RITENUTO IN FATTO
1. G.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 23/01/2020 di conferma della sentenza del Tribunale di Milano di condanna per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter in relazione al mancato versamento dell'Iva per il periodo di imposta 2014 quale liquidatore della società la Valeriana S.r.l..
2. Con un primo motivo, di violazione di legge e di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, lamenta non avere la Corte territoriale considerato che la nomina quale liquidatore é avvenuta in data 25/05/2015, così riguardando un periodo di imposta, ossia il 2014, anteriore a tale nomina; inoltre non avrebbe considerato la giurisprudenza di legittimità secondo cui la responsabilità del liquidatore per l'omesso versamento si avrebbe non per il mero fatto del mancato pagamento del dovuto ma in caso di distrazione dell'attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e di destinazione a scopi differenti. Sarebbe inoltre mancato un necessario approfondito accertamento in ordine allo stato di illiquidità derivante dal mancato accantonamento dell'Iva da parte del precedente rappresentante della società.
3. Con un secondo motivo, volto a dedurre la violazione dell'art. 27 Cost., comma 2, lamenta che la sentenza avrebbe onerato l'imputato, che avrebbe addirittura avuto l'obbligo di denunciare il precedente amministratore, di prove spettanti invece alla pubblica accusa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso é infondato.
Va anzitutto premesso che il termine di legge previsto per far luogo al versamento dell'Iva era, nella specie, quello del 28/12/2015, essendo riferito al periodo di imposta 2014; ne consegue che, essendo stato l'imputato nominato liquidatore in data 25/05/2015, l'onere di provvedere al relativo versamento incombeva pienamente sullo stesso, senza che, sul punto, possa rilevare, evidentemente, il fatto che la dichiarazione di imposta fosse stata effettuata dal precedente amministratore. Nessuna norma, infatti, prevede che l'obbligo di versamento incomba sul solo legale rappresentante che abbia effettuato la corrispondente dichiarazione, essendo sufficiente che si possieda la veste della rappresentanza al momento della scadenza dell'obbligo di versamento.
E del resto, simmetricamente, si é affermato che non risponde, in linea generale, del reato di omesso versamento di IVA, chi, pur avendo presentato la dichiarazione annuale, non sia poi tenuto al pagamento dell'imposta nel termine previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, se non nell'ipotesi che il pubblico ministero non dimostri che il soggetto abbia inequivocabilmente preordinato la condotta rispetto all'omissione del versamento, ovvero abbia fornito un contributo causale, materiale o morale, da valutarsi a norma dell'art. 110 c.p., all'omissione della persona obbligata, al momento della scadenza, al versamento dell'imposta dichiarata (Sez. 3, n. 53158 del 02/07/2014, Lombardi, Rv. 261596). E tra detti fatti sopravvenuti ben può rientrare, appunto, la intervenuta cessazione della veste di legale rappresentante, che trasferisce su altri l'obbligo de quo.
E', insomma, affermazione costante di questa Corte quella per cui, nel caso di successione nella carica di amministratore di società/legale rappresentante in un momento successivo alla presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del termine fissato per l'adempimento dell'obbligo tributario di versamento, sussiste la responsabilità, per i reati tributari connessi all'omesso versamento di imposte dovute, di colui che succede nella carica dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima del termine ultimo per il versamento della stessa (da ultimo, Sez. 3, n. 1729 del 2021).
1.1. Ciò posto, e ritenuto dunque che, dal punto di vista formale, l'obbligo di versamento incombesse sul liquidatore della Valeriana S.r.l., quale amministratore, appunto, con finalità di liquidazione dell'attivo sociale, così disattendendosi il primo rilievo sollevato dal ricorrente, non appare condivisibile neppure il secondo, incentrato sulla pretesa necessità di una delimitazione dell'obbligo specificamente proprio del liquidatore, che dovrebbe rispondere del mancato pagamento del dovuto solo in caso di distrazione dell'attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e di destinazione a scopi differenti.
