RITENUTO IN FATTO
1. Con atto del proprio difensore, il cittadino svizzero B.R. impugna la sentenza della Corte di appello di Palermo del 5 ottobre scorso, che ha dichiarato l'esistenza delle condizioni per la sua consegna alla Repubblica federale di Germania, in esecuzione di mandato di arresto Europeo emesso il 12 luglio 2017 dal Tribunale di Essen di quello Stato, dinanzi al quale egli è indagato ed oggetto
- di un ordine di cattura per reati ambientali (per avere, cioè, in concorso con altre persone, riciclato 473,6 tonnellate di mercurio, agendo da intermediario con diversi Stati stranieri e così ottenendo per l'organizzazione di appartenenza ricavi per oltre 23 milioni di Euro, di cui 3,3 per sé stesso).
2. Il ricorso è sostenuto da tre motivi.
2.1. Il primo contesta la legittimazione all'emissione del mandato da parte di un tribunale regionale tedesco, ritenendo che essa spetti esclusivamente ai Tribunale federali di quello Stato.
Sul punto, chiede alla Corte di promuovere dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, con procedura d'urgenza, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 6, par. 1, e 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio Europeo.
2.2. Con il secondo si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 18-ter, L. n. 69 del 2005, in relazione agli artt. 3,24,111 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 6, par. 1 e 3, CEDU, nella parte in cui consente la consegna in caso di procedimento in absentia e di misura cautelare emessa senza che l'interessato ne abbia avuto conoscenza.
2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 2,10, comma 4, e 17, comma 1, L. n. 69 del 2005, dell'art. 143, c.p.p., e dell'art. 111, comma 2, Cost., in relazione all'art. 6, par. 2, CEDU, per l'intempestiva notifica, in lingua nota al consegnando, dell'ordinanza di convalida del suo arresto, di applicazione della misura cautelare e di fissazione dell'udienza collegiale di trattazione.
Detto provvedimento, infatti, è stato notificato al B. in lingua italiana, a lui non nota, mentre gli è stato notificato con traduzione in tedesco soltanto due giorni dopo l'udienza di trattazione. Egli, pertanto, non ha ricevuto notizia di quest'ultima, non ha quindi potuto manifestare la propria volontà di prendervi parte ed è, perciò, rimasto assente, con conseguente grave pregiudizio del suo diritto di difesa.
In proposito, precisa la difesa che la relativa questione è stata da essa prontamente sollevata alla Corte d'appello con memoria scritta depositata prima dell'udienza, nonché riproposta oralmente alla Corte d'appello.
3. La difesa ha altresì depositato memoria scritta, richiamando, ad ulteriore sostegno del terzo motivo di ricorso, la decisione delle Sezioni unite di questa Corte del 27 ottobre scorso, non ancora depositata e di cui è stata diffusa soltanto la notizia di decisione, secondo la quale è stata affermata la nullità dell'ordinanza di custodia cautelare notificata all'indagato alloglotta in lingua a lui ignota, qualora tale ignoranza sia già emersa nel procedimento in data precedente all'adozione di quell'atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E' fondato il terzo motivo di ricorso.
L'art. 1, comma 1, della direttiva 2010/64/UE prevede espressamente che quest'ultima "stabilisce norme relative al diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e (specificamente: n.d.e.) nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto Europeo".
L'art. 143, comma 2, c.p.p., nel testo attualmente vigente e così modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2014 in attuazione proprio della direttiva 2010/64/UE, indica espressamente i "decreti che dispongono((...) la citazione a giudizio" nel novero degli atti di cui l'autorità giudiziaria deve disporre la traduzione scritta entro un termine congruo per l'esercizio dei diritti di difesa. -
Evidenti ragioni di analogia in bonam partem, attesa l'identica natura di atto introduttivo del giudizio di merito, impongono di ricomprendere sotto l'à mbito di operatività di tale regola anche il provvedimento che, a norma degli artt. 10 e 13, comma 1, L. n. 69 del 2005, fissa l'udienza di trattazione sulla richiesta di consegna: provvedimento che, nel caso specifico, risulta pacificamente essere stato notificato all'interessato, in lingua a lui nota, soltanto due giorni dopo l'anzidetta udienza, con l'effetto di non avergli consentito di chiedere di partecipare alla stessa, di essere a tal fine tradotto dinanzi alla Corte di appello (essendo egli detenuto in luogo diverso dalla sede della stessa) e di esercitare dinanzi ad essa il proprio diritto di difesa in tutta la sua ampiezza.
2. Va evidenziato, per inciso, che la necessità della traduzione riguarda anche la sentenza che dispone la consegna, essendo anche tale atto ricompreso nel catalogo del già citato art. 143, comma 2, c.p.p., nel testo modificato dal D.Lgs. n. 32 del 2014 in attuazione della direttiva 2010/64/UE.
Da ciò deriva che, essendo documentato che la stessa è stata notificata all'interessato soltanto in lingua italiana, a lui non nota, non può intendersi iniziato il decorso del termine per impugnarla. Di conseguenza, il ricorso del suo difensore, benché proposto oltre il termine di cinque giorni dalla conoscenza legale del provvedimento (per lui avvenuta il 10 ottobre scorso, con la notifica dello stesso), deve considerarsi comunque tempestivo, benché depositato soltanto il 24 ottobre seguente.
3. La sentenza impugnata dev'essere, dunque, annullata, rendendosi necessaria la rinnovazione del giudizio, previa notifica, in lingua nota al consegnando, dell'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione.
Le ulteriori doglianze, in quanto attinenti al merito della richiesta di consegna, s'intendono assorbite.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Palermo.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 09 novembre 2023