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Omesso versamento IVA: sull'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Omesso versamento IVA

Cassazione penale sez. IV, 11/04/2019, n.18804

Esame dell'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto nel contesto del omesso versamento IVA

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Il GUP del Tribunale di Lucca, in data 19/3/2014, aveva dichiarato, all'esito di giudizio con rito abbreviato, D.I.D., responsabile dei seguenti reati: a) delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, perchè nella qualità di amministratore e legale rappresentante della Autotrasporti Garfagnana di D.I. e C. S.a.s., non versava entro il termine per l'acconto relativo al periodo d'imposta successivo l'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2011 pari ad Euro 268.866, 00, dovuta da tale società risultante dalla relativa dichiarazione regolarmente presentata. In (OMISSIS), accertato l'(OMISSIS). 2) delitto di cui all'art. 81 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte evase indicate ai capi che precedono, rendendo inefficaci eventuali iniziative di riscossione coattiva, cedeva fittiziamente il 14/10/2010 un immobile in (OMISSIS), alla D.I. Immobiliare S.R.L. e il 12/02/2011 un'imbarcazione da diporto con home "(OMISSIS)" mod. Sealine 44 con targa (OMISSIS) alla D. Autotrasporti Logistica e Servizi S.r.l. Accertati a (OMISSIS), commessi il (OMISSIS). L'imputato veniva condannato, concessegli le circostanze attenuanti generiche, unificati i reati dal vincolo della continuazione ed operata la riduzione per il rito, alla pena di mesi 6 di reclusione, con interdizione per 6 mesi dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, declaratoria di incapacità per un anno di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione per un anno dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria e in perpetuo dall'ufficio di componente di commissione tributaria, con pubblicazione, una volta e per estratto, della sentenza di condanna. Ai sensi della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143 e art. 322ter c.p. veniva ordinata la confisca per equivalente dei beni sottoposti a sequestro fino alla concorrenza della somma di Euro 268.886,00. La Corte d'Appello di Firenze, in data 9/5/2016 confermava la sentenza di primo grado, ma la Terza Sezione Penale di questa Corte di Cassazione, su ricorso dell'imputato, con la sentenza n. 51075/17 del 26/9/2017 annullava la sentenza della Corte d'Appello di Firenze con rinvio. La Corte d'Appello di Firenze giudicando in sede di rinvio con sentenza del 7/6/2018 confermava nuovamente la sentenza del 19/3/2014 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lucca. 4. Ricorre nuovamente, a mezzo del proprio difensore di fiducia, D.I.D. deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. Il ricorrente precisa che il ricorso impugna la decisione della Corte territoriale sia perchè il giudice di rinvio non si è uniformato alla sentenza di annullamento che per mancanza di motivazione sui capi e punti dell'appello non decisi in sede di legittimità. Quindi deduce: a. Inosservanza della disposizione dell'art. 627 c.p.p., comma 3 ai fini dell'individuazione dei presupposti applicativi dell'art. 131 bis c.p.. Manifesta illogicità della motivazione in ordine all'esistenza di ulteriori condotte di omesso versamento dell'IVA da parte dell'imputato. Il ricorrente evidenzia che la sentenza di annullamento, esaminando congiuntamente il primo e il terzo motivo d'appello, rilevava come la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 95 avesse effettivamente espunto l'obbligo di fatturazione entro il mese in cui si svolgono le prestazioni per le imprese di autotrasporto indipendentemente dal pagamento, come invece stabilito dal D.L. n. 133 del 2008, art. 83 bis. Partendo da questa premessa, i giudici di legittimità, prescindendo dalla questione relativa alla successione tra previsioni normative all'interno dell'art. 2 c.p., osservavano che la fattura del 31 ottobre 2011, gravante per un importo IVA di Euro 26.880,00, fosse determinante ai fini del superamento della soglia di punibilità per il delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter e come, quindi, se si fosse applicata la nuova disciplina tributaria, l'imposta non versata non avrebbe superato la soglia di rilievo penale di Euro 250.000,00. In questo contesto valutativo, continua