RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza, su richiesta della ricorrente e con il consenso del Pubblico ministero, applicava a G.C., in relazione ai reati di intestazione fittizia ex L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies di cui ai capi da 1 a 7, la pena concordata tra le parti e disponeva, ex L. n. 356 del 1992, artt. 240 e 12 sexies, la confisca di una moltitudine di beni, elencata ai fgg. 44-59 del provvedimento impugnato, sul presupposto che fosse assente la proporzione tra detti beni ed i redditi e le attività economiche dell'imputata e che costei non avesse fornito adeguate giustificazioni.
2. Le accuse mosse all'indagata e racchiuse nelle imputazioni, erano quelle di aver fatto da prestanome alle attività illecite del proprio marito D.A. e del proprio figlio D.P., colpevoli di vari reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita di beni facenti parte dell'ingente patrimonio mobiliare ed immobiliare del gruppo imprenditoriale omonimo, ramificato in una serie di società indicate nelle varie contestazioni.
3. Ricorre per cassazione G.C., a mezzo dei suoi difensori, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del requisito della sproporzione tra il valore di alcuni beni oggetto di confisca, specificamente indicati in ricorso e già oggetto di dissequestro da parte del Pubblico ministero, ed il reddito e le attività economiche della ricorrente.
Si dà atto che nell'interesse della ricorrente sono state depositate due memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato nei termini che seguono.
1. Occorre, in primo luogo, precisare, che le deduzioni della ricorrente sono volte a censurare il provvedimento di confisca non nella sua totalità ma soltanto con riferimento ad alcuni tra i numerosissimi beni oggetto di ablazione e, segnatamente, in relazione ai beni indicati ai fgg. 1 e 2 del ricorso, di seguito presi in esame.
2. Orbene, alla luce della stessa giurisprudenza di questa Corte, citata a più riprese nella sentenza impugnata, deve ricordarsi che ai fini di disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nel D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) allorchè sia provata l'esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, da un lato, che, ai fini della "sproporzione", i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall'altro, che la "giustificazione" credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna (Sez. U, Sentenza n. 920 del 17/12/2003, dep.2004, Montella, Rv. 226491).
Sulla falsariga di tale pronuncia, si è ritenuto che in tema di confisca ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356, essendo irrilevante il requisito della "pertinenzialità" dei beni rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca non è esclusa per il fatto che questi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato (Sez. 2, Sentenza n. 18951 del 14/03/2017 Cc. (dep. 20/04/2017) Rv. 269657; Massime precedenti Conformi: N. 38429 del 2008 Rv. 241273, N. 8404 del 2009 Rv. 242863, N. 11269 del 2009 Rv. 243493, N. 22020 del 2012 Rv. 252849).
Tuttavia, la più avveduta giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio aderisce, ritiene che in tema di sequestro preventivo ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, convertito in L. n. 356 del 1992, la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell'imputato deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano "ictu oculi" estranei al reato perchè acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione (Sez. 5, Sentenza n. 21711 del 28/02/2018 Cc. (dep. 16/05/2018) Rv. 272988 Massime precedenti Conformi: N. 2634 del 2012 Rv. 254250, N. 35707 del 2013 Rv. 256882, N. 52055 del 2017 Rv. 272420).
Nella motivazione di tale decisione, vengono trasfusi alcuni significativi passaggi della sentenza della Corte Costituzionale 8 novembre 2017 - 21febbraio 2018, n. 33, che ha dichiarato l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, comma 1, anche in considerazione del fatto che la giurisprudenza di questa Corte (venivano citate le sentenze della Sezione 1, 5 febbraio-21 marzo 2001, n.11049; Sezione 5, 23 aprile-30 luglio 1998, n. 2469; e le più recenti Sezione prima, 16 aprile-3 ottobre 2014, n. 41100; Sezione quarta, 7 maggio-28 agosto 2013, n. 35707; Sezione prima, 11 dicembre 2012-17 gennaio 2013, n. 2634) richiede, a fondamento della presunzione di illegittima acquisizione del bene sottoposto a confisca - oltre ai requisiti costituiti dalla condanna per determinati reati e della sproporzione del patrimonio del condannato con l'acquisto del bene- che il bene stesso sia entrato nel patrimonio del condannato in "un ambito di cosiddetta "ragionevolezza temporale"". E così, la Corte costituzionale, ulteriormente ha precisato:- "il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare, cioè, talmente lontano dall'epoca di realizzazione del "reato spia" da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attività illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui è intervenuta condanna;"- " la ricordata tesi della "ragionevolezza temporale" risponde, in effetti, all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operatività dell'istituto della confisca "allargata", il quale legittimerebbe altrimenti - anche a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista - un monitoraggio patrimoniale esteso all'intera vita del condannato. Risultato che rischierebbe di rendere particolarmente problematico l'assolvimento dell'onere dell'interessato di giustificare la provenienza dei beni (ancorchè inteso come semplice allegazione), il quale tanto più si complica quanto più è retrodatato l'acquisto del bene da confiscare";- "in una simile prospettiva, la fascia di "ragionevolezza temporale", entro la quale la presunzione è destinata ad operare, andrebbe determinata tenendo conto anche delle diverse caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela agli effetti della misura ablatoria".
