Rapina: è aggrava dal travisamento anche lieve, purchè idoneo a rendere difficile il riconoscimento
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Corte appello Taranto, 09/10/2023, n.602

In tema di rapina affinchè sia integrata l'aggravante del travisamento dei soggetti agenti è sufficiente anche una lieve alterazione dell'aspetto esteriore della persona attuata mediante qualsiasi mezzo, purchè idoneo a rendere anche solo difficoltoso il riconoscimento.

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del 15 dicembre 2022, il g.i.p. del Tribunale di Taranto, all'esito del giudizio abbreviato all'uopo celebrato, dichiarava:

- Ca.Co., Be.Co. e Me.An. responsabili dei reati di cui agli artt. 56,110,628, commi 1 e 3, n. 1 c.p., commesso in Avetrana il 20 aprile 2022 [capo a) della rubrica]; agli artt. 110,628, commi 1 e 3, n. 1 c.p., commesso in Manduria il 20 aprile 2022 (capo b) della rubrica]; agli artt. 61, n. 2, c.p., 4 e 7 L. 895/67, come modificati dagli artt. 12 e 14 L. 497/74, commessi in Manduria il 20 aprile 2020 [capo c) della rubrica]; con la recidiva specifica nel quinquennio, per Me.An.; reiterata specifica nel quinquennio, per Ca.Co., e reiterata specifica, per Be.Co.;

- Ca.Co. responsabile del reato di cui agli artt. 61, n. 2, c.p. e 4 L. 110/75, commesso in Lizzano il 21 aprile 2022 (capo d) della rubrica).

Il giudicante, ritenuta la sussistenza della contestata recidiva nei confronti di tutti gli imputati (per la presenza sul certificato del casellario di ognuno di costoro di precedenti condanne divenute irrevocabili in epoca non particolarmente risalente rispetto ai fatti), negate le circostanze attenuanti generiche, unificati i reati in continuazione, con la diminuente per il rito, li condannava rispettivamente alla pena di:

- anni nove di reclusione ed Euro 2.800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare. Interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale durante l'esecuzione della pena, il Ca.Co.;

- anni otto e mesi otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare. Interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale durante l'esecuzione della pena, il Be.Co.;

- anni otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare. Interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale durante l'esecuzione della pena, il Me.

Il g.i.p. disponeva, altresì, la confisca e distruzione di quanto in sequestro. Il giudice di primo grado, alla luce degli atti contenuti nel fascicolo del p.m. (utilizzabili per la scelta del rito), richiamando il contenuto di ciascuna delle informative e degli allegati alle stesse, ricostruiva compiutamente i fatti (con precisione tale da rendere - in questa sede - sufficiente il riferimento a tale parte della sentenza da intendersi quivi trascritta per divenire parte integrante del presente provvedimento senza procedere a inutili perifrasi e ripetizioni) e li riteneva accertati. Il primo giudice, quindi, acclarava (sulla scorta delle dichiarazioni di Li.Do., titolare dell'esercizio commerciale, delle riprese videoregistrate dall'impianto di sorveglianza presente in loco e di quanto direttamente osservato dall'App. Co.Fr., testimone oculare del fatto) che, nel giorno indicato al capo a) di imputazione, alle ore 13.30 circa:

- una vettura Rover 400 di colore blu priva di targhe identificative (con tre vistosi punti chiari di riparazione sul paraurti posteriore e senza il copriruota anteriore sinistro) era sopraggiunta all'interno dell'area di rifornimento di carburante Eni di Avetrana (sito alla S.P. 174, alla quota chilometrica 9+105) con a bordo tre individui di sesso maschile, uno dei quali, già armato di pistola in pugno (in seguito identificato in Be.Co.), era sceso dalla portiera anteriore destra per poi risalirvi a tanto invitato dal conducente del suo mezzo (identificato in Me.An.), dopo aver scorto un testimone (risultato essere l'App. Co.Fr., in quel momento fuori servizio) che, alla vista della scena, aveva ingiunto al giovanissimo figlio di salire in auto e si era diretto verso il malfattore;

- la Rover 400, dopo una brusca inversione di marcia nell'area di parcheggio, si era repentinamente allontanata dalla stazione di servizio dirigendosi verso il centro abitato di Avetrana (come comprovato dalle riprese dell'impianto della La Genuinità Soc. Coop., sito alla Via (…), innanzi al cui fuoco la suddetta vettura era transitata alle ore 13.38).