il ricorrente, la Corte di legittimità chiedeva alla Corte di appello di verificare se si fosse perciò realizzata una fattispecie riconducibile all'art. 131 bis c.p.. Ci si duole, invece, che la sentenza impugnata, senza considerare tali premesse valutative, si limiti a constatare che nel caso specifico vi era l'obbligo di immediata fatturazione della prestazione entro il mese dalla relativa effettuazione e come l'imputato avesse in diverse occasioni omesso i versamenti IVA dovuti senza un'effettiva situazione di contingente difficoltà economica del contribuente. Pertanto, ritiene il ricorrente, la motivazione con cui viene esclusa l'applicazione della causa di non punibilità, sarebbe censurabile sotto vari aspetti. In primo luogo, perchè non vi sarebbe stato, da parte della Corte distrettuale, alcun apprezzamento dell'irragionevolezza del dato normativo la cui vigenza aveva portato al superamento della soglia di punibilità. La sentenza di annullamento aveva attribuito un significato centrale ai fini del giudizio imposto dall'art. 131 bis c.p. al rapporto tra le diverse soluzioni date dal legislatore alla tempistica riguardante l'emissione delle fatture degli autotrasportatori. La totale indifferenza della Corte fiorentina a tale argomentazione consentirebbe di individuare una palese inosservanza della disposizione dell'art. 627 c.p.p., comma 3. Inoltre, la sentenza impugnata negherebbe la sussistenza detpresupposti per dichiarare la non punibilità per particolare tenuità del fatto in conseguenza della circostanza che l'imputato avrebbe omesso varie volte di versare l'IVA dovuta. Ebbene, il ricorrente evidenzia che dalla lettura della sentenza del GUP del Tribunale di Lucca del 19/3/2014 emerge chiaramente che gli omessi versamenti riguardavano altri periodi ma tutti precedenti all'assunzione della carica di amministratore da parte dell'imputato, tanto che si era instaurato un autonomo procedimento a carico di D.K. nel quale si procedeva per mancati versamenti delle imposte per gli anni dal 2007 al 2010, tutti comunque sotto l'odierna soglia di punibilità. Quindi, conclude il D., la corte di appello, nello stabilire se poteva essere applicata la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., da un lato non prende in considerazione i rilievi della pronuncia di annullamento e dall'altro attribuisce all'imputato una reiterazione nell'omissione dei versamenti IVA, che non sussiste, dal momento che tali condotte erano state consumate da altro soggetto, processato al riguardo, e comunque attualmente di nessun rilievo penale. b. Mancanza di motivazione sull'applicabilità dell'art. 2 c.p. quanto alla successione di disposizioni sull'individuazione della tempistica dell'obbligo di fatturazione delle prestazioni dell'autotrasportatore. Il ricorrente deduce di aver indicato nei motivi d'appello che il procedimento penale era stato provocato dalla vigenza di un sistema fiscale del tutto irragionevole, in quanto imponeva al contribuente di versare l'IVA anche sul mancato incasso, come avvenuto nel caso di specie per somme davvero ingenti, a seguito dell'obbligo di emissione della fattura entro il mese dall'esecuzione della prestazione. La diversa e più ragionevole regolamentazione introdotta con la L. n. 147 del 2013 aveva poi eliminato un profilo di clamorosa incongruità sul piano degli obblighi tributari, tale da meritare censura ai sensi degli artt. 3 e 53 Cost., ma - si sostiene-viene anche ad incidere sui contenuti della previsione penale contestata, dal momento che la nuova soluzione data relativamente ai tempi di fatturazione delle prestazioni degli autotrasportatori si riflette sull'entità delle somme non versate ai fini IVA. Da qui discenderebbe l'importanza della modifica della disciplina extra-penale rispetto all'art. 2 c.p., importanza che la Corte di Cassazione non sembra escludere, limitandosi a non sviluppare argomentazioni in merito solo perchè perviene ad una conclusione favorevole alle ragioni del ricorso per altra via. I giudici di appello omettono - si lamenta- qualsiasi motivazione sul punto. c. Mancanza di motivazione sulla legittimità del sequestro dell'imbarcazione di proprietà di terzi. Il ricorrente deduce che la Corte di Cassazione escludendo, erroneamente, la configurabilità del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11 in conseguenza della non rilevanza penale dell'omissione riguardante l'IVA non esamina il quarto motivo del ricorso