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Cassazione Penale

Cassazione penale , sez. III , 04/02/2020 , n. 9883

La massima

In tema di reati tributari, l'attenuante di cui all' art. 13-bis, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 , che consegue al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, richiede il presupposto della esistenza di un debito tributario suscettibile di essere adempiuto sicché non è applicabile in relazione ai reati che sussistono pur in assenza di un'evasione di imposta. (Fattispecie di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti).

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO La Corte di appello di Milano, intervenendo in sede di giudizio di rinvio, per la terza volta, in relazione alla sentenza con la quale il Tribunale di Milano, in esito a giudizio abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità di C.L. in ordine al reato di cui al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 8, comma 1, per avere egli, nella qualità di legale rappresentante della S.I.R. Srl, emesso fatture relative ad operazioni inesistenti (fatture utilizzate al fine di evadere le tasse dalle imprese nei confronti delle quali le medesime erano state spiccate), lo ha condannato, in parziale accoglimento della impugnazione proposta dall'imputato, dopo che le precedenti due sentenze emesse dalla Corte di Milano, rispettivamente in data 12 settembre 2014 ed in data 12 gennaio 2018, già erano state annullate da questa Corte con sentenze n. 15458 del 2016 e n. 5884 del 2019, previa conferma della dichiarazione di penale responsabilità del C. limitatamente agli anni di imposta 2008 e 2009, alla pena di mesi 9 e giorni 10 di reclusione, confermando, altresì, nel resto la sentenza impugnata del giudice di primo grado, peraltro limitatamente alle parti di essa che già non erano state caducate con le precedenti sentenze emesse in sede di giudizio di rinvio. Ha nuovamente interposto ricorso per cassazione il prevenuto, lamentando con un duplice motivo di impugnazione la violazione di legge, sia con riferimento agli artt. 623 e 627 c.p.p. che con riferimento all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2, sia, in relazione alla violazione del D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, comma 2-bis, (disposizione ora trasferita nell'art. 13-bis, comma 4, del medesimo decreto legislativo), la mancata applicazione della circostanza attenuante speciale ivi prevista. In sostanza il ricorrente, il quale ha anche sollecitato questa Corte a sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma ora indicata ove non fosse ritenuta possibile una interpretazione estensiva di essa, ha osservato che la attenuante in questione - applicabile alle ipotesi di avvenuto ristoro, tramite l'integrale pagamento delle imposte evase, comprensivo anche delle eventuali derivanti sanzioni, prima dell'inizio del giudizio di primo grado, del danno derivante, sino a quel momento, dal mancato tempestivo versamento delle imposte - sarebbe tanto più applicabile nel caso in cui, come nella presente fattispecie, siffatto danno non fosse riscontrabile stante la assenza di un'evasione di imposta, non potendosi, peraltro, gravare, come invece preteso dalla Corte territoriale nella motivazione della sentenza impugnata, lo stesso imputato della prova della inesistenza di alcuna omissione tributaria derivante dal reato a lui contestato. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso, con le precisazioni che saranno di seguito offerte, è infondato e, pertanto, lo stesso non può essere accolto. Data la complessità della vicenda che costituisce lo sfondo della presente controversia, è opportuno, per la sua migliore comprensione, ripercorrerne, sia pure per sintesi, i passi salienti. Con sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Milano in data 13 marzo 2014, C.L. è stato condannato - in quanto ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 8, comma 1, per avere emesso, in qualità di legale rappresentante della S.I.R. Srl, negli anni di imposta 2007, 2008, 2009 e 2010, una serie di fatture relative ad operazioni inesistenti in favore di altre due società, in particolare la Sir Srl e la Lubrichem Srl, da queste utilizzate per documentare (onde ridurre il