L'App. Co. rappresentava subito che: l'autista indossava una felpa di colore grigio chiaro con cappuccio calzato, occhiali da vista, aveva età di 35 - 40 anni, capelli scuri e corporatura normale; il passeggero seduto davanti, sceso con in mano una pistola semiautomatica di colore grigio, indossava un giubbotto di colore nero e dei pantaloni di tuta neri e grigi, era alto circa 180 cm, aveva la carnagione scura e la corporatura robusta e aveva agito a volto scoperto mostrando un cerotto nella parte sinistra della testa; il passeggero del sedile posteriore (in seguito identificato in Ca.Co.) era coperto da un cappuccio calzato in testa. Il giudice di prime cure sottolineava che, già da queste prime fasi (nel corso delle quali i filmati relativi al tentativo di rapina erano stati versati in una chat dell'applicativo Whatsapp in uso agli appartenenti al Comando Compagnia dei Carabinieri di Manduria, era stato possibile individuare - per la conoscenza diretta di quel mezzo da parte del comandante della Stazione dell'Arma di Lizzano - la vettura le cui caratteristiche avevano consentito di ricondurla a Ca.Co.. Alla stessa maniera, il g.i.p. accertava (sulla scorta delle dichiarazioni di Ga.Gi., titolare dell'esercizio commerciale, delle riprese videoregistrate dall'impianto di sorveglianza presente in loco e di quanto appreso dai dipendenti del Commissariato di P.S. di Manduria) anche che, nel medesimo giorno indicato anche al capo b) di imputazione, alle ore 15.10 circa:

- la stessa vettura Rover 400 di colore blu priva di targhe identificative (con tre vistosi punti chiari di riparazione sul paraurti posteriore e senza il copriruota anteriore sinistro) era sopraggiunta a forte velocità all'interno dell'area di rifornimento di carburanti Conversano, sita sulla S.P. Manduria - San Pietro in Bevagna con a bordo tre individui uno dei quali, con il volto travisato dal cappuccio del giubbotto di colore scuro che indossava su un paio di jeans e di scarpe da ginnastica di colore grigio e nero (identificato in seguito in Ca.Co.), era sceso dalla portiera posteriore destra, seguito a breve distanza dal passeggero anteriore (di altezza di circa 180 cm e dalla corporatura robusta), identificato in seguito nel Be.Co., che, con volto travisato, impugnando una pistola semiautomatica di colore chiaro, aveva scarrellato l'arma, mentre il complice, avvicinatosi al Ga., aveva ottenuto da costui la consegna di Euro 910 di denaro contante;

- immediatamente dopo, entrambi i malfattori erano risaliti rapidamente in macchina e il conducente del mezzo, mai sceso (identificato nel Me.), aveva ripreso la marcia dirigendosi a forte velocità verso il centro abitato di San Pietro in Bevagna;

- alle ore 15.40 circa, il V. Brig. Zo.Gi., in servizio presso il Comando Stazione dei Carabinieri di Lizzano, percorrendo la S.P. 118 che unisce il Comune di Lizzano a quello di Sava, aveva incrociato una Rover 400 di colore blu priva della targa anteriore, scorgendo nitidamente gli occupanti e riconoscendoli per essere Me.An., alla guida, Be.Co., al posto del passeggero anteriore, e Ca.Co., seduto sul sedile posteriore in posizione centrale, tutti già noti alle forze dell'ordine per i loro trascorsi criminali;

- il militare, al corrente delle informazioni circolate sulla piattaforma Whatsapp nel gruppo in uso agli appartenenti al Comando Compagnia di Manduria, ritenendo che l'auto appena intercettata potesse essere, con i suoi occupanti, quella coinvolta nelle due rapine commesse poco prima, aveva invertito la marcia ponendosi all'inseguimento della Rover 400 della quale aveva perso le tracce, tuttavia, constatando la mancanza della targa posteriore e la presenza dei tre vistosi segni chiari di riparazione sul paraurti posteriore.

Il giudice di primo grado sottolineava, altresì, che gli operanti, alla luce dei dati prontamente raccolti anche attraverso la visione di altre immagini registrate dagli impianti ubicati lungo i tragitti percorsi dalla vettura, essendo risaliti alla targa dell'auto (intestata a Ca.Ga., padre di Co.), avevano indirizzato le indagini su Ca.Co., che era stato rintracciato, proprio a bordo di quel veicolo, il successivo 21 aprile, allorché si trovava nel centro abitato di Lizzano in compagnia di Pe.Ad.. Il giudicante evidenziava, quindi, che:

- nel corso della perquisizione veicolare effettuata sulla Rover 400, tg. (…), era stato rinvenuto un coltello a lama fissa e seghettata della lunghezza di 22 cm del quale, in mancanza di adeguata spiegazione al suo porto, era stato disposto il sequestro, e si era potuto constatare che le targhe erano affisse con viti autofilettanti e non già come prescritto dalla legge con rivetti fissi;

