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Cassazione Penale

Cassazione penale sez. VI, 22/06/2023, (ud. 22/06/2023, dep. 01/08/2023), n.33757

La massima

I risultati delle intercettazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono, infatti, utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati al primo dal vincolo della continuazione ex art. 12 c.p.p., lett. b), senza necessità che il disegno criminoso sia comune a tutti i correi.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Potenza ha ribadito la responsabilità di A.E., all'epoca dei fatti Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di (Omissis) e di C.M., avvocatessa del Foro di (Omissis), in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti di corruzione continuata in atti giudiziari (artt. 81 cpv., 319-ter, 321 c.p., reati di cui al capo 1, sub a e b e 5) e rivelazione continuata di segreti d'ufficio (artt. 81 cpv., 326 c.p., capi 7, 8 e 9) il solo A. nonché di concorso in induzione indebita a dare o promettere utilità (artt. 110,319-quater c.p., capo 2) entrambi gli imputati, confermando la pena inflitta a C. nella misura di un anno e quattro mesi di reclusione, condizionalmente sospesa ed aumentando quella inflitta dal primo giudice nei confronti di A. alla misura finale di dieci anni di reclusione. Il procedimento trae le mosse da indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Lecce nei confronti di S.C., dirigente della locale ASL, di cui si ipotizzava la commissione di fatti di concussione in danno di soggetti privati coinvolti in rapporti negoziali con la ASL leccese, indagini nel corso delle quali emergevano indizi di reità a carico di A., con conseguente trasmissione degli atti relativi (ivi compresi le attività di intercettazione e di captazione fin allora eseguite) per competenza funzionale (art. 11 c.p.p.) alla Procura della Repubblica di Potenza e la prosecuzione, nel corso dell'anno 2018, delle investigazioni a carico del magistrato e di eventuali concorrenti anche mediante inoculazione nell'apparato telefonico del primo di un captatore informatico (trojan horse). 2. Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione gli imputati che rispettivamente deducono i motivi di censura in sintesi (art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1) di seguito esposti. 3. A.E.. Il ricorrente affida l'impugnazione a dieci motivi di censura. 3.1. Violazione di legge processuale e vizi congiunti di motivazione in riferimento alla ritenuta inutilizzabilità delle intercettazioni autorizzate in procedimento diverso sotto due distinti profili. In primo luogo, secondo la difesa, la sentenza impugnata ha realizzato una violazione dell'art. 270 c.p.p., adottando sul punto una motivazione manifestamente illogica (in quanto contrastante con il granitico orientamento giurisprudenziale a partire dal gennaio 2020), nella parte in cui ritiene sufficiente a far cadere il divieto di legge il legame occasionale o solo procedimentale di cui all'art. 371 c.p.p.. In secondo luogo, erra la decisione impugnata nel ritenere che tra i reati contestati nel procedimento originario a carico di S.C. e quelli in addebito al ricorrente sussista un ipotesi di connessione di cui all'art. 12 c.p.p., lett. b), ritenuta necessaria da Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395 per superare il divieto di utilizzabilità in questione. Secondo la sentenza di primo grado, confermata sul punto da quella impugnata, i delitti contestati nei due procedimenti sono omogenei (reati di pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione), sono stati commessi nello stesso arco temporale (dal 2014 al 2018) e con il coinvolgimento parziale delle stesse persone. Nondimeno risulta evidente come i giudici di merito abbiano tralasciato il necessario rigore nell'affermare l'identità del disegno criminoso tra i fatti di concussione posti alla base dell'indagine leccese in cui le attività di captazione sono state autorizzate e le corruzioni contestate al ricorrente. In particolare risulta violato lo stesso art. 12 c.p.p., lett. b) che, secondo la giurisprudenza prevalente di legittimità, non spiega i suoi effetti "qualora non ricorre l'identità di tutti i compartecipi, difettando in caso contrario, l'unità del processo volitivo", unità che viene ascritta in via esclusiva alla figura del S., senza indicare se il ricorrente e gli altri imputati del presente procedimento ne fossero consapevoli. In terzo luogo, ad avviso dei giudici del Tribunale di Potenza, nel punto esplicitamente fatto proprio dalla sentenza impugnata, tre i due procedimenti vi sarebbe anche una ragione teleologica di connessione, rilevante ai sensi dell'art. 12 c.p.p., lett. c), secondo uno schema riassumibile nel senso che l'avere a disposizione un Pubblico Ministero pronto ad aggiustare le indagini risultava funzionale ad eseguire ed occultare illeciti commessi o da commettere dallo stesso S. o dalla sua cerchia di amici. Tuttavia la ricordata sentenza delle Sez. Unite n. 51/19, Cavallo ha chiarito che la connessione in discorso riguarda procedimenti nei quali vi è parziale coincidenza della regiudicanda, mentre nel caso in esame la garanzia di impunità predicata dai giudici di merito non rientra più nello spettro dell'art. 12 c.p.p., lett. c) a partire dalla riforma apportata nel testo dalla disposizione fin dalla L. n. 63 del 2001 e non è possibile operare sovrapposizione tra garanzia dell'impunità e finalità dell'occultamento di un motivo di un delitto, quale motivo a delinquere del secondo reato, attesa la diversità ontologica dei due concetti, come già stabilito da diverse pronunce di legittimità. Tutti gli argomenti sopra esposti conducono alla dichiarazione di inutilizzabilità delle captazioni effettuate nel procedimento n. 5642/2017 R.G. N. R. iscritto nei confronti di S. ed altri per ipotesi di concussione ed in particolare alle intercettazioni telefoniche di cui al R.I.T. n. 959/17 della Procura di Lecce ed ambientali audio - video di cui al R.I.T. n. 82/18 della Procura di Lecce, eseguite presso gli uffici della locale ASL, intercettazioni decisive per l'affermazione di responsabilità del responsabilità in ordine al reato di cui al capo 1 dell'imputazione. 