concernente la legittimità del sequestro disposto sull'imbarcazione (OMISSIS) di proprietà di S.A.. I giudici del rinvio, però, avrebbero dovuto esaminare le doglianze relative al provvedimento cautelare reale, disposto, su un bene di proprietà di una persona diversa dall'imputato, nei cui confronti era stato aperto e definito un autonomo procedimento penale che aveva consentito di riconoscere la piena legittimità della proprietà del bene in capo alla stessa S., con conseguente dissequestro dell'imbarcazione. Di tale situazione giuridica e della sua incidenza sul vincolo imposto sul bene mobile registrato non vi sarebbe alcuna traccia nella motivazione della sentenza impugnata. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con i provvedimenti consequenziali. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati. 2. Procedendo all'esame dei proposti motivi in ordine sistematico, va rilevato che infondato appare anche il secondo motivo di ricorso sull'applicabilità dell'art. 2 c.p.. In primo luogo, la sentenza di annullamento non contiene alcun riferimento tra le motivazioni del rinvio a tale argomentazione, che a evidentemente, pur non potendosi disconoscere l'ambiguità dell'affermazione "anche a prescindere dalla questione dell'art. 2 c.p." che si legge a pag. 4 della sentenza 51075/17, è stata valutata e ritenuta superata, non potendo essere altrimenti se poi il giudice di legittimità si è concentrato sulla causa di non punibilità ex art. 131bis c.p.. In ogni caso, anche a volere ritenere con il ricorrente che si tratti di un profilo non vagliato, il presente caso non rientra nella previsione di cui all'art. 2 c.p. che riguarda la successione delle leggi penali nel tempo. Nel caso che ci occupa non si tratta di una fattispecie non più prevista come reato ma semplicemente di una diversa previsione di obblighi fiscali che riguarda i tempi e l'obbligatorietà della fatturazione. E' inoltre il caso di evidenziare che il debito Iva non versato non è stato determinato soltanto dall'obbligo di fatturazione entro il mese, poi eliminato dalle nuove disposizioni, ma anche dalla volontaria annotazione in contabilità di una fattura che per legge avrebbe potuto essere annotata il primo trimestre dell'anno successivo. Pertanto il superamento della soglia è stato determinato volontariamente dal D., forse perchè le fatture venivano emesse in favore dell'unico committente, la ditta individuale D.I.D., riferibile allo stesso imputato, che si sarebbe avvantaggiata del credito Iva. 3. Infondato è anche il primo profilo di doglianza, relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131bis c.p.. La Corte territoriale rispondendo alla specifica richiesta sul punto da parte del giudice di legittimità, ha argomentatamente e logicamente motivato il diniego dell'invocata causa di non punibilità con la sistematica omissione dei versamenti dell'IVA da parte di società che, seppure formalmente amministrate per un periodo dalla figlia dell'odierno imputato, di fatto sono state comunque sempre gestite dallo stesso, che aveva dato vita ad una serie di società che interagivano tra loro, riconducibili a sè o ai suoi stretti congiunti. Del resto, significativa appare ai giudici di merito, al fine di evidenziare la spregiudicata e scaltra gestione dell'imputato, la circostanza che i beni di proprietà dell'imputato, ceduti a terzi, fossero rimasti nella sua materiale disponibilità, Non sfugge, peraltro, come si ricordava, che l'unico committente della Autotrasporti Garfagnana di D.I. e C. Sas, fosse proprio la ditta individuale D.I.D. con sede legale nello stesso luogo della prima. La sentenza impugnata si colloca nell'alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. Un. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590). Più nello specifico dei reati tributari che prevedano soglie di punibilità, la Corte fiorentina fa riferimento al principio secondo cui la causa speciale di non punibilità per particolare tenuità del fatto sarebbe applicabile soltanto ad omissioni per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 Euro dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10ter, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (così Sez.3, n. 13218 del 20/11/2015 dep. il 2016, Reggiani Viani, Rv. 266570, che nel caso sottopostole ritenne in quel caso non rientrare in tale previsione l'omesso versamento di 270.703 Euro). Tale indirizzo giurisprudenziale - espresso anche da Sez. 