Tale assunto, infatti, benché riposante sulla pronuncia di questa stessa sezione, n. 21987 del 28/04/2016, Bareato, Rv.267337 non appare condivisibile, dovendo invece seguirsi il diverso percorso espresso da Sez. 3, n. 13092/20 del 05/12/2019, Cavalieri, non massimata.
Alla stregua, infatti, di quanto affermato dalla prima pronuncia, l'applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, secondo cui "i liquidatori dei soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all'obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, rispondono, in proprio, del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari", comporterebbe la configurabilità del reato unicamente ove il liquidatore abbia a distrarre l'attivo della società dal fine del pagamento delle imposte destinandolo a scopi differenti.
Sennonché , oltre a doversi constatare che la norma valorizzata fa espresso riferimento alle sole imposte "sul reddito", (come del resto già affermato da Sez. 3, n. 17727 del 13/03/2019, Antro, non massimata, che pure considera detta norma espressione dell'esigenza di non gravare di eccessive responsabilità il liquidatore per la peculiare posizione in cui si trova), va osservato, che, se da un lato, nessuna espressa esclusione della riferibilità dell'art. 10 ter cit. al liquidatore é rinvenibile nel sistema sanzionatorio penal-tributario, dall'altro neppure può ritenersi sussistente una esclusione implicita determinata dalla norma di cui all'art. 36 cit.; la stessa é infatti volta, per la sua collocazione e per il suo tenore, a disciplinare unicamente, nella fase della riscossione tributaria, l'obbligazione solidale, di natura civile, propria del liquidatore per il pagamento dei tributi non versati, obbligo condizionato ai presupposti ivi specificati, e senza che alcuna incompatibilità logico-giuridica possa trarsi tra il contenuto e il significato di detta previsione e la persistenza dell'obbligo di Versamento, cui il liquidatore é tenuto secondo le regole generali degli artt. 2487 c.c., comma 1, e il cui inadempimento é sanzionato, sul piano penale, dall'art. 10-ter.
Va del resto ricordato che anche la giurisprudenza civile di questa Corte ha affermato che una tale obbligazione non é di per sé equiparabile a quella derivante dalla responsabilità verso i creditori di cui all'art. 2495 c.c., e che non si tratta di successione o coobbligazione nei debiti tributari bensì di responsabilità per obbligazione propria ex lege, secondo le norme comuni degli artt. 1176 e 1218 c.c.. In ultima analisi, si é aggiunto, che quello nei confronti del liquidatore é credito dell'amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma "più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all'obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa, ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall'Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, avverso il quale é ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario per come previsto dall'art. 36 cit., penult. e ult. c.c." (così, Sez. 6 civ., n. 17020 del 2019).
Ne deriva che, intatto il dictum dell'art. 10-ter, non condizionato a specifici requisiti, la responsabilità solidale in proprio del liquidatore "in proprio" di cui all'art. 36 cit., si porrà su un piano, evidentemente, non alternativo, come implicitamente ritenuto da Sez. 3, n. 21987 del 2016 cit., ma, semmai, cumulativo rispetto a quello dell'obbligo penale.
2. Sicché , deve riaffermarsi il principio per cui risponde del reato in oggetto, quantomeno a titolo di dolo eventuale, il soggetto che, subentrando ad altri nella carica di amministratore, nonché , come nella specie, di liquidatore, di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, ometta di versare all'Erario le somme dovute sulla base della dichiarazione medesima, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, in quanto, attraverso tale condotta, lo stesso si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare dalle pregresse inadempienze (tra le altre, Sez. 3, n. 34927 del 24/06/2015, Alfieri, Rv. 264882; Sez. 3, n. 38687 del 04/06/2014, Decataldo, Rv. 260390; Sez. 3, n. 3636/14 del 09/10/2013, Stocco, Rv. 259092).
Né , si tratta, come, pur genericamente, lamentato con il secondo motivo, di gravare l'imputato di un onere probatorio non spettantegli, ma, più semplicemente, di una responsabilità giuridicamente derivante, anche sotto il profilo dell'elemento soggettivo, dalla volontaria assunzione della carica di liquidatore.
3. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021