reddito imponibile ai fini IVA e, pertanto, omettere il pagamento delle imposte altrimenti dovute) costi aziendali non realmente affrontati - unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e concessione della sospensione condizionale della pena, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, oltre alle pene accessorie ed alla confisca per equivalente della somma di Euro 86.881,00, pari all'ammontare dell'indebita detrazione IVA operata dalle società utilizzatrici delle fatture. Avendo l'imputato gravato la predetta sentenza di appello, la Corte di Milano, in data 12 dicembre 2014, ha, in parziale accoglimento dell'impugnazione, riconosciuto la circostanza attenuante di cui al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 8, comma 3, applicabile ratione temporis alle condotte imputate al C., ed ha, pertanto, ridotto la pena a suo carico, portandola ad anni 1 di reclusione, ed ha ridotto l'importo della somma oggetto di confisca per equivalente, espungendo quella relativa all'anno di imposta 2007, essendo stata introdotta la disposizione che consente la applicazione della misura di sicurezza in questione solo con L. n. 244 del 2007, entrata in vigore in data 1 gennaio 2008, cioè dopo la commissione del reato in questione, ridimensionandola, perciò, sino alla somma di Euro 64.101,00. Avendo l'imputato impugnato la sentenza della Corte di merito di fronte alla Corte di cassazione, questa, con sentenza n. 15458 del 2016, ha annullato la sentenza della Corte meneghina, senza rinvio, relativamente all'affermazione della responsabilità dell'imputato quanto all'anno di imposta 2007, per essere il reato estinto per prescrizione, e con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte, in relazione alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio ed alla disposta confisca. Quanto alla pena la Corte di legittimità aveva, infatti, riscontrato che la Corte di merito, nell'applicare il regime della continuazione fra i vari reati in contestazione, ciascuno riferito ad una annualità di imposta, aveva conteggiato anche l'anno di imposta 2010, nel corso del quale non erano state emesse fatture. Mentre la pronunzia di annullamento riguardante la confisca era stata determinata dal rilevo che, secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità, "la confisca per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti non può essere disposta sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poichè il regime derogatorio previsto dal D.Lgs.n.74 del 2000, art. 9 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo". Investita, pertanto, del giudizio di rinvio la Corte di Milano, con sentenza del 12 gennaio 2018, ha rideterminato la pena a carico del C. in anni 1, mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed ha revocato in toto la disposta confisca. Avendo nuovamente interposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, questa Corte di legittimità, con sentenza n. 5884 del 2019, ha nuovamente annullato la decisione assunta dalla Corte di appello di Milano, osservando, in primo luogo che, la Corte di appello non aveva pronunziato sulla applicabilità al caso di specie del D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, pur avendo la questione formato oggetto di motivo di gravame, e rilevando, in secondo luogo che il criterio seguito nella determinazione della pena a carico del C. era stato errato, posto che, in attuazione della precedente sentenza della Corte di cassazione, la Corte territoriale avrebbe dovuto, cosa da essa non fatta, ridurre la pena a carico del medesimo, stante la eliminazione delle sanzioni riguardanti gli anni di imposta 2007 e 2010. Nuovamente investita in sede di rinvio la Corte di Milano ha emesso la sentenza ora impugnata. Con essa detta Corte ha ritenuto, per un verso, di dovere rideterminare la pena a carico del C. nella misura di mesi 9 e giorni 10 di reclusione, mentre, per altro verso, ha escluso che alla fattispecie potesse essere applicata la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, comma 2-bis, nel testo vigente al momento del fatto - per effetto del quale le pene previste per i delitti di cui al citato decreto erano diminuite sino alla metà nè si applicavano le pene accessorie previste dall'art. 12 del medesimo decreto