- le operazioni di perquisizione erano state estese all'abitazione del Ca.Co. e si erano svolte alla presenza della di lui madre, Me.An., la quale aveva confermato che suo figlio, negli ultimi tre giorni, durante i quali non aveva fatto ritorno a casa per essersi intrattenuto presso l'abitazione della sua fidanzata Di. da San Donaci, in tale frangente era stato l'unico utilizzatore della vettura (circostanza, quest'ultima, già direttamente nota ai Carabinieri);

- Pe.Ad., Di., aveva confermato le circostanze riferite dalla Me., aggiungendo che, nel corso della giornata precedente, il Ca.Co. alle ore 18.00 circa l'aveva raggiunta - a bordo della Rover 400 - in San Donaci, ove poi si era trattenuto anche per la notte, ivi lasciando i vestiti indossati nel corso della giornata, e che, prima di tale momento, aveva più volte interloquito con il fidanzato contattandolo sull'utenza mobile (…) (priva del servizio internet);

- la perquisizione effettuata a casa della Pe. aveva condotto al rinvenimento, tra gli altri effetti personali del Ca.Co., anche di un paio di jeans, una maglietta interna a maniche corte di colore blu, una polo a maniche corte del medesimo colore, una giacca del tipo cardigan, con apertura a " V", anch'essa di colore blu e un giub-bino smanicato scuro con cappuccio dello stesso colore, indicati dalla Pe. come gli abiti indossati dal compagno al momento dell'arrivo presso la sua dimora;

- il 21 aprile 2022, alle ore 18.30 circa, mentre erano in corso di compilazione gli atti a suo carico, Ca.Co. aveva chiesto di rendere (come effettivamente aveva fatto) dichiarazioni spontanee, confessando di aver posto in essere - insieme a due amici dei quali non aveva, tuttavia, fatto i nomi - la rapina ai danni del distributore di carburanti di San Pietro in Bevagna, lì dove, sceso dal lato posteriore destro dell'auto (con indosso gli abiti lasciati a casa della Pe.), si era diretto verso il gestore ottenendo la consegna del denaro. Nella circostanza, il Ca.Co. aveva precisato che, prima di tale evento, insieme ai due amici, si era recato in un locale del viale della stazione di Manduria a consumare una birra e, poi, presa la decisione di consumare una rapina, aveva curato, con gli stessi, di rimuovere le targhe dell'auto, successivamente rimontate, prima di rientrare in Lizzano, percorrendo la strada che a quel paese conduce da Sava;

- a fronte di tali dichiarazioni, i dipendenti del Commissariato di P.S. di Manduria avevano, visionando i filmati di interesse operativo, individuato il bar in parola acquisendo ulteriore conferma dell'identità dei tre occupanti della Rover 400, i quali, infatti, alle ore 14.10 circa, erano entrati - insieme - e con indosso abiti, seppur comuni, corrispondenti a quelli indossati dai malviventi ritratti dalle telecamere dei due teatri delle rapine, nel bar e si erano ivi trattenuti per una manciata di minuti, per poi allontanarsi da quel locale alle successive ore 14.33 a bordo della medesima auto (in quel momento con le targhe affisse);

- le verifiche effettuate consultando la banca dati in uso alle forze di polizia avevano consentito di accertare l'abitualità nella frequentazione tra i soggetti attenzionati, così come la verifica del tracciato delle celle agganciate dall'apparecchio telefonico del Ca.Co. (unico in quella giornata con a disposizione un cellulare) aveva permesso di ricostruire un tragitto, in termini spazio - temporali, coincidente con quello degli spostamenti effettuati dai rapinatori per raggiungere i due distributori di benzina e poi, percorrendo la S.P. 118, Lizzano.

A lume di tanto, il giudice di prime cure, accuratamente soffermandosi sulla piena utilizzabilità delle dichiarazioni spontaneamente rese dal Ca.Co. e sulla loro utilità quale elemento di giunzione tra i dati certosinamente raccolti durante le indagini, già da soli utili a costituire una piattaforma indiziaria solidamente posta a sostegno dell'accusa, condivisa la qualificazione giuridica attribuita a ciascun fatto dal p.m., anche con riferimento alle circostanze aggravanti contestate, certamente riferibili per la loro natura oggettiva a ciascuno dei correi in concorso, perveniva alla conclusione sanzionatoria innanzi indicata.

Avverso la predetta sentenza sono stati proposti (separati e) tempestivi atti di appello dai difensori degli imputati.

