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Omissione di soccorso stradale: reato proprio e tutela della solidarietà sociale

Omissione di soccorso

Cassazione penale sez. IV, 15/02/2023, n.26012

La condotta omissiva prevista dall'art. 189, comma 7, Codice della Strada rappresenta un'ipotesi speciale del delitto di omissione di soccorso di cui all'art. 593, comma 2, c.p., condividendo con quest'ultimo l'oggettività giuridica della tutela della vita e dell'incolumità personale, ma introducendo specificità quali:
a) Reato proprio: è configurabile solo nei confronti dell'utente della strada al cui comportamento sia comunque ricollegabile l'incidente, in quanto soggetto titolare di una posizione di garanzia;
b) Antefatto non punibile: l'incidente stradale, che determina una situazione presunta di pericolo attuale e impone l'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza.
Il bene giuridico tutelato è di natura superindividuale, identificabile nella solidarietà sociale, in quanto funzionale alla protezione della vita e dell'incolumità di chi versa in pericolo.
Il reato, qualificabile come reato istantaneo di pericolo, deve essere valutato in relazione a uno stato di pericolo presunto che si verifica con il sinistro stradale, la cui valutazione deve essere compiuta ex ante e non ex post (Sez. 4, n. 20649 del 2012, Shehi; Sez. 4, n. 9128 del 2012, Boffa).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo, parzialmente riformando la pronuncia del Tribunale di Marsala per aver assolto l'imputato dal reato di cui al capo a), ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di F.V. per i restanti reati (art. 590 c.p.; D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285, art. 189, commi 6 e 7), rideterminandone la pena. 2. Dalla ricostruzione operata dal primo Giudice emergeva che, in data (Omissis), mentre percorreva la strada statale che collega (Omissis), in prossimità di un semaforo, S.L. veniva violentemente tamponata da una (Omissis) di colore grigio, alla cui guida vi era un uomo a lei noto, per aver frequentato, qualche anno prima, la stessa scuola di ballo. La S. scendeva dall'auto per ottenere le generalità dell'uomo e i dati dell'assicurazione, ma questi le rispondeva di conoscerla e di escludere che vi fossero dei problemi. A segnale semaforico verde, il conducente della (Omissis) si allontanava. La donna riusciva comunque ad annotare il numero di targa dell'auto e accusando subito mal di testa veniva, in quel frangente, aiutata da un collega, D.G., che si trovava proprio dietro la (Omissis) che l'aveva tamponata. Era poi accompagnata dalla sorella al Pronto Soccorso dove le venivano refertate le lesioni documentate in atti. 3. Avverso la sentenza di appello ricorre il difensore dell'imputato che solleva i seguenti motivi: 3.1. Violazione degli artt. 192 e 546 c.p.p., per difetto di qualsivoglia prova, nonché manifesta illogicità della motivazione in relazione all'elemento soggettivo del dolo eventuale con riguardo al reato di cui all'art. 189, commi 6 e 7, C.d.S.. E', infatti, illogico affermare che l'imputato si sia fermato dopo l'impatto e, al contempo, ritenerlo responsabile del reato ascritto. Il F., non solo non si era reso conto di aver provocato un incidente idoneo ad arrecare lesioni, considerato che il proprio veicolo rimaneva illeso e che l'urto era stato minimo, ma era altresì sceso dal veicolo, aveva riconosciuto la persona offesa e ne era stato riconosciuto, le aveva chiesto se avesse bisogno di aiuto, e le aveva indicato, stante la necessità imminente di rientrare in casa, dove si trovava la sua abitazione. 3.2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si è ritenuta dimostrata la responsabilità dell'imputato in relazione al D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285, art. 189, commi 6 e 7; contraddittorietà e manifesta illogicità con riguardo alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, connotate da molte contraddizioni; omessa valutazione delle dichiarazioni dell'imputato. 3.3. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui è stato ritenuto dimostrato il rapporto di causalità tra il sinistro e le lesioni. 4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato unicamente con riguardo al reato di cui all'art. 189, comma 7, C.d.S., dovendo essere rigettato nel resto. 2. L'art. 189, comma 1, C.d.S., dispone: "L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona." Il successivo comma 6 prevede che "Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all'obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (...)". Secondo il prevalente orientamento maturato in sede di legittimità, il reato di fuga previsto dall'art. 189, comma 6, C.d.S., è un reato omissivo di pericolo, per la cui configurabilità è richiesto il dolo, che deve investire essenzialmente l'inosservanza dell'obbligo di fermarsi in relazione all'evento dell'incidente concretamente idoneo a produrre ripercussioni lesive alle persone, e non anche l'esistenza di un effettivo danno per le stesse (Sez. 4 n. 34335 del 3/6/2009, Rizzante, Rv. 245354 - 01). Come tutte le norme incriminatrici volte alla tutela avanzata d'interessi, la concretezza dell'evento che giustifica la previsione non può giungere sino ad un'effettiva constatazione del tipo di nocumento procurato. Non a caso, infatti, la previsione utilizza il termine aspecifico di "danno", volutamente ignorando il più preciso riferimento a quello di "lesione". Il comma 7 sanziona una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella repressa dal comma precedente: quella del conducente che, coinvolto in un incidente stradale, comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottemperi all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite. In tale ultima evenienza, non basta la consapevolezza che dall'incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell'integrità fisica. Può, pertanto, affermarsi che il reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente dopo un investimento (art. 189, comma 7, C.d.S.) esiga un dolo meramente generico, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti (Sez. 4, n. 33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113 - 01). Dolo che, come si è più sopra ricordato, può ben configurarsi anche come eventuale (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046 - 01, la quale ha affermato che l'elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente in caso di incidente può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti. In motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio). 