legislativo, nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi del delitto in contestazione, comprensivi di eventuali sanzioni, fossero stati estinti mediante pagamento, anche a seguito di procedura di conciliazione o di adesione all'accertamento - sulla base di una pluralità di argomenti. Il primo di essi, secondo la Corte territoriale, è fornito dalla circostanza che il ricorrente non ha offerto nè una prova nè un principio di prova in merito alla circostanza che in capo alla società che aveva emesso le fatture relative alle operazioni inesistenti non vi era alcun debito tributario, anche in relazione ad eventuali sanzioni amministrative, tenuto conto anche del fatto che, ai sensi della L. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, l'imposta Iva è dovuta dall'emittente per intero anche in caso di emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti. Ha, peraltro, aggiunto la Corte di merito che, ove dovesse risultare che dalla commissione del reato attribuito al C. non fosse derivata l'insorgenza di alcun debito tributario, dovrebbe ritenersi che detto reato è escluso dal novero di quelli per i quali possa applicarsi la circostanza attenuante speciale invocata dal ricorrente. Il quale, osserva in conclusione la Corte di Milano, mai prima della apertura del dibattimento ha manifestato la volontà di pagare il debito tributario e le modalità per compiere tale adempimento. Sulla base di tali argomenti la Corte territoriale ha rigettato la impugnazione del ricorrente avente ad oggetto la applicabilità alla fattispecie della citata circostanza attenuante speciale. Come accennato nella parte narrativa della presente sentenza, nell'impugnare la sentenza emessa in sede di rinvio il ricorrente ha lamentato la violazione dell'art. 623 c.p.p. e art. 627 c.p.p., comma 3, nonchè dell'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2, sostenendo che il giudice del rinvio avrebbe violato il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione allorchè aveva annullato, per la secondo volta, la sentenza della Corte di Milano, in quanto in tale occasione questa Corte non aveva incaricato il giudice territoriale di verificare se esistessero o meno debiti tributari, ma aveva disposto nel senso che la Corte di merito dovesse accertare se "la posizione di colui che non aveva fatto sorgere alcun debito tributario (...) fosse effettivamente da equiparare o meno al caso dell'imputato che avesse pagato, prima della apertura del dibattimento, i debiti tributari". Il motivo di impugnazione non ha pregio. Infatti, osserva il Collegio, la sentenza n. 5884 del 2019, con la quale la Corte di cassazione ha rinviato alla Corte di appello di Milano il giudizio a carico dell'odierno ricorrente, ha onerato la predetta Corte territoriale di porre rimedio ad un vizio di omessa motivazione che, invece, caratterizzava la sentenza oggetto del giudizio definito con la citata pronunzia della Corte di legittimità, riguardante la applicabilità al caso in esame il D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, nel testo vigente il momento in cui i fatti si sono verificati. La Corte, proprio per la natura del vizio denunziato (si trattava di un'omessa motivazione "pura" e non di un vizio di motivazione o di errata applicazione di una norma di legge), non ha fornito al giudice del rinvio alcun criterio cui doversi uniformare in sede decisoria, essendo, pertanto, questo libero di decidere secondo scienza e coscienza sul motivo di impugnazione anteriormente pretermesso; la Corte ha semplicemente delineato gli ambiti decisori entro i quali il giudice del rinvio sarebbe dovuto intervenire, salvo ed impregiudicato il contenuto della sua decisione, precisando che essa avrebbe dovuto in primo luogo concernere l'applicabilità alla fattispecie in esame del ricordato, D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, comma 2-bis, e, una volta positivamente verificato tale logico presupposto, la Corte di rinvio avrebbe dovuto rideterminare la pena da infliggere al C., computata tenendo conto della attenuante in questione. Rilevato quanto sopra, non può affatto dirsi che la Corte di Milano, avendo escluso che alla fattispecie sottoposta al suo esame potesse applicarsi la disposizione legislativa ultima citata, abbia tracimato