La valutazione dei rischi di trattamenti inumani: standard carcerari e consegna per l'esecuzione della pena detentiva
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Cassazione penale sez. VI, 05/04/2024, (ud. 05/04/2024, dep. 09/04/2024), n.14699

La valutazione del rischio di trattamenti inumani e degradanti in caso di consegna per l'esecuzione di una pena detentiva deve tener conto di una valutazione complessiva dei parametri, inclusi standard carcerari garantiti dallo Stato richiedente.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia ha dichiarato sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di consegna di Ba.An. in relazione al mandato di arresto europeo emesso il 5 dicembre 2023 dal Tribunale di Campulung (Romania) per dare esecuzione alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione irrogata dallo stesso Tribunale rumeno con la sentenza del 16 novembre 2023, divenuta definitiva, per il reato di "aggressione aggravata a pubblico ufficiale" commesso il 24 febbraio 2020.

2. Avverso la sentenza ricorre per cassazione Ba.An., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi.

2.1. Violazione del principio di specialità di cui agli artt.26 e 32 della l. n.69 del 2005. Si osserva che il MAE per il quale si procede è stato emesso unicamente per la sentenza n. 81 del 7 aprile 2023 del Tribunale di Campulung, mentre la rideterminazione della pena unitaria considerata è comprensiva anche delle pene irrogate con le sentenze del Tribunale di Targoviste del 3 luglio 2018 e del Tribunale di Arges del 15 febbraio 2019.

Risulterebbe, pertanto, violato il principio di specialità in quanto in mandato di arresto esecutivo è basato su un cumulo di pene concorrenti che avrebbe richiesto la emissione di un diverso MAE per ciascuna sentenza da eseguire.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 18-bis, comma 2, della l. n. 69 del 2005 avendo la Corte di appello negato la sussistenza del requisito della residenza o della dimora sul territorio dello Stato esclusivamente sulla base del dato temporale senza considerare il contesto familiare e lavorativo in cui il Ba. è attualmente inserito. A riscontro di ciò è stata prodotta documentazione di lavoro relativa all'anno 2022 e l'attestazione della data di assunzione alla data del 4 novembre 2021.

Si rappresenta che il Ba. è legato stabilmente con Al.Sa., dalla quale ha avuto un figlio, nato in R il (Omissis); la sua intera famiglia è attualmente residente a Bergamo e vi è documentazione relativa a due contratti di locazione intestati alla moglie, il primo, dall'1 giugno 2014 al 31 maggio 2022, ed il secondo, dal 15 luglio 2019 al 14 luglio 2023.

Vi è poi documentazione varia che attesta il radicamento del ricorrente riferita agli anni 2021, 2022, 2023, e due verbali di controlli di polizia del 15 marzo 2019 e del 9 dicembre 2019.

Sussistono, pertanto, le ragioni per opporre il motivo di rifiuto facoltativo della consegna, per il suo interesse a che la pena sia eseguita in Italia.

2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 2 e 16 della legge 22 aprile 2005, n. 69, in relazione al pericolo di trattamenti disumani e degradanti.

Si osserva che la Corte d'appello dopo aver richiesto informazioni dettagliate sulla esecuzione della pena ha deciso sulla base di una nota pervenuta dall'Amministrazione penitenziaria romena estremamente generica sulla descrizione del percorso di espiazione della pena, nonché carente di indicazioni certe sul carcere in cui il Ba. sconterà la sua pena, essendo stato fatto un riferimento solo probabilistico al penitenziario di Gaesti.

Non vi sono, inoltre, garanzie certe che il Ba. non subisca un trattamento disumano in relazione alle condizioni di sovraffollamento e del cattivo stato in cui versano le carceri rumene, in mancanza di certezza sul rispetto dello spazio minimo di 3 mq escluso il mobilio e dell'effettiva adeguatezza dei cc.dd. fattori compensativi.

In definitiva, si censura la carenza di motivazione della sentenza impugnata che non spiega adeguatamente le ragioni per le quali, stante la situazione critica delle carceri in Romania - testimoniata dall'ultimo Rapporto del Comitato per la prevenzione della Tortura e delle Pene del Consiglio d'Europa del giugno 2022 - il predetto non sarà sottoposto a quei trattamenti disumani e degradanti che la normativa sul mandato di arresto europeo intende evitare.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il primo motivo risulta inammissibile per genericità, atteso che la questione dedotta per la prima volta in questa sede investe il contenuto del mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Campulung, in relazione al cumulo delle pene concorrenti di altri reati separatamente giudicati.

