Rapina: è aggravata se commessa su un taxi
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Cassazione penale sez. II, 25/10/2023, n.47635

Sussiste l'aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, 3-ter, nell'ipotesi di rapina commessa all'interno di un taxi, da considerarsi mezzo di trasporto pubblico, atteso che il servizio si rivolge ad un'utenza indifferenziata previo stazionamento in luogo pubblico, è regolamentato con tariffe amministrativamente predeterminate e sussiste obbligo a contrarre in caso di richiesta.

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma, emessa il 29 novembre 2022, ha confermato la responsabilità del ricorrente per due episodi di rapina commessi ai danni di due differenti persone offese guidatori di taxi, dai quali, con minaccia, si faceva consegnare somme di denaro (capi A e C della imputazione).

2. Ricorre per cassazione P.A., deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte disposto la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale finalizzata all'espletamento di una perizia volta ad accertare la capacità di intendere e di volere del ricorrente al momento del fatto e la sua capacità di partecipare al processo.

La Corte, con motivazione illogica e contraria alle risultanze processuali, ha ritenuto inattendibile la documentazione rilasciata da una struttura medica pubblica (il SERD) ed attestante lo stato di prolungata tossicodipendenza del ricorrente, così vanificando ingiustamente la necessità della richiesta perizia, comunque non motivata nonostante quanto meno il dubbio dell'esistenza di un vizio parziale di mente alla luce della documentazione in atti e delle dichiarazioni dell'imputato che avrebbe dovuto imporre, anche d'ufficio, l'accertamento;

2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di rapina di cui al capo A, del quale mancherebbe l'elemento costitutivo della minaccia alla persona, che la Corte avrebbe affidato alla sola percezione soggettiva della vittima senza tenere conto di quanto dichiarato dall'imputato nell'ammettere di essere stato l'autore del fatto.

Tenuto conto delle modalità di esso, la richiesta di denaro al taxista non sarebbe stata accompagnata da alcuna specifica minaccia con prospettazione di male ingiusto causativo di timore nella persona offesa, alla stregua di quanto la stessa Corte ha rilevato in ordine al similare fatto di cui al capo B, pervenendo in quel caso al giudizio di insussistenza del delitto.

L'esiguità della pretesa di soli quaranta Euro e le sue modalità avrebbero dovuto indurre la Corte al più a ritenere configurato il delitto di truffa;

3) violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'uso di un'arma con riguardo al reato di cui al capo C.

La Corte avrebbe affermato che l'imputato si trovava nel possesso di una pistola sulla base di mere congetture, non giustificate dal resoconto confuso e poco specifico della vittima, che sarebbe stato anche travisato e non in linea con le altre condotte contestate siccome commesse in stretta consecuzione temporale oltre che con il mancato reperimento dell'arma;

4) violazione di legge e vizio di motivazione quanto all'aggravante del fatto commesso all'interno di mezzi pubblici di trasporto, posto che la condotta del ricorrente, in entrambe le occasioni descritte ai capi A e C, si sarebbe svolta al di fuori del taxi, fermo restando che, ad avviso del ricorrente, il taxi non avrebbe potuto essere considerato un mezzo di trasporto pubblico;

5) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'aggravante della minorata difesa, affidata dalla Corte a meri dati estrinseci non idonei a rappresentare in che modo l'imputato, viste le sue condizioni di senza tetto, avrebbe approfittato di tali circostanze ed in che modo esse avrebbero reso vulnerabile la vittima;

6) violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego delle già concesse circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti.

La pena, in ogni caso, sarebbe eccessiva come pure l'aumento di essa per la continuazione;

7) violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte negato il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 4 nonostante la lievità del danno economico, complessivamente aggirantesi intorno ai 60-70 Euro e di quello morale, tenuto conto delle modalità dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.

1. Quanto al primo motivo, la Corte ha dato conto delle ragioni per le quali non ha ritenuto di procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale finalizzata all'espletamento di una perizia volta a verificare la capacità di intendere e di volere del ricorrente.

Oltre alla insufficienza, all'indicato fine, della documentazione prodotta dalla difesa - al più attestante l'uso di sostanze stupefacenti da parte dell'imputato - la Corte, con una valutazione tratta dalle risultanze di fatto e per questo non rivedibile in questa sede, ha sottolineato che la condotta illecita, snodatasi, peraltro, in due distinte occasioni a distanza di cinque giorni con modalità similari, era stata caratterizzata da "lucidità e coerenza", così da escludere in radice che il ricorrente non avesse contezza di quanto stesse compiendo (fg. 5 della sentenza impugnata). Su questa decisiva indicazione il ricorso sorvola.

Deve ricordarsi, comunque, che in tema di ricorso per cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione di determinate prove in appello (da ultimo, Sez, 6, n. 1440 del 22/10/2014, dep.2015, PR).

Inoltre, la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 2015, dep. 2016, Rv. 266820).

Ed infine, nel giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia (nella specie, balistica) può essere disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, ed il rigetto della relativa richiesta, se logicamente e congruamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di un giudizio di fatto (Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, Caratelli, Rv. 274996).

2. Il secondo motivo è generico nella misura in cui non tiene conto della dettagliata motivazione offerta dalla Corte di appello - anche attraverso il richiamo testuale ad alcune espressioni utilizzate dal ricorrente siccome riferite dalla persona offesa del reato di cui al capo A ("sono un criminale pesante, pericoloso")- a proposito della sussistenza della minaccia alla vittima finalizzata ad ottenere una somma di danaro costituente l'ingiusto profitto con altrui danno effettivamente verificatosi, così da ritenersi configurato il reato di rapina secondo la contestazione (fgg. 5 e 6 della sentenza impugnata).