3. La sentenza impugnata ricorda che la persona offesa aveva subito danni alla propria integrità psicofisica, direttamente riconducibili al tamponamento posto in essere dall'imputato, come ritraibile dal contenuto del referto medico, in cui si attesta che la S. aveva riportato un "politrauma contusivo da incidente stradale", nonché una distorsione cervicale. La Corte territoriale sottolinea la circostanza che il ricorrente, dopo il tamponamento, non si era fermato per sincerarsi delle condizioni della persona offesa. Dalla ricostruzione dei fatti, emersa dall'istruzione dibattimentale, risulta, infatti, che fu la stessa persona offesa a scendere dal veicolo, in seguito all'impatto automobilistico, avvicinandosi all'imputato (rimasto alla guida della sua autovettura ferma al semaforo) al fine di acquisire le sue generalità, mentre quest'ultimo, lungi dal rispondere all'interlocutrice ovvero lungi dall'accertarsi delle sue condizioni di salute, riprese la marcia non appena scattò il semaforo verde. Nessuna contraddittorietà attinge la sentenza impugnata perché il F., dopo il tamponamento, non si fermò per prestare soccorso o aiuto alla persona che si trovava alla guida dell'auto tamponata ma, unicamente, per l'obbligo di arrestare la marcia proveniente dall'impianto semaforico. Tanto premesso, deve tuttavia osservarsi che mentre la motivazione della sentenza impugnata appare incensurabile con riguardo alla consumazione del reato di fuga di cui al comma 6 dell'art. 189 C.d.S., non altrettanto può dirsi relativamente alla inottemperanza all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente, di cui al comma 7 della medesima disposizione, con particolare riferimento alla consapevolezza, in capo all'imputato, delle conseguenze fisiche subite dalla persona offesa. Occorre, in proposito, ricordare che la condotta omissiva sanzionata dall'art. 189, comma 7, C.d.S. può considerarsi una ipotesi speciale del delitto di omissione di soccorso previsto dall'art. 593, comma 2, c.p. (per la definizione del reato ex art. 189, comma 7, C.d.S. in termini di omissione di soccorso, Sez.4, n. 20649 del 10/05/2012, Shehi, n. m.; Sez.4, n. 9128 del 2/02/2012, Boffa, n. m. sul punto), del quale condivide l'oggettività giuridica e la condotta dell'omessa assistenza alla persona ferita, con l'aggiunta: a) dell'elemento tipico del reato proprio mediante individuazione, nell'utente della strada al cui comportamento sia comunque ricollegabile l'incidente, del soggetto sul quale grava l'obbligo di garanzia, genericamente indicato nella norma generale in "chiunque"; b) di un antefatto non punibile, concretato dall'essersi verificato un sinistro stradale, idoneo a concretare una situazione di pericolo attuale, da cui sorge l'obbligo di agire. Secondo la preferibile interpretazione della norma generale, il bene giuridico tutelato dal reato in questione (inserito tra i delitti contro la vita e l'incolumità personale) è da individuarsi in un bene di natura superindividuale, quello della solidarietà sociale, da preservarsi soprattutto quando siano in discussione i beni della vita e della incolumità personale di chi versa in pericolo. In particolare, lo stato di pericolo è espressamente previsto per la fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 593 c.p., e proprio la necessità di prevenire un danno futuro impone l'obbligo di un intervento soccorritore. Nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell'art. 189, comma 1, C.d.S., la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo e ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i titolari della posizione di garanzia, imponendo loro l'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Si tratta, in sostanza di reato istantaneo di pericolo, il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post. Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell'obbligo giuridico di attivarsi previsto dall'art. 189, comma 1, C.d.S., che attribuisce all'utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, una posizione di garanzia per proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso. La posizione di garanzia trova la sua ratio nel dato di esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne nell'immediatezza le conseguenze dannose o pericolose, e di evitare, pertanto, che dal ritardato soccorso delle persone ferite possa derivare un danno alla vita e all'integrità fisica. Poste tali premesse, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare se, nel caso di specie, la situazione di pericolo scaturita dal tamponamento provocato dall'imputato fosse dallo stesso immediatamente percepibile e percepita. E ciò proprio in considerazione del comportamento della persona offesa: questa, infatti, subito dopo il tamponamento era scesa dall'auto per ottenere le generalità dell'uomo e i dati dell'assicurazione, senza far cenno al mal di testa di cui riferiva poi al collega D.G., quando già il F. si era allontanato a bordo della propria autovettura. Sotto questo specifico aspetto, la sentenza impugnata appare carente di motivazione. 3.1. Le censure relative alla pretesa inattendibilità della persona offesa e al rapporto di causalità, formulate peraltro in termini del tutto generici, sono manifestamente infondate, atteso che la Corte territoriale - ritenute la puntualità e la costanza del racconto ed esclusa in capo alla S. la sussistenza di ogni intento calunniatorio - ha osservato che le dichiarazioni della stessa hanno trovato conferma nel referto medico in atti, sicché nessun dubbio sussiste in ordine al rapporto di causalità tra il sinistro e le lesioni. 4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui all'art. 189, comma 7, C.d.S., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. Visto l'art. 624 c.p.p., va dichiarata la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato in relazione ai reati di cui all'art. 189, comma 6, C.d.S. e all'art. 590 c.p.. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 189, comma 7, C.d.S., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato in relazione ai reati di cui all'art. 189, comma 6, C.d.S. e all'art. 590 c.p.. Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2023. Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2023
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