Nel caso in esame, poiché il contenuto del Mae risulta riferito alla pena complessiva rideterminata dal Tribunale di Campulung anche per altri due reati separatamente giudicati, nessuna violazione del principio di specialità può essere ravvisata, non trattandosi dell'esecuzione di pena per fatti diversi rispetto a quelli per i quali il mandato è stato emesso.

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, anche un unico mandato di arresto europeo può essere emesso per dare esecuzione ad una pluralità di condanne esecutive, purché ricomprese nella richiesta di consegna e sempre che si tratti di reati rientranti nel campo di applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, considerato che il rispetto del limite minimo di durata della pena (non inferiore a quattro mesi) fissato dall'art. 7, comma 4, della cit. legge, va accertato avendo riguardo alla pena complessivamente irrogata e non a quella applicata per ogni singolo reato (Sez. 6, n. 5111 del 5/02/2020, O., Rv. 278327).

2. Passando al secondo motivo si deve rilevare che la Corte di appello ha dato atto di avere proceduto ad una attenta disamina di tutta la documentazione prodotta dal ricorrente a dimostrazione del radicamento nel quinquennio nel territorio nazionale, escludendo la ricorrenza di tale motivo facoltativo di rifiuto in ragione della limitata durata della sua presenza sul territorio nazionale, in quanto utile a dimostrarne la sussistenza al massimo per il solo biennio 2022-2023.

Il ricorrente ripropone in questa sede la medesima documentazione già valutata dalla Corte di appello e sollecita un nuovo giudizio di merito senza confrontarsi con le argomentazioni puntuali poste a fondamento della decisione impugnata, con le quali è stato messo innanzitutto in evidenza l'insussistenza della prova dello stabile radicamento in rapporto alla durata della presenza in Italia per il periodo di almeno un quinquennio, richiesto come condizione minima necessaria per poter opporre il motivo facoltativo di rifiuto previsto dalla citata disposizione (art. 18-bis, comma 2 della legge cit.).

Al riguardo va osservato che anche dopo la modifica dell'art. 18-bis per effetto del d.l. 13 giugno 2023 n. 69, convertito con modificazioni nella legge 10 agosto 2023 n. 103, in vigore dal 11 agosto 2023, il presupposto del motivo di rifiuto in esame, quanto alla durata minima della presenza stabile nel territorio nazionale, è rimasto immutato.

La modifica ha riguardato, invero, solo l'ambito dei soggetti interessati, non più limitato al cittadino italiano o al cittadino di altro Stato membro, ma esteso a qualunque persona (senza attributo alcuno di cittadinanza) che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che la Corte stessa disponga l'esecuzione in Italia della pena o della misura di sicurezza per cui la consegna viene richiesta conformemente al diritto interno, nonché la previsione dell'obbligatoria valutazione di alcuni indici obiettivi indicati al comma 2-bis dell'art. 18-bis cit., la cui omissione può integrare il vizio della violazione di legge (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv. 285601).

3. Ciò premesso, la sentenza impugnata ha dato atto di avere escluso il radicamento sul territorio nazionale valorizzando anche l'epoca di commissione dei reati in Romania (2020), come indice che confligge con il requisito di stabilità della presenza in Italia, dando anche conto delle ragioni della mancanza di rilevanza dei due sporadici controlli di polizia eseguiti nel 2019, a fronte di altre emergenze che sono state al contrario apprezzate come indici della stabilità del radicamento in Romania (documenti rilasciati dallo Stato rumeno, autovettura immatricolata in Romania, patente di guida rumena rilasciata nel 2020, nascita del figlio in Romania nell'anno 2023, attribuzione alla madre di una assegno mensile da parte dello Stato rumeno, documentazione di lavoro in Italia a partire solo dal gennaio 2022, assenza di residenza o dimora stabile in Italia prima del 2022).

Va rammentato, oltre tutto, che dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, il ricorso per cassazione è proponibile, solo per i motivi di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) cod. proc. pen., dunque solo per violazione di legge.