rispetto ai confini decisori, invero piuttosto ampi, che le erano stati segnati dalla Corte di cassazione con la citata sentenza n. 5884 del 2019. Da ciò la infondatezza del motivo di ricorso ora scrutinato. Passando ad esaminare il secondo motivo di impugnazione, relativo alla erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui in essa si è ritenuto che dovesse gravare sul ricorrente la prova della insussistenza di alcun debito tributario derivante dalla commissione del reato a lui ascritto, si rileva che il motivo di impugnazione appare non correttamente formulato. Infatti, osserva la Corte, non è corretta l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale l'impugnazione del C. avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 13 marzo 2014, avente ad oggetto la applicabilità o meno a suo favore della circostanza attenuante di cui al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13, comma 2-bis, dovesse essere rigettata in quanto l'appellante non aveva dimostrato la inesistenza di debiti tributari in capo alla società emittente le fatture per operazioni inesistenti. L'erroneità della affermazione - peraltro in contraddizione logica con la concorrente ratio decidendi esposta dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata secondo la quale ove fosse derivata la insussistenza di qualsivoglia debito tributario derivante dal reato oggetto del giudizio, ciò avrebbe significato che il reato in questione è escluso dall'ambito applicativo della attenuante in questione, conclusione che avrebbe reso comunque inconcludente l'eventuale soddisfazione dell'onere probatorio richiesto al ricorrente - è duplice, in quanto la stessa è tale sia in fatto che in diritto. E' errata in fatto atteso che la insussistenza di qualsivoglia debito di imposta derivante dalla condotta posta in essere dal C. è circostanza che appare documentata dal fatto che, con la sentenza n. 15458 del 2016 questa stessa Corte di legittimità annullò la prima sentenza emessa dalla Corte di Milano in relazione alla disposta confisca delle imposte non versate, osservando che si trattava di somme riferibili al mancato versamento delle imposte evase per effetto dell'utilizzazione delle fatture riferite ad operazioni fittizie e non derivanti da un omesso versamento di imposte connesso alla emissione delle fatture riguardanti operazioni inesistenti. La circostanza che, in sede di rinvio, la Corte di appello abbia in toto revocato la confisca fornisce un elemento assai solido onde affermare che dalla condotta del C. non è immediatamente derivato alcun debito di imposta non soddisfatto. E', peraltro, errata in diritto posto che, non risultando contestata al C. con il capo di imputazione elevato nei suoi confronti, alcuna evasione di imposta, non si comprende per quale motivo l'imputato doveva essere onerato di fornire la prova di un elemento, peraltro negativo e, pertanto, di ardua dimostrazione, quale la insussistenza di un debito tributario derivante dalla sua condotta (sul generale principio per effetto del quale in capo all'imputato non vi è l'onere di provare un fatto negativo, cfr., sia pure in un ambito non pienamente coincidente con quello ora in esame: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 30 giugno 2014, n. 28156; idem Sezione II penale, 17 febbraio 2014, n. 7484; idem Sezione VI penale, 12 dicembre 2011, n. 45984), la cui sussistenza neppure era mai stata prospettata. Vi è, tuttavia, da rilevare che, come è stato dianzi accennato, la Corte di appello ha fondato la propria decisione di escludere la possibilità di riconoscere in favore del ricorrente la citata circostanza attenuante anche su di un altro profilo, non coincidente (anzi in realtà divergente) con il precedente, costituito dalla astratta inapplicabilità della circostanza in questione ogniqualvolta non sia prospettabile un debito tributario suscettibile di essere adempiuto anteriormente alla apertura del dibattimento penale. Tale argomento appare, a questo Collegio condivisibile, posto che il tenore letterale della disposizione in questione, in relazione alla quale appare opportuno segnalarne la sostanziale continuità normativa con il D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13-bis, comma 1, come introdotto a seguito della entrata