RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 11.3.2021, la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado nei confronti di A.N. e M.C., che li aveva dichiarati colpevoli del reato di furto di cui all'art. 624-bis c.p., ha, previa qualificazione del fatto in furto tentato, rideterminato, riducendole, le pene ai predetti inflitte.
2. Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia.
3. Il ricorso nell'interesse di A. deduce con un unico motivo articolato su più punti:
- l'insussistenza del reato di furto in abitazione non potendo il peschereccio attraccato in banchina - a bordo del quale si trovavano i bidoni di gasolio trafugati - essere considerato un luogo di privata dimora, in assenza dell'equipaggio;
- vizio di motivazione nella parte in cui non si sono riconosciute le attenuanti generiche, che al pari di quella di cui all'art. 62 c.p.p., n. 4, avrebbero potuto essere concesse con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante della minorata difesa;
- la contestazione in forma del tutto generica dell'aggravante del tempo di notte che non doveva quindi essere ritenuta sussistente dal giudice di merito;
- che la pena in ogni caso avrebbe dovuto essere sostituita L. n. 681 del 1981, ex art. 53.
4. Il ricorso nell'interesse di M.C., con l'unico motivo proposto, lamenta ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), violazione dell'art. 624 c.p. sostenendo l'erroneità della sussunzione della condotta nel reato di cui all'art. 624-bis c.p. piuttosto che in quello di cui all'art. 624 c.p., perseguibile a querela, in quanto il peschereccio non avrebbe potuto essere considerato come un luogo di privata dimora, trattandosi di luogo aperto ed accessibile a terzi; in ogni caso su un peschereccio ormeggiato in porto di notte non si svolgono quegli atti della vita privata ritenuti necessari dalle Sezioni Unite di questa Corte ai fini della configurazione del reato in argomento.
5. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi;
il difensore di M.C. ha insistito nell'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
1.1. Quanto alla doglianza comune ad entrambi i ricorsi sulla qualificazione giuridica del fatto, essa è infondata per le ragioni di seguito indicate.
Deve premettersi che i giudici di merito hanno accertato, dandone atto in sentenza, che nel motopeschereccio "(OMISSIS)", all'atto del furto ormeggiato nel porto di Mazara del Vallo, erano presenti cabine, bagni e altri ambienti destinati alle esigenze di vita dell'equipaggio, trattandosi di imbarcazione destinata a rimanere in mare anche per diversi giorni per consentire le battute di pesca, sicché trattandosi di circostanze di fatto - non oggetto peraltro di censura specifica da parte delle difese che piuttosto evidenziano l'assenza di persone a bordo dell'imbarcazione al momento del fatto esse non sono sindacabili nella presente sede di legittimità e costituiranno quindi la base della valutazione da compiere.
Ciò posto, si osserva innanzitutto che non rileva la presenza o meno di uomini dell'equipaggio a bordo del motopeschereccio al momento del furto - come di qualunque altro luogo di privata di dimora, sia esso un'abitazione, una sua pertinenza o un luogo di lavoro - perché ai fini della qualificazione giuridica del fatto assumono rilievo la destinazione del sito a privata dimora, essendo il titolare munito dello ius excludendi - libero di accedervi in qualunque momento, e la non occasionalità degli atti di vita privata che possono svolgersi all'interno di esso.
Le Sezioni Unite di questa Corte - n. 31345 del 23/03/2017, D'Amico, Rv. 270076 - hanno infatti affermato che ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 624-bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.
Muovendo dalla lettera del testo normativo - alla luce della pronuncia del Supremo Consesso - si deve affermare che nella previsione dell'art. 624-bis c.p., debbano includersi i luoghi che siano stati adibiti "in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico allo svolgimento di atti della vita privata, non limitati questi ultimi soltanto a quelli della vita familiare e intima (propri dell'abitazione)", nonché i luoghi che, ancorché non destinati allo svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano, comunque, le caratteristiche dell'abitazione. Nella sentenza si è affermato che "L'esigenza di maggior tutela dei luoghi destinati a privata dimora non viene meno solo perché il furto è commesso in orario notturno o diurno, in orario di apertura o di chiusura, oppure in presenza o in assenza di persone", dovendosi individuare nel domicilio, inteso come luogo in cui sia inibito l'accesso ad estranei e che sia tale da garantire la riservatezza, il bene giuridico tutelato dalla norma, con la precisazione che il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. Elemento discriminante, in tal senso, è il requisito della stabilità, "perché è solo questa, anche se intesa in senso relativo, che può trasformare un luogo in un domicilio, nei senso che può fargli acquistare un'autonomia rispetto alla persona che ne ha la titolarità". In definitiva, si è ritenuto che per poter sussumere il fatto nell'ipotesi delittuosa contemplata dall'art. 624-bis c.p., dovessero concorrere indefettibilmente tre elementi: a) l'utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) la non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.