La difesa del Be.Co. ha chiesto:

- l'assoluzione del proprio assistito con formula di giustizia, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., da entrambe le rapine, non potendosi sostenere con certezza assoluta, sulla scorta di immagini per null'affatto nitide, il suo coinvolgimento nell'azione criminosa posta a segno da altri soggetti, né all'uopo potendo servire il rinvenimento di abiti dalle caratteristiche non individualizzanti presso la sua dimora, ferme restando, per un verso, l'assenza, sulla testa del Be.Co., del cerotto indicato dall'App. Co.Fr. quale elemento di ulteriore specificazione delle caratteristiche del rapinatore armato e, per altro verso, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Ca.Co., visto che costui, pur fortemente indiziato di reato, non era stato sentito con l'assistenza del difensore;

- l'assoluzione del proprio assistito, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., dai delitti di detenzione e porto di arma, per insussistenza del fatto, visto che il mancato rinvenimento della pistola non consente di escludere ragionevolmente che essa fosse un'arma giocattolo ovvero anche semplicemente un'arma non funzionante, con il conseguente difetto degli elementi integrativi della fattispecie;

- la rideterminazione della pena mediante: a) il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche da valutare in termini, quanto meno, di equivalenza rispetto alle aggravanti e alla stessa recidiva, stante la risalenza dei precedenti penali annotati sul certificato del casellario giudiziale; b) la riduzione degli aumenti operati ai sensi dell'art. 81, comma 2, c.p., visto che la rapina di cui al capo a) della rubrica si era arrestata allo stadio del tentativo.

La difesa del Ca.Co. ha chiesto:

- l'assoluzione del proprio assistito, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., dai delitti di detenzione e porto di arma, per insussistenza del fatto, visto che il mancato rinvenimento della pistola non consente di escludere ragionevolmente che essa fosse giocattolo ovvero non funzionante, con il conseguente difetto degli elementi integrativi della fattispecie;

- l'assoluzione dalla contravvenzione di porto ingiustificato di coltello, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., per insussistenza del fatto, atteso che il coltello in parola era utilizzato dal Ca.Co. per svolgere l'attività di bracciante agricolo al quale è dedito, fermo restando che la presenza di quell'arma in macchina non è in alcun modo riferibile alla rapina posta a segno;

- la rideterminazione della pena in maniera da contenerla nei limiti edittali con riferimento alle due ulteriori condotte, in considerazione della confessione del CA., della sua fattiva collaborazione con le forze dell'ordine, della modalità di esecuzione dei reati, posti a segno utilizzando la macchina di famiglia, connotata da chiari segni di riconoscimento, delle precarie condizioni economiche dell'imputato, nonché dell'occasionalità della condotta, rispetto alla quale anche l'aumento effettuato per la recidiva appare spropositato e sproporzionato a fronte della reale offensività del fatto.

La difesa del Me. ha chiesto:

- l'assoluzione del proprio assistito con formula di giustizia, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., da entrambe le rapine, stante l'inutilizzabilità delle dichiarazioni di Ca.Co., visto che costui, pur fortemente indiziato di reato, non era stato sentito con l'assistenza del difensore e che le di lui dichiarazioni erano state poste a fondamento della sentenza di condanna anche degli altri imputati, fermo restando che, in ogni caso, l'identificazione del Me., quale conducente della vettura impiegata per le rapine, non può dirsi certa, vista l'assenza di indicazioni in merito anche da parte delle vittime e del testimone oculare e l'insufficienza del rilievo afferente all'abitualità della sua frequentazione con il Ca.Co. e alla sua eventuale presenza all'interno del bar manduriano indicato dal Ca.Co. medesimo come luogo in cui con i complici si era recato prima di consumare la rapina ai danni di Ga.Gi.. Non può, infatti, sfuggire che l'App. Co. aveva indicato, quale età del conducente del mezzo, genericamente descritto come uomo con gli occhiali e la corporatura normale, quella di 35 - 40 anni, a fronte dei soli 26 armi del Me. al momento del fatto e, a ogni buon conto, anche della sua esile costituzione. Rileva poi l'inconferenza dell'argomento speso in sentenza valorizzando l'affermazione difensiva contenuta nel ricorso innanzi al Tribunale del riesame, visto che, in quella sede, non era stata compiuta alcuna ammissione di responsabilità, essendosi esclusivamente precisato che, ove il coinvolgimento del Me. dovesse essere ritenuto certo, in ogni caso non avrebbe potuto trascurarsi la marginalità della sua posizione rispetto alle condotte ben più pregnanti degli altri imputati;

