Rapina: non ne risponde l'imputato che abbia sottratto beni in un'attività commerciale e si sia nascosto in un altra
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Tribunale Ferrara, 16/11/2023, n.1356

Non integra il reato di rapina la condotta del soggetto agente che dopo aver sottratto beni da un esercizio commerciale si nasconda in un negozio vicino al fine di procurarsi l'impunità e solo successivamente raggiunto dalla p.o. usi violenza fisica sulla medesima al fine di darsi alla fuga. Tale condotta integra solo furto aggravato dall'esposizione pubblica dei beni.

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso in data 13.06.2023, il G.U.P. presso il Tribunale di Ferrara disponeva il rinvio a giudizio di Me.Ha. per il reato di cui all'art. 628 co. 2 c.p. "perché, alfine di trarne profitto, dopo essere entrato nel supermercato (…) di via (…) ed essersi impossessato di n. 36 confezioni di (…) del valore complessivo di euro 215,78, si rifugiava nel negozio di abbigliamento adiacente al punto vendita summenzionato, e al fine di assicurarsi l'impunità e il possesso della cosa sottratta, usava violenza nei confronti del direttore del supermercato Ce.Ga., che lo aveva raggiunto in quel esercizio, colpendolo alle braccia e spingendolo con forza, atteso che il Ce. si era posizionato innanzi all'uscita del negozio di abbigliamento a braccia aperte per impedire che lo stesso si desse alla fuga con la refurtiva che portava con sé all'interno di una borsa, che poi abbandonava sul posto. Con la recidiva di cui all'art. 99 co. 4 seconda parte c.p.

In Ferrara, il 30.11.2020".

Alla prima udienza in sede dibattimentale celebrata in data 11.09.2023, controllata la regolare costituzione delle parti e confermata la dichiarazione di assenza dell'imputato, disposta la formale apertura del dibattimento, venivano ammesse le prove richieste.

In data 5.10.2023 veniva sentito il teste Ce.Ga., direttore del supermercato e teste oculare del fatto, e venivano acquisiti, con l'accordo delle parti, la querela, il c.d. contenente le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza all'interno del supermercato nonché lo scontrino di prova relativo ai beni sottratti. A fronte della acquisizione dell'annotazione di p.g., il P.M. rinunciava al teste La. e veniva revocata la relativa ordinanza ammissiva. Quindi, dichiarata la chiusura del dibattimento ed utilizzabili gli atti del fascicolo dibattimentale, udita la discussione orale delle parti, che concludevano come a verbale, previo ritiro in camera di consiglio, il Giudice decideva come da dispositivo che si riporta in calce, con riserva di giorni 45 per il deposito della motivazione.

Dal compendio probatorio acquisito, i fatti possono essere ricostruiti nei seguenti termini. Occorre premettere che il presente procedimento traeva origine dall'intervento eseguito dai Carabinieri del N.O.R.M. di Ferrara in data 30.11.2020, alle ore 16.00 circa presso il locale supermercato ad insegna (…) sito in via (…), al cui interno era stato segnalato un furto verificatosi poco prima.

Giunti sul posto (come risulta dall'annotazione di p.g. acquisita col consenso delle parti, il cui contenuto è pienamente utilizzabile ai fini della decisione, aff. 9-10), gli operanti trovavano ad attenderli il direttore dell'attività commerciale, identificato in Ce.Ga.

Questi, sentito come teste nel corso del dibattimento, riferiva che quel pomeriggio, mentre si trovava nel suo ufficio, aveva visto dentro al negozio un uomo che aveva già notato altre volte e che sospettava avesse rubato in passato all'interno del supermercato. Poiché aveva una borsa in tela cerata piena - da cui si intravedevano delle scatolette di tonno marca (…) - e si guardava intorno con fare circospetto, fingendo di prelevare della merce dagli scaffali in prossimità dell'ingresso del locale, lo aveva tenuto d'occhio, temendo che aspettasse l'entrata di un'altra persona per poter uscire inosservato.