in vigore del D.Lgs.n. 158 del 2015, appare inequivocamente declinato nel senso di consentire la applicazione della attenuante ad effetto speciale solamente nella ipotesi in cui al delitto contestato sia conseguita la sussistenza di un debito tributario ed esso sia stato saldato, anche tramite procedure conciliative o adesive, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento penale in primo grado. Deve, infatti, rilevarsi che fra i reati previsti e sanzionati dal D.Lgs.n.74 del 2000 ve ne sono alcuni, fra i quali quello appunto disciplinato dall'art. 8 ma al medesimo genere appartengono anche i reati di cui agli artt. 10 e 11, la cui integrazione non è condizionata dall'esistenza di un'omissione tributaria o comunque di un danno patrimoniale a carico dell'Erario. In essi, infatti, sebbene sia previsto che l'atteggiamento dell'agente sia caratterizzato dal dolo specifico, difatti quanto al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 8 l'illecito deve essere commesso "al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto", mentre la condotta di occultamento o distruzione delle scritture contabili, punita ai sensi del successivo art. 10, deve essere realizzata " al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi" ed, infine, la ipotesi di fraudolenta sottrazione al pagamento delle imposte contiene nella stessa denominazione del reato il fine specifico per il quale è disposta la simulata alienazione (o atti similari) del patrimonio dell'agente, non è tuttavia necessario che il fine divisato dall'agente sia raggiunto, costituendo siffatte ipotesi di reato, come si verifica allorchè la sanzione penale è posta quale ostacolo alla realizzazione di ulteriori più gravi condotte, dei reati di pericolo, la cui integrazione non necessita del verificarsi di un evento naturalistico, nel caso la evasione di imposta, essendo sufficiente che si realizzi il pericolo che questo si verifichi (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 ottobre 2018, n. 46049; idem Sezione III penale, 26 marzo 2008, n. 12719). Per tali ipotesi, cioè laddove il reato sussista pur in assenza di un'evasione di imposta, osserva la Corte, deve ritenersi che la circostanza attenuante speciale di cui, ora, al D.Lgs.n.74 del 2000, art. 13-bis, comma 1, (ed allora di cui all'art. 13, comma 2-bis del medesimo decreto legislativo) non sia, in astratto, praticabile, ò non potendo ricorrere gli elementi fattuali per la sua applicazione. Nè una tale soluzione - che appare necessitata alla luce del contenuto della norma il quale richiama i concetti di debiti tributari e di loro estinzione, che indubbiamente presuppongono la esistenza di un pregresso carico tributario non tempestivamente adempiuto derivante direttamente dalla commissione di uno dei delitti disciplinati dal D.Lgs.n.74 del 2000 - si presenta tale da apparire così manifestamente irragionevole ovvero in contrasto col principio della uguaglianza da impingere con taluno dei principi sanciti dall'art. 3 della Costituzione repubblicana. Infatti ritiene il Collegio, in tal modo replicando all'invito rivoltogli dal ricorrente nel senso di sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma in questione, invito che, invece, si reputa di dover disattendere stante la manifesta infondatezza della questione prospettata che il legislatore abbia in tal modo, per un verso, inteso premiare con un trattamento sanzionatorio più blando il soggetto che, attraverso il pagamento delle imposte fino a quel momento evase, ha in tal modo dimostrato concretamente una forma di avvenuta resipiscenza rispetto al suo precedente atteggiamento antigiuridico (nè la circostanza che un siffatto atteggiamento non possa essere negli stessi termini dimostrato da chi non avendo evaso alcuna imposta non sia in condizione di pagarla prima dell'inizio del dibattimento costituisce fattore tale da determinare un trattamento irragionevolmente deteriore di tale seconda categoria di soggetti, una volta che gli stessi siano condannati, atteso che la descritta circostanza, cioè la mancata sussistenza di un danno materiale a carico dell'Erario quale conseguenza dell'agire di costoro, potrà essere ragionevolmente oggetto di valutazione da parte del giudicante nell'ambito della discrezionale quantificazione della