3.2. Mancanza di motivazione nella sentenza impugnata in ordine alla dedotta inutilizzabilità del captatore informatico per le intercettazioni tra presenti. Il motivo di censura non riguarda le questioni interpretative concernenti l'utilizzabilità ratione temporis del captatore informatico affrontate dalle sentenze Sez. U. pen., n. 26889 del 28/04/2016, Scurato e Sez. U. civ., n 741 del 15/01/2020, Palamara, bensì la mancanza di autorizzazione delle intercettazioni tra presenti nel decreto genetico del G.i.p. di Potenza, dedotta a pag. 21 dell'atto di appello e sul quale la Corte territoriale ha omesso ogni motivazione. 3.3. Violazione di norme processuali e vizi congiunti di motivazione in ordine alla dedotta invalidità derivata delle intercettazioni autorizzate dal G.i.p. di Potenza. Con l'atto di appello, la difesa del ricorrente aveva protestato la nullità dei decreti di intercettazione emessi dal G.i.p. di Potenza e l'inutilizzabilità ex art. 271 c.p.p. delle relative risultanze, derivanti dal fatto che il primo decreto e la speculare richiesta dei Pubblici Ministeri, nell'individuare le condizioni richieste dagli artt. 266 e 267 c.p.p. per procedere alle intercettazioni, si fondavano esclusivamente sugli inutilizzabili risultati delle captazioni autorizzate nel diverso procedimento iscritto dalla Procura di Lecce al n. 5642/2017 per ipotesi di concussione, nel quale il ricorrente non era coinvolto, al pari di tutti gli altri imputati del presente procedimento, fatta eccezione del ricordato S.. Dal momento che il vizio motivazionale del primo decreto autorizzativo, basato esclusivamente sul contenuto di intercettazioni inutilizzabili in quanto captate in procedimento diverso, è la nullità di cui agli artt. 125 e 267 c.p.p., e considerato l'evidente rapporto di dipendenza tra il decreto autorizzativo genetico e le seguenti proroghe motivate solo con riferimento alle intercettazioni inutilizzabili, ne deriva l'invalidità derivata di tutti i decreti di proroga dell'attività di intercettazione emessi nell'indagine condotta a Potenza. 3.4. Inosservanza di legge penale sostanziale e vizi congiunti di motivazione con riferimento all'errata ricostruzione giuridica dell'imputazione di cui al capo 1. Il ricorrente deduce che i giudici di merito hanno frainteso quali fossero gli episodi oggetto delle singole contestazioni di cui al capo 1 con riferimento ai quattro episodi di corruzione in atti giudiziari oggetto delle imputazioni di cui ai sottocapi a, b, c, d. In particolare, sostiene che il Tribunale ha scorporato un segmento dei fatti descritti ai capi 1c e 1d per i quali aveva inizialmente pronunziato un'assoluzione completa, ravvisandovi un accordo criminoso avente ad oggetto gli atti giudiziari di cui al capo a) e quindi un ulteriore reato di corruzione, collocandolo al "capo 1 ultima parte", mentre dal suo canto la Corte di appello ha riunito quest'ultima contestazione a quella di cui al capo la, per poi scorporare un segmento dei fatti descritti nel preambolo e trasformarlo in un'autonoma ipotesi corruttiva sub nuovo "capo 1 ultima parte". Il dato, inoltre, pacifico che sia ugualmente configurabile il reato di cui all'art. 319-ter c.p. anche in presenza di corruzione impropria non consente di ricorrere a semplificazioni probatorie o motivazionali, obliterando qualsivoglia considerazione circa la condotta processuale contestata, dovendosi perlomeno illustrare in che modo il ricorrente sarebbe venuto meno "al dovere costituzionale di imparzialità e terzietà soggettiva ed oggettiva, alterando la dialettica processuale". 3.5. Inosservanza di legge penale sostanziale e vizi congiunti di motivazione con riferimento all'errata ricostruzione giuridica dell'imputazione di cui al capo 2 (induzione indebita nei confronti dell'avvocatessa C.M.). Con l'atto di appello si contestava innanzi tutto la ricostruzione fattuale proposta dal Tribunale, smentita dal contenuto stesso delle intercettazioni, che invece davano conto del fatto come le richieste del ricorrente di incontrare l'avv. C. si spiegassero non in un'ottica di scambio bensì sulla base di un loro preesistente rapporto sentimentale. La Corte di appello ha risposto alle doglianze difensive in maniera che il ricorrente definisce sconfortante, dando, inoltre, una ricostruzione giuridica del reato di induzione indebita tale da confondere in maniera plateale i requisiti strutturali della fattispecie di cui all'art. 319-quater c.p. con quelli integranti le ipotesi di corruzione, configurando così una condotta di induzione "a parti invertite" su iniziativa, cioè, dell'avvocatessa C.. 3.6. Inosservanza di legge penale sostanziale e vizi congiunti di motivazione con riferimento all'errata ricostruzione giuridica dell'imputazione di cui al capo 5 (corruzione in atti giudiziari su iniziativa dell'avvocatessa M.B., separatamente giudicata). Entrambi i giudici di merito hanno ignorato tutti gli elementi di prova da cui emergeva la carenza di un accordo criminoso tra gli imputati, ritenendo tale elemento della fattispecie implicitamente dimostrato dall'asserita sussistenza di utilità in favore del ricorrente e di atti giudiziari da quest'ultimo compiuti nello interesse della presunta datrice di utilità, consistenti in prestazioni di natura sessuale. Anche in questo caso, infatti, è stato pretermesso il dato probatorio che il ricorrente aveva iniziato a frequentare in modo continuativo l'avvocatessa M. tra il 2016 e il 2017 in forza di un rapporto stabile, preesistente perlomeno di due anni rispetto agli atti giudiziari asseritamente oggetto del rapporto corruttivo. 3.7. Inosservanza di legge penale sostanziale e vizi congiunti di motivazione con riferimento all'errata ricostruzione giuridica delle imputazioni di cui ai capi 7, 8 e 9 (rivelazione di segreti d'ufficio). Il ricorrente sostiene che al netto dei rilievi sull'inutilizzabilità derivata delle intercettazioni, i giudici di merito hanno erroneamente applicato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui è consentita "l'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, anche per la prova di reati diversi da quelli indicati nel catalogo di cui all'art. 266 c.p.p. allorché la stessa conversazione o comunicazione captata integri ed esaurisca la condotta criminosa, costituendo in tal caso "corpo del reato" unitamente al supporto che la contiene". Ed infatti con riferimento ai fatti di cui ai capi 7 e 8, per come ricostruiti nella stessa sentenza di primo grado, la rivelazione degli atti d'ufficio non avveniva attraverso propalazione orale ma si sostanziava nel consentire all'avvocatessa C. di assistere ad una riunione operativa con la polizia giudiziaria all'interno dell'ufficio del ricorrente (capo 7) e nel far leggere alla medesima una richiesta di misure cautelari (capo 8), vale a dire per fatti concludenti. Ne deriva che le conversazioni citate non costituivano corpo del reato ma unicamente "prova" della condotta addebitata all'imputato, con la conseguente inutilizzabilità sulla base dello stesso principio fissato dal giudice di legittimità. 