Rispetto alla previgente disciplina normativa è stata, invece, soppressa la possibilità, ammessa dalla precedente disposizione di cui al comma 1 dell'art. 22, di proporre ricorso "anche per il merito".

Pertanto, trattandosi di censure che investono essenzialmente la motivazione senza fare emergere alcuna violazione di legge, ne discende la manifesta infondatezza del motivo.

4. Il terzo motivo è inammissibile per genericità.

Va rilevato che già questa Corte ha ritenuto che le condizioni carcerarie assicurate dalla Romania alle persone richieste allo Stato italiano per l'esecuzione della pena detentiva, secondo un protocollo oramai costante e standardizzato ai parametri indicati dall'autorità giudiziaria italiana, sin dalla sentenza Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296, siano in grado di escludere il rischio della loro sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti (cfr. Sez. 6, n. 7186 del 07/02/2018, Florian, in motivazione).

La Romania, in particolare, garantisce ai soggetti richiesti in consegna lo spazio minimo individuale nelle strutture carcerarie in regime di tipo "chiuso" di 3 mq in cui sono inclusi arredi che consentono libertà di movimento (non si indicano in tale spazio strutture fisse come "letti a castello" e i servizi igienici) e in regime "semiaperto" nel quale i detenuti usufruiscono degli spazi della cella solo per la ristorazione, per servirsi dei servizi sanitari e per il pernottamento, mentre per il resto del tempo, laddove non occupati in attività e programmi rieducativi, sono liberi di trascorrere tutta la giornata negli spazi comuni.

Si deve ricordare che la valutazione in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni inumane e degradanti deve essere operata alla stregua di una valutazione complessiva ed unitaria di plurimi indici di riferimento, cioè tenendo conto dell'effetto cumulativo delle condizioni di detenzione (ex multis v. Dmitriy Rozhin c. Russia, n. 4265/06, Par. 53, 23 ottobre 2012; Kulikov c. Russia , n. 48562/06, Par. 37, 27 novembre 2012; Yepishin c. Russia, n. 591/07, Par. 65, 27 giugno 2013; Sergey Babushkin c. Russia, cit., Par.Par. 52 - 58).

Nel caso di specie, i presupposti indicati sono configurabili, tenuto conto che: a) sono state garantite le modalità di detenzione nonché indicati i luoghi di probabile detenzione (il penitenziario di Racovia per l'esecuzione della pena in regime chiuso, il penitenziario di Mioveni in regime semiaperto, e quello di Gaesti in regime semiaperto); b) si è assicurato che saranno garantite presso i predetti penitenziari celle con uno spazio minimo di mq 3 per ciascun detenuto che assicurano condizioni strutturali obiettivamente adeguate quanto all'igiene personale, ai pasti, e con la garanzia di areazione, illuminazione e climatizzazione adeguate, nonché con accesso all'acqua corrente ed ai servizi sanitari, in condizioni d'igiene e pulizia.

In tale prospettiva, il documento trasmesso dalle autorità rumene riflette gli standards già ritenuti non ostativi alla consegna (quanto al regime "interno" e per quello "semi-aperto"), con la previsione in ogni caso anche in quello "chiuso" di attività esterne per diverse ore per coloro che non partecipano ad attività di lavoro, formazioni professionale o di istruzione, che consentono complessivamente di mitigare un eventuale spazio minimo vitale di 3 mq, anche se comprensivo degli arredi.

La Corte del merito si è, in conclusione, attenuta a tali indicazioni di principio, attivando la richiesta di informazioni integrative sul punto.

La motivazione è stata svolta con rinvio al contenuto della relazione informativa, che, essendo stata censurata in modo generico dal ricorrente, deve ritenersi comunque adeguata perché coerente alle informazioni trasmesse dall'Autorità rumena, in assenza di travisamenti, così superando i rilievi critici espressi sul tema dalla difesa del ricorrente, inadeguatamente replicati in questa sede.

5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente oltre che al pagamento delle spese del procedimento anche a versare una somma in favore della Cassa delle ammende che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69/2005.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, l. n. 69 del 2005.

Così deciso il 5 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2024.

La valutazione dei rischi di trattamenti inumani: standard carcerari e consegna per l'esecuzione della pena detentiva

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