pena entro la forcella edittale prevista per il singolo reato perpetrato), mentre ha, per altro verso, così inteso incentivare - facendo uso della ampia discrezionalità che è concessa al legislatore in materia di misure ampliative o comunque attributive di benefici attraverso la previsione premiale della circostanza attenuante in questione, attesi gli evidenti vantaggi di carattere generale che da ciò possono derivare al complessivo sistema fiscale, il, sia pure differito, integrale adempimento degli obblighi tributari da parte di chi si sia, sino a quel momento, sottratto ad essi. Il ricorso proposto deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente, visto l'art. 616 c.p.p., va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020. Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2020

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Fatture per operazioni inesistenti: l'evasione di imposta non è elemento costitutivo del reato
Fatture per operazioni inesistenti: sui rapporti con la bancarotta fraudolenta impropria
Fatture per operazioni inesistenti: sulla prova della posizione di amministratore di fatto
Fatture per operazioni inesistenti: questioni intertemporali
Fatture emesse per operazioni inesistenti: sui rapporti con il reato di autoriciclaggio
Fatture per operazioni inesistenti: sull'attenuante conseguente al pagamento dei debiti tributari
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti: i rapporti con il reato di truffa ai danni dello Stato
Fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: sulla competenza per territorio
Fatture per operazioni inesistenti: ha natura di reato comune
Fatture per operazioni inesistenti: se relative al medesimo periodo di imposta si configura un unico reato
Fatture per operazioni inesistenti: possono concorrere soggetti diversi dall'utilizzatore
Trasferimento fraudolento di valori: non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità
Intercettazioni: utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati dal vincolo della continuazione
Abuso d'ufficio: se il pubblico ufficiale agisce del tutto al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni non e' configurabile il reato
Concussione: non sussiste se la persona offesa ha eseguito un pagamento in quanto erroneamente convinta di esservi obbligata
Concussione: consiste in una condotta di prevaricazione abusiva idonea a costringere alla dazione o alla promessa
Tentata concussione: è indifferente il conseguimento in concreto del risultato di porre la vittima in stato di soggezione
Nullità: l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità
Misure cautelari: valgono gli stessi principi che governano lo scrutinio di legittimità quanto al processo di cognizione
Induzione indebita: la condotta si configura come esortazione, persuasione, suggestione, inganno, impliciti messaggi, pressione morale
Concussione e induzione indebita: le differenze sta nel modo in cui si manifesta l'abuso della qualifica soggettiva
Metodo mafioso - condotte di estorsione ambientale
Tentativo di concussione: è necessario valutare la adeguatezza della condotta, valutando l'effetto di essa nel soggetto passivo
Concussione: vi è piena continuità normativa con il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p.
Sulla ammissibilità del concordato in appello
Atti sessuali con minorenne: non può essere disposta la sospensione dell'esecuzione della condanna
Violenza sessuale: può concorrere formalmente con il reato di concussione
Violenza sessuale: rileva ai fini del consenso l'assunzione di alcol da parte della persona offesa?
Violenza sessuale: la sussistenza del consenso all'atto va verificata in relazione al momento del compimento dell'atto
Violenza sessuale: in caso di errore sul consenso, l'onere della prova è a carico dell'imputato
Violenza sessuale: gli atti sessuali non convenzionati possono essere leciti?
Violenza sessuale: non ricorre l'attenuante della minore gravità del fatto nel caso in cui è perpetrata dal genitore ai danni del figlio
Violenza sessuale: non occorre che la violenza avvenga in modo brutale ed aggressivo
Violenza sessuale: sulla violazione della correlazione tra accusa e sentenza la condanna
Violenza sessuale: la coprofilia influisce sulla capacità di intendere e volere?