3.8. Inosservanza di norme processuali e vizi congiunti di motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dei motivi nuovi presentati in appello ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 4. La Corte di appello ha erroneamente dichiarato inammissibili i motivi aggiunti di gravame formulati con atto depositato il 9 settembre 2022, ritenendoli del tutto "nuovi" rispetto ai motivi originari di appello, nonostante essi condividessero la medesima causa petendi dei motivi principali formulati in tema di inutilizzabilità delle intercettazioni e delle captazioni, vertendo sulla violazione di specifiche norme processuali in tema di deposito dei verbali e delle registrazioni (art. 270 c.p.p., comma 2), di nullità e/o inutilizzabilità della perizia di trascrizione e comunque riguardando eccezioni di inutilizzabilità rilevabili anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo ai sensi dell'art. 191 c.p.p., comma 2. 3.9. Violazione di legge processuale e vizi congiunti di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del legittimo impedimento a comparire dell'imputato per ragioni di salute all'udienza dinanzi al Tribunale di Potenza del 16 ottobre 2020. 3.10. Violazione di legge penale e processuale con riferimento all'illegittimo aumento di pena disposto con la sentenza di appello per mezzo di una correzione di errore materiale nonché in violazione del divieto di reformatio in peius. La Corte territoriale ha disposto d'ufficio, vale a dire al di là dei motivi di appello formulati dal Pubblico Ministero dalla stessa disattesi, un aumento della pena inflitta al ricorrente dal Tribunale, innalzandola da nove a dieci anni di reclusione in forza di un rilevato errore di calcolo addebitabile al giudice di primo grado. Tuttavia l'appello della parte pubblica, per tutti i motivi diversi dalla intervenuta assoluzione dell'imputato per il capo 6 dell'imputazione, è stato erroneamente rigettato e non dichiarato inammissibile perché in contrasto con quanto disposto dall'art. 593 c.p.p., comma 1, per effetto della riforma operata dal D.Lgs. n. 11 del 2018 e che consente al Pubblico Ministero di appellare le sentenze di condanna "solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato". Visto, dunque, il rigetto dell'impugnazione della pubblica accusa, l'innalzamento della pena equivale ad una reformatio in peius indiretta, da ritenere vietata. La maggiorazione della pena risulta ancora più illogica in considerazione del fatto che il presunto errore di calcolo rappresenta conseguenza diretta della correzione dell'errore materiale, inusitatamente operata dal Tribunale con provvedimento di correzione dell'errore materiale ex art. 130 c.p.p.. Risulta, pertanto, illegittimo che la Corte d'appello, anziché rilevare officiosamente l'impossibilità di attribuire ad un imputato un ulteriore fatto di reato (quello in cui figura il Dott. N. corruttore attivo) attraverso l'uso improprio dell'art. 130 c.p.p., abbia ritenuto di dover sanare contra reum l'errore di calcolo derivante da quella illegittima correzione. 4. C.M.. La ricorrente affida l'impugnazione a tre motivi di censura. 4.1. Violazione di legge penale e vizi congiunti di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 319-quater c.p. (capo 2 della imputazione) e travisamento del fatto. La Corte territoriale ha negato, travisando o pretermettendo il contenuto di diverse fonti probatorie, che tra la ricorrente il coimputato A. fosse intercorsa una relazione sentimentale, per poi sostenere, in maniera del tutto illogica, che ove mai vi fosse stata, essa avrebbe avuto inizio dal 16 gennaio 2017, contro ogni evidenza probatoria e superando l'allegazione difensiva di un inizio collocato nei mesi di febbraio/marzo 2018. Quanto alla stessa configurabilità del delitto di cui all'art. 319-quater c.p. da parte dello extraneus (nel caso la ricorrente), le risultanze probatorie hanno escluso che ella abbia conseguito un indebito vantaggio, ma in maniera del tutto illogica la Corte di merito ha talora sostenuto e talaltra negato (pag. 39 sent.) che ciò sia avvenuto. 4.2. Violazione di legge penale e vizi congiunti di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'ipotesi di tentativo del reato di induzione indebita. La motivazione della sentenza è censurabile anche nella parte in cui non ritiene configurabile nella fattispecie l'ipotesi di tentata induzione indebita in luogo della forma consumata: la ricorrente non ha, invero, conseguito alcun indebito vantaggio e l'agognato incontro sessuale con l' A. venne rinviato a causa di un imprevisto. 4.3. Violazione di legge penale e vizi congiunti di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'esimente speciale del fatto di particolare tenuità di cui all'art. 131-bis c.p. nonostante l'esiguità dell'offesa e la non abitualità del comportamento ascritto all'imputata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi, parzialmente fondati con riferimento al secondo, al settimo e al decimo motivo di quello proposto da A.E. e per l'effetto estensivo dispiegato dall'accoglimento del secondo motivo anche in relazione alla posizione di C.M., vanno accolti nei sensi di cui alla motivazione. 2. Ricorso A.. 2.1 Risulta fondato il secondo motivo di ricorso. Come già riportato nella parte espositiva della presente pronuncia, la doglianza non riguarda le questioni interpretative concernenti l'utilizzabilità ratione temporis del captatore informatico affrontate dalle sentenze Sez. U. pen., n. 26889 del 28/04/2016, Scurato e Sez. U. civ., n. 741 del 15/01/2020, Palamara, bensì la mancanza di autorizzazione delle intercettazioni tra presenti nel decreto genetico del G.i.p. di Potenza, dedotta a pag. 21 dell'atto di appello e in ordine al quale la Corte territoriale ha omesso ogni motivazione. Seguendo uno schema argomentativo adottato riguardo a tutte le questioni di carattere procedurale formulate dalle difese degli imputati, la Corte di appello di Potenza ha fatto ampio rinvio alle statuizioni assunte sui diversi punti dal Tribunale in primo grado ed allo stesso modo si è determinata in relazione alla eccezione di inutilizzabilità del captatore informatico, trattata alle pag. 26 e 27 della sentenza. La Corte ha così ricordato le diverse modifiche normative succedutesi