- l'applicazione, quanto alla rapina tentata di cui al capo a) della rubrica, della previsione dell'art. 56, comma 3 o comma 4, c.p., visto che è emerso dagli atti che il passeggero della vettura era sceso dall'auto e, invitato in tal senso dal conducente del mezzo, era immediatamente risalito senza compiere alcuna azione utile a ritenere che una rapina stesse per essere portata a segno. Non è, infatti, sostenibile che la mera presenza dell'App. Co., in borghese e non presentatosi come militare, ma limitatosi solo a ingiungere a suo figlio di salire in auto, avesse potuto determinare la scelta di interrompere l'azione intrapresa;

- l'assoluzione del proprio assistito, quanto meno ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., dai delitti di detenzione e porto di arma, per insussistenza del fatto, visto che il mancato rinvenimento della pistola non consente di escludere ragionevolmente che essa fosse giocattolo ovvero non funzionante, con il conseguente difetto degli elementi integrativi della fattispecie;

- la rideterminazione della pena mediante: a) l'esclusione della circostanza aggravante di cui all'art. 628, comma 3, n. 1, c.p., visto che, ove realmente l'autista della Rover 400 fosse stato il Me., non è emerso da alcun atto che costui avesse avuto il volto travisato o avesse avuto la consapevolezza della presenza dell'arma nella disponibilità di uno degli altri complici; b) l'esclusione della recidiva, stante la risalenza temporale dei precedenti annotati sul certificato del casellario giudiziale, l'ultimo dei quali accertato circa cinque anni prima dei fatti in questa sede sub iudice; c) il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche da valutare in termini, quanto meno, di equivalenza rispetto alle aggravanti e alla stessa recidiva, stante la condotta tenuta dall'imputato che, a ogni buon conto, era intervenuto per interrompere la prima rapina e aveva scelto di accedere al rito abbreviato, nonché la risalenza dei precedenti penali annotati sul certificato del casellario giudiziale; d) la riduzione degli aumenti operati ai sensi dell'art. 81, comma 2, c.p., visto che la rapina di cui al capo a) della rubrica si era arrestata allo stadio del tentativo;

- la concessione, previa riduzione della pena inflitta entro i limiti minimi possibili, di tutti i benefici di legge concedibili.

All'odierna udienza si è celebrato il giudizio di secondo grado.

In via preliminare, i difensori di ciascun imputato, tutti muniti di procura speciale, hanno rinunciato ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio (e il difensore del Me. anche con riferimento a essi a quello afferente all'esclusione delle aggravanti relative alla rapina). Le parti hanno conseguentemente rassegnato le rispettive conclusioni, come compiutamente riepilogate a verbale, e la Corte ha definito il processo come da dispositivo in calce alla presente sentenza.

La sentenza va riformata come di seguito specificato per i motivi che si andranno a indicare.

Va in ogni caso premessa, nonostante la rinuncia ai relativi motivi da parte del Me. e del Be.Co., la piena utilizzabilità delle dichiarazioni spontaneamente rese nel corso delle indagini a suo carico alla p.g. da Ca.Co. (che, all'uopo, aveva sottoscritto il relativo verbale) sia contra se sia contra alios in ragione della loro avvenuta formalizzazione e della scelta del rito.

Al fine di sostenere la fondatezza della suddetta conclusione è sufficiente richiamare i pacifici principi giurisprudenziali fissati dalla Corte di Cassazione, secondo cui:

- "In tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini nell'immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell'autorità di polizia!" (Cass., Sez. VI, 13 marzo 2023, n. 10685);

- "Le dichiarazioni spontanee rese dall'indagato alla polizia giudiziaria sono utilizzabili in sede di giudizio abbreviato nei confronti dei chiamati in reità o in correità" (Cass., Sez. VI, 1 giugno 2012, n. 21265).