Violenza sessuale: sulla valutazione della prova indiziaria
Violenza sessuale: sussiste in caso di invio di foto intime su whatsapp dietro minaccia
Violenza sessuale: per la valutazione dell'attenuante della minore gravità è inconferente il fatto della commissione con abuso di relazione di ospitalità
Violenza sessuale: sulla configurabilità dell'abuso della condizione di inferiorità psico-fisica della vittima
Violenza sessuale: nella nozione di atti sessuali non rientrano gli atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terzi o di voyeurismo
Violenza sessuale: sull'aggravante la compromissione della libertà personale della vittima
Violenza sessuale: la condizione di inferiorità psichica della vittima può dipendere anche dalla minore età
Violenza sessuale: può concorrere con il delitto di sequestro di persona
Violenza sessuale: assorbe il reato di maltrattamenti se vi è coincidenza fra le condotte
Violenza sessuale: gli elementi per l'applicazione dell'attenuante della minore gravità del fatto si usano anche per la riduzione della pena
Violenza sessuale: anche le credenze esoteriche in grado di suggestionare la p.o. rientrano fra le condizioni di inferiorità psichica
Violenza sessuale: sulla procedibilità d'ufficio
Violenza sessuale: sull'abuso di autorità e posizione di preminenza
Violenza sessuale: sul divieto di concessione di misure alternative alla detenzione
Violenza sessuale: si configura aggravante speciale nel caso in cui la vittima sia stata provocata dall'autore del reato all'assunzione di sostanze alcoliche
Violenza sessuale: sull'applicazione del divieto di sospensione dell'esecuzione della pena
Violenza sessuale: sulla legittimità del diniego dell'attenuante del fatto di minore gravità
Violenza sessuale: sulla rilevanza della qualità di pubblico ufficiale ai fini di procedibilità d'ufficio
Violenza sessuale: sullo stato di inferiorità della vittima in caso di alterazione causata da alcool
Violenza sessuale: sull'accertamento della capacità a testimoniare del minore vittima di abuso
Violenza sessuale: se il concorrente non è presente sul luogo del delitto può concorrere solo moralmente
Atti sessuali con minorenne: integra il tentativo l'offerta di denaro a quattordicenne per compiere atti sessuali
Violenza sessuale: sussiste in caso di induzione a giochi erotici e rapporti sessuali virtuali
Violenza sessuale: sul tentativo in caso di assenza di contatto fisico con la vittima
Violenza sessuale: il medico può lecitamente compiere atti incidenti sulla sfera della libertà sessuale
Violenza sessuale: sulla configurabilità dell'attenuante del fatto di minore gravità
Violenza sessuale: può essere commesso in danno del coniuge, in costanza di convivenza
Violenza sessuale: se posto in essere da un militare nei confronti di un commilitone, concorre con quello di ingiuria militare
Violenza sessuale: per il dolo, non è necessario che la condotta sia finalizzata a soddisfare il piacere sessuale dell'agente
Violenza sessuale: sulla circostanza aggravante dell'abuso della qualità di ministro di un culto (sacerdote)
Violenza sessuale: sulla induzione a subire atti sessuali su persona in stato di inferiorità psichica
Violenza sessuale: la reazione violenta della vittima non rileva per l'attenuante di minore gravità
Violenza sessuale: deve procedersi a giudizio di comparazione nel caso in cui l'attenuante ad effetto speciale della minore gravità concorre con aggravante
Violenza sessuale: l'aggravante della minore gravità non può essere esclusa per la sussistenza di aggravanti
Violenza sessuale aggravata: misure alternative solo se si è sottoposti ad osservazione scientifica della personalità
Violenza sessuale: sul consenso e gli atti sessuali non convenzionali
Violenza sessuale: il consenso deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità
Violenza sessuale: professore bacia sulla guancia un'alunna dopo aver provato a farlo sulla bocca, condannato
Violenza sessuale: sulla diminuente prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: sulla diminuente prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: sulla procedibilità d'ufficio del reato
Stupefacenti: l'acquirente di modiche quantità deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti
Travisamento della prova: richiede l'esistenza di una palese difformità dai risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova
Travisamento della prova: sussiste solo in caso di incontrovertibile e pacifica distorsione del significante
Ricorso per cassazione: alla Corte è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
Ricorso per cassazione: inammissibili doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle prove
Stupefacenti: la lieve entità va valutata con riferimento a tutti gli elementi concernenti l'azione
Stupefacenti: la lieve entità va accertata tenendo conto anche della personalità dell'indagato, dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell'azione
Ricorso per cassazione: sul termine perentorio di cinque giorni previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 2.
Violenza sessuale: configurabile il tentativo se l'agente non ne ha raggiunto le zone genitali
Violenza sessuale di gruppo: non assorbe il delitto di tortura
Violenza sessuale: sussiste in caso di atti di autoerotismo commessi alla presenza di una persona?
Violenza sessuale: sulla ammissibilità dell'appello del pubblico ministero avverso la sentenza di condanna
Violenza sessuale: sulla configurabilità della circostanza aggravante della connessione teleologica con il reato di lesioni personali.