3, n. 40774 del 5/5/2015, Falconieri, Rv. 265079- poneva condivisibilmente l'accento sul fatto che il grado di offensività che dà luogo a sanzione penale è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di punibilità. Altra pronuncia aveva affermato, in precedenza, che l'eventuale particolare tenuità dell'offesa dovesse esser valutata in rapporto alla condotta nella sua interezza e non con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia di punibilità prevista dal legislatore (Sez. 3, n. 51020 del 11/11/2015, Crisci, Rv. 265982). Ebbene, tale indirizzo non può dirsi del tutto superato, ma va solo meglio calibrato in considerazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella già richiamata sentenza n. 13681/2016, Tushaj, Rv. 266589, secondo cui non è, in astratto, incompatibile con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica (nella fattispecie esaminata, relativa al reato di guida in stato di ebbrezza, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati), anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi sia una fattispecie che integri un illecito amministrativo. Le stesse SSUU Tushaj, infatti, specificano, in motivazione, che quanto più ci si allontana dal valore-soglia, tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo, sebbene nessuna conclusione possa trarsi in astratto, senza considerare cioè le peculiarità del caso concreto, poichè nessuna presunzione può ritenersi consentita. Alla luce di tali principi può pertanto affermarsi che riguardo al reato di omesso versamento dei contributi previdenziali (ma, mutatis mutandis, il discorso vale, in generale, per tutti i reati, tributari e non, che prevedano una soglia di punibilità), la sussistenza della particolare tenuità dell'offesa deve essere verificata attraverso una valutazione globale che tenga conto dell'importo complessivo dei contributi non versati e della consistenza del superamento della soglia di punibilità (a tale approdo perviene Sez. 3, n. 30179 del 11/05/2018, Altobrando, Rv. 273686). Senza dimenticare che, come condivisibilmente rileva ancora Sez. 3 n. 30179/2018, Rv. 273685) ai fini della applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. in relazione al reato di omesso versamento dei contributi previdenziali, il giudice, per verificare la sussistenza del necessario requisito della non abitualità del comportamento, può prendere in considerazione il numero delle mensilità nelle quali la condotta omissiva si è verificata. Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza impugnata appare priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto e, per contro, le doglianze di cui in ricorso appaiono prive di adeguata forza confutativa e non si confrontano criticamente con il provvedimento impugnato. 4. In ultimo, va rilevato che non appaiono sussistenti vizi di legittimità in relazione alla disposta confisca per equivalente - e prima ancora al disposto sequestro finalizzato a quella confisca- in particolare dell'imbarcazione sulla cui disponibilità in capo all'imputato già il giudice di primo grado aveva motivato a pag. 11 delle propria sentenza e già nella sentenza della Corte di Appello del 9/5/2016 si era evidenziata la "simulazione della vendita" (così a pag. 10 di quel provvedimento). Il punto non era stato oggetto di specifico esame da parte della sentenza 51075/2017 di questa Corte, nonostante fosse stato motivo di impugnazione, e perciò il giudice del rinvio sullo stesso ha argomentatamente motivato evidenziando come l'imputato, a fronte di un imponente debito erariale, si sia spogliato degli unici beni agevolmente aggredibili (abitazione e imbarcazione), tramite negozi verosimilmente simulati, mantenendo comunque la disponibilità esclusiva tanto dell'appartamento quanto dell'imbarcazione (e nella sentenza impugnata si dà atto che le risultanze delle indagini di PG, versate in atti, univoche sul punto, non sono state in alcun modo contrastate dall'imputato, che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato "puro" e non ha effettuato allegazioni di segno contrario), non versando nelle casse societarie il prezzo ed omettendo di pagare il debito con lo Stato. Ebbene, anche con tali affermazioni, il proposto ricorso, in concreto, non si confronta criticamente. 5. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 11 aprile 2019. Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2019
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