La più recente delle due menzionate pronunce (afferente al caso di dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese spontaneamente alla p.g. da un indagato per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga) espressamente argomenta che "quanto all'utilizzabilità delle dichiarazioni rese in fase di indagini dal coimputato…, nessun problema può sorgere dall'essere state le stesse da lui rassegnate in assenza di difensore e in difetto degli avvisi di cui agli artt. 63, comma 1, e 64 cod. proc. pen. Infatti, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., anche se non nell'immediatezza dei fatti, sono pienamente utilizzabili negli eventuali riti a prova contratta, purché emerga con chiarezza che il suo autore abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (tra le tante: Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Mi., RV 280242): e, in questo caso, nessuno neppure adombra che vi siano state indebite pressioni degli inquirenti o di altri terzi. Problemi, invece, possono presentarsi in relazione alla documentazione di tali dichiarazioni. Sebbene non manchino, infatti, pronunce che le ritengono utilizzabili anche quando esse non vengono verbalizzate (Sez. 2, n. 22962 del 31/5/2022, Na., RV 283409; Sez. 1, n. 33821 del 20/06/2014, Ma., RV 263219), ritiene il Collegio di aderire al contrario indirizzo, secondo cui tali dichiarazioni non possono essere utilizzate qualora non siano inserite in un atto sottoscritto dal dichiarante (Sez. 1, n. 37676 del 03/05/2022, L., RV 283740; Sez. 6, n. 14843 del 17/02/2021, Ferrante, RV 280880; Sez. 1, n. 12752 del 27/2/2019, Marchese, RV 276176). E' di solare evidenza logica, infatti, che tale veste formale rappresenti la garanzia minima per consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi o anche soltanto involontari malintesi da parte dell'autorità di polizia" (Cass., Sez. VI, 13 marzo 2023, cit.).

A lume di tanto, il verbale sottoscritto dal Ca.Co. è pienamente utilizzabile, fermo restando che l'elemento determinante per il riconoscimento di ciascuno degli imputati era stato l'avvistamento compiuto dal V. Brig. Zo. lungo la strada che congiunge Sava a Lizzano.

Alla stessa maniera, vanno pienamente condivise le conclusioni raggiunte dal primo giudice in ordine alla sussistenza di ciascun elemento costitutivo di ognuna delle fattispecie oggetto di addebito e la certa riconducibilità delle suddette condotte a tutti gli imputati, a pari titolo tra loro concorrenti (eccezion fatta per la contravvenzione separatamente contestata al solo Ca.Co.) in ciascuna di esse. I motivi sulla pena devono essere accolti in maniera parziale come di seguito specificato.

Va osservato che è infondata la richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche avanzata nell'interesse di Be.Co. e Me.An., ferma l'inapplicabilità anche d'ufficio dell'art. 62 bis c.p. anche nei confronti di Ca.Co..

E invero:

- a Be.Co. le suddette circostanze non possono essere riconosciute poiché non sussistono né sono stati evidenziati elementi positivamente valutabili in favore dell'imputato, non potendo all'uopo giovare la risalenza dei precedenti annotati sul suo certificato del casellario giudiziale, vista la gravità delle condotte già in passato accertate a suo carico e la specificità di alcuni reati oggetto di quelle condanne. Né può sfuggire anche la gravità delle azioni accertate in questa sede, evincibile dalla modalità esecutiva dell'azione, per null'affatto improvvisata e occasionale, ma pianificata (stante l'avvenuta eliminazione della targa e l'impiego, nella rapina consumata, della calzamaglia a copertura del viso, oltre che, in entrambe le occasioni, della pistola), e caparbiamente eseguita, come comprovato dal fatto che, a seguito del fallimento della prima rapina, conclusasi con una fuga prima dell'apprensione del denaro, ne era stata prontamente portata a compimento un'altra, senza trascurare che, in entrambe le occasioni, il Be.Co. era stato, tra gli altri, l'agente armato di pistola;

- a Me.An. le suddette circostanze non possono essere riconosciute poiché non sussistono elementi positivamente valutabili in suo favore, non assumendo alcun rilievo che costui, a differenza degli altri, in occasione delle due azioni criminose allo studio, non fosse mai sceso dall'auto. L'importanza del suo contributo non può, infatti, in alcuna maniera essere posta in discussione, avendo egli funto da autista in entrambi i casi. Né può essere trascurato, ferme le considerazioni sulla gravità dei fatti e sulla loro seppur rudimentale pianificazione, che il Me. è gravato da un precedente specifico consumato nel mese di febbraio 2017, per il quale aveva patito la privazione della libertà personale, senza - all'evidenza - ravvedersi in alcuna maniera, se è vero, come è vero, che, rimesso in libertà il 14 maggio 2020, a distanza di meno di due anni, era tornato a delinquere commettendo una nuova rapina;

- a Ca.Co. le suddette circostanze non possono essere riconosciute poiché non sussistono elementi positivamente valutabili in suo favore (fermo restando che neanche è stata in tal senso avanzata una richiesta), visto che, a prescindere dalla confessione relativa alla rapina consumata, il contributo dato dall'imputato alle indagini era stato risibile in considerazione degli elementi già a suo carico (e a quello degli altri) raccolti prima della verbalizzazione delle sue dichiarazioni, comunque, non contenenti alcuna indicazione sull'identità anagrafica dei complici e sul primo dei due episodi criminosi accertati. Resta poi fermo che il Ca.Co. è gravato da tre precedenti specifici e che valgono, anche nei suoi confronti, le valutazioni compiute in merito alla gravità delle azioni poste in essere e alla non occasionalità né estemporaneità della loro esecuzione, comunque, resa possibile dalla messa a disposizione dei complici, da parte sua, dell'auto utilizzata per il compimento dei reati.