Violenza sessuale: sull'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: può concorrere con il delitto di riduzione in servitù?
Violenza sessuale: la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto prescinde da fenomeni di patologia mentale
Violenza sessuale: sulla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza
Violenza sessuale: è inutilizzabile la testimonianza assunta in violazione della C.D.. "Carta di Noto"?
Violenza sessuale: sul riconoscimento dell'attenuante della minore gravità, nel caso di più fatti in continuazione ai danni della medesima persona
Violenza sessuale di gruppo: le differenze con il concorso di persone nel delitto di violenza sessuale
Violenza sessuale: in tema di misure cautelari personali, il giudice non è tenuto a motivare circa la ricorrenza di specifiche e inderogabili esigenze investigative
Violenza sessuale: la disciplina di cui all'art. 190-bis c.p.p. si applica anche alla prova assunta nel corso di incidente probatorio
Violenza sessuale: sul riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità
Concussione: l'analisi del giudice non può esaurirsi nella descrizione della condotta costrittiva ma deve verificarne l'efficacia coartante
Induzione indebita: la persuasione deve avere un valore condizionante più tenue a quella tipica della concussione
Bancarotta fraudolenta: non può essere sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca il denaro di certa provenienza lecita
Bancarotta fraudolenta: sui pagamenti tra società infragruppo
Bancarotta fraudolenta: sulla rilevanza della restituzione ai soci dei versamenti conferiti in conto di aumento futuro di capitale
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di conferimento di denaro da impresa individuale fallita a società di cui l'imprenditore ha parte di quote
Bancarotta fraudolenta: il momento consumativo coincide con la sentenza di fallimento
Bancarotta fraudolenta: sussiste piena continuità normativa fra la previsione dell'art. 216 l. fall. e l'art. 322 d.lg. 12 gennaio 2019, n. 14
Bancarotta fraudolenta: legittima l'applicazione di misure cautelari personali prima della sentenza dichiarativa di fallimento
Bancarotta fraudolenta preferenziale: sul compenso dell'amministratore di una società
Bancarotta fraudolenta: può concorrere con il reato di autoriciclaggio
Bancarotta riparata: non è necessaria la restituzione dei singoli beni sottratti
Bancarotta semplice: sussiste in caso di operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione gratuita di un contratto di locazione finanziaria
Bancarotta fraudolenta: la provenienza illecita dei beni non esclude il reato
Bancarotta fraudolenta: la natura distrattiva di operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione aziendale a prezzo incongruo
Bancarotta fraudolenta: sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale di società fallita
Bancarotta fraudolenta: la parziale omissione del dovere annotativo è punita a titolo di dolo generico
Bancarotta fraudolenta: sulla omessa tenuta della contabilità
Bancarotta fraudolenta: non si ha pluralità di reati se le condotte tipiche realizzate mediante più atti siano tra loro omogenee
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione di beni che rientrino nell’autonoma disponibilità della società fallita
Bancarotta fraudolenta: sui presupposti del concorso per omesso impedimento dell'evento
Bancarotta fraudolenta: il dolo generico può essere desunto dalla responsabilità dell'imputato per fatti di bancarotta patrimoniale
Bancarotta fraudolenta: il distacco del bene dal patrimonio può realizzarsi in qualsiasi forma
Bancarotta fraudolenta: sull'individuazione dell'oggetto materiale del reato
Bancarotta fraudolenta: in tema di concorso dell'extraneus nel reato
Bancarotta fraudolenta: i pagamenti in favore della controllante non integrano il reato
Bancarotta fraudolenta: sussiste anche in caso di esercizio di facoltà legittime
Bancarotta fraudolenta: sull’aggravante della cd. continuazione fallimentare
Bancarotta preferenziale: sul rilievo della compensazione volontaria
Bancarotta: l'assoluzione dalla bancarotta impropria in caso di falso in bilancio seguito da fallimento non interferisce sulla decisione per quella propria documentale

Fatture per operazioni inesistenti: sull'attenuante conseguente al pagamento dei debiti tributari

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