nel tempo e che in maniera quasi sempre scoordinata hanno inciso sui limiti di utilizzabilità del virus informatico cd. trojan horse in relazione a determinate categorie di reati, riproponendo sul punto le condivisibili argomentazioni già svolte dal Tribunale, a sua volta basate sui noti arresti delle sezioni unite penali e civili di questa Corte di cassazione sopra richiamati, senza però avvedersi del fatto che la doglianza difensiva riguardava, in maniera invero più circoscritta, la dedotta assenza di autorizzazione delle intercettazioni tra presenti nel decreto genetico del G.i.p. di Potenza in ordine alla quale manca, in effetti, qualsiasi statuizione. Trattasi del resto di uno snodo processuale molto rilevante, in quanto dalla utilizzabilità o meno dei risultati delle intercettazioni e delle captazioni tra presenti conseguiti mediante l'impiego del virus informatico - in estrema sintesi, astrattamente utilizzabile secondo le citate pronunce nei reati contro la Pubblica Amministrazione dal 26 gennaio 2018 con esclusione dei luoghi di privata dimora e dal 16 gennaio 2019 anche in detti luoghi - dipende l'ampiezza e la consistenza del compendio probatorio riferito ai reati di cui ai capi 2), 5), 7), 8) e 9) dell'editto di accusa, ossia di quelli in relazione ai quali le indagini sono state condotte dalla Procura della Repubblica di Potenza dopo la trasmissione degli atti per competenza funzionale (art. 11 c.p.p.) da parte della Procura di Lecce. La mancata pronuncia sul punto integra un'evidente violazione del principio devolutivo (art. 597 c.p.p., comma 1) e impone l'annullamento della sentenza impugnata in relazione a detti capi, riguardanti entrambi gli imputati in quanto concorrenti in quello di cui al capo 2) e il solo A. anche per i restanti. 2.2 La sentenza impugnata merita di essere annullata anche sotto un ulteriore profilo, questa volta riguardante i risultati delle operazioni tecniche di captazione mediante virus informatico in ordine ai delitti di rivelazione di segreti d'ufficio, ascritti al solo ricorrente A. ai capi 7), 8) e 9) dell'imputazione e per i quali ha riportato duplice condanna nei gradi di merito. La questione è stata posta dal settimo motivo del ricorso formulato dalla difesa del ricorrente. I reati interessati sono quelli appena indicati, due dei quali commessi in favore dell'avvocatessa C. (capi 7 e 8), da cui il ricorrente sperava di ottenere in cambio prestazioni di natura sessuale ed uno (capo 9) in favore di tale V.I.. In questo caso, la doglianza difensiva si svolge anche su di un piano di stretto diritto. Prendendo le mosse dalla più volte citata Sez. U, n. 51/19, Cavallo e dalla costante giurisprudenza sul tema secondo cui è fatta salva l'utilizzabilità delle intercettazioni disposte in diverso provvedimento quando il contenuto (con relativo supporto informatico) costituisca di per sé corpo di reato, la difesa obietta che per i reati di cui ai capi 7 e 8, per come ricostruiti dalla stessa sentenza di primo grado, la rivelazione di segreti d'ufficio non avveniva - a differenza che per il capo 9, in cui l' A. leggeva l'integrale contenuto di un provvedimento al soggetto privato ( V.) - mediante propalazione orale dell'agente, sostanziandosi piuttosto nel consentire all'avvocatessa C. di partecipare ad una riunione operativa con la polizia giudiziaria nell'ufficio di Pubblico Ministero del ricorrente (capo 7) e nel far leggere alla medesima una richiesta di misure cautelari (capo 8). Per tali fattispecie, pertanto, le intercettazioni utilizzate costituiscono non già corpo del reato, quanto piuttosto prova delle condotte addebitate al ricorrente, sicché non figurando l'art. 326 c.p. nel novero dei più gravi reati contro la Pubblica Amministrazione che consentono l'esecuzione di operazioni di intercettazione e/o captazione (art. 266 c.p.p., comma 1, lett. b) ne risulta vietata l'utilizzabilità in diverso procedimento ai sensi dell'art. 270 c.p.p., comma 1. La doglianza è certamente fondata almeno con riferimento all'imputazione di cui al reato contestato capo 8), mentre con riferimento a quello di cui capo 7), va operata una valutazione comparata con le dichiarazioni accusatorie rese dal teste d'accusa Cap. della Guardia di Finanza, V. (presente alla riunione) al fine di verificare la sussistenza o meno di adeguati elementi di prova, diversi dalle captazioni mediante virus informatico, idonei a sostenere in via autonoma l'affermazione di responsabilità (cd. prova di resistenza). E' ovvio, del resto, che a dette valutazioni la Corte territoriale di rinvio sarà chiamata solo nel caso in cui abbia risposto positivamente alla questione pregiudiziale di utilizzabilità dei risultati delle captazioni posta dal secondo motivo di ricorso A.. 2.3. Altro punto della decisione meritevole di annullamento riguarda l'aumento di pena operato dalla Corte d'appello da nove a dieci anni di reclusione (decimo motivo di ricorso A.). Il Collegio ritiene di dover affrontare anche tale punto di doglianza, sebbene consapevole che la nuova valutazione imposta al giudice del rinvio potrebbe comportare una rideterminazione profonda del trattamento sanzionatorio. Vale partire dal dato che l'appello del Pubblico Ministero avverso la decisione del Tribunale di Potenza verteva su tre aspetti: 1) l'assoluzione di A. da una ulteriore ipotesi di corruzione in atti giudiziari (capo 6); 2) l'invocata applicazione ai sensi dell'art. 73 c.p. del concorso dei delitti contestati in luogo della più favorevole disciplina della continuazione di cui all'art. 81 c.p.; 3) la richiesta di aumentare la pena in ragione della gravità e ripetitività delle condotte illecite. Tuttavia, mentre ai sensi dell'art. 593 c.p.p., comma 1, sec. parte, l'appello avverso l'assoluzione dal reato di cui al capo 6) risultava astrattamente ammissibile (primo motivo), venendo però in concreto rigettato, quello sul trattamento sanzionatorio (secondo e terzo motivo) avrebbe per contro dovuto essere dichiarato inammissibile, dal momento che avverso le sentenze di condanna il pubblico ministero può appellare "solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato". La Corte di appello ha, invece, rigettato nel merito tali doglianze del Pubblico Ministero, per cui si impone l'applicazione dell'art. 591 c.p.p., comma 4, secondo cui "L'inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2, può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento". Da tanto consegue che, non potendo ritenersi dispiegato valido appello del Pubblico Ministero sul trattamento sanzionatorio, l'aumento di pena di un anno di reclusione, dalla Corte territoriale ritenuto come necessaria conseguenza dell'avere rilevato un errore di calcolo nella sentenza del Tribunale, deve ritenersi illegittimo per violazione del divieto di reformatio in peius di cui all'art. 597 c.p.p., comma 3. Tanto deve affermarsi a prescindere pure dalla circostanza che, con ordinanza adottata ai sensi dell'art. 130 c.p.p., coeva al deposito della sentenza di primo grado, fosse stato dal Tribunale inserito in dispositivo il riferimento al reato di cui al capo "1. ultima parte", circostanza che, puntualmente censurata dalla difesa del ricorrente ed inalterata la pena di nove anni di reclusione, ha fornito alla Corte d'appello il destro per rilevare un presunto errore di calcolo nella determinazione della pena, senza, però, considerare i profili di diritto sopra considerati. 