RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 2 ottobre 2020 2020 la Corte di appello di Napoli - a seguito del gravame interposto da U.E. - ha confermato la pronuncia resa il 13 marzo 2013, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva affermato la responsabilità dello stesso imputato per il delitto aggravato di furto di energia elettrica (art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7) e, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione.
2. Avverso la sentenza di secondo grado il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo (di seguito enunciato, nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1), con il quale - sub specie della violazione della legge penale, indicata nell'art. 625 c.p., comma 1, n. 7), e art. 157 c.p. e del vizio di motivazione - ha addotto che:
- erroneamente il fatto sarebbe stato ritenuto commesso su cose esposte alla pubblica fede poiché il contatore oggetto della manomissione perpetrata dall' U. era ubicato all'interno dell'androne dello stabile ove l'imputato dimorava;
- la Corte territoriale avrebbe disatteso tale allegazione, prospettata con il gravame, affermando che "l'androne è luogo accessibile... quindi non di privata dimora", così richiamando un concetto diverso dall'esposizione alla pubblica fede; ed avrebbe invece dovuto argomentare, alla luce di quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità sulla configurabilità della circostanza, in relazione "alla condizione del bene rispetto alla "facilità di raggiungimento" di esso;
- escludendo la circostanza in discorso il reato sarebbe estinto per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini che si espongono, e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essersi il reato estinto per prescrizione.
1. La difesa ha rappresentato che nella specie il furto commesso dall' U. sarebbe stato erroneamente ritenuto aggravato a mente dell'art. 625 c.p., comma 1, n. 7).
Dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado emerge che l' U. è stato ritenuto responsabile di essersi impossessato di un quantitativo imprecisato di energia elettrica, sottraendola all'E.N.E.L. S.p.A., per il tramite della manomissione del circuito amperometrico del contatore a lui "intestato", posto al servizio dell'appartamento da lui abitato ed ubicato "nell'androne del palazzo".
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha già da tempo chiarito che in tema di furto, la ratio dell'aggravamento della pena, previsto dall'art. 625 c.p., n. 7, terza ipotesi, è correlata alla condizione di esposizione di essa alla pubblica fede, ossia alla particolare posizione in cui versano le cose non sottoposte a custodia diretta, le quali trovano la loro tutela nel sentimento collettivo di rispetto della proprietà altrui, nel senso di rispetto per l'altrui bene da parte di ciascun consociato e, per ciò stesso, sono esposte ad un maggiore pericolo; in altri termini, la pubblica fede si sostanzia nel senso di onestà verso la proprietà altrui a cui si affida colui che deve lasciare una cosa incustodita anche solo temporaneamente, per necessità, consuetudine o destinazione, e ciò a prescindere dalla natura pubblica o privata del luogo ove essa si trovi (tanto che tale condizione può sussistere anche se la cosa si trovi in luogo privato cui, per mancanza di recinzioni o sorveglianza, si possa liberamente accedere: Sez. 4, n. 17121 del 04/02/2020, Anghel, Rv. 279243 - 02; Sez. 5, n. 9022 del 08/02/2006, Giuliano, Rv. 233978 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 6351 del 08/01/2021, Esposito, Rv. 280493 - 01, che - richiamando pure Sez. 5, n. 39631 del 23/9/2010, Giusti, Rv. 248656 e Sez. 5, n. 11921 del 19/12/2019, dep. 2020, Gallo, n. m. - ha evidenziato che la ratio della norma è tutelare l'affidamento del presumibile rispetto dei terzi verso l'altrui proprietà, ostacolandone quella facilità di raggiungimento che consegue dall'esposizione alla pubblica fede). Dunque, come pure rilevato in dottrina, l'esposizione di una res alla pubblica fede implica una situazione di fatto in forza della quale la cosa non si trova sotto la diretta custodia dell'avente diritto, di talché la sua tutela si trova ad essere affidata al senso di onestà e rispetto per le cose altrui di un numero non determinato o determinabile di persone.
Dall'esegesi appena esposta deriva che il fatto dell'imputato - come ricostruito dai Giudici di merito - non può dirsi aggravato a mente della norma in discorso. L' U. ha sottratto l'energia elettrica mediante la manomissione (tale da alterare la corretta misurazione dei consumi) del contatore relativo all'utenza a lui intestata e destinato a servire il suo appartamento; dunque, il suo fatto non è stato commesso in virtù della facilità di raggiungimento dell'energia derivante dall'esposizione di essa alla pubblica fede e per cui era esposta a maggior pericolo (ad esempio, come accade quando l'impossessamento avviene sottraendola dalla rete pubblica o come può avvenire, anche in luoghi privati ma accessibili, manomettendo il contatore altrui); rispetto all'energia transitata per il contatore della sua utenza (e di cui si è impossessato alterandone la misurazione nei termini predetti) l'imputato non può includersi nel numero indeterminato o indeterminabile di persone rispetto al cui agire la circostanza appresta una risposta sanzionatoria più dura, poiché egli aveva diritto di fruire dell'erogazione di essa (ovviamente in maniera lecita) proprio per il tramite del medesimo misuratore.
Ricorre, dunque, la denunciata violazione di legge, ragion per cui deve escludersi l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7). Ne consegue che per il reato di furto in contestazione, aggravato ai sensi del solo n. 2) del comma appena citato e commesso fino al 16 febbraio 2012, tenuto conto della pena detentiva posta dall'art. 625, comma 1, cit., è decorso il termine massimo di prescrizione (artt. 157 e 161 c.p.), pur tenendo conto dei periodi di sospensione che risultano in atti (dal 15 ottobre 2019 al 3 dicembre 2019 per rinvio su richiesta del difensore; dal 3 dicembre 2019 al 12 maggio 2020 per astensione del difensore); dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Esclusa l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., n. 7 annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2022