Applicando tali principi al caso concreto, la pronuncia impugnata risulta esente dalle censure denunciate, avendo qualificato come tentato furto ai sensi dell'art. 624-bis c.p. la condotta posta in essere dagli imputati, introdottisi, di notte, in un motopeschereccio che, seppure privo di persone a bordo all'atto dell'introduzione, costituiva certamente luogo di privata dimora essendo connotato da tutti i requisiti indicati da questa Corte nella pronuncia D'Amico.
E' indubbio che il peschereccio non sia un luogo aperto al pubblico, al quale possano accedere i terzi senza il consenso del titolare, o di coloro che hanno l'esercizio dello ius excludendi alios, e che in esso, per le caratteristiche suindicate, si compiono, in maniera non occasionale - stante anche la presenza di cabine e bagno atti di vita privata; né potrebbe assumere rilievo, ai fini della esclusione della qualificazione giuridica selezionata, il punto preciso in cui si trovavano i bidoni sottratti dal momento che la stretta contiguità esistente tra le zone dell'imbarcazione, non consente di operare una netta differenziazione tra quelle private e quelle non riservate in quanto più esterne.
D'altronde il termine, vago, "privata dimora" adoperato dal legislatore, impone all'interprete il compito di definirne il significato. Si tratta, in particolare, di definire il contenuto offensivo tipico dell'ipotesi delittuosa onde comprendere se la condotta contestata presenti un disvalore sufficiente a giustificarne fa collocazione entro la fattispecie disciplinata con maggior rigore, giustifichi la maggiore gravità del fatto e l'incremento della sanzione che ne deriva. Il principio di offensività che deve guidare l'interprete nell'individuazione del fatto tipico sanzionato dal legislatore penale, regola altresì l'interpretazione di elementi connotanti il fatto in termini di maggior allarme sociale, cosicché si possa "cogliere nel lessico legale una portata che esprima fenomenologie significative, che giustifichino l'accresciuta severità sanzionatoria" (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione). L'interpretazione della locuzione "privata dimora" offerta dalla giurisprudenza di legittimità e', dunque, espressione della rado della norma, che è quella della tutela "forte" del domicilio "in quanto proiezione spaziale della persona, cioè ambito primario ed imprescindibile della libera estrinsecazione della personalità individuale", e correlativamente della tutela dei beni di particolare rilievo personale che vi si trovano.
Sicché ancor più evidente risulta, alla luce di tale parametro, la entità e qualità dell'intrusione intervenuta nel caso di specie, dal momento che essa, indiscusso che il peschereccio presentasse anche zone destinate allo svolgimento di atti privati strettamente connesse con ie altre, andò a violare proprio quel "domicilio" che la fattispecie di reato di cui all'art. 624-bis c.p. intende tuteiare in maniera rafforzata.
1.2. Le ulteriori censure sollevate nell'interesse di A.N. sono aspecifiche oltre che manifestamente infondate.
Quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, si rileva che, contrariamente agli asserti difensivi, la motivazione sul punto è più che congrua, avendo i giudici valutato come ostative le particolari modalità esecutive della condotta e la circostanza che il furto non fu portato a compimento grazie all'intervento delle forze dell'ordine che assicurarono anche la riconsegna dell refurtiva al proprietario.
Riguardo all'aggravante della minorata difesa, contestata in maniera nient'affatto generica, con indicazione dell'orario notturno, la stessa è stata correttamente giustificata non solo in ragione del "tempo di notte" in cui fu perpetrato il furto, ma anche della particolare conformazione dei luoghi (porto deserto) tale da ostacolare le possibilità di tutelare patrimonio; sicché gli argomenti spesi dalla difesa sono anche manifestamente infondati alla luce di quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite che ha affermato che "La commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta minorata difesa", essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto (Sez. ti, n. 40275 del 15/07/2021, P.v. 282095).
Infine, la mancata sostituzione della pena L. n. 689 del 1981, ex art. 53 è stata adeguatamente giustificata in forza della negativa personalità dell'imputato, gravato da plurimi precedenti per reati eterogenei (v. Sez. 7, Ordinanza n. 32381 del 28/10/2020, Rv. 279876 - 01, secondo "4-i tema di sostituzione di pene detentive brevi, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53, di una pena pecuniaria in sostituzione di una detentiva, pur essendo legata ai medesimi criteri previsti dall'art. 133 c.p. per la determinazione della pena, non implica necessariamente l'esame di tutti i parametri contemplati nella predetta norma"; nonché Sez. 2, n. 28707 del 03/04/2013, Rv. 256725 - 01 che ha affermato che La valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall'art. 133 c.p., con la conseguenza che il giudice può negare la sostituzione della pena anche soltanto perché i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, senza dovere addurre ulteriori e più analitiche ragiona.).
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che i ricorsi devono essere rigettati e che, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2022