3. I restanti motivi di ricorso proposti dall'imputato A.. Vanno, invece, rigettati tutti gli altri motivi di censura proposti dalla difesa di detto ricorrente, iniziando l'esame seguendo l'ordine di progressione numerico indicato nell'impugnazione. 3.1. La dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni e delle captazioni eseguite nel procedimento nei confronti di S.C. avviato dalla Procura della Repubblica di Lecce (primo motivo). Come anticipato, gli indizi a carico del ricorrente A. sono emersi nel corso di indagini condotte dall'ufficio requirente di Lecce nei confronti di S.C., dirigente della ASL di (Omissis) e figurante come uno dei corruttori di A. nel reato di cui al capo 1, punto a) e avviate per ipotesi di concussione a danno di fornitori di beni e servizi dell'ente sanitario leccese. Va precisato che le captazioni mediante virus informatico sono state disposte solo nel 2018, quando già il procedimento era stato trasmesso per competenza funzionale (art. 11 c.p.p.) alla Procura della Repubblica di Potenza; le intercettazioni eseguite con mezzi tecnici tradizionali nel procedimento a quo risultano, tuttavia, decisive per l'affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo 1), punti a) e b) in relazione a due episodi di corruzione in atti giudiziari. E' il Tribunale di Potenza ad essersi occupato in maniera estesa della questione alle pag. 18-28 della sentenza di primo grado, sostenendo la tesi che il divieto di utilizzabilità in diverso procedimento di cui all'art. 270 c.p.p. deve nella fattispecie ritenersi superato dalla sussistenza di una connessione qualificata tra i reati ipotizzati a carico del S. e quelli in addebito ad A. in adesione al principio fissato da Sez. U, n. 51 del 2019, dep. 2020, Cavallo, Rv. 277395. La ragione sostanziale, ampiamente evidenziata dal Tribunale, è che S. aveva tutto l'interesse ad assicurarsi i servigi di un PM infedele presso la Procura di Lecce, nella speranza che ciò avrebbe favorito lui e la sua cerchia di amici nella conduzione dei loro affari illeciti. In punto di diritto, il Tribunale ha ravvisato connessione di cui all'art. 12 c.p.p., lett. b) (unicità del disegno criminoso perseguito da S., che, come anzidetto, figura come corruttore nel delitto sub 1, punto a) e lett. c) (connessione teleologica per occultare, mediante le condotte corruttive, gli altri reati contro la Pubblica Amministrazione commessi nell'ambito della ASL (Omissis)). Tanto premesso, le censure difensive si appuntano congiuntamente su aspetti sia di fatto (indeducibili in sede di legittimità) sia di diritto, che sono i seguenti: 1) la connessione di cui all'art. 12 c.p.p., lett. b) non spiegherebbe i suoi effetti "qualora non ricorra l'identità di tutti i compartecipi, difettando, in caso contrario, l'unità del processo volitivo". Trattasi di tesi già sostenuta da un consistente filone giurisprudenziale di legittimità che il ricorso A. ricorda puntualmente (pag. 10), ma che risulta oggi superato dal diverso orientamento che, dopo la Sez. Unite Cavallo, si è affermato nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione. In tema di intercettazioni telefoniche, secondo la disciplina applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, i risultati delle intercettazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono, infatti, utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati al primo dal vincolo della continuazione ex art. 12 c.p.p., lett. b), senza necessità che il disegno criminoso sia comune a tutti i correi (Sez. 5, n. 37697 del 29/09/2021, Papa, Rv. 282027). A detta pronuncia ha fatto seguito una serie di decisioni conformi non massimate: Sez. 5, n. 10671 del 23/11/2021, Licata; Sez. 2, n. 18248 del 25/03/2022, Fabiano; Sez. 4, n. 28276 del 13/04/2022, Eden Company S.r.l.; Sez. 4, n. 29924 del 13/04/2022, Querci ed al.; Sez. 5, n. 37459 del 13/06/2022, Garofalo ed al.; Sez. 5, n. 37922 del 20/07/2022, Saponara; Sez. 6, n. 45879 del 18/10/2022, Russo; Sez. 1, n. 10704 del 04/11/2022, Calderone; Sez. 5, n. 21902 del 03/05/2023, Fasulo e altri ed anche molto recentemente tale orientamento ermeneutico è stato ribadito nel senso che la connessione derivante da unicità del disegno criminoso deve sussistere tra i reati e non postula l'unicità dell'elemento volitivo di tutti gli agenti dei reati coinvolti (Sez. 6 del 15/06/2023, Zaif ed altri); 2) secondo la difesa, inoltre, Tribunale e Corte di appello avrebbero illegittimamente ravvisato la sussistenza anche della connessione teleologica di cui alla lett. c) dell'art. 12 poiché, mediante le condotte corruttive verso il PM A., il S. si sarebbe in tal modo assicurato l'impunità per i reati già commessi; si eccepisce, tuttavia, che la garanzia dell'impunità non rientra più nello spettro dell'art. 12 c.p.p., lett. c) in quanto il relativo riferimento è stato espunto dal testo della disposizione già dalla L. n. 63 del 2001. Il Collegio osserva, tuttavia, che a pag. 28 della sentenza di primo grado, cui quella di appello rinvia per relationem, non parla affatto di garanzia di impunità sostenendo, per contro, che "la corruzione in atti giudiziari di A. era chiaramente funzionale a eseguire o ad occultare i reati commessi da S. stesso e dalla cerchia dei suoi predetti amici". In ogni caso, anche a voler accedere alla tesi difensiva, secondo la citata Sez. U, n. 51/20, Cavallo è sufficiente che sia operativa alternativamente una delle cause di connessione sostanziale tra i reati affinché cada il divieto di utilizzabilità in altro procedimento di cui all'art. 270 c.p.p., comma 1. 