Ed infatti, poco dopo, entrava un cliente e il soggetto attenzionato ne approfittava per fuggire: a quel punto, Ce. prontamente usciva a sua volta per rincorrerlo e, grazie alle indicazioni di alcuni passanti, lo scorgeva, tramite la vetrina, all'interno del negozio di vestiti (…), che all'epoca si trovava al civico accanto al supermercato, con la borsa piena della merce sottratta. Dopo pochi minuti, accortosi che l'uomo stava uscendo, Ce. si posizionava proprio davanti alla porta con le braccia aperte per cercare di bloccarlo, nell'attesa dell'intervento delle forze dell'ordine, nel frattempo allertate. Il ladro tentava però di spostarlo per passare - perché l'apertura delle braccia del teste corrispondeva alla larghezza dell'ingresso del negozio - spingendolo con le mani all'altezza del petto, poi, dopo un vivace scambio di battute (Ce. gli intimava di aspettare l'intervento delle forze dell'ordine perché quella merce era rubata, mentre il reo sosteneva che fosse sua) riusciva a guadagnare la fuga colpendolo con dei pugni sulla braccia. A quel punto, il direttore del supermercato si aggrappava alla borsa: il ladro la tratteneva con la mano destra, mentre con la sinistra gli dava delle spinte per divincolarsi e infine riusciva a fuggire.

Poco dopo intervenivano i Carabinieri i quali, dopo aver visionato, insieme a Ce., le immagini estrapolate dalla telecamera di videosorveglianza, dalle caratteristiche somatiche dell'individuo ripreso nonché dalla singolare fantasia "a scacchi" della felpa che indossava, lo riconoscevano facilmente in un uomo in fuga rinvenuto in Piazza Castello, e qui fermato e identificato in Me.Ha., odierno imputato.

Lo stesso risultava gravato da numerosi precedenti di polizia, in considerazione dei quali, avendo il fondato timore che sulla sua persona fossero occultate cose pertinenti al reato, lo sottoponevano a perquisizione personale, poi terminata nei locali del Comando, che rendeva esito negativo (aff. 13).

Ebbene, dall'istruttoria svolta, come sopra riportata, è risultato pienamente integrato il reato di furto essendo emerso incontrovertibilmente, dalla visione delle registrazioni acquisite, che il 30.11.2020 il soggetto poi identificato come Me.Ha., dopo aver riempito una borsa di scatole di tonno del valore complessivo di Euro 215,25, si era diretto verso l'entrata del supermercato (…) ed era riuscito a guadagnare l'uscita con una mossa repentina, dopo aver atteso l'entrata di un cliente, con condotta sorretta da dolo specifico, dovendosi individuare l'elemento del profitto nel valore della merce sottratta.

Quanto poi alla successiva condotta violenta, si osserva che l'imputato, raggiunto qualche minuto dopo dal responsabile dell'esercizio commerciale, che aveva tentato di bloccarlo, lo aveva colpito con spinte e pugni per darsi alla fuga.

Ora, posto che nessun dubbio sussiste in ordine alla paternità della condotta in capo a Me.Ha., riconosciuto dal teste Ce. nel soggetto fermato dai Carabinieri, deve tuttavia rilevarsi che l'arco temporale intercorso tra la sottrazione della "res" e l'uso della violenza è stato tale da interrompere l'unitarietà dell'azione volta a impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte e ad assicurare al colpevole l'impunità (ex multis, cfr. Sez. 2, Sentenza n. 30775 del 10/05/2023) così da far venire meno quell'unificazione delle diverse condotte che caratterizza il reato complesso.

Infatti, la condotta violenta - da ritenersi peraltro riconducibile alla mera percossa ex art. 581 c.p., secondo il costante orientamento giurisprudenziale (per quanto di particolare interesse nell'ambito della presente decisione, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, nella nozione di "percosse", rientrano pacificamente oltre alle "spinte" anche gli "schiaffi" purchè siano espressione di energia fisica esercitata con violenza di "inavvertibile entità che testimoni, da una parte, l'intento di evitare qualsiasi pur minima sofferenza" (cfr. Cass. Sez. III, n. 43316 del 30/09/2014, cfr., con riguardo alle spinte, Sez. 5, n. 11638 del 12/01/2012) sempre laddove non produttivi di malattie (in tal caso ricadendosi nella lesione) o non manifestanti una violenza di inavvertibile entità che testimoni, da una parte, l'intento di evitare qualsiasi pur minima sofferenza fisica e, dall'altro, l'esclusivo proposito di arrecare offesa morale (in tal caso ricadendosi nell'ingiuria) - veniva posta in essere ai danni del querelante in un momento del tutto distinto rispetto a quello sottrattivo del bene, e mosso esclusivamente dall'intento di uscire dal negozio di abbigliamento. Ebbene, poiché tale ricostruzione porta a ritenere quantomeno dubbia la sussistenza del necessario collegamento logico, oltre che temporale, tra la condotte di aggressione al patrimonio e di aggressione alla persona, dovendosi escludere in capo all'imputato la coscienza e la volontà di usare la violenza o minaccia al fine di assicurare a sé (o ad altri) l'impunità, risulta doveroso pervenire alla riqualificazione del fatto ascritto all'imputato quale ipotesi di furto aggravato ex art.625, co. 1 n.7 a fronte dell'esposizione alla pubblica fede della merce sottratta(1) - non esclusa dalla presenza di un impianto di videosorveglianza, per l'impossibilità di esercitare ma sorveglianza costante ed attenta sulla merce presente nel supermercato, di talché la protezione della stessa non poteva prescindere dall'affidamento sulla bona fides dei terzi consociati- e di percosse ex art. 581 c.p., fatto quest'ultimo tuttavia non procedibile per difetto di querela. Ed invero, sul punto occorre rilevare che la "querela" sporta da Ce.Ga. deve essere qualificata come mera denuncia non contenendo la richiesta di punizione del colpevole, e che la querela proposta da Cl.Be., responsabile della sicurezza di (…), non può assurgere a condizione di procedibilità del delitto di percosse non essendo stata presentata dalla persona offesa da tale delitto, come invece espressamente richiesto dall'art. 581 c.p.