3. Applicando tali principi al caso in esame, dalla motivazione del provvedimento impugnato risulta che l'indagata, attraverso condotte di intestazione fittizia di beni, plurime e frazionate nel tempo (fg. 20 della sentenza impugnata), aveva contribuito a porre in essere un disegno criminoso ben preciso, "che prevedeva la distrazione totale del patrimonio delle società del c.d. gruppo D." e "la concentrazione di quasi tutti i beni in tre società intestate fittiziamente alla G., moglie di D.A. e madre di D.P." (fg.19 della sentenza impugnata).
In questa cornice, la sentenza impugnata descrive tutti i passaggi che miravano al raggiungimento dello scopo ed in essi è possibile rinvenire indicazioni anche con riguardo ai beni di cui ai numeri 3), 4) e 7) del ricorso (quote societarie dell'Immobiliare Guglielmo Marconi s.r.l., quote societarie della Cata 2007 s.r.l., quote societarie della Consulttrucks s.r.l.; cfr., ad esempio, fgg. 26-29 della sentenza).
Riguardo a tali beni, pertanto, così come per tutti gli altri beni non investiti dal ricorso, la motivazione nel suo complesso deve ritenersi priva di vizi rilevabili in questa sede.
Tanto assorbe ogni altra considerazione difensiva, ivi compreso quanto illustrato nelle memorie.
4. Non altrettanto può dirsi per i restanti cinque beni indicati in ricorso ai numeri 1), 2), 5), 6) e 8) (giacenze liquide in conti correnti ed investimenti in un conto titoli, contenuto di due cassette di sicurezza, usufrutto dell'abitazione familiare, immobile sito in (OMISSIS) acquistato nel 1980 e polizza vita n. (OMISSIS)).
Con riguardo a detti beni, alcuni dei quali, non a caso, già oggetto di dissequestro da parte del Pubblico ministero e che neanche sono descritti nel loro valore, la motivazione non soddisfa i canoni indicati dalla giurisprudenza prima citata, sotto il profilo della rilevata sproporzione con il reddito e le attività economiche dell'imputata all'epoca dell'acquisto dei singoli beni, non valutata specificamente, nonchè della "ragionevolezza temporale" degli acquisti rispetto all'epoca ed alle modalità delle contestazioni di reato per cui si è proceduto, tenuto conto che non viene sottolineata, al contrario di quanto è avvenuto per i beni di cui ai numeri 3), 4) e 7) prima indicati, la riferibilità di tali specifici beni al complesso delle vicende illecite per cui è processo; pur a fronte delle doglianze difensive, in parte recepite dalla pubblica accusa nel provvedimento di dissequestro, riguardo alla riferibilità di detti beni al patrimonio personale della ricorrente, anche avuto riguardo alla supposta, intrinseca natura di alcuni di essi (come i gioielli contenuti nelle cassette di sicurezza o l'usufrutto della casa familiare).
Ne consegue che, con riguardo specifico a tali indicati beni, occorre una nuova e più approfondita valutazione di merito nel senso che si è indicato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca disposta sui beni di cui ai numeri 1), 2), 5), 6) ed 8) del ricorso (giacenze liquide in conti correnti ed investimenti in un conto titoli, contenuto di due cassette di sicurezza, usufrutto dell'abitazione familiare, immobile sito in (OMISSIS) acquistato nel 1980 e polizza vita n. (OMISSIS)) e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Piacenza.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, nella udienza della Camera di consiglio, il 26 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018