3.2 Quanto ai residui motivi del ricorso A.: - il terzo motivo (invalidità derivata delle intercettazioni autorizzate dal G.i.p. di Potenza) deve essere rigettato, in quanto logica conseguenza del rigetto del primo motivo; - il quarto, il quinto ed il sesto motivo (errata ricostruzione giuridica delle imputazioni di cui ai capi 1, 2 e 5 dell'imputazione) vanno anch'essi rigettati. Con indubbia abilità, onde evitare il vizio di improponibilità per deduzione di fatto, la difesa del ricorrente sostiene che le sentenze di merito hanno ricostruito in maniera giuridicamente errata le imputazioni. Il tentativo di evitare il vizio deve ritenersi, però, fallito dal momento che le ampie deduzioni difensive si concretizzano comunque nella prospettazione di una diversa lettura delle risultanze probatorie, che solo ove interpretate nella maniera suggerita dal ricorrente, non consentirebbero la configurabilità delle ipotesi di reato contestate. In tema di ricorso per cassazione, tuttavia, la manifesta illogicità della motivazione, prevista dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), presuppone che la ricostruzione proposta dal ricorrente e contrastante con il procedimento argomentativo recepito nella sentenza impugnata sia inconfutabile e non rappresenti soltanto un'ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza.(Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589; conf. Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237), conclusione che non può essere messa in discussione dall'introduzione, per effetto della L. n. 46 del 2006, nell'art. 533 c.p.p. del principio dell'oltre ragionevole dubbio", il quale non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e non può, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell'appello (tra molte v. Sez. 5, n. 10411 del 28/01/2013, Viola, Rv. 254579); - va disatteso anche l'ottavo motivo di ricorso, con cui si denunzia l'illegittimità della dichiarazione di inammissibilità dei motivi nuovi di appello (art. 585 c.p.p., comma 4), operata dalla Corte di merito, sostenendosi la tesi che attenendo anch'essi a questioni di inutilizzabilità delle intercettazioni, condividevano la stessa causa petendi di quelle di cui ai motivi di appello originari (v. supra), rappresentando mere "specificazioni ed approfondimenti dei motivi principali, sicché il novero dei capi e dei punti della sentenza attinti dalle censure restava incontrovertibilmente cristallizzato nell'atto di impugnazione principale" (pag. 76 ricorso A.). La tesi non può essere accolta sotto due profili. Il primo è che trattandosi di motivi riguardanti questioni di natura prettamente processuale, ognuno di essi conserva una sua specificità, che impone al giudice (compreso quello di legittimità) di verificarne la fondatezza mediante accesso diretto agli atti del procedimento. Il secondo profilo è che non è la categoria della causa petendi a regolare la materia, quanto piuttosto l'esistenza o meno di una connessione funzionale tra motivi nuovi e motivi originari (come da pacifica giurisprudenza di legittimità, v. tra molte Sez. 6, n. 6075 del 13/01/2015, Comitini, Rv. 26234; Sez. 6, n. 45075 del 02/10/2014, Sabbatini, Rv. 260666) che per la natura intrinseca delle doglianze (alcune, come anticipato, implicando l'esame di atti del procedimento, altre addirittura l'ascolto dei files audio per supposte nullità della perizia di trascrizione) non poteva ravvisarsi nelle fattispecie considerate; - va, infine, respinto anche il nono motivo di ricorso, riguardante il mancato riconoscimento del legittimo impedimento dell'imputato/ricorrente (affetto da lombosciatalgia) all'udienza dinanzi al Tribunale del 16 ottobre del 2020. Il ricorrente chiede a questa Corte di legittimità di sovrapporre la sua valutazione a quella a suo tempo operata dal Tribunale di Potenza, con motivazione congrua e immune di vizi di ordine logico; oltretutto la doglianza reitera quella dedotta dinanzi alla Corte territoriale e da questa confutata con argomenti parimenti insuscettibili di critica di ordine logico - argomentativo (v. lo stesso ricorso a pag. 79) e che si rivela, pertanto, generica per aspecificità (in tal senso v. tra molte Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo e altri, Rv. 254584 e più risalente ma propriamente in termini Sez. 1, n. 5035 del 02/02/1984, Ciliberti, Rv. 164531). 4. Ricorso C.. A prescindere dalla intrinseca qualità dei motivi di ricorso proposti da detta ricorrente, la sentenza va annullata anche con riferimento alla sua posizione per l'effetto estensivo dell'accoglimento del secondo motivo del ricorso A.. L'affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui agli artt. 110, 319-quater c.p. si basa, infatti, largamente sui risultati della captazione di conversazioni ottenuti mediante virus informatico e l'eventualità che questa parte del compendio probatorio possa venir meno per effetto della rinnovata valutazione che viene demandata al giudice di rinvio impone l'annullamento del capo 2) della pronuncia concernente un reato di cui la ricorrente risponde a titolo di concorso (art. 587 c.p.p., comma 1). 5. L'accoglimento parziale dell'impugnazione, con i limiti propri della pronuncia rescindente, determina comunque l'irrevocabilità della decisione impugnata in ordine alla responsabilità penale e alla qualificazione dei fatti ascritti all'imputato (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258654) per i capi non travolti dalla pronuncia, nella specie rappresentati dai fatti di reato di cui al capo 1, sub a) e b) dell'imputazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.E. in relazione ai reati di cui ai capi 2), 5), 7), 8) e 9) nonché, per l'effetto estensivo, anche nei confronti di C.M. con riferimento al reato di cui al capo 2) e rinvia per nuovo giudizio su predetti capi alla Corte di appello di Salerno. Rigetta nel resto il ricorso di A.E.. Visto l'art. 624 c.p.p., dichiara irrevocabile la sentenza in ordine alla responsabilità di A.E. per i reati di cui al capo 1, sub a) e b). Così deciso in Roma, il 22 giugno 2023. Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2023

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Fatture per operazioni inesistenti: sui rapporti con il reato di cui all'art.8 d.lgs. 74/2000
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Dichiarazione fraudolenta: sussiste in caso di fatture relative ad un negozio giuridico apparente
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Dichiarazione fraudolenta: non opera la causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis c.p.