Le contrarie deduzioni difensive, alla luce di tali specifiche indicazioni che il ricorso trascura, si risolvono in mere asserzioni che non esuberano dal merito del giudizio e sono inammissibili.

E, ciò, anche con riguardo alla censura relativa alla corretta qualificazione giuridica del fatto, dal momento che non soltanto la minaccia non è elemento costitutivo del reato di truffa, ma anche tenuto conto della specifica indicazione della Corte della circostanza che il tentativo del ricorrente di pagare il taxista con una carta di credito non utilizzabile (nel che risiederebbe il raggiro secondo la prospettazione difensiva) era stata condotta antecedente e distinta dalla successiva minaccia, che era subentrata per consentire all'imputato di ottenere il risultato sperato, quello di impossessarsi di una somma di danaro altrui (fg. 6 della sentenza impugnata).

3. Il terzo motivo è generico in quanto, anche in questo caso, il ricorso trascura la specifica indicazione della Corte (in conformità a quanto aveva già sottolineato il GUP a fg. 6 della sentenza di primo grado) circa il fatto che la persona offesa del reato di rapina di cui al capo C aveva espressamente dichiarato di aver visto una pistola, per di più indicandone il colore nero.

Nessuna consistente censura difensiva è idonea ad incrinare - anche tenuto conto delle parziali ammissioni del ricorrente - il giudizio di attendibilità espresso da entrambi i giudici di merito in ordine a tale ("chiara") indicazione della vittima, alla quale è stata riconnessa la sussistenza dell'aggravante contestata al capo C dell'imputazione, con superamento di ogni altra argomentazione sul punto.

4. E' infondato il quarto motivo.

4.1. Il Collegio intende ribadire il principio di diritto - che il ricorso oblitera secondo il quale sussiste l'aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, 3-ter, nell'ipotesi di rapina commessa all'interno di un taxi, da considerarsi mezzo di trasporto pubblico, atteso che il servizio si rivolge ad un'utenza indifferenziata previo stazionamento in luogo pubblico, è regolamentato con tariffe amministrativamente predeterminate e sussiste obbligo a contrarre in caso di richiesta (Sez. 2, n. 37919 del 26/11/2020, Rematore, Rv. 280510).

4.2. Non può dubitarsi, alla luce delle specifiche indicazioni di fatto contenute a fg. 9 della sentenza impugnata, che sussista l'aggravante contestata di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 3-ter, essendo stato il fatto di cui al capo C almeno in parte commesso all'interno del taxi, ove si trovava la vittima al momento della minaccia, seduta al posto guida con il ricorrente che, sportosi da fuori verso l'interno, gli aveva puntato l'arma per ottenere il danaro.

Nessuna doglianza era contenuta nell'atto di appello a proposito della analoga questione riferibile al reato di cui al capo A, sicché il riferimento a tale delitto contenuta in ricorso non è apprezzabile.

5. E' infondato anche il quinto motivo.

Con valutazione di merito priva di vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede, la Corte di appello ha ritenuto che ricorresse l'aggravante della minorata difesa, posto che i due reati si erano verificati in "tempo di notte, in quartieri periferici e connotati da presenza criminale diffusa", circostanze che, in concreto e senza l'emersione di elementi di fatto di segno contrario, avevano impedito ai due taxisti vittime dei reati di sfuggire in qualunque modo alle condotte illecite del ricorrente. La decisione è conforme al principio di diritto secondo il quale, la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta "minorata difesa", essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, Cardellini).

6. E' manifestamente infondato il sesto motivo.

6.1. Il Tribunale, riconoscendo le circostanze generiche, aveva già applicato la riduzione di un terzo della pena, così ritenendo tali attenuanti prevalenti rispetto alle aggravanti ammesse al giudizio di bilanciamento; pertanto, non è consentita nessuna ulteriore diminuzione della sanzione.

6.2. Del pari, la pena base per il reato più grave (quello di cui al capo C) era stata inflitta dal Tribunale in misura di anni sette di reclusione pari al minimo edittale previsto nel caso, come quello in esame, di rapina pluriaggravata, secondo quanto previsto dall'art. 628 c.p., comma 4, il che non consente alcuna ulteriore richiesta di abbattimento, con assorbimento della censura che investe la correttezza del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee.

6.3. La Corte ha anche mostrato di tenere conto di tutte le proprie statuizioni adottate lungo l'arco della motivazione, anche di quella con la quale aveva escluso la circostanza aggravante del travisamento quanto al reato di cui al capo A, diminuendo, in relazione a tale delitto, l'aumento per continuazione, ritenuto congruo nella misura prescelta, invero assai contenuta, di mesi sette di reclusione oltre alla multa con motivazione complessivamente idonea a giustificare tutto il percorso seguito.

Dovendosi rammentare che la pacifica giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, ritiene che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario; Sez. 3 n. 1182 del 17/10/2007 dep. 2008, Cilia, rv. 238851).

7. Anche l'ultimo motivo è infondato.

La sentenza impugnata non ha ritenuto irrisorio il danno economico complessivo procurato dai reati (pari a 60-70 Euro), al quale si era sommato, per le circostanze di fatto non rivedibili in questa sede e ricordate dalla Corte, il danno morale procurato alle vittime dai due reati di rapina, aventi natura plurioffensiva.

La statuizione si conforma al principio giuridico a mente del quale, ai fini della configurabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l'integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove tale valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità, può farsi luogo all'applicazione dell'attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se immune da vizi logico-giuridici (Sez.2, n. 50987 del 17/12/2015, Salamone, Rv. 265685; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, Uccello, Rv. 247363).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2023

Rapina: è aggravata se commessa su un taxi

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