Alla stessa maniera, deve essere rigettata la richiesta di esclusione della recidiva avanzata nell'interesse di Me.An.

Il curriculum del Me. e la sua insensibilità al monito rieducativo rinveniente dall'esecuzione di una precedente condanna a suo carico conducono a ritenere che la recidiva, correttamente contestata dal punto di vista formale, debba intendersi sussistente anche dal punto di vista sostanziale, apparendo indiscutibili la tendenza criminosa dell'imputato e la sua incapacità di osservare le regole pur nella consapevolezza delle conseguenze sanzionatone derivanti dalle violazioni poste in essere.

Analogamente, (ferma la rinuncia a tale doglianza) deve essere comunque rigettato il motivo di appello funzionale all'esclusione - a vantaggio del Me. - delle circostanze aggravanti di cui all'art. 628, comma 3, n. 1, c.p.

La norma in parola individua tre diverse ipotesi di circostanza aggravante di natura oggettiva, sicché ognuna di esse è riferibile a tutti i concorrenti nel reato. A ogni buon conto, resta fermo che, in occasione del tentativo di rapina, l'App. Co. aveva riferito che anche l'autista dell'auto dei malviventi aveva in testa il cappuccio della felpa, mentre, al momento della rapina consumata, non era stato scorto dal Ga. proprio perché col volto coperto, sicché, anch'egli, aveva agito con un travisamento, seppur parziale, del viso.

Al fine di fondare la conclusione, basti rammentare che "Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell'aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. (Nella specie, la Corte ha riconosciuto l'aggravante in relazione al travisamento realizzato indossando un casco non integrale che, pur non coprendo interamente il viso e non impedendo del tutto la visualizzazione dei tratti somatici, rendeva comunque la persona meno riconoscibile" (Cass., Sez. II, 20 dicembre 2017, n. 56937).

Certa deve poi dirsi la riferibilità a ciascuno dei correi dell'uso dell'arma materialmente impugnata dal Be.Co., visto che costui l'aveva utilizzata tanto nel tentativo di rapina, quanto nel successivo episodio di rapina consumata, sicché non è sostenibile che il Me. non avesse contezza piena della disponibilità della pistola, il cui uso, anche se di fatto compiuto dal complice, non può che essergli ascritto ai sensi dell'art. 110 c.p..

Le considerazioni in parola sono funzionali a escludere l'accoglibilità del motivo di appello volto alla rideterminazione della pena a vantaggio di Ca.Co., mediante il contenimento di quella utilizzata quale base per il compimento delle successive operazioni di calcolo.

Invero, la pena base utilizzata dal giudice di prime cure - pari ad anni sei di reclusione ed Euro 400 di multa (da intendersi Euro 2.100, in ragione dello sviluppo dei calcoli successivamente compiuti) - è illegale perché inferiore a quella prevista dalla legge in relazione alla contestazione elevata e accertata.

Nel caso di specie, infatti, stante la ricorrenza di due circostanze aggravanti tra quelle descritte dall'art. 628, comma 3, n. 1, c.p., avrebbe dovuto essere applicato l'art. 628, comma 4, c.p. (contestato in fatto, seppur non richiamato), che individua il range edittale tra sette e venti anni di reclusione e tra Euro 2.500 ed Euro 4.000 di multa (cfr. nel senso indicato: Cass., Sez. II, 27 ottobre 2020, n. 29792, secondo cui "In tema di rapina, attesa la nuova formulazione del comma quarto dell'art. 628 cod. pen. - introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 - il più elevato minimo edittale ivi previsto si applica anche nel caso di concorso di più circostanze aggravanti interne allo stesso n. 1 del terzo comma dell'art. 628 cod. pen. (In motivazione, la Corte ha sottolineato che ciascuno dei numeri interni al catalogo contenuto nel terzo comma dell'art. 628 cod. pen. contiene una disposizione a più norme autonome eventualmente concorrenti").

Pertanto, ferma la misura individuata dal g.i.p. quale pena base (intangibile in assenza di un appello sul punto da parte della pubblica accusa), non è possibile rideterminare ulteriormente in melius la quantificazione effettuata nell'erronea maniera innanzi indicata.