Fatture per operazioni inesistenti: si consuma nel momento di emissione della fattura
Fatture per operazioni inesistenti: sulla prova del dolo specifico
Fatture per operazioni soggettivamente inesistenti: rileva la sola identità individuale del soggetto
Fatture per operazioni inesistenti: si configura anche nell'ipotesi di fatture emesse a favore di ditte cartiere
Fatture per operazioni inesistenti: non è necessario che il fine di favorire l'evasione sia esclusivo
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Fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta: sulla competenza territoriale
Fatture per operazioni inesistenti: sulla competenza territoriale in caso di più fatture
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Fatture per operazioni inesistenti: sul c.d. superbonus 110% e lo sconto in fattura
Fatture per operazioni inesistenti: l'evasione di imposta non è elemento costitutivo del reato
Fatture per operazioni inesistenti: sui rapporti con la bancarotta fraudolenta impropria
Fatture per operazioni inesistenti: sulla prova della posizione di amministratore di fatto
Fatture per operazioni inesistenti: questioni intertemporali
Fatture emesse per operazioni inesistenti: sui rapporti con il reato di autoriciclaggio
Fatture per operazioni inesistenti: sull'attenuante conseguente al pagamento dei debiti tributari
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti: i rapporti con il reato di truffa ai danni dello Stato
Fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: sulla competenza per territorio
Fatture per operazioni inesistenti: ha natura di reato comune
Fatture per operazioni inesistenti: se relative al medesimo periodo di imposta si configura un unico reato
Fatture per operazioni inesistenti: possono concorrere soggetti diversi dall'utilizzatore
Trasferimento fraudolento di valori: non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità
Intercettazioni: utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati dal vincolo della continuazione
Abuso d'ufficio: se il pubblico ufficiale agisce del tutto al di fuori dell'esercizio delle sue funzioni non e' configurabile il reato
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Concussione: consiste in una condotta di prevaricazione abusiva idonea a costringere alla dazione o alla promessa
Tentata concussione: è indifferente il conseguimento in concreto del risultato di porre la vittima in stato di soggezione
Nullità: l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità
Misure cautelari: valgono gli stessi principi che governano lo scrutinio di legittimità quanto al processo di cognizione
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Concussione e induzione indebita: le differenze sta nel modo in cui si manifesta l'abuso della qualifica soggettiva
Metodo mafioso - condotte di estorsione ambientale
Tentativo di concussione: è necessario valutare la adeguatezza della condotta, valutando l'effetto di essa nel soggetto passivo
Concussione: vi è piena continuità normativa con il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all'art. 319-quater c.p.
Sulla ammissibilità del concordato in appello
Atti sessuali con minorenne: non può essere disposta la sospensione dell'esecuzione della condanna
Violenza sessuale: può concorrere formalmente con il reato di concussione
Violenza sessuale: rileva ai fini del consenso l'assunzione di alcol da parte della persona offesa?
Violenza sessuale: la sussistenza del consenso all'atto va verificata in relazione al momento del compimento dell'atto
Violenza sessuale: in caso di errore sul consenso, l'onere della prova è a carico dell'imputato
Violenza sessuale: gli atti sessuali non convenzionati possono essere leciti?
Violenza sessuale: non ricorre l'attenuante della minore gravità del fatto nel caso in cui è perpetrata dal genitore ai danni del figlio
Violenza sessuale: non occorre che la violenza avvenga in modo brutale ed aggressivo
Violenza sessuale: sulla violazione della correlazione tra accusa e sentenza la condanna
Violenza sessuale: la coprofilia influisce sulla capacità di intendere e volere?
Violenza sessuale: sulla valutazione della prova indiziaria
Violenza sessuale: sussiste in caso di invio di foto intime su whatsapp dietro minaccia
Violenza sessuale: per la valutazione dell'attenuante della minore gravità è inconferente il fatto della commissione con abuso di relazione di ospitalità
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Violenza sessuale: sull'aggravante la compromissione della libertà personale della vittima
Violenza sessuale: la condizione di inferiorità psichica della vittima può dipendere anche dalla minore età
Violenza sessuale: può concorrere con il delitto di sequestro di persona
Violenza sessuale: assorbe il reato di maltrattamenti se vi è coincidenza fra le condotte
Violenza sessuale: gli elementi per l'applicazione dell'attenuante della minore gravità del fatto si usano anche per la riduzione della pena
Violenza sessuale: anche le credenze esoteriche in grado di suggestionare la p.o. rientrano fra le condizioni di inferiorità psichica
Violenza sessuale: sulla procedibilità d'ufficio
Violenza sessuale: sull'abuso di autorità e posizione di preminenza
Violenza sessuale: sul divieto di concessione di misure alternative alla detenzione
Violenza sessuale: si configura aggravante speciale nel caso in cui la vittima sia stata provocata dall'autore del reato all'assunzione di sostanze alcoliche
Violenza sessuale: sull'applicazione del divieto di sospensione dell'esecuzione della pena
Violenza sessuale: sulla legittimità del diniego dell'attenuante del fatto di minore gravità
Violenza sessuale: sulla rilevanza della qualità di pubblico ufficiale ai fini di procedibilità d'ufficio
Violenza sessuale: sullo stato di inferiorità della vittima in caso di alterazione causata da alcool
Violenza sessuale: sull'accertamento della capacità a testimoniare del minore vittima di abuso
Violenza sessuale: se il concorrente non è presente sul luogo del delitto può concorrere solo moralmente
Atti sessuali con minorenne: integra il tentativo l'offerta di denaro a quattordicenne per compiere atti sessuali
Violenza sessuale: sussiste in caso di induzione a giochi erotici e rapporti sessuali virtuali
Violenza sessuale: sul tentativo in caso di assenza di contatto fisico con la vittima
Violenza sessuale: il medico può lecitamente compiere atti incidenti sulla sfera della libertà sessuale
Violenza sessuale: sulla configurabilità dell'attenuante del fatto di minore gravità
Violenza sessuale: può essere commesso in danno del coniuge, in costanza di convivenza
Violenza sessuale: se posto in essere da un militare nei confronti di un commilitone, concorre con quello di ingiuria militare
Violenza sessuale: per il dolo, non è necessario che la condotta sia finalizzata a soddisfare il piacere sessuale dell'agente
Violenza sessuale: sulla circostanza aggravante dell'abuso della qualità di ministro di un culto (sacerdote)
Violenza sessuale: sulla induzione a subire atti sessuali su persona in stato di inferiorità psichica
Violenza sessuale: la reazione violenta della vittima non rileva per l'attenuante di minore gravità
Violenza sessuale: deve procedersi a giudizio di comparazione nel caso in cui l'attenuante ad effetto speciale della minore gravità concorre con aggravante
Violenza sessuale: l'aggravante della minore gravità non può essere esclusa per la sussistenza di aggravanti
Violenza sessuale aggravata: misure alternative solo se si è sottoposti ad osservazione scientifica della personalità
Violenza sessuale: sul consenso e gli atti sessuali non convenzionali
Violenza sessuale: il consenso deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità
Violenza sessuale: professore bacia sulla guancia un'alunna dopo aver provato a farlo sulla bocca, condannato
Violenza sessuale: sulla diminuente prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: sulla diminuente prevista dall'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: sulla procedibilità d'ufficio del reato
Stupefacenti: l'acquirente di modiche quantità deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti
Travisamento della prova: richiede l'esistenza di una palese difformità dai risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova
Travisamento della prova: sussiste solo in caso di incontrovertibile e pacifica distorsione del significante
Ricorso per cassazione: alla Corte è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
Ricorso per cassazione: inammissibili doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle prove
Stupefacenti: la lieve entità va valutata con riferimento a tutti gli elementi concernenti l'azione
Stupefacenti: la lieve entità va accertata tenendo conto anche della personalità dell'indagato, dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell'azione
Ricorso per cassazione: sul termine perentorio di cinque giorni previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 2.
