché specifici (cfr., per tutte, Sez. 7, n. 2851 del 19/10/2017, dep. 2018, Xhilaga, Rv. 271950-01, nonché Sez. 1, n. 24113 del 26/05/2009, Dhiab Ramzi, Rv. 244033-01).
La medesima regola, inoltre, risulta applicata anche in relazione ad un procedimento in cui la competenza era da determinare proprio avendo riguardo al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 (così Sez. 3, n. 10916 del 12/11/2019, dep. 2020, Bracco, massimata per altro, in motivazione, p. 1.8. del Considerato in diritto). Precisamente, in tale occasione si é osservato che, siccome "in nessuna delle sentenze di merito é stato individuato con certezza il luogo ove tali fatture furono predisposte - verosimilmente lo studio professionale dei ricorrenti P. e C., in quanto ideatori dell'evasione fraudolenta, ma comunque in luoghi diversi, a seconda dei fornitori di beni e servizi coinvolti -, la competenza é stata correttamente attribuita al giudice di Milano, luogo di accertamento del reato secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18 comma 1".
2.3. Il Collegio osserva, poi, che l'accertamento del "luogo in cui il reato é stato commesso", con riferimento alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 non può dirsi fondato sulla base di elementi oggettivi solo perché é individuata la sede dell'ente cui é attribuibile l'emissione delle fatture o degli altri documenti per operazioni inesistenti.
Innanzitutto, infatti, non può dirsi rispondente ad una massima di esperienza l'affermazione secondo cui le false fatture, almeno quando riguardano operazioni del tutto inesistenti, sono state emesse nel luogo in cui ha sede la ditta di emissione. Invero, proprio perché si tratta di documenti del tutto mendaci, e di "comodo" per altri soggetti, non vi sono ragioni per ritenere con ragionevole certezza che gli stessi, per ciò solo, siano stati emessi o rilasciati nel luogo in cui ha formalmente sede la ditta cui sono riferibili.
Si può aggiungere, poi, che una conferma di questa osservazione sembra desumibile dal dato normativo. Da un lato, infatti, non é stato in alcun modo cristallizzato, per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 il criterio del luogo in cui ha sede la ditta emittente, pur essendosi attribuito espressamente rilievo, proprio nel D.Lgs. n. 74 del 2000, al "luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale" (art. 13, comma 2 D.Lgs. cit.), e quindi alla sede della ditta, con riferimento ai delitti previsti dal capo I del titolo II del medesimo D.Lgs. (il reato di fatture per operazioni inesistenti é invece contemplato dal capo II). Dall'altro, poi, questa mancata previsione é ancor più significativa se si considera che una regolamentazione della competenza per territorio per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 é stata comunque dettata, all'art. 13, comma 3 D.Lgs. cit., per l'ipotesi di fatture o altri documenti emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, e che, anche in questo caso, nessun riferimento é stato effettuato al criterio della sede dell'azienda o delle aziende.
2.4. L'ordinanza impugnata ha ravvisato la competenza territoriale del Tribunale di Bari, quale luogo di accertamento del reato di cui al capo 4 della rubrica in applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1, osservando che risulta impossibile individuare il luogo di commissione del medesimo delitto, anche perché quest'ultimo non può ritenersi corrispondente a quello della sede del "Consorzio Energetico Italiano", ente emittente le false fatture.
A fondamento di questa conclusione, il Tribunale del riesame ha evidenziato che il "Consorzio Energetico Italiano" é una mera "cartiera". Ha poi precisato che la natura fittizia di tale ente si desume non solo dalle dichiarazioni rese da M.M. in data 1 luglio 2016, ma, "in ogni caso", dal mancato rinvenimento delle scritture contabili del consorzio, nonché dall'assenza di una qualsiasi organizzazione o di un'effettiva sede legale ed operativa del medesimo.
Le indicazioni fattuali indicate sono contestate, nel ricorso, sulla base di mere asserzioni: in particolare, nulla si osserva in ordine ai rilievi concernenti il mancato rinvenimento delle scritture contabili del "Consorzio Energetico Italiano", nonché dall'assenza di una qualsiasi organizzazione o di un'effettiva attività operativa del medesimo.
2.5. In considerazione dei principi applicabili, e degli elementi evidenziati nell'ordinanza impugnata, e allo stato non confutati, deve concludersi che corretta é l'affermazione della competenza del Tribunale di Bari, a norma del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, comma 1, stante l'inapplicabilità del criterio del luogo di commissione del reato di cui all'art. 8 c.p.p..
Ed infatti, la totale fittizietà delle operazioni documentate nelle fatture oggetto di contestazione esclude di poter ritenere che il luogo di consumazione del reato sia individuabile in quello della sede dell'ente emittente.
Invero, come precedentemente osservato, innanzitutto, il luogo di commissione del reato, anche con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 deve essere accertato sulla base di elementi oggettivi, e non di mere congetture, idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell'esercizio dell'azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, alo stato degli atti. Inoltre, non può dirsi rispondente ad una massima di esperienza l'affermazione secondo cui le false fatture, almeno quando riguardano operazioni del tutto inesistenti, sono state emesse nel luogo in cui ha sede la ditta di emissione.
3. Le considerazioni precedentemente esposte implicano l'inammissibilità, per difetto di specificità, delle censure formulate nel secondo motivo, che contestano l'utilizzabilità delle dichiarazioni di M.M., anche ai fini della decisione sulla eccezione di incompetenza per territorio, sul rilievo che le stesse avrebbero dovuto essere acquisite con le garanzie riconosciute alle persone indagate a norma degli artt. 63 e 63 c.p.p..
Costituisce infatti principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, quello in forza del quale il giudice dell'impugnazione non é tenuto a dichiarare preventivamente l'inutilizzabilità della prova contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto "criterio di resistenza", applicabile anche nel giudizio di legittimità (cfr., specificamente: Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, De Matteis, Rv. 270303-01; Sez. 2, n. 41396 del 16/09/2014, Arena, Rv. 260678-01; Sez. 5, n. 37694 del 15/07/2008, Rizzo, Rv. 241299-01).
Nella specie, l'ordinanza impugnata ha espressamente precisato che la natura fittizia del "Consorzio Energetico Italiano" si desume non solo dalle dichiarazioni rese da M.M. in data 1 luglio 2016, ma, "in ogni caso", dal mancato rinvenimento delle scritture contabili del consorzio, nonché dall'assenza di una qualsiasi organizzazione o di un'effettiva sede legale ed operativa del medesimo.
Di conseguenza, posto che le conclusioni del Tribunale sono state raggiunte indipendentemente dall'impiego delle dichiarazioni di M.M., e sono da ritenere immuni da vizi, non occorre in questa sede pronunciarsi sulla utilizzabilità o inutilizzabilità delle precisate dichiarazioni.
4. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021