Ciò posto, a parere della Corte, la pena da infliggere deve essere comunque rideterminata per ciascun appellante nel modo che segue:

- per Ca.Co.: p.b. di anni sei di reclusione ed Euro 2.100 di multa (pari al minimo possibile a norma dell'art. 628, comma 3, c.p., non potendosi, in assenza di appello dell'accusa, applicare l'art. 628, comma 4, c.p.) per il delitto di cui al capo b) della rubrica, aumentata, per la recidiva reiterata specifica nel quinquennio, ai sensi dell'art. 63, comma 4, c.p. (da applicare nel caso di specie in costanza di concorso tra circostanze aggravanti a effetto speciale), fino alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa (ritenendo opportuno procedere all'aumento nella misura massima possibile per la gravità delle condotte accertate, la modalità esecutiva delle stesse e per la personalità dell'autore del fatto), ulteriormente aumentata - ai sensi dell'art. 81, u.c., c.p. (in misura non inferiore a 1/3 in maniera unitaria) - per la continuazione con il delitti di cui ai capo a) e c) e la contravvenzione di cui al capo d) della rubrica, fino alla pena di anni dieci e mesi otto di reclusione ed Euro 3.733 di multa (in misura, quindi, pari al minimo possibile), ridotta, per la scelta del rito, sino alla pena di anni sette, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.489 di multa;

- per Be.Co.: p.b. di anni sei di reclusione ed Euro 2.100 di multa (pari al minimo possibile a norma dell'art. 628, comma 3, c.p., non potendosi, in assenza di appello dell'accusa, applicare l'art. 628, comma 4, c.p.) per il delitto di cui al capo b) della rubrica, aumentata, per la recidiva reiterata specifica, ai sensi dell'art. 63, comma 4, c.p. (da applicare nel caso di specie in costanza di concorso tra circostanze aggravanti a effetto speciale), fino alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa (ritenendo opportuno ancora una volta procedere all'aumento nella misura massima possibile per la gravità delle condotte accertate, la modalità esecutiva delle stesse e per la personalità dell'autore del fatto), ulteriormente aumentata - ai sensi dell'art. 81, u.c., c.p. (in misura non inferiore a 1/3) - per la continuazione con i delitti di cui ai capi a) e c) della rubrica, fino alla pena di anni dieci e mesi otto di reclusione ed Euro 3.733 di multa (in misura pari al minimo possibile), ridotta, per la scelta del rito, sino alla pena di anni sette, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.489 di multa;

- per Me.An.: p.b. di anni sei di reclusione ed Euro 2.100 di multa (pari al minimo possibile a norma dell'art. 628, comma 3, c.p., non potendosi, in assenza di appello dell'accusa, applicare l'art. 628, comma 4, c.p.) per il delitto di cui al capo b) della rubrica, aumentata, per la recidiva specifica nel quinquennio, ai sensi dell'art. 63, comma 4, c.p. (da applicare nel caso di specie in costanza di concorso tra circostanze aggravanti a effetto speciale), fino alla pena di anni otto di reclusione ed Euro 2.800 di multa (ritenendo opportuno procedere, anche con riferimento a tale appellante, all'aumento nella misura massima possibile per la gravità delle condotte accertate, la modalità esecutiva delle stesse e per la personalità dell'autore del fatto), ulteriormente aumentata - ai sensi dell'art. 81, comma 2, c.p. - per la continuazione con i delitti di cui ai capi a) e c), fino alla pena di anni nove e mesi nove di reclusione ed Euro 3.300 di multa (con aumento di anni uno di reclusione ed Euro 400, per la rapina tentata, e mesi sei di reclusione ed Euro 100, per il porto di pistola), ridotta per la scelta del rito sino alla pena di anni sei, mesi sei di reclusione ed Euro 2.200 di multa.

La misura della pena inflitta al Me. preclude, da ultimo, l'accoglimento del motivo di appello afferente alla concessione dei benefici di legge.

Per le ragioni addotte, la sentenza impugnata deve essere riformata come da dispositivo in calce.

P.Q.M.
La Corte, letto l'art. 599 c.p.p.,

in riforma della sentenza del g.i.p. del Tribunale di Taranto del 15 dicembre 2022, appellata da Ca.Co., Be.Co. e Me.An., ridetermina le pene loro rispettivamente inflitte per i reati riuniti in continuazione loro ascritti in rubrica, con la diminuente per il rito, in complessivi anni sette, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 2.489 di multa ciascuno, per il Ca.Co. e il Be.Co., e in anni sei e mesi sei di reclusione ed Euro 2.200 di multa, per il Me..

Conferma nel resto la sentenza appellata.

Motivazione contestuale.

Così deciso in Taranto il 9 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2023.

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