Violenza sessuale: configurabile il tentativo se l'agente non ne ha raggiunto le zone genitali
Violenza sessuale di gruppo: non assorbe il delitto di tortura
Violenza sessuale: sussiste in caso di atti di autoerotismo commessi alla presenza di una persona?
Violenza sessuale: sulla ammissibilità dell'appello del pubblico ministero avverso la sentenza di condanna
Violenza sessuale: sulla configurabilità della circostanza aggravante della connessione teleologica con il reato di lesioni personali.
Violenza sessuale: sull'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, c.p.
Violenza sessuale: può concorrere con il delitto di riduzione in servitù?
Violenza sessuale: la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto prescinde da fenomeni di patologia mentale
Violenza sessuale: sulla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza
Violenza sessuale: è inutilizzabile la testimonianza assunta in violazione della C.D.. "Carta di Noto"?
Violenza sessuale: sul riconoscimento dell'attenuante della minore gravità, nel caso di più fatti in continuazione ai danni della medesima persona
Violenza sessuale di gruppo: le differenze con il concorso di persone nel delitto di violenza sessuale
Violenza sessuale: in tema di misure cautelari personali, il giudice non è tenuto a motivare circa la ricorrenza di specifiche e inderogabili esigenze investigative
Violenza sessuale: la disciplina di cui all'art. 190-bis c.p.p. si applica anche alla prova assunta nel corso di incidente probatorio
Violenza sessuale: sul riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità
Concussione: l'analisi del giudice non può esaurirsi nella descrizione della condotta costrittiva ma deve verificarne l'efficacia coartante
Induzione indebita: la persuasione deve avere un valore condizionante più tenue a quella tipica della concussione
Bancarotta fraudolenta: non può essere sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca il denaro di certa provenienza lecita
Bancarotta fraudolenta: sui pagamenti tra società infragruppo
Bancarotta fraudolenta: sulla rilevanza della restituzione ai soci dei versamenti conferiti in conto di aumento futuro di capitale
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di conferimento di denaro da impresa individuale fallita a società di cui l'imprenditore ha parte di quote
Bancarotta fraudolenta: il momento consumativo coincide con la sentenza di fallimento
Bancarotta fraudolenta: sussiste piena continuità normativa fra la previsione dell'art. 216 l. fall. e l'art. 322 d.lg. 12 gennaio 2019, n. 14
Bancarotta fraudolenta: legittima l'applicazione di misure cautelari personali prima della sentenza dichiarativa di fallimento
Bancarotta fraudolenta preferenziale: sul compenso dell'amministratore di una società
Bancarotta fraudolenta: può concorrere con il reato di autoriciclaggio
Bancarotta riparata: non è necessaria la restituzione dei singoli beni sottratti
Bancarotta semplice: sussiste in caso di operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione gratuita di un contratto di locazione finanziaria
Bancarotta fraudolenta: la provenienza illecita dei beni non esclude il reato
Bancarotta fraudolenta: la natura distrattiva di operazione infra-gruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione aziendale a prezzo incongruo
Bancarotta fraudolenta: sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale di società fallita
Bancarotta fraudolenta: la parziale omissione del dovere annotativo è punita a titolo di dolo generico
Bancarotta fraudolenta: sulla omessa tenuta della contabilità
Bancarotta fraudolenta: non si ha pluralità di reati se le condotte tipiche realizzate mediante più atti siano tra loro omogenee
Bancarotta fraudolenta: sussiste in caso di cessione di beni che rientrino nell’autonoma disponibilità della società fallita
Bancarotta fraudolenta: sui presupposti del concorso per omesso impedimento dell'evento
Bancarotta fraudolenta: il dolo generico può essere desunto dalla responsabilità dell'imputato per fatti di bancarotta patrimoniale
Bancarotta fraudolenta: il distacco del bene dal patrimonio può realizzarsi in qualsiasi forma
Bancarotta fraudolenta: sull'individuazione dell'oggetto materiale del reato
Bancarotta fraudolenta: in tema di concorso dell'extraneus nel reato
Bancarotta fraudolenta: i pagamenti in favore della controllante non integrano il reato
Bancarotta fraudolenta: sussiste anche in caso di esercizio di facoltà legittime
Bancarotta fraudolenta: sull’aggravante della cd. continuazione fallimentare
Bancarotta preferenziale: sul rilievo della compensazione volontaria
Bancarotta: l'assoluzione dalla bancarotta impropria in caso di falso in bilancio seguito da fallimento non interferisce sulla decisione per quella propria documentale

Intercettazioni: utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati dal vincolo della continuazione

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