Tutto ciò premesso, venendo ora alla dosimetria della pena, si ritiene in primo luogo doveroso ritenere sussistente, nel caso di specie, l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. in considerazione della speciale tenuità del danno subito, stante l'esiguo valore dei beni sottratti come emerge dallo scontrino di prova acquisito agli atti ed anche in quanto la merce sottratta, come dichiarato dal teste Ce., era stata poi rimessa in vendita. Si ritiene peraltro che tale circostanza possa essere posta in rapporto di equivalenza rispetto alla ritenuta aggravante ed alla contestata recidiva, di talché - valutati tutti i parametri previsti dall'art. 133 c.p. - avuto riguardo alla cornice edittale del reato di furto semplice, si stima come equa la condanna alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 250,00 di multa.

Alla condanna come comminata, rispetto alla quale non si ritengono sussistenti i presupposti per la concessione dei benefici di legge stante in particolar la presenza di precedenti ostativi, segue ex lege la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Visti gli artt. 521, 533 e 535 c.p.p.,

DICHIARA l'imputato responsabile del reato ascrittogli e, previa riqualificazione del fatto a lui contestato quale ipotesi di reato di cui agli artt. 624 e 625, comma 1 n. 7 c.p. - ritenuta la sussistenza della attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., da porsi in rapporto di equivalenza rispetto alla ritenuta aggravante ed alla contestata recidiva - lo CONDANNA alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 250,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 544, comma III, c.p.p.:

INDICA in giorni 45 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Ferrara il 5 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2023.

(1) (Si evidenzia, in punto di mero diritto, come la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che la circostanza aggravante dell'esposizione del bene a pubblica fede si ha per integrata quando ricorre la "condizione delle cose mobili, per la quale le stesse, anziché essere custodite da chi ne è titolare, ricevono protezione essenzialmente dal pactum fiduciae tra i consociati in ordine al rispetto della proprietà e del possesso altrui" (Cass. pen., Sez. IV, seni. 24091/2018). Più nel dettaglio, è stato affermato da altra pronuncia della Suprema Corte quanto segue: "la "pubblica fede" non è considerata quale bene giuridico a sé stante, meritevole di una propria tutela penale, come avviene, appunto, Nei reati contro la fede pubblica, ma unicamente in senso oggettivo, quale termine qualificativo del concetto di "esposizione". L'esposizione alla pubblica fede, pertanto, determina una condizione delle cose mobili, per la quale le stesse, anziché essere custodite da chi ne è titolare, ricevono protezione essenzialmente dal pactum fiduciae tra i consociati in ordine al rispetto della proprietà e del possesso altrui. Un vincolo etico - normativo, quindi, la dissoluzione del quale giustifica l'inasprimento della sanzione. Ciò spiega il rigore che ha ispirato il tradizionale orientamento secondo il quale l'aggravante in esame può essere esclusa da una sorveglianza esercitata sulla cosa, solo se questa formi oggetto di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di persona addetta, dovendosi invece ritenere inidonea a far venir meno la sussistenza della aggravante stessa una sorveglianza generica della polizia, o una sorveglianza che, per sua natura risulti necessariamente saltuaria ed eventuale, anche se specificamente esercitata dal possessore o da altri". (Cass. pen., Sez. V, sent. 20342/2015)

Rapina: non ne risponde l'imputato che abbia sottratto beni in un'attività commerciale e si sia nascosto in un altra

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